19
"There might have been things I missed
But don't be unkind
It don't mean I'm blind
Perhaps there's a thing or two
I think of lying in bed
I shouldn't have said
But there it is
You see it's all clear
You were meant to be here
From the beginning"
From the Beginning / Emerson, Lake and Palmer
.
Prudence
Il lavandino difettoso, l'ultimo sulla sinistra, quello vicino alla finestra, sembrava fare un rumore assordante nel bagno completamente deserto. Gli spessi muri non lasciavano passare i rumori del corridoio e delle classi, se non un vago brusio di sottofondo.
Prudence era chiusa in quel bagno da quelle che le sembravano ore, anche se in realtà non dovevano essere passati più di venti minuti da quando aveva serrato la porta. Si era appollaiata sulla tavoletta di plastica sfondata, rimanendo immobile per cercare di calmare i dolori diffusi in tutto il corpo. Solo rimanendo ferma come una mummia la schiena aveva smesso di pulsare, e, a tratti, riusciva anche a scordarsi del male che si propagava dallo zigomo a tutto il resto della faccia. Doveva essere un mostro, con quell'occhio pesto e il segno dell'anello di matrimonio impresso sullo zigomo; un mostro, certo, ma non uno spettacolo così fuori dal comune. Ogni giorno vedeva persone che erano state ridotte anche peggio, ragazzi, soprattutto. Occhi tumefatti e bracci ingessati erano la normalità. Ogni tanto qualcuno si prendeva una sonora battuta, e ora era arrivato il suo momento.
Ma alla campanella della terza ora non era più riuscita a sopportare nulla – né le occhiatacce che esistevano solo nella sua testa, né la vergogna bruciante, e nemmeno la delusione che le grattava la gola - e si era dileguata appena possibile.
Dove sei stata?
Theresa l'aveva aspettata in piedi, con addosso il vestito da casa ma con le scarpe da passeggio ai piedi. Appoggiato sul mobile all'ingresso c'era ancora il suo cappotto. Era uscita a cercarla.
Da Cheyenne.
Non aveva battuto ciglio al primo schiaffo. Ne aveva presi talmente tanti che da lei non facevano più effetto.
Non prendermi in giro. Ne ho fin sopra ai capelli delle cazzate che dici.
-Prudence? Dove sei?-
La porta di legno che dava sul corridoio si aprì con un cigolio assordante, e per un attimo Prudence venne riportata alla realtà. Il vociare degli insegnanti, il rumore delle scarpe degli inservienti e il trillo incessante del telefono del preside la raggiunsero a così alto volume che ebbe la tentazione di tapparsi le orecchie.
-E' tanto che sei fuori, guarda che Mrs. Flynn ti sta per segnare assente all'appello. Può chiamare tua madre, se le gira male- Cheyenne camminava lentamente avanti e indietro sul pavimento di linoleum, quasi all'unisono con il lavandino che perdeva acqua.
-Sono nell'ultimo bagno-
-Che fai?-
-Nulla. Voglio andare via- borbottò.
Io lo sapevo. Lo continuavo a dire a tuo padre, e lui non mi ascoltava. Lo sapevo. Chi ti ha messo in testa queste idee, eh, Prudence? Di fare la poco di buono in giro, come se niente fosse. Con tutto quello che ti ho insegnato.
Theresa era scoppiata in un pianto a dirotto. Si era accasciata sul tavolo della cucina con quel suo fare teatrale, ripetendo sempre quella frase in modo ossessivo, come se in qualche modo potessero riparare il danno di Prudence.
E adesso con che faccia parlo di te in giro, me lo dici tu? Hai sbattuto via quello che per una donna è la cosa più importante al mondo...
Non sono una poco di buono. Aveva protestato debolmente Prudence, interrompendo il suo sproloquio. Ogni tanto esco con questo ragazzo... Ma è un bravo ragazzo. E' una persona a modo. E poi ho diciassette anni, non tredici, non puoi pretendere che io sia una suora.
Aveva visto sua madre scattare di nuovo in piedi, con il volto contratto dalla rabbia. Non c'era già più traccia del suo drammatico pianto, se non due lacrimoni che le rigavano le guance. Cosa credi di saperne tu? Qui non è questione di quanti anni hai, stronzetta ingrata. Tu hai buttato via tutto quello che ti ho insegnato, e hai mandato all'aria qualsiasi cosa di buono che potessi fare. Tutte le raccomandazioni, tutto, Prudence, tutto quello che è mai uscito dalla mia bocca! Gridava così forte che quasi si mangiava le parole. Quel discorso si era ridotto a un torrente di vocali, un piagnisteo senza capo né coda. Chi ti vorrà mai ora, che sei già stata usata?
-Mi dici cos'è successo?-
Prudence fece spallucce, anche se Cheyenne non poteva vederla. Si appoggiò alla porta della toilette, in attesa della risposta. Il legno stava iniziando a marcire: intorno al catenaccio per chiuderla si piegava in modo preoccupante, e se Cheyenne ci fosse rimasta appoggiata troppo a lungo c'era una buona probabilità che potesse rompersi.
-I miei hanno scoperto che esco con Roger-
-E che dicono?-
Cos'è questa storia? Suo padre era sceso dal piano superiore a passo di marcia, nonostante si vedesse chiaramente che si era appena alzato dal letto. Con tutta probabilità aveva delegato a Theresa l'ingrato compito di preoccuparsi della figlia, solo per presentarsi quando era il momento di esercitare la sua autorità.
Prudence si era fatta piccolissima sotto il suo sguardo accusatorio, e non era stata in grado di rispondere.
-Dicono che questa storia deve finire subito. Non gli sta bene, e mi hanno fatto una ramanzina che non finiva più- tirò su forte con il naso. La battuta di botte che si era presa da suo padre era difficile da definire come ramanzina, ma non voleva dare tutti quei dettagli a Cheyenne. Di sicuro aveva già capito l'antifona. -Mia madre mi fa che sono una disonorata, che ora che sono usata nessuno mi vorrà più, e che non mi potrò sposare...- si bloccò per un istante e prese un profondo respiro dalle narici. -Queste cose qui. Me le ha ripetute finché non mi sono uscite dalle orecchie, ci credi?-
Non aveva fatto in tempo ad aprir bocca per controbattere alla lagnosa spiegazione di sua madre che Paul aveva alzato il braccio e caricato un pugno così forte da mandarla al tappeto.
Mi deludi, Prudence. Mi deludi, perché nemmeno una regola di buonsenso riesci a seguire.
-E perché ieri non sei venuta?-
-Stavo male. E non mi andava. Sai che non ce la faccio più?- lasciò andare la schiena contro la parete gelida. -E' un continuo litigare, e anche ieri non la finivano più di gridarmi contro. Non tanto mio papà, con lui alla fine si è chiusa subito perché mi ha fatto il suo discorso e per lui mi devo solo rimettere in riga. Mia mamma è una lagna unica da due giorni-
Come si chiama questo ragazzo? Sua madre si era risvegliata dal suo tragico piagnisteo solo quando suo padre aveva reinfilato la cintura nei passanti del pantaloni. Prudence era rimasta rannicchiata contro la gamba del tavolo della cucina, e ci era voluto un bel po' prima che riuscisse a parlare di nuovo.
Roger. Ma non è come pensi tu. A quel punto aveva iniziato anche lei a piangere, per la bruciante vergogna, e la rabbia, e tutto quelle emozioni che le rimuginavano nel petto e a cui non riusciva a dare un nome. E' un bravo ragazzo, e mi tratta bene, e dovresti essere solo che felice che esco con un uomo solo, e non scopo in giro come fanno tutte le altre.
Roger e poi? Non farmi perdere tempo. E a me di cosa fanno le tue amiche non interessa. Frequenti solo battone.
Kennedy. Kennedy come il presidente. Ha anche un lavoro fisso. E' un po' più grande di me ma è una persona affidabile, mi tratta benissimo, sai mamma...
Suo padre era sbiancato in volto non appena aveva sentito quel nome, facendole morire le parole in bocca.
Lavora in acciaieria? In fonderia, vero? Aveva sibilato. Prudence aveva annuito, mentre la paura di ricevere una nuova serie di botte le aveva fatto torcere lo stomaco così forte che aveva dovuto ricacciare indietro un conato di nausea.
Cristo santo, Prudence. Spero per te che non sia lo stesso Kennedy che c'era già quando lavoravo io. Si era passato le mani sul volto, fermandole sulle labbra e lasciando andare un lungo sospiro. Avrà il doppio dei tuoi anni, Dio benedetto. E vai un po' a chiedere cosa fa in giro il tuo ragazzo, poi vienimi a dire quanto ti tratta bene quello scherzo della natura.
Si era acceso una sigaretta e si era seduto in poltrona, ormai troppo di cattivo umore per tornare a dormire. Theresa era tornata a ricoprire il suo ruolo di padrona di casa, con dipinto in volto non più la distruzione per il disonore di cui si era coperta la figlia, ma il sorriso di superiorità di chi sapeva di essere dalla parte della ragione.
Domani me lo porti qui, questo Roger. Ci voglio parlare io, eh? Paul, che dici?
Suo padre aveva grugnito, in risposta. Io con quella cosa non ci parlo. Anzi, nemmeno fatemelo vedere in faccia. Per me la questione è finita qui.
Sua madre aveva abbassato leggermente il capo come segno di assenso. Voglio sapere con chi ti sei vista per tutto questo tempo. Non esiste che tu mi nascondi le cose. E' ora che ti dai una regolata. Con le buone, o con le cattive. E l'aveva detto con una voce così mielosa, così saccente che Prudence aveva quasi avuto l'istinto di saltarle al collo, fargliela pagare anche per tutte quelle che aveva preso da suo padre.
Lui era un uomo, era ovvio che non potesse capire le questioni di cuore. E, da padre, era ovvio che non potesse permettere che l'onore della figlia fosse gettato al vento in quel modo. Lei invece la guardare con quello sguardo soddisfatto, per nulla comprensivo, che non si addiceva per nulla a una madre.
Prudence era sprofondata nella propria vergogna, e nel sangue misto a saliva che si era raccolto sulla lingua.
-E Roger?-
La voce di Cheyenne tradiva una certa curiosità da pettegola. Lo riconosceva quel tono: quello che usava ogni volta che le voleva raccontare un nuovo segreto, o l'ultima novità che aveva sentito in giro. Lo ignorò volutamente, fingendo che fosse solo sincera preoccupazione per lei.
Prudence inghiottì un fiotto di bile. -E Roger mi ha già detto che se voglio può andare a parlare con i miei. Appena è libero dal lavoro. E' un uomo adulto, sa come prendere queste cose-
Chiuse gli occhi, e strinse fra i denti l'orlo della gonna, cercando di tenere a bada la voglia di scoppiare in un pianto disperato. L'aveva aspettato fino a sera inoltrata, ma il campanello non aveva mai suonato.
Le mani corsero istintivamente alla pancia, e trattenere il pianto divenne così difficile che si ritrovò a inzuppare l'orlo della gonna nel silenzio più totale.
-Cheyenne?-
-Dimmi, bella-
-Se ti dico una cosa, vero che non la dici a nessuno?- sapeva che non era una buona idea, ma doveva liberarsi di quel peso. Non poteva più tenerselo dentro.
-Certo- rispose lei -Posso aprire la porta?-
Si asciugò in fretta il volto, e poi sbloccò il lucchetto.
Prudence le invidiò la pelle liscia, non coperta di lividi, e quella pancia così piatta che non era costretta a portare un bambino che non voleva. La invidiò e la odiò così tanto che credette di esplodere.
-Sono incinta-
Il volto di Cheyenne si contrasse in una strana smorfia, corredata da un mezzo sorriso che non riuscì a interpretare. Si appoggiò allo stipite della porta. Inarcò le sopracciglia e poi si lasciò andare in un lungo sospiro liberatorio. -Non ti invidio per niente. E mi dispiace. Ma non dire che non te la sei cercata-
Le voltò le spalle, e poco dopo sentì la porta che dava sul corridoio richiudersi con un tonfo.
Senti, non sono come tua madre, io. Lo so che può capitare di fare delle cazzate, quando si è giovani. Però questa storia deve finire lo stesso. Non per tutte quelle cazzate sull'onore che dice Theresa. Sì, forse anche quello, ma in realtà è più grave che hai disobbedito alle regole che ti ho sempre insegnato. Mi sembra di lasciarti abbastanza libertà, no? Non mi metto mai a sindacare i tuoi affari personali. Però in cambio voglio obbedienza. E' l'unica cosa che una donna deve imparare. Intesi?
Paul l'aveva guardata da sopra gli occhiali di tartaruga che usava per leggere il giornale, parlando abbastanza a bassa voce così che Theresa non potesse sentirlo. Era tornata al piano di sopra finita la sua scenata, e Prudence se l'era già immaginata mentre si copriva i capelli con il suo foulard da notte, e si infilava sotto le coperte gongolando dalla felicità. Aveva avuto il suo momento di potere, e di sicuro l'avrebbe sfruttato fino in fondo.
Prudence aveva annuito al suo discorso, tenendo gli occhi bassi. Forse se le avesse parlato così fin dal principio le sue parole avrebbero avuto più valore.
Me lo dici che cos'è che fa Roger? Aveva chiesto alla fine, senza riuscire a trattenere la curiosità.
Lo vuoi sapere davvero?
Non ne era sicura, ma aveva lo stesso fatto di sì con la testa.
Va con gli uomini, Prudence. E' un invertito, un depravato. Lo sapevano tutti, fin dove lavoravo io sull'altoforno, che lui non ci metteva nemmeno piede. Quando non sapevamo che cosa dirci uno tirava fuori una storia su Kennedy e tutti ci facevamo una gran risata.
Prudence non aveva reagito. Era rimasta ferma sul posto. La sua mante aveva rigettato quell'informazione, l'aveva eliminata nello stesso momento in cui l'aveva sentita. Aveva chiesto di nuovo scusa a suo padre senza pensarlo davvero, e si era infilata nel letto addormentandosi tutta vestita.
Roger era seduto sul cofano della macchina dall'altra parte della strada, appena distaccato dal nugolo di ragazzini raccolti davanti all'ingresso. Teneva le gambe incrociate davanti a sé, circondata da un cerchio di sigarette spente sull'asfalto.
Da quando lo aveva aspettato inutilmente seduta al tavolo della cucina aveva pensato a tutto quello che gli avrebbe potuto dire la prima volta che si sarebbero visti; ma quando vide la Ford grigia quei discorsi che si era preparata le si fermarono in gola.
Roger le porse un Mars e un pacchetto ancora chiuso di Lucky Strike.
-Sei arrabbiata con me?-
Prudence appoggiò la guancia livida sul suo sterno e non riuscì a rispondere.
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