Capitolo 23

Mi costringo ad alzarmi stropicciandomi gli occhi. 
Mi trascino in bagno, do' un'occhiata all'orologio e decido che ho bisogno di una doccia per essere pronta alla giornata che mi aspetta, sperando che l'acqua lavi via tutta la preoccupazione che provo. 
In realtà non funziona, perchè ad ogni goccia che scorre sul mio corpo, l'ansia sembra aumentare progressivamente. 
Mi avvolgo in un asciugamano mentre passo il phon sui capelli castani chiari, dopodichè mi lavo i denti e decido di truccarmi giusto un po'. Una passata di eyeliner e una di mascara.
Indosso il primo paio di jeans che mi capita sotto mano, un maglione bianco e le sneakers. 
Mi porto in spalla lo zaino in pelle, mi avvolgo nel cappotto, rubo una ciambella che ho deciso mangerò durante il percorso ed esco, dopo aver salutato mamma. 
Non appena varco la soglia un'ulteriore ondata di panico si fa strada in me. Decido di ricorrere alla musica: mi infilo due auricolari nelle orecchie mentre addento la mia ciambella con glassa rosa, alla fragola, presumo. 
Canticchio qualsiasi canzone nella mia playlist, mentre scalcio ogni sassolino mi si presenti davanti, sperando che aiuti ad alleviare la tensione. 
Due mani palesemente maschili provenienti da dietro di me mi tappano gli occhi, facendomi sobbalzare. 
«Chi sei?» domando.
Ma ovviamente credo di avere la risposta. Ian non farebbe mai una cosa del genere, il pensiero mi fa ridere. Un gesto simile me lo aspetterei da Ethan, nonostante io pensi che sia ancora scosso per la questione di ieri. Beh, lo sono anche io. 
Tuttavia, mi sembra la possibilità più plausibile. 
«Dai Ethan, ti ho scoperto», azzardo. Tuttavia non rido, non sorrido, non so come comportarmi. Non so quanto io possa fidarmi di lui, dopo tutto quello che ho scoperto.
Le mani si staccano da me in un istante. 
Mi volto e sobbalzo di nuovo. Ian?!
«Oh, sei tu, scu...», inizio. 
Ma il suo sguardo non è scherzoso, divertito e sorridente come ieri, e la cosa mi rattristisce decisamente.
«No, non sono il tuo principino del cazzo», risponde freddo come il ghiaccio, oltrepassandomi. 
Rimango impalata come una statuina per qualche minuto, ma non ho intenzione di rovinare tutto per una bambinata del genere, non dopo quanto ho provato in questi giorni. 
Mi metto a rincorrerlo, decisa. 
«Avanti Ian, ti arrabbi per una cosa del genere?», tento di giustificarmi. Non ne ho motivo, perchè non ho fatto niente di male, ma capisco che, trattandosi di Ian, devo spingere il mio orgoglio sempre più in basso, se voglio ottenere qualcosa, se voglio andare avanti. 
Siccome non ottengo risposta, lo afferro per la giacca, e a questo punto lui si gira. 
E' impenetrabile, come al solito...

«E poi non è il mio principino», bisbiglio, e il suo volto si rilassa un po', almeno, così sembra. Tuttavia non mi rivolge comunque la parola, e sto per sorridergli e strizzargli la guancia, per cercare di far sorridere anche lui. 
Veniamo però interrotti dal clacson della decappottabile bianca che rallenta sulla strada di fianco a noi... 
«Volete uno strappo?», chiede uno dei pompati. Sul retro ci sono due posti liberi, ma sul terzo spicca una chioma rossa: Evelyn, stravaccata sul sedile.  Alla sua vista vengo colpita da un conato di vomito.
Ian mi lancia un'occhiata, e si allontana, piantandomi in asso. 
La rabbia comincia a ribollirmi dentro. 
Il pompato, che inizia a starmi più simpatico, domanda: «E lei? Non sale?»

Ian inizia a rispondere per me: «No, lei non...»
Ma la cornacchia lo interrompe. Dio, quanto non la tollero. «No, vero. La principessina aspetta la sua zucca!», ride, da sola, e la cosa mi compiace, perchè si rende ridicola e nemmeno se ne accorge. 
La mia lingua si muove da sola. «Si, invece salgo.»
E sfodero uno dei miei sorrisi più ammalianti al conducente. 

Ian si mette in mezzo, tra me e quella vipera di Evelyn, e il quadretto è decisamente imbarazzante, ma al contempo esilarante.
Sono riuscita a farla stare zitta, finalmente. Non avrei retto ancora per molto la sua vocetta stridula, irritante. 

Il silenzio in questa auto sta diventando insopportabile, ma ringrazio dentro me il pompato, che scopro chiamarsi Luke, poichè alza il volume della radio, e nel frattempo tenta di fare conversazione con me, scrutandomi dallo specchietto centrale.
«Non sei qui da molto, sbaglio, An... An...», inizia.
«Anthea», sorrido di nuovo, sentendomi lo sguardo di Ian addosso. «E no, non sbagli. Sono qui da pochi mesi». Mi limito a questo, perchè dovergli ricordare che frequenta il mio stesso corso di matematica, sarebbe troppo imbarazzante. Darei la possibilità alla Cornacchia di deridermi perchè un ragazzone come Luke non si è nemmeno accorto della mia presenza in quella piccola auletta.
Si passa una mano sulla testa rasata. «Capisco...»
Sembra essere interessato, dal momento che non smette di fissarmi, e per un attimo mi balena in testa l'idea di ricordargli di prestare attenzione alla strada, ma preferirei evitare. 

Con la coda dell'occhio mi accorgo del fatto che Ian sta cingendo a sè Evelyn con un braccio, e mi sento travolta da un'ondata di gelosia, mista a nervosismo.
Passo il restante tragitto a guardare fuori dal finestrino, incolpando me stessa per essermi illusa che qualcosa fosse cambiato, tra noi.

Appena la macchina si ferma, sgattaiolo giù, decisa a non degnare di uno sguardo nessuno, fuorchè Luke. D'altronde si è dimostrato così gentile!
«Grazie mille!», esclamo con il sorriso più tirato che possa esistere, e lui, in uno sbuffo di sigaretta, sorridendo, replica:«Quando vuoi...»
Faccio retrofront, e mi incammino a passo spedito verso l'ingresso, sentendo gli occhi di Luke puntati su di me, ma anche quelli di Ian, ne sono quasi certa.


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