Capitolo 36
La osservo a fondo: le labbra carnose, identiche a quelle di Ian, gli inconfondibili grandi occhi verdi, con ciglia da cerbiatto e un piccolo nasino in mezzo alle guance rosee.
E' la copia del fratello, al femminile.
Tento di schiarirmi la voce, prima di sorriderle e presentarmi. «Ciao, io sono Anthea.»
Ricambia il sorriso, voltandosi per un attimo, impegnata nella preparazione del tè, che mi porge dopo pochi minuti in una tazza in ceramica decorata con un piccolo elefante azzurro.
La ringrazio, e soffio sul liquido bollente, formando piccole nuvole di vapore.
«I vostri... i vostri genitori?», domando, nel tentativo di rompere il ghiaccio.
Megan si siede al tavolo con noi, proprio di fronte a me, sorseggiando a sua volta il tè in un'altra tazza...
«Oh, Ian vive da solo da quando...», inizia lei, con aria assente. «Bè, da un po'.», ridacchia, chiaramente per sviare il discorso.
Tuttavia mi piacerebbe scoprire per quale motivo Ian abbia deciso di lasciare la casa dei suoi dopo quanto accaduto, ma ovviamente mi risparmio di creare disagio con le mie domande scomode.
Poi continua. «Io ho approfittato delle vacanze di Natale per fuggire dalla Columbia University, venendo a trovare il mio fratellino.», sembra avere riacquistato il buon umore, dal momento che si sporge verso Ian, che nel frattempo si è infilato una felpa, scompigliandogli i capelli, già completamente spettinati al naturale.
Lui le fa una smorfia, e la dispettosa e inconsapevole dolcezza tra i due mi strappa un sorriso in questa serata da dimenticare.
«Ah, buon Natale...», fa lui tornando a guardare me, seguito dall'augurio della sorella.
Ricambio sorridente, anche se effettivamente questo è stato tutt'altro che un buon Natale.
«Perchè non ti fermi a dormire? Io ho occupato la stanza degli ospiti, ma Ian ha un divano letto piuttosto spazioso nella sua.», mi invita Megan.
Nella cucina cala un silenzio imbarazzante, e proprio quando sto per rifiutare istantaneamente, mi vengono in mente i miei genitori. Se dovessero scoprirmi con questi occhi gonfi, con il labbro tremante, la paura che mi si legge negli occhi, non ho idea di come reagirebbero.
Guardo Ian, cercando di capire se la cosa lo disturbi, ma fissa un punto a me incognito dalla parte opposta, e ricordo della mia volontà nel passare del tempo con lui. Ho bisogno di chiarimenti, di spiegazioni, se vogliamo.
«Grazie, se non è un disturbo, penso che resterò, per stanotte.»
Ian si volta di scatto, più sorpreso di me nel sentirmi pronunciare quelle parole. Il fatto è che non so riconoscere se si tratti di una sorpresa positiva o negativa, e la cosa mi lascia decisamente con l'amaro in bocca.
Megan sorride, lanciando un'occhiata maliziosa al fratello, mettendomi, inconsciamente, a disagio.
Dopo aver sistemato le tazze nel lavello, Ian mi fa strada su delle strette scalette bianche, e dopo un corridoio, raggiungiamo quella che deve essere la sua stanza.
Sulla sinistra uno spazioso letto matrimoniale, ricoperto di cuscini rettangolari e un morbido piumone sui toni del blu, sulla parete un imponente quadro rappresentante due angeli che si sfiorano con le dita delle mani. Di fronte a me, due larghe finestre, da cui si intravedono fiocchi di neve in quantità scendere a picco.
Sulla destra, una massiccia libreria bianca è colma di riviste, di romanzi, di dizionari di varie lingue e di fotografie racchiuse in piccole cornici 'argento.
Mi soffermo su una di queste, prendendola tra le mani: un piccolo Ian arrampicato sulla schiena della sorella, intento a tirarle i capelli con una smorfia dispettosa. Non posso fare a meno che sorridere. Il loro rapporto deve essere più saldo di quanto non sembri.
«Non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi?» mi fa sobbalzare Ian, sbucando d'improvviso da dietro di me.
Tiene in grembo un paio di coperte e un cuscino, dopo di che mi indica un divano sui toni del grigio, proprio di fronte alle finestre.
«Io dormo qui, tu prenditi pure il letto». Deve essere a disagio, o qualcosa del genere, dal momento che non mi degna di uno sguardo. Inizia a sistemare le coperte sul divano, mentre io prendo il cellulare per avvisare i miei genitori, inventando che ho dimenticato le chiavi di casa e dunque mi fermerò a dormire da Sheyla.
Una volta terminato, finalmente, mi si avvicina lentamente, e passo dopo passo sento il mio cuore che prende a battere sempre più velocemente.
«Ora, vuoi dirmi che ti è successo?», mi domanda, mentre mi chiedo tra me e me se quel tono tanto dolce provenga sul serio dalla sua bocca.
Mi lascio sprofondare sul letto, decisa a raccontare...
Ian si siede di fianco a me, e dopo un respiro profondo, tento di dire qualcosa...
«Ecco... Travis... Io...», mi esce. Ricomincio da capo: «Stavo cercando Sheyla, e lui mi ha portata in camera e... »
Mi interrompe. L'espressione sconcertata, a poco a poco sempre più disgustata.
«Quel verme... Ti ha toccata?»
Ecco che ritornano quelle stramaledette lacrime che mi riempiono gli occhi. Cerco di trattenerle, facendo cenno di no. «Ci ha solo... tentato», tento di rassicurarlo, con la voce tremante, ricordando l'espressione di Sheyla quando è venuta a sapere tutto quanto.
Tuttavia Ian sembra tutto tranne che sereno. Ha la fronte aggrottata, lo sguardo perso nel vuoto, stringe i pugni e capisco che sta per esplodere.
«Appena lo vedo, io lo... lo...». So cosa sta per dire, quindi gli poso una mano sul suo pugno stretto e automaticamente sembra rilassarsi, giusto un po'.
«Ci ha già pensato qualcun altro», riesco a farmi sfuggire, prima di sprofondare in un pianto liberatorio. Mi sono trattenuta talmente tanto...
Ian mi stringe a sè, accarezzandomi i capelli e sussurrando qualcosa di indecifrabile, ma allo stesso tempo confortante, sotto i miei singhiozzi strozzati. Mi sento così stupida, così inerme, ma al tempo stesso un granello di serenità sembra impiantarmisi proprio in mezzo al petto, consapevole che questa sensazione piacevole, in mezzo a tanta rabbia, io la debba solo a lui: al ragazzo che mi sta stringendo tra le sue braccia, stampandomi baci delicati sulla fronte.
Finalmente, ho qualcuno che, come quando ero piccola, mi stringe a sè spazzando via, a poco a poco, il dolore, la rabbia, la paura.
So per certo che, in sua presenza, i temporali di una decina di anni fa, non mi susciterebbero nemmeno la benchè minima angoscia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top