Capitolo 30
Il rumore dei pneumatici che strisciano sull'asfalto ci consiglia di porre fine a quel bacio e, controvoglia, lentamente, ci allontaniamo, continuando, però, a fissarci intensamente.
I miei pensieri non sono lucidi, e i brividi continuano a tormentare la mia pelle per l'enorme emozione appena vissuta. Lo stomaco totalmente sottosopra.
«Ehy, piccioncini, qui ci serve una mano», urla Luke incurante del fatto che sono ormai le quattro del mattino, sventolando una mano.
Nel frattempo ha parcheggiato l'auto bianca dietro alla moto di Ian. Ero talmente presa dal momento, che non mi sono nemmeno accorta del loro arrivo.
Ricordo della mia amica, e mi precipito a soccorrerla. Dorme sdraiata, occupando tutti i sedili posteriori.
La scuoto delicatamente, ma lei mugugna un qualcosa di indefinito, che decido di interpretare come un «lasciami in pace...».
Sogghigno tra me e me, e sono tentata di riprenderla con il cellulare, mentre Ian si assicura che gli amici abbiano mantenuto le promesse fatte. Adoro l'Ian premuroso, quel suo raro lato.
Decido di scuoterla con più forza, ma lei continua a lamentarsi rabbiosamente, così optiamo per trasportarla fino al suo letto, al calduccio.
Peete, ovviamente, non si lascia sfuggire l'occasione, e, portandosela in braccio, si incammina verso la casa, insieme a noi altri.
Giro la chiave nella serratura, intimandogli di non fare chiasso. Non vorrei di certo svegliare i genitori di Sheyla, che vedendola in quello stato, e tutt'al più in braccio ad uno sconosciuto, potrebbero prenderla poco bene.
Sto per seguire Peete sulle scale che conducono alla sua camera, quando sento qualcosa tirarmi per la giacca. Mi volto.
«Stai con me, ancora per un po'.», sussurra Ian, per non farsi sentire dagli altri, e in un attimo mi sciolgo, di nuovo. Incredibile come, con due semplici parole, sia in grado di farmi provare sensazioni tanto grandi.
Sono, per un millesimo di secondo, tentata di affidare ogni incarico ai due amiconi di Ian, per poter passare altro tempo ancora con lui, ma so che non potrei.
Sheyla domattina sarà già furiosa con me, per averla praticamente trascinata in situazioni imbarazzanti.
Tuttavia non resisto, e così gli intimo di aspettare qui fuori, assieme a Luke.
Corro, il più silenziosamente possibile, su per le scale completamente al buio, tastando con i piedi ogni gradino, per evitare di precipitare giù. Seguo l'unico spiraglio di luce visibile, derivante dalla porta semiaperta della camera di Sheyla, e per poco un vaso in ceramica non si frantuma per terra. Fortunatamente, lo afferro al volo, sospirando.
Non appena varco la porta, trovo Sheyla, ancora nel mondo dei sogni, sdraiata sul letto, mentre Peete le scosta i ciuffi di capelli dal volto. Quando si accorge della mia presenza diventa paonazzo, abbozzando un sorriso decisamente imbarazzato.
Ricambio il sorriso, e mi avvio a rimboccarle le coperte, quando Sheyla mi intima, balbettando qualcosa di indefinito, di spegnere l'abat-jour sul suo comodino.
Obbedisco, e silenziosi, io e Luke torniamo giù.
Chiudo la porta d'ingresso dietro di me. Ian cammina avanti e indietro, impaziente, mentre Luke si fuma una sigaretta, e nel vederci tornare, sfregandosi le mani, esclama: «Finalmente... Dai su, ragazzi, andiamo. Si gela qui fuori, cazzo.»
Poi si volta a guardarmi. «Buona notte, Anthea». Gli sorrido, ringraziandolo per la serata.
Peete lo segue, ma Ian rimane fermo dove è, e inizio a guardarmi attorno, incerta sul da farsi...
«Be', io veramente, rimango ancora un po'».
Ian si passa le mani nei capelli. E' a disagio? Adorabile.
L'amico annuisce, strizzando l'occhio prima a lui, poi a me, e io mi sento avvampare.
L'attimo dopo, Luke si infila nella decappottabile bianca, per poi sfrecciare via, assieme a Peete.
Dopo un periodo di tempo trascorso in silenzio che pare interminabile, Ian mi intima di seguirlo.
Obbedisco, senza scrupoli, e mi conduce verso il termine del vialetto, posandosi su una staccionata in legno che sembra sul punto di crollare a pezzi, mentre io mi ci siedo sopra, incerta, godendomi un paesaggio notturno, di casette in legno bianco con enormi cortili erbacei, ben curati.
Si posa di fronte a me, e notando il tremolìo del mio corpo, in parte dovuto al freddo, e in parte dovuto alla sua presenza, mi cinge con le braccia, sfregandole contro il mio corpo, e sento il calore, a poco a poco, accendersi in me.
«Dove sei stato, stasera?», mi esce senza averci pensato troppo. E' tutta la sera che questa domanda mi perseguita, e prima o poi saremmo dovuti entrare nell'argomento.
Mi sento ridicola, mi pento della domanda, e decido di nascondere il viso sprofondando sulla sua spalla. Ma lui non sembra infastidito, forse leggermente turbato, ma nulla di più.
Piuttosto risponde: «Da Evelyn, pensavo lo sapessi...».
Un'ondata di delusione mi pervade, ma d'altronde... Che mi aspettavo? Sono una stupida, continuo ad illudermi, invano. Mi allontano da lui, e torno a guardare l'orizzonte.
Lui deve aver notato la mia espressione, perchè prosegue. «Suo padre aveva bisogno di... di una mano, tutto qui. Li conosco da sempre».
Tuttavia, non mi guarda negli occhi.
Non mi aspettavo di certo delle spiegazioni, anche perchè non me ne deve. Non siamo nulla, eppure non riesco a fare a meno di provare questa inspiegabile preoccupazione. O gelosia, se così vogliamo definirla. Mi torna in mente il discorso di Ethan sul rapporto tra Ian ed Evelyn. Si frequentavano, e se fosse ancora così? Cosa dovrei fare io, se dovessi scoprirlo ora, dopo averlo baciato?
«In che rapporti siete? Tu ed Evelyn, intendo...», la mia lingua si muove, nuovamente, da sola, e mi costringo a morsicarla, quando ormai è troppo tardi. Mi sto rendendo ridicola, e sono sicura che Ian stia per impazientirsi. E di certo, non sono in vena di sceneggiate, non alle quattro e mezza del mattino e dopo aver trascorso una serata così distruttiva.
Lui ride, nascondendosi la testa tra le mani. Onestamente parlando, non riesco a spiegare questa reazione, ma in un certo senso mi solleva.
«Siamo stati insieme per un anno e mezzo, quasi due... » , mi guarda, probabilmente in attesa di una mia reazione, che tuttavia non c'è. Ne ero già al corrente, non mi stupisco. Annuisco.
«E' finita, Anthea. Da un pezzo... Be', sono rimasto in buoni rapporti con lei e la sua famiglia, ma in particolar modo con suo padre.»
Continuo ad annuire, scrutandolo come un'ebete. Spero non noti il mio sorrisino di sollievo, che tuttavia non riesco a trattenere, quando lui lo ricambia. Oh bene, missione fallita.
Ed ecco di nuovo quel silenzio imbarazzante.
Il cielo si sta, poco a poco, schiarendo, e la brezza mattutina inizia a farsi sentire. Mi sfrego le mani, ormai intorpidite, quando lui le prende tra le sue, soffiandoci sopra. Il suo fiato caldo mi scalda lentamente, quando gli stampo un bacio sulla guancia.
Mi libero dalla sua presa, e corro via verso la casa di Sheyla, quando lui inizia a rincorrermi. Tento di sfuggirgli, invano, quando lui mi acchiappa e, cingendomi con le braccia, mi stampa un bacio delicato sulle labbra. Il mio cuore manca un battito, e mi costringo a liberarmi.
«Ci si vede, Ian Parker.», lo saluto con un cenno della mano, salendo i gradini che portano all'ingresso.
«Ci si vede, Anthea Allen.», di nuovo, si passa le mani tra i capelli. Rettifico: super adorabile.
Mi chiudo la porta dietro di me, e mi lascio cadere per terra. Il cuore a mille, e io non riesco a liberarmi di questo fastidioso sorriso che mi trovo stampato in faccia.
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