Capitolo 20

Dopo aver bisticciato per una decina di minuti su chi debba pagare, alla fine vince lui, con la promessa però che la prossima volta spetterà a me. Il fatto che ci sarà una seconda volta, mi rallegra. 
Usciamo dal localino, l'HoneyPub, e domando. 
«E adesso?»
Sono le dieci e un quarto, forse sarei in tempo per la lezione di tedesco, ma aspetto prima la sua risposta, sono troppo curiosa delle sue intenzioni.
«E adesso mi segui..». Ordina. E si incammina, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. 
Rabbrividisco, ma dopo un attimo di esitazione, obbedisco, mentre lui accende una seconda sigaretta. Stavolta, però, non mi fermerà.
Mi piazzo davanti a lui, bloccandogli il passaggio, afferro la sigaretta dalla sua bocca, la butto per terra e la schiaccio con forza fino a che questa non si riduce in poltiglia. 
Guardo la mia "creazione" del tutto soddisfatta. 
Alzo poi lo sguardo, e percepisco tutto il suo stupore, ma dopo un istante inizia a ridere sonoramente.
Adoro la sua risata, è talmente contagiosa che per tutto il percorso sorrido come un'ebete osservando la cittadina, che ormai sta diventando piuttosto familiare, e accogliente, oserei dire. 
Scopro che ci stiamo avvicinando sempre di più alla Jacob's, e una volta giunti proprio lì, mi sento decisamente delusa. Ma cosa speravo, che avrebbe saltato tutte le lezioni per passare del tempo con me? Forse la spudorata qui, sono proprio io, eppure... forse ci speravo sul serio. 
«Oh, quindi... capisco. Beh, mi incammino verso l'aula di tedesco! Ci si ved-»
Vengo interrotta dalla sua mano che copre la mia bocca. 
«Shht, sta zitta, stupida.»
Qualsiasi forma di contatto da parte sua mi causa un imbarazzo tremendo. 

Dopo essersi assicurato che io non avrei sbraitato più, mi conduce, tenendomi salda per il braccio, nel parcheggio delle moto dietro la scuola. 
Me ne indica una, ma non capisco. 
«Oggi, per tua fortuna, sono venuto con questa» dice, strofinando la carrozzeria bianca e nera lucidissima. 
Continuo a non capire, e lui alza gli occhi al cielo. 
«Ci andiamo a fare un giro».
Spalanco gli occhi, l'idea non mi entusiasma affatto, e penso che lui lo capisca, dato che mi sento impallidire. 
«Ma.. tedesco... io...», balbetto.
Lui si nasconde la faccia con la mano, già pronto sulla moto.
«Avanti, signorina Kerry, faccia qualche follia.», mi prende in giro, imitando la voce del Tomlinson. Non posso fare a meno di ridere, e beh, di accettare. 

Osservo ancora una volta quella dannata moto, con le mani tremanti, stringendomi nel mio cappottino beige, ancora stupita da me stessa per avere accettato, quando lui mi porge un casco. Non ci avevo pensato... 
«E tu?» chiedo. 
«La guido da un pezzo, ormai, Anthea, e beh, credo ne avrai più bisogno tu, per oggi», risponde voltandosi, e strizzandomi l'occhio. 
Mi sfilo il laccio che lega saldamente la mia alta coda di cavallo, e cerco di darmi una pettinata con le dita ai capelli boccolosi, mentre sento lo sguardo di Ian fisso su di me.
Il piercing sotto il labbro scintilla ad ogni suo sorriso. Inizia a piacermi, quella pallina di metallo.

Decisamente riluttante, infilo il casco e lui mi aiuta ad allacciarlo, e ne approfitto per guardarlo ancora senza che lui possa farsi strane idee, dopodichè salgo dietro di lui. 
«Pronta?», il suo tono di voce aumenta, mentre accende il motore e la moto romba sotto i nostri piedi. 
Trasalisco, e mi aggrappo alla sua maglietta in modo flebile: non voglio sembrare una codarda, e non voglio nemmeno farlo soffocare stringendolo troppo. Ma lui, come al solito, sembra leggermi nel pensiero, mi afferra le braccia con le mani e mi fa abbracciare il suo torso, da cui posso percepire la durezza dei suoi addominali. Anthea, SMETTILA!
Da gas e ci facciamo largo sulla strada.
Vedo una figura bassina e paffuta che si precipita fuori dall'ingresso, mentre ci maledice con dei cenni e parole a me incomprensibili. Solo quando Ian scoppia a ridere, capisco che si tratta di Louisa, la bidella del primo piano, che ci sta caldamente invitando a scendere e a partecipare alle corrispettive lezioni.
Spero proprio che non mi riconosca, non voglio di certo trovarmi nell'ufficio del preside per aver saltato le lezioni, domattina, e ringrazio il casco che indosso, per coprirmi il volto. Beh, Ian non è coperto ma, credo, o almeno spero, che per i professori e per tutto il personale della Jacob's questa non sarebbe una novità. 
La moto tuona sotto di me, e lungo il tragitto sono costretta a maledire il casco che poco tempo prima ho ringraziato, perchè comincia a pesare...
Alla fine cedo, e appoggio la testa sulla schiena di Ian, e ne approfitto per inalare il suo buon profumo, che si mescola con l'odore di pelle della sua giacca nera.

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