22

"Talk in song from tongues of lilting grace
Sounds caress my ear
And not a word I heard could I relate
The story was quite clear
Oh, baby, I been blind"

Kashmir / Led Zeppelin

Prudence

-Ma che cosa hai fatto?-
Ogni vestito che finiva sul pavimento non faceva altro che rivelare altra pelle lurida, sudicia di terra e polvere di coke. Una spessa linea nera segnava il girocollo della maglia e i fianchi, dove i pantaloni scivolavano sempre sotto al peso delle tasche piene.
Prudence raccolse i vestiti, e li piegò come gli aveva insegnato sua madre. Le pareva brutto lasciarli lì a terra e rimanere a guardare Roger e basta. Lui aveva appena finito di lavorare, era il minimo che potesse fare per lui.
-Sono dovuto andare in cokeria. Dove spalano questa merda da mattina a sera.- Roger testò la temperatura dell'acqua con il gomito, ma lo ritrasse di scatto. -Non so se l'hai mai vista, è un posto allucinante-
-No...-
-Cristo santo, se vai lì sembra di stare nell'ottocento, senza nemmeno una macchina e con tutta gente che spala e si fa un culo tanto per tutto il giorno.-
Lasciò cadere per terra anche i boxer, e si infilò sotto la doccia, lasciando le tende scostate. Prudence lo invidiò un po', per la sua completa mancanza di pudore. Non aveva mai avuto alcun problema a saltar fuori dai suoi vestiti, come se fosse la cosa più naturale del mondo mostrarsi nudo davanti a lei. Avrebbe voluto la sua stessa sicurezza.
-Comunque, una delle rotaie si è fermata. E' saltata una delle leve per fermare le siviere che arrivano dall'altoforno, ed era un casino ovunque- spiegò. Sfregò così a lungo la pelle incrostata di carbone da farla arrossare. Ma una sottile patina grigia rimase lo stesso. -Che poi nemmeno è compito mio, sai che cazzo me ne frega di come funziona quella roba. So che regolarmente arriva in fonderia una siviera e quello è il mio lavoro. Poi come ci arriva non sono certo fatti miei. Però a un certo punto uno viene a chiamarmi, e sta lì tutto che sbraita e si agita vai a sapere te perché.-
Lo vide grattarsi la testa, e altra polvere nera e grasso dello stesso colore scesero in sottili rigagnoli verso lo scarico.
-Mi dai mica una sigaretta, tesoro?-
L'acqua gli scorreva sul volto, ma anche a occhi chiusi era riuscito a trovare la posizione in modo che la cicca non gli si spegnesse. Continuava imperterrito a fregarsi i capelli come se avesse i pidocchi, ma lo stesso tutta quella sporcizia continuava a moltiplicarsi.
-Sei dimagrito- osservò Prudence. Poteva intravedere la sagome delle costole, la colonna vertebrale tra le spalle e le scapole sporgenti. Si chiese come facesse a sostenere quel ritmo di lavoro, o anche solo come facesse a stare in piedi. Ultimamente sembrava campare solo di Guinness e Lucky Strike.
-Può essere- commentò laconico Roger. -Lavoro come un negro.- aprì appena un occhio, e le rivolse un mezzo sorriso con la sigaretta appesa a un angolo della bocca. -Ti direi di venir qui ma non penso che ti faccia piacere essere ricoperta di tutto lo schifo che ho addosso-
Prudence rise controvoglia. Nemmeno se fosse stato pulito e immacolato avrebbe avuto voglia di infilarsi sotto la doccia con lui. Aveva paura di non sentire i genitori tornare a casa – anche se quello non era un orario rischioso – e, soprattutto, aveva lo stomaco e la testa troppo in subbuglio per essere davvero in vena di una scopata. Nemmeno la maglia si sarebbe tolta, con quel rigonfiamento alla pancia che ormai era ben marcato.
Roger si sporse lo stesso verso di lei. -Però un bacio me lo dai-.
Dovevano essere più di tre settimane che non facevano sesso. Forse anche di più, Prudence ormai aveva perso il conto. Quando si vedevano si limitavano a sbaciucchiarsi come ragazzini, e a parlare del più e del meno fino a che Roger non la riportava a casa – oppure era troppo ubriaco per fare un discorso di senso compiuto.
Ogni tanto le faceva una battuta, le pizzicava una coscia da sotto la gonna, oppure si strusciava un po' contro di lei. Ma alla fine le faceva solo le fusa. Le mollava un bacio sulla guancia o sulle fronte, e tutto si concludeva lì. Prudence si era resa conto che quella mancanza non sembrava pesargli più di tanto.

-Hai finito di andare a scuola?- scrollò la testa, tirando indietro i capelli.
-Sì, ho finito settimana scorsa. Ma mi manca ancora un anno.-
-Cosa? Cristo Dio, quando andavo a scuola io, alla tua età penso che nessuno studiava più. Però è meglio così, eh. Almeno non rimani ignorante come me- Prudence lo guardò infastidita mentre allungava un braccio grondante fuori dalle tende e gettava il mozzicone nel gabinetto, lasciando una pozza d'acqua sul pavimento. -Chissà quante cose che sai, con tutto quello che studi-
Prudence rimase in silenzio. Non voleva deluderlo con una risposta onesta.
-Io non ce la faccio più- disse con un sospiro.
-Ti posso capire. Ci credo che non hai più voglia, con tutti gli anni che hai passato là dentro-
Prudence si grattò i polsi. Congiunse le mani in grembo e poi le sciolse, per appoggiarle sull'asse da stiro dietro di lei.
-Ho raccontato alla mia amica di... tutto- si morse l'interno della guancia. Anche solo dire la parola incinta le faceva venire i bruciori di stomaco dalla vergogna. -Te la ricordi Cheyenne, no?-
-Sì, sì. Quella che ho visto al Primo Maggio? La bionda-
-Sì, lei.-
-Non mi è mai piaciuto così tanto.-
-Beh, le ho raccontato. Sai che ultimamente è già tanto se mi parla. Gli ultimi giorni di scuola se ne stava con il nostro gruppo e se la ridevano tutte beate, poi arrivavo io e tutte si zittivano. Si guardavano un po' tra di loro e sembrava sempre che mi stessero ridendo dietro.-
Roger fermò il getto della doccia. I capelli gli si erano attaccati alle guance, e più che appena lavato sembrava ancora più sporco di prima. Sudato e appiccicoso. -Perché gliel'hai detto?-
-Avevo bisogno di parlarne- Prudence fece spallucce. -Volevo un aiuto-
-Io non ti aiuto?-
-Certo che mi aiuti. Ma non è quello il senso. Però è sempre stata la mia amica, che le raccontavo tutto. Da quando litigavo con i miei a quando ti ho conosciuto- "a tutti i numeri che facevo con te. Veri o falsi che fossero, giusto per farle un po' d'invidia" aggiunse nella sua testa. Probabilmente Roger non avrebbe preso bene che tutto quello che avevano fatto fosse di dominio pubblico. -Volevo una mano anche da lei-
Roger  si infilò i boxer e i pantaloni sporchi, e poi aprì la finestra, lasciando che l'aria calda di luglio circolasse in quel bagno minuscolo. Fuori non si sentiva anima viva. Le case di mattoni rossi sembravano morte, e anche la strada era deserta. L'unico rumore proveniva da alcune zanzare solitarie arrivate fin lì dalla campagna.
-I ragazzini sono dei bastardi, tesoro. Non aspettano altro che una cosa del genere- chiosò, con l'aria di chi la sapeva lunga. Prudence non poté fare altro che stringersi nelle spalle. Era stata stupida. Sapeva di esserlo.
-Se vieni qui ti pettino-

L'attaccatura dei capelli era già madida di sudore. Passava il pettine tra le ciocche attaccate fra di loro, e Roger si accendeva una sigaretta dopo l'altra. Avrebbe dovuto inondare di profumo quel bagno, o sua madre avrebbe dato di matto.
-Roger?- appoggiò i palmi sulle sue spalle. -Tu cosa ne pensi dell'aborto?-
Sentì i suoi tendini irrigidirsi per un istante. Gettò la testa all'indietro, cercando di intercettare il suo sguardo. Con il viso così scoperto non era poi così bello. Tutto in quella faccia aveva qualcosa di sbagliato, di fuori posto. Gli occhi infossati, il naso prominente, la bocca larga, la pelle butterata dalle cicatrici dell'acne.
"Se ti bacio ti trasformi nel principe azzurro?"
Prudence si disse che sarebbe comunque rimasto un rospo. Un rospo e l'uomo più bello del mondo.
-Non so, tesoro... Non so, onestamente. Non mi piace l'idea. Non mi è mai piaciuta. In fondo... Cioè, in fondo stai sempre togliendo la vita a qualcuno-
-L'ho sentito alla televisione, non è che li ammazzi...-
-Mettila giù come vuoi, ma se una cosa vive e poi non vive più io lo chiamo omicidio- accese un'altra sigaretta. Curvò le spalle in avanti, sfuggendo alla presa sulle sue spalle.
-Non credere che non ci abbia pensato. Ci ho pensato eccome, Cristo in croce. E non è quello che penso io, il problema vero e proprio. Posso conviverci con qualcosa con cui non sono d'accordo.- appoggiò i gomiti sulle ginocchia.
-Ma nessuno sarà disposto a farlo, sai? Quella cosa non penso che abbia malattie, tu non stai morendo... O vai a farti rastrellare con un ferro da calza da una zingara o ti butto giù dalle scale. Un dottore non ammazzerà mai un bambino solo perché noi non lo vogliamo-
Sibilò quell'ultima frase con un astio tale che Prudence non poté fare altro che rimanere in silenzio.
-Allora non si può fare proprio niente, eh?- commentò avvelenata. Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, e contò i dischi della colonna vertebrale di Roger, senza che nessuno dei due spiccicò più una parola per tutto il tempo che rimasero insieme.

-

Prudence sentì un silenzio tombale calare nella stanza, e l'incredulità sul viso dei genitori. Suo padre si fece così piccolo e pallido che sembrò invecchiato di colpo di almeno dieci anni. Curvò le spalle e sgranò gli occhi, senza che una parola riuscì ad uscire dalla sua bocca. Anche la pelle intorno agli occhi sembrava essersi raggrinzita. Era diventato una maschera di stupore, sul punto di morire di crepacuore.
-Che cosa?-
Theresa invece era diventata rossa di rabbia. Ma gli occhi iniettati di sangue non procedettero uno scoppio d'ira. Non si allungò verso di lei per tirarle uno schiaffo, e nemmeno alzò la voce. Il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore. Si lasciò cadere sul divano, con le ginocchia tremanti e il petto sconquassato dai singhiozzi.
-Che cosa, Prudence?- non era solo il fisico di suo padre ad essere diventato improvvisamente piccolo, ma anche la sua voce, che fece eco alla domanda della madre, arrivò sottile, lontana.
Le fischiavano le orecchie, e decine di macchie scure baluginavano davanti ai suoi occhi. Si tirava le dita, cercando di rimanere lucida. Più i secondi passavano e più quell'aria mortuaria le pesava sulle spalle, sulle ginocchia e suoi polmoni, che continuavano a cercare ossigeno come se stesse affogando. L'aria era rarefatta, così densa che anche i movimenti dei genitori le arrivavano rallentati.
-E' così. Sì, è così. Penso di essere all'inizio del terzo mese.- le parole le scivolano lungo la lingua senza essere davvero registrare nella mente.
Abbassò gli occhi a terra. Non importava quante domande o accuse le stesse rivolgendo suo padre. Poteva alzare la voce, le mani e fare quel che meglio credeva; ormai sapeva che non poteva più metterci una pezza, e nemmeno tentare di raccontare cazzate.
Aveva pianto un po', in camera sua, quando Roger se n'era andato, e poi aveva deciso di spiattellare qualsiasi cosa senza versare nemmeno una lacrima. Vide suo padre arrabbiarsi, alterarsi e cercare di venirne a capo, e quasi le venne da ridere. Sembrava solo un bambino agitato, un grosso e vecchio bamboccione che ancora faceva i capricci per il suo giocattolo irrimediabilmente rotto.
Prudence unì le mani in grembo, e lo ascoltò paziente.
-Lo sai che non ci possiamo fare niente?- mormorò, a voce appena udibile -Ormai la stronzata l'ho fatta.-
Suo padre rimase con il dito puntato a mezz'aria. La bocca ancora aperta per gridare qualcosa di inutile, e il sottofondo dei singhiozzi di sua madre. Blaterava una litania delle sue, un lamento continuo senza capo né coda, di cui nemmeno una parola le arrivò per intero.
-Fuori da casa mia.-
Theresa piagnucolava parole incomprensibili. Si aggrappò al braccio del marito, farfugliando qualcosa che Prudence non ebbe voglia di ascoltare. Paul la scansò senza alcun riguardo. Con un solo gesto la rimise al suo posto e lei, ubbidiente, tornò con la coda tra le gambe dietro di lui.
-Non ti voglio avere tra i piedi. Almeno per ora. Vai a stare dove ti pare, non mi interessa. Pensi di essere adulta, eh? Comportati davvero da adulta, allora-
Prudence chinò la testa. Tutta l'ansia che aveva accumulato in quel periodo si era scaricata nell'esatto momento in cui aveva aperto bocca davanti a tutti e due. I fili che le torcevano lo stomaco si erano sciolti. Anche le spalle non erano più rigide.

-

Sono il tuo primo fidanzato? Le aveva chiesto Roger, poco dopo che si erano conosciuti. Aveva mangiato a casa sua, e, anche se lui era un cuoco terribile, non aveva lasciato una singola briciola nel piatto. Era stato così carino con lei.
No. Aveva ammesso Prudence, e un po' si era vergognata. Aveva abbassato gli occhi sul tavolo scheggiato, mentre sentiva Roger di fianco a lei che si alzava. Ne ho avuti un paio. Ma li ho lasciati subito, perché sono stati cattivi con me. Le parole le erano uscite a fatica, e lui se n'era accorto. Le aveva pizzicato una guancia con le nocche. E di che ti vergogni? Come se non avessi scopato in giro pure io alla tua età. Dove sta il problema. Hai fatto bene a mollarli, se non ti trattavano bene. Lo aveva visto sorridere e le si era scaldato il cuore. Aveva pensato di aver sbagliato fino in quel momento; invece solo un uomo adulto, un uomo vero, poteva capirla, e trattarla come si meritava.
Sai che sei molto più intelligente di quelle della tua età? Ne è passato di tempo, ma mi ricordo com'erano le ragazze quando ero più giovane. O anche se le vedo in giro ora.
Era arrossita, e si era sentita una regina.
Si era sentita così anche ogni volta che le aveva alzato il mento con un dita, per guardarla negli occhi e sorriderle complice di qualcosa che conoscevano solo loro due. Quando le appoggiava una mano sulla gamba, sui divanetti del Royal Standard, e ogni volta le smagliava le calze di nylon con quelle unghie, però si sentiva al sicuro perché non era più sola. Oppure quando la abbracciava da dietro, tenendola stretta in vita e appoggiandole il mento sopra la testa, come se avesse paura che potesse scappare.
Se non ti piace qualcosa che faccio me lo dici, eh tesoro? Non fare la timida. Gliel'aveva detto quando ancora teneva una mano tra le sue gambe, e lei aveva scosso la testa con veemenza. No, continua, aveva detto, aggiungendo un per favore dopo, perché aveva pensato che era più educato.
Roger aveva strofinato la punta del naso contro la sua guancia. Oh, davvero? Ti piace davvero, tesoro?
Aveva riso quando Prudence gli aveva piantato le unghie in una spalla. Anche in quel momento aveva pensato di aver trovato l'America. L'uomo dei suoi sogni, che la amava e avrebbe sopperito a tutti i torti che aveva subito fino a quel momento.

Roger aprì la porta di casa con il viso arrossata dall'alcol. Si era infilato i pantaloni in fretta e furia, e chiaramente non indossava altro che quelli. Prudence non si sentì per niente una regina quando vide l'espressione apatica sul suo volto, e la riluttanza con cui la lasciò entrare in casa.
Sul divano c'era una maglia da lavoro troppo grande per essere la sua. Un paio bicchieri vuoti sui bancali di fronte. Ma Roger era solo, e Prudence volle chiudere tutti e due gli occhi.

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