Capitolo 21
Il vento che mi sferza ogni zona di pelle scoperta, i capelli che svolazzano alle mie spalle, l'odore di Ian, il rombo sotto i nostri piedi e l'adrenalina che mi scorre nelle vene.
Non avevo mai provato un'esperienza simile, e devo ammettere che la sensazione che da mi piace. Un peso allo stomaco, ma che ti rinvigorisce secondo dopo secondo, rombo dopo rombo.
Non riesco a trattenere un urlo, mi sento così libera.
Ian, si volta sorridente, ma quando sollevo le mani in aria, il suo volto si incupisce per un istante.
«Anthea, rimani attaccata!» mi rimprovera.
Io scoppio a ridere, la sua espressione preoccupata quasi mi scioglie, ma mi stringo a lui ancora più forte. Non so bene spiegare il motivo.
«Idiota!» sbuffa, ma sorride. E, per dispetto, aumenta la velocità. Urlo di nuovo.
Quando giungiamo a destinazione, una destinazione a me ignota, ovviamente, scendo mentre lui spegne il motore.
Mi levo il casco e scuoto i capelli per cercare di metterli in ordine, probabilmente invano.
Sento il corpo tremare ancora, penso di avere gli occhi spalancati dall'euforia.
«Ma scherziamo? E' stato... è stato...!» , non trovo le parole.
«Lo so», ribatte lui senza che io abbia finito la frase.
«Portamici più spesso!» mi esce, ma me ne pento subito. Voglio dire, so bene che questo non è un appuntamento. Il sol pensiero mi fa ridere, io ed Ian ad un vero appuntamento, che sciocchezza. «Cioè... non intendevo...», balbetto e decido così di cambiare argomento. «E' stato... si, bello», tento di sembrare indifferente, anche se non credo di essere riuscita nel mio intento.
Lui ride, e ricordo che finora non l'avevo mai visto così sorridente. E' strano pensare che quello che mi trovo davanti sia la stessa persona che nei corridoi passa non degnando di uno sguardo nessuno, con quella sua aria da strafottente e menefreghista, e sono contenta che con me si riveli così... così... carino.
Sbuffo in una risata, dal momento che fino a due giorni fa, non avrei mai pensato di affibbiare ad Ian l'aggettivo "carino", anzi.
Torno in me, e mi rendo conto solo ora che ci siamo fermati su un un terreno erbaceo, mentre Ian si dirige verso un sentiero all'interno di un boschetto, ormai quasi interamente secco, e lo seguo, come faccio sempre, ormai.
I pochi uccellini rimasti, cinguettano all'unisono, mentre le scarpe di Ian e le mie calpestano i rametti caduti, spezzandoli.
«Ian? Dove stiamo andando?», domando guardandomi intorno, lievemente intimorita dal silenzio e dalla vastità di alberi che ci circonda, avvicinandomi un po' di più a lui.
Poi però mi dico che, se sono sopravvissuta al percorso in moto, questo non dovrebbe essere tanto male.
«Sta zitta e vedrai»ribatte, secco come i rametti che calpestiamo.
Nelle ultime 2 ore mi avrà detto di tacere almeno una ventina di volte, e non capisco se la cosa mi dia fastidio o meno. Ma non appena il sentiero finisce, mi dimentico di tutto...
Ci troviamo davanti ad uno spettacolo mozzafiato.
Siamo probabilmente sul precipizio di una valle, o qualcosa del genere, e da qui si vedono tutti i paesini al di sotto di noi, il cielo grigio dal quale penetrano spiragli di luce solare, che illuminano zone qua e là. Immagino come possa essere bello di sera, la composizione di luci che si dovrebbe creare. Si, mozzafiato è l'aggettivo adatto.
«Wow...», esclamo a bocca aperta.
«Di sera è decisamente meglio, ma nemmeno così è male, devo ammettere».
Mi prende in giro? Rimango per un attimo a fissarlo, cercando di capire se effettivamente sappia leggere nella mente o meno. Da una parte è inquietante, dall'altra è... interessante.
Decido di prendere l'iniziativa, e siedo sull'erba, leggermente bagnata, ma la cosa non mi turba.
Ho sempre amato i posti sperduti nella natura, e quando mi volto ad osservare il boschetto alle mie spalle, mi tornano in mente le giornate con lo zio di Kristel, amante della caccia. Noi però ne approfittavamo per stare per conto nostro e ammirare tutto ciò che ci circondava. Non posso fare a meno che lasciarmi travolgere dalla nostalgia, ancora una volta dopo un bel po' di tempo, ma Ian mi riporta alla realtà, venendo a sedersi di fianco a me, forse troppo vicino, ma forse... non mi dispiace.
Ad un certo punto scoppia a ridere, per l'ennesima volta stamattina.
«Che c'è, adesso?» sbuffo, ma sto ridendo anche io, ovviamente. Non posso farne a meno.
«Nulla», ribatte. «Ricordavo solo il giorno in cui mi hai baciato. Eri così strana...», ride più forte, e io quasi mi strozzo con la mia stessa saliva. Non me l'aspettavo proprio, una frase del genere. E perchè pensa ad una cosa simile proprio ora?
«M-mi dispiace, non so cosa mi sia preso. Ero... ubriaca.»
Ricordo la sua espressione, il suo sguardo, e non posso fare a meno di chiedermi se, in condizioni diverse, non avrei fatto la stessa cosa.
«Non dispiacerti. Io non me ne dispiaccio», sogghigna tra sè, e mi trasformo in un baleno in un peperone. Poi ricordo che si tratta di Ian, ed oggi è particolarmente scherzoso.
Gli sferro una gomitata. Mi prende in giro, giusto?
Rido, e continuiamo a goderci il panorama, in silenzio.
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