Capitolo 1
Ebbene sì, proprio lui. Dopo essersi scusato per la settima volta di fila e aver ripreso fiato dalla corsa evidentemente affannosa, si siede sulla grande sedia dietro la cattedra.
L'enorme differenza di dimensioni tra quella cattedra e l'omignolo rischia di farmi scoppiare a ridere, ma cerco di trattenermi... Non penso sia il caso, essendo tutt'al più il mio primo giorno da queste parti.
Tomlinson, ora, con un cenno della mano, cerca di placare il gran caos creatosi nel frattempo nella classe spoglia, di un color giallognolo, decisamente nauseante.
«Ragazzi, siete all'ultimo anno ora. Mi raccomando impegnatevi... Dovreste essere più maturi di quanto state dimostrando ora! Che chiasso!»
I ragazzi sembrano ignorarlo, perchè il chiasso non si placa, anzi... sembra addirittura peggiorato. A questo punto, nella mia vecchia scuola, ci avrebbero già punito, o quantomeno minacciato con il classico "la volete fare l'uscita scolastica oppure no?''
Il fatto che il Tomlinson non reagisca, limitandosi solamente a scuotere il capo indispettito, mi lascia un po' sbigottita, mentre Sheyla mi rassicura con un «ti ci abituerai». Indica poi un punto in fondo all'aula. «Forse per quanto riguarda quegli idioti laggiù ti ci vorrà un po', ma non preoccuparti».
Mi volto cercando di non farmi accorgere, e noto un gruppetto decisamente turbolento che occupa tutta l'ultima fila. Cerco di analizzarli velocemente, uno ad uno. Due ragazzi pompati che si divincolano sul posto tirandosi pugni sui muscoli del braccio a vicenda e che si sbellicano dalle risate, un ragazzetto nascosto da un cappuccio grigio che sembra schiacciare un pisolino stravaccato sul banco, e un ultimo apparentemente silenzioso, seduto proprio di fianco alla finestra vetrata, che fissa un punto indefinito nel cortile.
I suoi capelli scuri attirano subito la mia attenzione. Sono molto disordinati, eppure sembrano donargli parecchio.
Mi decido a distogliermi dai pensieri e voltarmi, ma con un certo disagio, noto che gli occhietti assonnati del Tomlinson sono puntati proprio su di me... «Non sapevo ci fosse una ragazza nuova!» esclama.
Non avrò mica sbagliato a consultare il tabellone degli orari? Non mi stupirei, d'altronde, impacciata come sono. Tuttavia la mia preoccupazione svanisce, e tiro un sospiro di sollievo quando il professore, sfogliando il registro di classe, esclama: «Oh, si, eccoti qua! Signorina Allen, giusto?»
Annuisco, emettendo un sorriso di sbieco.
«Che ne dici, ti va di presentarti alla classe? Che nel frattempo è diventata una giungla?!»
Intuisco che sta alzando il tono di voce con l'intento di guadagnarsi un po' di attenzione, ma il suo tentativo appare vano, dal momento che la maggior parte dei compagni continuano, imperterriti, ad ignorarlo bellamente. Solo qualche magnanima figura si decide, compassionevole, a ricomporsi per un attimo.
Sheyla, che mi osserva impallidire, mi incoraggia ad alzarmi con un cenno di mano, e io obbedisco. Odio le presentazioni.
Mi posiziono di fianco alla cattedra e noto con piacere che la classe, o per lo meno la zona in fondo, sembra non accorgersi della mia presenza, poichè impegnata nel suo trambusto.
Mi faccio coraggio, e riesco a dire «Ciao a tutti, mi chiamo Anthea, vengo da Kensinton.»
Qualcuno sghignazza, e io mi sento infuocare il viso.
Decido di ignorare il tutto, intenta nel proseguimento delle mie ridicole presentazioni, quando il ragazzotto in fondo esplode in una risata omerica, che sembra anche essere contagiosa, dal momento che tutto il suo gruppetto fa lo stesso. Beh, tranne il misterioso osservatore di finestre, ma poco importa.
«Qualcosa non va, Josh?», esclama serio il Tomlinson.
«Scusi prof, scusi... è lui che fa l'idiota», indica il compagno a fianco, che nel frattempo si è infilato delle palline di carta nelle narici, mentre balbetta qualcosa con voce nasale per cercare di tutelarsi.
La classe è in sgomento: tutti che si sbellicano dalle risate, tranne me e Sheyla, oh e... mi volto automaticamente verso quel ragazzo, notando però, con estrema delusione, che gli angoli della sua bocca sono rivolti verso l'alto. Come non detto.
Torno al mio posto silenziosa, e il professore inizia ad elencarci gli argomenti che affronteremo nel corso dell'anno. I titoli di questi argomenti suscitano in me una certa ansia, dal momento che la maggior parte di essi suonano così incomprensibili nella mia testa. Non ho mai sopportato la matematica, o meglio, mai compresa.
Fortunatamente mancano solo dieci minuti al cambio di lezione, il che significa ancora un'ora alla pausa pranzo.
Al termine della lezione io e la mia nuova ''amica'' usciamo dall'aula.
«Ora tocca a letteratura. Tu invece?» le domando.
«Lasciami controllare...» esclama tirando fuori un quadernetto verde stropicciato... il suo volto si incupisce leggermente.
«Oh no, tedesco! Ci vediamo per la pausa pranzo, d'accordo? »
Annuisco mentre lei si incammina rapida, ma si ferma dopo un paio di passi e si volta.
«In fondo a destra, per l'aula di letteratura! Divertiti!», urla quasi, e la invidio decisamente per la sua sicurezza.
La saluto sorridente e seguo le sue indicazioni, in fondo a destra, in fondo a destra...
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