Capitolo 3

Emy

La stanza è buia, le persiane sono abbassate. Solo un piccolo quadrato luminoso è posto davanti ai miei occhi assonnati. Odio dormire, e finisco sempre per fare qualche brutto incubo, quindi preferisco passare la notte sveglia finché le mie palpebre non si chiudono da sole. Il mio dito scorre le foto di Instagram, che sinceramente non so perché sto ancora guardando. Del resto, per quale motivo dovrei restare qua davanti, a guardare foto di ragazzi che forse un tempo avrei chiamato amici, che se la spassano e quant'altro?

Potrei leggere un buon libro, ho comprato da poco " Kafka sulla spiaggia" e vorrei davvero iniziarlo. Eppure, penso, tutto ciò che voglio ora è parlare con qualcuno.

Peccato che siano circa le tre di notte, e credo che le mie due migliori amiche non siano esattamente in vena di chiacchiere.

Resto quindi a guardare il soffitto, e a pensare.

Non appena mi metto le mani dietro la testa, però, vedo una luce fin troppo intensa uscire dal mio computer che ero convintissima di aver spento, dal colore verdastro.

Mi volto, ed una mano esce con fatica dallo schermo, aggrappandosi al bordo dell'apparecchii. Istintivamente urlo ed il mio sguardo si posa subito sulla mia mazza da softball che ho lasciato vicino alla porta. La prendo in mano e la impugno con forza, e a seguire la prima mano ne trovo un'altra, mentre una figura inizia a spingersi fuori dallo schermo con fatica, sfidando qualsiasi legge della fisica. Non capisco davvero come faccia a passare di lì, ma non credo che sia la cosa principale di cui devo preoccuparmi in questo momento.

Mi avvicino allo schermo ed alzo la mia arma improvvisata, per poi sentire la voce di un ragazzo.

- No, dannazione! Non ci provare nemmeno, rompi questo telefono e mi incazzo! - l'intera figura esce fuori, dapprima accasciandosi sul mio letto e dopodiché alzandosi in piedi. La luce della stanza si accende da sola senza alcun motivo apparente, ed io mi trovo davanti ad un soggetto decisamente strano.

È un ragazzo, forse di vent'anni anni o giù di lì, e potrebbe sembrare un soggetto abbastanza normale da alcuni punti di vista. Ha i capelli biondi e abbastanza lunghi, tenuti in un codino, un viso dai tratti elfici e delle orecchie piene zeppe di orecchini argentati. Porta un piercing al labbro ed uno sul sopracciglio, mentre sulle braccia stanno diversi tatuaggi dal colore nero, uno dei quali in particolare sembra ritrarre la maschera di un vecchio videogioco a cui ho giocato da piccola, The Legend of Zelda: Majora's Mask. Indossa una comune felpa verde senza maniche e dei pantaloni neri e strappati sulle ginocchia. 

Eppure un paio di dettagli particolarmente evidenti lo rendono tutto meno che un soggetto comune. Tanto per iniziare le sue orecchie sono lunghe ed a punta come quelle di qualche creatura di un romanzo di fantasia, e per di più gli occhi sono interamente neri, se non per una piccola pupilla rossa e maligna.

Indietreggio di un paio di passi, inevitabilmente spaventata e a occhi spalancati. Non so assolutamente che cosa fare, e posso solo stringere forte la mazza da softball mentre cerco di mantenere il sangue freddo.

- Paura? - chiede lui, voltando la testa di lato e ridacchiando - Sta tranquilla, tu sei fortunata. Non sono qui per farti del male.

- A-allora sono proprio serena. D-di sicuro mi fido della t-tua parola - dico, cercando in tutti i modi di fermare l'incessante tremare della mia voce che rende le mie parole decisamente patetiche.

- E piantala su! Non hai nulla da temere da me, non voglio farti del male! Allora, devo dirti un paio di cose.

Incrocia le braccia al petto, facendo tintinnare le catene spezzate che stanno legate ai suoi polsi, e si siede sul mio letto.

In tutta risposta io faccio un passo indietro, cercando di non far scivolare la mazza dalle mie mani sudate. Non posso certo fidarmi di lui, partendo dal fatto che è uscito dal mio computer fino ad arrivare al suo strano aspetto. Non sembra esattamente essere... "qualcosa" di affidabile.

- Su, su, non devi essere così diffidente! Considerami un amico! Tu sei Emy, giusto?

- Come sai il mio nome?

- Ci arriviamo con calma, aspetta.

- Non mi fido di te - rispondo, tenendo stretta tra le mani la mia mazza.

- Senti - dice lui, guardandosi attorno con aria alquanto nervosa - Sono qui per avvertirti.

Stringo ancora la mazza, ogni mio singolo muscolo è teso. Potrei colpirlo ora con tutte le mie forze.

- C'è una persona che ti sta cercando, e il fatto che lui ti cerchi non è assolutamente un bene per te, ti farà del male. Sono venuto qui perché voglio proteggerti.

Faccio una smorfia - E dovrei crederti? Ma scherzi?

- Ragiona un attimo - dice lui, battendo nervosamente un piede a terra, come se avesse particolarmente fretta - Perché dovrei dirti questo se non per aiutarti? Voglio solo darti una mano. È tutto a tuo vantaggio, ti sto solo dicendo di nasconderti!

- E quale vantaggio avresti tu, nel dirmelo?

Ha qualcosa di strano, questo ragazzo. Sempre che possa essere definito così. Non si tratta solo dei suoi occhi, delle sue orecchie, o delle catene spezzate che porta addosso. È più di questo, molto di più. Ha qualcosa di familiare, esageratamente familiare.

- Io devo occuparmi di te - dice, con tono grave - Ora vai sotto il letto, sta zitta e non fare rumore.

- Ma-

- Per favore. Ti farebbe del male, se ti vedesse.

Alzo gli occhi al cielo, ma alla fine decido di fare come ha detto lui. Non mi fido di lui e delle sue parole, ma non capisco perché dovrebbe chiedermi di nascondermi, quindi forse ha ragione.

Decido di gettarmi sotto il letto, trovandovi una maglietta che non so da quanto tempo sia lì. La scosto e guardo davanti a me, potendo osservare solo le scarpe nere del biondo e la fine dei suoi pantaloni. Dopo forse cinque minuti sento uno scricchiolio, come se la mia finestra fosse stata forzata. Un tonfo e un altro paio di scarpe nere so mostra ai miei occhi.

- Ben! - dice una voce maschile, roca come quella di una persona che passa la propria vita con la sigaretta in bocca - Che ci fai qui?

- Emy è compito mio - dice l'altro, che evidentemente si chiama Ben - Non le farai del male.

- Su, che vuoi che sia? Se muore non importa!

Tremo. Morire? Chi è che vuole uccidermi, e perché?

- Non ti riguarda - risponde quello che evidentemente si chiama Ben - Vuoi parlarne con l'Operatore?

Jeff fa un passo indietro - E va bene... se proprio vuoi... ma non sono d'accordo. Non lo faccio solo per il capo.

I due sembrano uscire entrambi dalla finestra. Esco da sotto il letto, con la tuta che mi fa da pigiama coperta di polvere.

Sono svaniti, scomparsi. Come se mi fossi immaginata tutto. Perché Ben sembra così familiare?

Che abbia a che fare con la mia amnesia in qualche modo? Devo scoprire di più su di lui, ma come?

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