Capitolo 29

  Emy

Ora, devo dire, che questo mezzo demone mi sembra vagamente patetico, più che spaventoso. Non per offendere la sua demonicità, ma credevo che i seguaci di Zalgo fossero più forti.

Chissà se demonicità esiste effettivamente come vocabolo.

Scuoto la testa risvegliandomi dai miei pensieri privi di un senso effettivo e guardo il... coso contro cui abbiamo combattuto io e Ben.

È cosciente, ora, e ben legato con delle catene. Ci guarda con uno sguardo fosco da dentro la sua cella. Questo posto è come ho sempre immaginato le prigioni medievali. Buie, umide, illuminate solo dalla luce fioca di qualche fiammella, con celle piccole, senza finestre, tre pareti di pietra e una di sbarre metalliche, decorate con allegre catene pronte ad essere usate all'evenienza.

- Che cosa gli chiediamo? - chiedo io - E chi tra noi fa il poliziotto cattivo?

- Emy, non credo che sia il momento di scherza- si interrompe, sospirando - Giusto, sei Emy. Fa finta che io non abbia detto nulla.

- Tanto per iniziare - dice l'uomo, seduto per terra e con le mani ammanettate dietro la schiena - Non caverete una sola parola dalla mia bocca.

- Questo lo vedremo - risponde Ben - Forse ci sottovaluti. Emy, tu puoi uscire.

- Io? Perché io? - chiedo, incrociando le braccia al petto - Devo mettermi al sicuro? Sono incapace di fare interrogatori?

- Solo, preferirei che non ti venisse un'altra crisi nel caso ci fosse sangue, sarebbe meglio.

Sbuffo, pur sapendo che in fondo ha ragione. Potrei uscire di testa, e non ne ho voglia. Spero di non essere condannata a non avvicinarmi mai più al sangue in vita mia, sarebbe davvero fastidioso.

- Quindi che faccio? - chiedo - Me ne sto nella mia cara stanzetta aspettando che il mio principe azzurro mi annunci di aver sconfitto il mostro?

- Basta che tu non stia qui, Emy.

- Come desidera, capo, ma veda di strappare qualche informazione al nostro prigioniero, o la nostra gloriosa battaglia e le conseguenti perdite potrebbero essere state del tutto vane.

Lui mi guarda con un sopracciglio alzato, senza dubbio piuttosto confuso, e io mi allontano.

Ma i miei pensieri restano su di lui. Ben è un nuovo sé stesso, ormai. Un tempo ero io a pormi davanti a lui, volendolo aiutare e volendo essere sua amica.

Ora è lui che vuole farsi perdonare, e che vuole essere mio amico.

Da una parte è sempre sé stesso, da una parte è diverso. Ci sono momenti in cui sembra il vecchio ragazzo timido, impacciato e tenero, e altri in cui è qualcun altro, qualcuno di più duro, maturo, deciso. Ma di cui non riesco a fidarmi, perché tende a comportarsi come il Ben fuori di testa che ho visto più volte.

Non so chi sia davvero, se io mi debba fidare. Forse gli ho dato troppe possibilità. Ho troppo amor proprio per poter subire qualcos'altro da lui.

Sospiro, decidendo di non pensarci.

Non credo di essere nelle condizioni di dormire, non ora.

Quindi non so assolutamente cosa fare in questo momento. Suppongo andrò nella mia stanza, prenderò la Switch sperando che sia carica, e cercherò di trovare tutti quei dannati Korogu che mi mancano per terminare del tutto il gioco.

Inizio quindi a dirigermi verso la mia stanza, quando, nell'apparente totale silenzio della casa, non sento dei passi dietro di me.

Rapidi, leggeri, quasi impercettibili, ma io li sento. Ho appena il tempo di voltarmi che mi ritrovo a terra, mentre ciocche luride e nere di capelli mi cadono sul viso.

Luride, nere, e impregnate dell'odore del sangue.

Jeff è esattamente sopra di me, e posso vedere da vicino la carne viva della sua ferita, la pelle irritata e rovinata, e il mio stomaco si attorciglia su sé stesso.

- È stata la mamma - dice lui, guardandomi da vicino con gli occhi a palla che sono troppo grandi per il resto del suo viso - È sempre stata lei.

- Jeff - dico, cercando di stare calma - Il tuo ginocchio sta prendendo sulla mia-

- È STATA LEI! - urla, sputandomi sulla faccia, ed io smetto di parlare, socchiudendo gli occhi. Vorrei che il mio cuore si decidesse a tornare a battere normalmente, anche se Jeff fa davvero paura.

Decisamente, è più imprevedibile di chiunque, qui.

- Lo capisci? - dice, il suo viso si fa sofferente, il tono piagnucoloso - Lei dice che è colpa mia, continua a dire che è colpa mia... ma è lei quella cattiva.

Forse, per quanto questa posizione sia assurda, scomoda e pericolosa, è meglio se non cerco di liberarmi. Perderei in partenza, e non sono armata.

- Lei non è una brava mamma - dice lui, mordendo l'aria un paio di volte - È tutta colpa sua ma lei non dice niente, solo che è colpa mia. È ingiusto, lo sai? Le ho dato un sorriso così bello.

- Jeff - dico, restando il più pacata possibile - Ti prego togliti da qui. Sto iniziando a non poter respirare bene.

- È cattiva - prosegue lui, ignorandomi - E poi ora la foresta è storta...

- La... cosa? - credo che chiedere i chiarimenti di un pazzo sia inutile, ma ormai ho già il cuore in gola e il battito cardiaco quattro volte più veloce di quel che dovrebbe. Tanto vale parlare.

- La Foresta. È sempre più storta. E ci sono tutti quei fili rossi e neri, e sta nascendo una nuova luna...

Si alza, più tranquillo - Bisogna distruggere la Luna nuova, vero?

Io mi sollievo sui gomiti, restando parzialmente sdraiata, senza sapere che rispondere. Che diamine è la Luna Nuova?

Jeff mi ossserva, ed odio il suo sguardo perennemente fisso su di me, perennemente così folle e senza palpebre.

Poi, all'improvviso, un'altra voce vieje da una stanza. La riconosco, è la voce di Toby, leggermente nasale.

- Sì è svegliata! Clock è sveglia, Clock è qui, è sveglia!

-

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