Capitolo 6
«Senti... scusa per il piccolo incidente di prima ma... mi è venuto spontaneo. Non prenderla sul personale.»
Credo di essere diventata un peperone. Devo assolutamente deviare questo argomento.
«Non mi va di parlarne. Ora zitto, e segui.»
Lui non controbatte, ma piuttosto sfodera un affascinante sorriso divertito ed evidentemente contagioso, perché mi sorprendo a ricambiarlo.
Terminata la lezione decido di uscire prima di tutti sgattaiolando fuori da quell'aula ornata di lavori d'arte, ritratti o rappresentazioni di paesaggi. In un altro contesto probabilmente mi sarei fermata a scrutarli a fondo. Ho sempre amato disegnare, sin da piccola.
Mi trovo di fronte Ethan. Mi domando se si trovasse lì appositamente per aspettarmi. Il sol pensiero mi emoziona. Tento di tornare con i piedi per terra.
Gli sorrido e noto che lui è parecchio colpito dal mio aspetto... Forse dovrei dedicarmi a me stessa un po' di più, chissà...
«Wow..» esclama, mordendosi il labbro con foga.
Sta per continuare la conversazione proprio quando sento una voce proprio dietro me. Ian varca la porta. «Anthea!». Si blocca di scatto... non guarda me, ma dietro di me. Fissa con aria seria Ethan, che ricambia uno sguardo altrettanto profondo.
L'atmosfera si sta appesantendo, e decido di smorzarla, o per lo meno di provarci.
«Ian? Mi hai chiamata?»
Mi guarda, finalmente. Non mi sorride come prima, però. Allunga il braccio verso di me e mi porge il libro di arte.
«Stavi per dimenticarlo. Ciao.»
La sua secchezza mi mette i brividi e ancor prima che possa ringraziarlo lo ritrovo in fondo al corridoio mentre avvolge con un braccio le spalle di Miss-Cornacchia. Mi si gela il sangue. Che schifo.
«Ah, allora lo conosci..»
Mi sorride, apparentemente nervoso, ma io cerco comunque sia di giustificarmi.
«No, cioè... non proprio, eravamo vicini di banco e ho dovuto condividere il libro di arte. Tutto qui.»
Ricambio il sorriso e ci incamminiamo alla ricerca di Sheyla.
Durante il percorso Ethan mi appare più silenzioso del solito, tuttavia non mi va di fare domande che potrebbero risultargli scomode.
Troviamo Sheyla che scruta prima me e poi Ethan, poi torna a concentrarsi su di me e mi guarda con gli occhi a cuoricino.
Mi porto una mano sulla faccia come per nascondermi e sorrido.
«Eccola, lei è Sheyla, non te l'ho ancora presentata.»
I due si stringono la mano... Lui le sorride.
«Sì, credo frequenti il mio stesso corso di tedesco, ma non vorrei sbagliarmi.»
Lei contraccambia il sorriso. Devo ammettere che quando sorride è proprio carina. Emette un'aura così solare!
«Sì, esatto!" esclama, strillando.«Voglio dire...sì, mi sembra proprio di sì.»
Io dentro di me sto sghignazzando. Saluto Ethan con un cenno di mano e trascino via Sheyla, che pare pietrificata, prendendola sottobraccio.
«Ma hai idea di quanto sia figo?»
Fingo di non sentirla, ma lei continua.
«Saresti una pazza se non dovessi stare alle sue lusinghe. Una pazza!»
Alzo gli occhi al cielo ma sorrido.
Entriamo nell'aula di matematica, la prima aula di quest'istituto in cui ho messo piede. Con la coda dell'occhio, mentre mi siedo, controllo l'angolo in fondo. Eccolo lì, Semisdraiato sul banco ad osservare fuori dalla finestra. La classe in subbuglio, naturalmente.
Fingo di non farci caso. Oggi credo proprio che le lezioni inizino definitivamente. La cosa mi preoccupa.
«Oggi faremo qualche esercizio giusto per prepararvi alle lezioni successive. Chiamerò alla lavagna qualcuno di voi per svolgere gli esercizi che vi detterò. D'accordo?»
La classe non risponde. Io e Sheyla ci guardiamo non preoccupate.., bensì terrorizzate. Non potrei sopportare un'umiliazione simile. Non ancora! Non di nuovo in questa dannata aula!
Mentre il professor Tomlinson fa scorrere il dito sulla lista di nomi contenuta sul registro in plastica, la classe sprofonda in un silenzio di tomba. Questo silenzio è quasi più odioso del chiasso usuale.
Mi stringo nelle spalle, sperando che non scelga proprio me, e mi giro i pollici cercando di sembrare il più naturale possibile, ma non credo di aver reso l'idea.
«Signorina Kerry, vediamo se quest'anno ha iniziato ad apprezzare un po' di più la matematica.»
La classe tira un sospiro di sollievo, io anche, inizialmente. Subito dopo mi accorgo del nome. Mi volto di scatto, Sheyla?
Mi guarda terrorizzata, un'espressione talmente buffa che per poco non le scoppio a ridere sotto il naso. La incoraggio con una pacca sulla spalla e lei si alza, palesemente controvoglia.
Impugna il gesso con una tale rabbia che mi scappa un risolino. Il Tomlinson le detta un esercizio pieno di lettere a me indefinite. Nella vecchia scuola non ho mai affrontato un argomento del genere!
Non appena la dettatura volge al termine, Sheyla si volta verso me, probabilmente in cerca di suggerimenti, ma l'unica cosa che posso fare è alzare entrambe le mani in segno di resa.
Il prof la osserva,
«Allora Kerry, sa rispondere al quesito?»
Lei tentenna...
«S-sì.. Fa per caso 10?»
Non potevo credere alle mie orecchie. Quello dettato era un problema con esclusivamente lettere, ma un secondo più tardi connetto: Sheyla ha interpretato il mio segnale di "resa" come un 10. Mi nascondo la faccia tra le mani. La classe esplode in un boato di risate e io non ci vedo più.
Mi volto di scatto, scrutando a fondo ogni singola persona che emette un suono dalla sua fogna. Adesso mi hanno proprio stancata.
«Sentite, sapientoni, visto che ve la cavate meglio di lei, perché non alzate le vostre chiappone da quella sedia e non risolvete voi l'esercizio?"
Mi volto verso Ian. Alla parola "chiappone" inizia a sbellicarsi dalle risate guardando le facce sconcertate dei compagni.
«Forza Ian, vai tu.» affermo con aria di sfida.
La classe precipita in un silenzio di tomba.
Lui mi guarda, tornando serio. Mi guarda in quel modo che mi fa sentire denudata. Ma fingo di non darci peso e mantengo lo sguardo. Il professore nel frattempo alza gli occhi al cielo.
Ian si alza, cammina tranquillo fino alla cattedra mentre Sheyla si siede e mi ringrazia. Le porgo un sorriso e mi metto comoda incrociando le braccia, osservando la scena.
«Mancherebbero solo i pop-corn» sussurro a Sheyla.
Ian si volta verso di me, mi sorride beffardo e inizia a scrivere.
Il mio sorriso di sfida lascia spazio ad una smorfia di disprezzo. Nel giro di due minuti l'esercizio è risolto e viene esaminato dal Tomlinson, che si sistema gli occhiali sul naso e dopo un altro paio di minuti annuisce.
«Corretto! A posto!»
Ian si posiziona davanti al mio banco e si china su di esso. E' a pochi centimetri dalla mia faccia quando, ovviamente sorridendo, si prende gioco di me.
«Va meglio, ora?»
Non so che dire. Resto zitta immobile mentre lui torna a posto. E taccio per tutta la restante lezione. Mi ha per l'ennesima volta messo in ridicolo davanti a quella maledetta classe, lo odio.
Appena sento il suono della campanella tiro un sospiro di sollievo e scappo via, dimenticandomi addirittura di Sheyla, e così mi pervade un senso di colpa.
Mi sento stringere il braccio, qualcosa mi impedisce di proseguire, non mi volto ma cerco di divincolarmi. Niente da fare, la presa è troppo salda. Mi volto di scatto. Lui.
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