Capitolo 18
Continua a camminare fino a che svolta in un vicolo stretto, decisamente cupo, che non mi ispira affatto fiducia, ma deglutisco e continuo a seguirlo, quando d'improvviso si ferma e si appoggia sulla schiena contro il muro scrostato.
Tira fuori un pacchettino dalla tasca posteriore dei jeans, dal quale sfila una sigaretta.
Sono, come sempre, tentata di calpestarla a dovere, ma decido di trattenermi, dal momento che immagino la sua frustrazione in questi momenti.
Fissa il vuoto, mentre uno sbuffo di fumo gli annebbia il viso.
Poco dopo si volta verso di me, portandosi la sigaretta tra le dite.
«Pensavo ti fossi arresa a metà strada», sospira.
Mi giro i pollici dal nervosismo, poi faccio spallucce, imbarazzata. Devo dire qualcosa.
«Mi... mi dis...» inizio, ma vengo interrotta subito.
«Non c'è bisogno che tu dica nulla. La cosa non ti riguarda.»
Le sue parole, come sempre, mi si conficcano nelle costole, mi fanno gelare il sangue, ma come al solito attribuisco il tutto al fatto che è preso dal momento di rabbia. E forse, dopotutto, non si rende conto di ciò che dice.
«Mi avete tirato in mezzo voi», corrugo la fronte. «Quindi si, c'è bisogno che dica qualcosa... E voglio dirti che mi spiace, e che se ne vuoi parlare, beh, io sono qui.»
Sposto il peso da un piede all'altro, e scruto il suo sguardo, che per un istante sembra alleggerirsi.
Non so per quale motivo, ma ho come l'impressione che non sia un tipo che si senta dire spesso cose del genere... e il pensiero, mi fa sorridere. Sembrerò anche egoista, ma non mi dispiacerebbe essere l'unica a cui lui riesca a confidarsi, in situazioni come queste. Ma beh, sono quasi sicura che non lo farà, per quanto lo conosco.
Si lascia cadere sul terreno di ghiaia. E io faccio lo stesso, accanto a lui.
Sento un rumore provenire dalla sua direzione: uno sbuffo di risata, subito soffocato.
Non riesco a trattenere un sorriso, ma quando mi accorgo che mi sta fissando, osservo tutto attorno a me, fuorchè lui. Mi rigiro tra le dita l'orecchino di perle e lui mi scosta i capelli dietro l'orecchio. A quel punto non posso fare a meno di ricambiare lo sguardo, e incontro così i suoi occhi verdi, nei quali, probabilmente per via del freddo gelato di Novembre, stanno comparendo delle macchie grigie, pietrificanti.
Ed è proprio così che mi scopro essere... totalmente pietrificata dal suo sguardo, da lui.
Non riesco a fare a meno di pensare, per quanto riesca a ricordarmi, del sapore del suo bacio, così dolce, ma anche così amaro, forte, come l'alcol che poche ore prima abbiamo consumato.
Vengo distratta dai miei pensieri.
«Hai fame?» propone lui.
Ci rimetto una decina di secondi a riprendere fiato da quanto appena accaduto, non sapendo nemmeno descriverlo. Voglio dire, il mio cuore sembra esplodere, le mie guance stanno per divampare in un incendio, ma chi mi dice che valga lo stesso per lui? Il sol pensiero mi fa venire da ridere.
Ian che si lascia travolgere da emozioni come queste? Non credo proprio. Ora penserà che sono una stupida, e una delle sue tante prede, facili da conquistare, se sono in grado di arrossire così e agitarmi tanto per un semplice tocco della sua mano.
Mi alzo in piedi, cercando di coprirmi il volto con delle ciocche dei capelli.
«Si, beh, ormai la lezione di scienze è andata perduta quindi... perchè no?»
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