Ben
Alla fine, forse grazie ad un qualche tipo di miracolo, sono riuscito a raccattare qualcosa di leggermente elegante. Ho con me una camicia bianca, un paio di pantaloni neri e delle vecchie all stars. Credo possa andare bene, o almeno spero. Si sta facendo tardi, mi chiedo dove sia Emy.
E, purtroppo, non ho trovato nessuna soluzione per le mie orecchie. Sbuffo, avendo ben capito di non poterle coprire con i miei capelli.
Credo che ora io debba andare a cercare quella ragazza dagli occhi blu, immagino possa essere nella sua stanza. Andando, rapidamente, a bussare alla sua porta, infatti, la sento rispondere.
- Sì?
- Sono Ben, posso entrare? - chiedo, e subito lei mi risponde.
- Vieni pure, coso.
Suppongo di poter entrare. Poso la mano sulla maniglia e, facendo scricchiolare la porta, entro.
Emy è irriconoscibile. Davvero. Non sono mai stato in grado di immaginarla con addosso qualcosa di diverso da una maglia o una felpa da uomo e dei pantaloni comodi.
Invece, non so come, si è procurata un abito blu e abbastanza aderente sul corpetto, tenuto in vita da un nastro nero, lungo poco al di sopra del ginocchio. Indossa poi dei collant neri e il suo solito paio di anfibi che la fa sembrare un po' più sé stessa.
- Osa ridere - dice, incrociando le braccia al petto - E troverò il modo di ucciderti per la seconda volta.
Sbatto le palpebre, leggermente confuso - Perché dovrei ridere? Nel senso, non sei mica brutta, stai bene così.
Lei rotea gli occhi - Vai convinto... hai trovato qualcosa per le tue orecchie?
- Nulla, ma aspetta un attimo, sul serio. Sei bell- non ho il tempo di dire nulla che il famoso berretto con la Triforza mi viene sbattuto in faccia.
- Tieni - dice lei - Ora dobbiamo comprare delle lenti a contatto, ma credo di avere abbastanza soldi.
Credo sia palese che non si senta a proprio agio. Non credo abbia mai nemmeno provato ad indossare una gonna. Eppure non posso fare a meno di apprezzarla, così vestita.
È davvero bella, anche se forse non dovrei pensarlo.
- Ora andiamo - dice, uscendo velocemente.
- Dove hai trovato quel vestito? - chiedo, leggermente incuriosito. Le sue spalle nude e candide, non coperte dalle solite felpe sformate, la fanno sembrare più minuta e delicata. Ma credo che dirglielo sarebbe come chiedere di farsi dare un calcio nelle parti basse, quindi riguardo a ciò tengo la bocca ben chiusa.
- Mary mi ha dato un vestito che aveva Jane. Ha lasciato tutte le sue cose qui. Ma non credo sia questa la questione importante, no?
Usciamo dalla casa e iniziamo ad avvicinarci alla città, di nuovo, dopo quelli che mi sembrano secoli ma dopotutto sono solo pochi giorni.
Mi piacerebbe dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non ho minimamente idea di come iniziare una conversazione. Forse non è il momento adatto per parlare, ma odio questo silenzio.
Che dovrei dirle?
"Ehi, sarebbe la prima volta che usciamo insieme per davvero!"
"Ma quindi quanti korogu ti mancano?"
"Come va in famiglia? Tua madre è ancora chiusa in una camicia di forza?"
"Hai giocato a Xenoblade Chronicles 2? Ho letto ottime recensioni!"
"Hai visto qualche bell'anime in questi anni? A me è piaciuto abbastanza Your Name"
Ogni parola mi sembra stupida o inutile in questo caso.
Eppure è lei a parlare per prima. Più precisamente, si sta mettendo ad imprecare a causa della gonna agitata troppo dal vento. Non sembra imbarazzata, solo nervosa.
- Oh sì Emy, mettiti in ghingheri - commenta, parlando più tra sé e sé che con me - Voglio dei dannagi pantaloni. Non possiamo fare a cambio?
- Non credo di avere la tua taglia di reggiseno, sarebbe un problema indossarlo.
- Odio questa cosa. Potevo vestirmi come te e fine della storia. Come fanno le persone ad andare in giro così? È scomodo.
- Dai, non sarà poi così terribile...
- Lo è. Non obiettare. E non provare a farmi un altro complimento. Non mi interessa se ci sto bene. Lo odio - aggrotta le sopracciglia.
Decido di fare come ha detto lei -Come vuoi. I tuoi vestiti sono comunque una scelta tua.
- Perché tu sei furbo e le altre persone mi dicono che praticamente non sono una donna? - sospira lei - Scusa, non voglio romperti le palle. Credo di starmi sfogando su questo per non... pensare al resto, diciamo.
Mi sorride, anche se con aria abbastanza stanca - Voglio solo che tutto questo finisca, anche se non so come andrà avanti.
Arrivati in città e dopo aver comprato le lenti a contatto per me, Emy mi porta nel locale di cui mi ha parlato. Non sembra nulla di che. Per ci vuole cenare ci sono un paio di tavoli, è un locale piccolo, con giusto un paio di persone al suo interno. Dietro un bancone sta un uomo apparentemente normale, dagli scuri capelli spruzzati di grigio e bianco.
Ci sorride - Volete un tavolo per due?
Emy annuisce e lui ci fa accomodare, rivolgendoci un largo sorriso vagamente giallastro, su un piccolo tavolo a due posti. Questo sembra un posto semplice, leggermente trasandato e spartano, ma non vi vedo nulla di strano.
- Sicura che sia questo il locale? - chiedo in un sussurro, mentre l'uomo è andato a prendere i menù.
- Assolutamente - risponde, guardandosi attorno con aria circospetta.
Ordiniamo entrambi del pollo, e non parliamo molto. Cerchiamo di intrattenere una conversazione normale, ma ogni tanto Emy mi rivela parti del suo piano.
Tutto ciò che dobbiamo fare è attendere di restare gli unici due nel locale, insieme a questo apparentemente amichevole e gentile tizio in cui davvero non sto vedendo nulla di demoniaco.
Forse Emy ha solo un'immaginazione davvero eccessiva. Eppure dobbiamo tentare.
Restare soli, e dirgli che ci interessa molto sapere di Zalgo. È l'unica cosa che possiamo fare. Potrebbe essere immensamente rischioso, ma possiamo farlo.
Mangiamo lentamente dai nostri piatti, cercando di allungare il brodo dei nostri discorsi, finché, puntando gli occhi sull'orologio bianco appeso ad un muro non noto che si sta facendo tardi. Io e Emy ci rivolgiamo un'occhiata d'intesa. Credo sia davvero il momento di agire.
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