Capitolo 4


Arrivata a casa, mi soffermo per un attimo ad osservarla. Se non fosse per il fatto che ce l'ho a morte con i miei, potrei definirla senza dubbio una bella casa. E' color panna, ha molte finestre da cui si intravedono le tende arancioni che a mamma piacciono tanto, un'ampia entrata con gli scalini e persino un comignolo in mattoni.

Ho tutto ciò che da bambina ho sempre desiderato: uno spazioso giardino ricco di piante di ogni tipo e persino un gran bel terrazzo.

Eppure la mia vecchia casa mi manca così tanto...

Questo pensiero mi riporta alla realtà. Mi sistemo lo zainetto di pelle sulle spalle, percorro i gradini e varco la soglia. Mi accoglie Yobi, più arruffato che mai, che mi fa le fusa e si strofina sulla parte inferiore delle mie gambe alla ricerca disperata di coccole. Decido di accontentarlo e prenderlo in braccio.

Subito dopo sento i passi di mia mamma che dalla cucina arriva all'ingresso, e guardandomi, mentre si toglie un guanto da cucina dalla mano esclama, facendomi un sorriso: «Ti ho preparato i biscotti alle mandorle. So che ti piacciono tanto.»

Muoio dalla voglia di raccontarle tutto, e anche di mangiare quei biscotti, che effettivamente adoro, ma tutto quello che mi esce dalla bocca è: «No, grazie. Magari dopo.»

E travolta da un senso di colpa nel vedere il sorriso di mia mamma spegnersi in un baleno, decido di svignarmela salendo di corsa su per le scale, e ad ogni sobbalzo dovuto al gradino Yobi emette un miagolio di spavento.

Chiudo la porta dietro di me e mi lascio sprofondare sul letto, un letto troppo morbido per essere il mio, un letto a me estraneo. Tengo Yobi sul mio ventre, che mi guarda come se avesse capito che qualcosa non va.

Sposto lo sguardo da lui al mio comodino, su cui ho posto una piccola cornicina in argento che racchiude una fotografia di me e Kristel, la mia migliore amica di Kensinton, unite in un abbraccio. In quella foto ricordo che eravamo andate a caccia con suo zio Sam, era stata una giornata fantastica, e di certo non dimenticherò mai la sua espressione mentre suo zio aveva sparato il primo colpo su un povero cervo, mancandolo fortunatamente. Se fosse qui sicuramente non avrei smesso un istante di ridere, e di certo lei non si sarebbe di certo trattenuta dallo sghignazzare alla vista del signor Tomlinson seduto su quello che per lui poteva sembrare un trono. Lei era così... trasparente, tra tutte le mie amiche era senza dubbio il mio esempio, il mio punto di riferimento. Capisco all'istante che sento un indomabile bisogno di sentirla.

Mi siedo a cavalcioni sul letto e mi allungo sul comodino opposto per riuscire a raggiungere il mio portatile, lo accendo e decido allora di contattarla tramite una videochiamata su Skype. Al primo tentativo non risponde. Tento, speranzosa, una seconda volta.

Eccola lì che mi appare su quello stramaledetto schermo. Ha i capelli bagnati, avvolti in uno chignon ormai quasi interamente disfatto e indossa una maglietta talmente larga, probabilmente del fratello maggiore Kevin, che le funge da vestito.

Mi fa una smorfia ed esclama: «Ehy scusa! Ero in doccia ma appena ho sentito il suono della chiamata sono corsa fuori. Che si dice?»

«Non puoi capire Kristel, devo raccontarti tutto»

Ed è quello che faccio... le racconto ogni singolo particolare di questa giornata turbolenta: del ragazzo misterioso, di quello invece dal sorriso più affascinante che io abbia mai visto, del Tomlinson e della George, di Sheyla, persino di quanto mi disgustassero i pasti della mensa...

«Beh, vedo che ti diverti laggiù.»

Kristel sorride sincera.

«Si.. è stato un primo giorno accettabile ma... continuo ad avercela con i miei. Possibile che non possa contribuire alle loro decisioni? Possibile che io non possa astenermi da una loro scelta? Non è leale. Non ho intenzione di rivolgere loro la parola, né a papà, né a mamma.»

Mi guarda con una certa disapprovazione.

«Anthea... sul serio. Prova a ragionare... hanno fatto tutto ciò per voi, per te in primis! Per il tuo futuro. Lo sai anche tu che a Kensinton l'azienda di tuo padre stava fallendo, le cose non andavano bene, ma è stato in grado di cogliere e sfruttare un'opportunità imperdibile... Trovo che i tuoi genitori siano stati coraggiosi.»

Possibile che questa ragazza non sbagli mai un colpo? Ha perfettamente ragione, mi sento così stupida. Il senso di colpa mi pervade. Osservo Yobi che mi guarda serio, come a dire "te l'avevo detto".

Kristel prosegue, apparentemente incurante della mia espressione affranta.

«E' ovvio che ti manchi la tua casa, la tua città, i conoscenti e tutti noi tuoi amici, come manchi tu a noi, non c'è dubbio. Ma devi sapere che se hai bisogno di sentirci, o di qualsiasi altra cosa io ci sono. Non è difficile. Basta un click.»

Ridiamo insieme. La ringrazio sincera. I suoi consigli sono sempre tanto preziosi per me.
Dopo aver salutato, chiudo il pc e proprio quando mi decido a scendere per gustarmi i deliziosi biscotti di mamma, sento bussare alla porta, che poco dopo, si schiude.

E' lei. Mi guarda con quel sorriso triste a cui non sono mai riuscita a resistere... Si siede accanto a me e tutto quello che riesco a dire è un banale «mi dispiace», prima di sprofondare in lacrime tra le sue braccia.

Lei mi stringe forte a sé e mi sembra di tornare bambina... Quando dopo un brutto sogno sgattaiolavo nella sua stanza e lei mi rassicurava con la sua stretta.

«Spiace anche a me... so quanto possa essere stato difficile per te abbandonare quello che hai costruito nel tempo con le tue forze e...»

La zittisco prima che possa continuare.

«Non devi scusarti di nulla. Io sto bene...»

Dopo esserci asciugate le lacrime, ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere.

«Allora? Questi biscotti?»

Mi sorride, rasserenata stavolta.

Scendiamo assieme e mi gusto quei fantastici biscotti che non smetterei mai di mangiare. Ne rubo un altro paio e sento uno squillo proveniente dal mio cellulare, posato accanto al mio piatto, sul tavolo... Facebook?

Sarà sicuramente la richiesta di amicizia di Sheyla.

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