Capitolo 34

Una volta giunta sul vialetto di casa, mi ritrovo stretta nella mia giacca, data l'aria completamente gelata di questa notte di Natale. 

Passo dopo passo, il mio caldo respiro si scontra con l'umidità esterna, formando, ritmicamente, nuvolette simili a nebbia, e passo dopo passo inizio a pentirmi sempre più della decisione intrapresa. 
Tuttavia, ormai mi costringo a proseguire. Ho passato fin troppo tempo chiusa nell'ombra delle mie paranoie e delle mie debolezze... è tempo di uscirne, una volta per tutte. 
L'imponente casa di Travis trabocca di gente schiamazzante, come al solito, e per poco, nel dirigermi verso l'ingresso, un idiota ubriaco fradicio non mi fa finire la sua birra appiccicosa sul vestito nuovo... Fortunatamente riesce a schivarmi. Lo incenerisco con lo sguardo, e, dopo un respiro profondo, mi costringo ad entrare. 
Sulla mia destra, in cucina, un gruppo di ragazzi si stanno spintonando per riuscire a versare quanto più alcol possibile nella bocca di una ragazza vestita da Babba Natale, direttamente dalla bottiglia trasparente. Tuttavia questa sembra essere completamente inibita, perchè sghignazza sonoramente. 
Sulle scale, proprio di fronte a me, invece, una coppietta si sta lanciando in un bacio appassionato, ignorando completamente gli sguardi languidi della gente attorno. 
Tento di celare il disgusto sul mio volto, probabilmente invano, e mi metto alla ricerca della mia amica... Faccio il primo tentativo in cucina, ma di lei non c'è traccia. 
Mi divincolo, allora, fra la folla che riempie il corridoio, per dirigermi verso la pista, e dopo essermi alzata in punta di piedi e aver ridotto gli occhi in due fessure, sperando di riuscire a metterla a fuoco il più veloce possibile, mi costringo ad arrendermi. 
Mi accorgo di avere la gola secca, dunque torno in cucina, ma dall'altra parte della casa scorgo Ethan, tutto solo, con la testa china, che sorseggia un liquido giallastro in un bicchiere trasparente. 
Decido che non mi va di parlargli, non ancora, e dal momento che nemmeno lui ha più tentato un approccio, potrei dedurre che per lui sia lo stesso. 
Devo riuscire ad ignorarlo, e proprio per questo apro il frigorifero, e sono lieta di trovarci una semplice bottiglia di Coca-Cola. 
Dopo averla prelevata, chiudo l'anta del frigo, e sobbalzo quando una figura incognita mi saluta, urlando, sopra l'assordante musica.
 «Ehy, sei venuta!», si intromette Travis, scrutandomi da capo a piedi. 
Mi porge un bicchiere rosso, che mi costringo a rifiutare, scuotendo la bottiglia di Coca-Cola che ho in mano. 
 «Già, Sheyla è stata molto convincente...», sorrido. 

Lui ricambia, e il bianco dei suoi denti risalta parecchio sulla sua carnagione scura. 
Dopo un imbarazzante minuto di silenzio, decido di rompere il ghiaccio. 
«A proposito, sai dove si è cacciata quella peste?», domando, alzando gli occhi al cielo. 
Lui sembra pensarci su per un attimo, dopo di che esclama, dubbioso: «Mi pare di averla vista al piano di sopra, forse non sta troppo bene ed è andata al bagno...»

Il pensiero che stia vomitando senza nessuno a soccorrerla mi fa preoccupare parecchio, e mi domando perchè lui non se ne stia accertando. 
 «Ti ci porto..», mi invita, indicando le scale. 
Lo ringrazio e lo seguo. Oltrepasso Ethan, che finalmente mi degna di uno sguardo... Con la coda dell'occhio riesco a scorgere il suo stupore, dato che lo ritrovo con gli occhi sbarrati. 
Non capisco la reazione così drastica... Voglio dire, dovrei essere io quella spaventata nel vederlo. 
Decido di non pensarci più di tanto, poichè ora come ora voglio solo sapere se Sheyla sta bene o meno. 
Il corridoio del piano superiore è semivuoto, ci sono solo alcune ragazze collassate sul pavimento, o in preda a conati di vomito. 
Il disgusto si fa sempre maggiore, ma Travis mi distrae, indicandomi una porticina in legno. 
Lo ringrazio, abbasso la maniglia e mi faccio strada. 
Non vedo nulla, e tasto il muro alla ricerca di un interruttore, che tuttavia non percepisco. 
  «Sheyla?», grido, ma mi risponde solo il mio eco. 
Sento dietro di me il rumore della porta che si chiude, e dopo un ticchettio, una serie di lampade da parete che costernano la stanza, si accendono. 
Non capisco bene cosa stia succedendo, dal momento che la stanza in cui mi trovo non pare affatto un bagno. Un imponente letto a baldacchino campeggia al centro della stanza, le pareti tappezzate da poster delle band più famose del momento, una scrivania ricoperta di libri e quaderni sparsi, un armadio in legno chiaro, semi-aperto, che lascia intravedere degli abiti maschili. 
  «Travis, ma...», mi volto di scatto, e lo vedo passarsi una mano sulla testa rasata, lanciandomi uno sguardo in grado di raggelarmi, e mi ritrovo, per l'ennesima volta in questo periodo, completamente bloccata sul posto, incapace di reagire. 
Che intenzioni ha? 
  «Travis, apri quella porta.», lo minaccio, cercando di acquisire il tono più autoritario possibile. Tuttavia, comprendo di non essere riuscita nel mio intento, quando, ignorandomi, avanza verso me. 
La paura mi scorre nelle vene, il sangue mi si raggela all'istante. 
Travis mi sfiora la pelle delle spalle con la sua mano, e un brivido di terrore mi percorre la zona da lui appena tracciata. 
Mi stacco all'istante da lui, con il labbro tremante, cercando di oltrepassarlo.
Voglio solo andarmene di qui, trovare la mia amica, controllare se sta bene, e infine tornarmene da dove sono venuta... E' stata una pessima idea. 
Lui mi blocca, tenendomi salda per le spalle, e la paura cresce ancora di più, tanto che mi dimeno con tutta la forza che ho in corpo, che però sembra essersi ridotta a quella di una formica. 
Si avvicina, e chinandosi su di me, mi sussurra. «Se non urli, non ti farò del male.»
Cosa? Ma... ma che sta dicendo? La mente mi si annebbia, e proprio quando inizio a percepire le gambe cedermi, lui mi spinge sul letto, facendomici sedere.
Cosa diavolo sta succedendo? Il mio volto ora è completamente in preda al terrore, come il resto del mio corpo. 
Quando sento il tintinnio della cintura che si slaccia, inspiro profondamente, e dopo di che urlo, urlo il più possibile. Urlo il nome dell'unica persona che sono convinta saprebbe aiutarmi. Il nome della persona che in questo momento mi manca da morire, il nome della persona di cui sento questo enorme bisogno. 
  «Ian, Ian, aiutami! Aiuto!». Credo di essere riuscita ad urlare, ma non ne sono certa. 
Quello di cui sono certa è che ora Travis mi copre la bocca con la sua mano, premendo con forza. 
Sono completamente terrorizzata, tento di mordergliela, senza riuscirci, e prego in silenzio che qualcuno venga in mio soccorso. 
Le mie preghiere sembrano esaudirsi all'istante, perchè la maniglia inizia a muoversi su e giù, con forza, e una voce ovattata e dunque irriconoscibile dall'altra parte grida di lasciarlo entrare. 
Travis mi fa cenno di fare silenzio, portandosi un dito alla bocca, e le lacrime prendono a scendere da sole. 
Ora la misteriosa figura aldilà della porta sta minacciando di sfondarla. Sento un tonfo, poi un altro, dopo di che la porta si apre, e tiro un sospiro di sollievo. 
Stringo gli occhi e mi copro il volto con le mani, asciugando le lacrime, quando Travis si allontana da me, finalmente, e quel qualcuno inizia a spintonarlo contro la parete. 
Dopo un momento, che a me pare interminabile, qualcuno mi solleva dal letto, e i miei occhi incrociano quelli di Ethan, completamente in preda al panico. 
Travis giace per terra, con una ferita sanguinante sotto il labbro che tenta di assorbire con la manica della giacca.
 «Va tutto bene, tutto bene...», mi sussurra delicatamente Ethan, scortandomi fuori. 
Il mio corpo è tutto un fremito, e la lingua sembra essersi attorcigliata su sè stessa. 
  «Ian, Ian...», è tutto ciò che riesco a farmi sfuggire, notando lo sguardo lievemente deluso del mio soccorritore. 
  «Ora... Ora ti ci porto». Il suo tono è gentile, proprio come quello di un tempo. Trattengo le lacrime, ancora per un po'. 






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