5 | NIGHT CALL






È venerdì sera, il primo del mese di Aprile, e primo venerdì del mese può voler dire solo una cosa: esibizione di Alex da Roy's.

Roy's è un pub dalle parti di King's Cross, zona dove abita Alessandro. È un posto carino, un po' spartano, con i lunghi tavoli di legno, le finestre che danno sulla strada, le freccette appese alle pareti e il piano interrato con un piccolo palchetto, dove Roy organizza eventi a sere alternate. Sopratutto, è un posto ormai familiare visto che Alex ci ha trascinato Vittoria e Clarice con così tanta insistenza per quasi un anno che ormai ci vanno spontaneamente.

Quel giorno, come ogni primo venerdì del mese, c'è la serata indie ed Alex può far sentire le sue canzoni ad una piccola folla di appassionati del genere, seguito generalmente da mezzeseghe che fanno sembrare la sua musica totalmente di un altro livello. Per fortuna ora si limita solo a questo format, c'è stato un periodo in cui ha provato con la stand up comedy e non è stato troppo piacevole.

Che poi non è male Alex, a scrivere, a cantare, a suonare, ed ha anche una bella presenza scenica, ma Vittoria e Clarice dopo anni passati ad esaltarlo ora trovano molto più divertente sfotterlo piuttosto che fargli complimenti. Le loro mani, però, sono sempre quelle che battono con più forza nella sala. Si, anche quando faceva -davvero- schifo con la stand up.

<<Ho incontrato Yann al bar, quello bravo della volta scorsa. Si esibisce prima di me. Che palle, pensavo fosse tornato in Francia>> esordisce Alessandro, raggiungendo le ragazze al tavolo alto che ha fatto riservare per loro con tre boccali di birra tra le dita <<Perché i francesi devono essere così ... così ...>>

<<Fighi?>> domanda sarcasticamente Clarice, guardando l'amico mente mastica un paio di tortillas con guacamole <<Bravi? Dannatamente indie?>> 

<<Un po' di competizione non storpia>> afferma Vittoria, sfilando il boccale dalle mani del ragazzo e dandogli una pacca sulla spalla dopo aver messo la birra al sicuro <<Almeno per noi non sarà una tortura tutta la serata>>

<<Dai che alla fine vi piace venire qui>> risponde Alex con un occhiolino, poi fa scontrare i boccali in un veloce brindisi <<E sicuramente vi piaccio molto più io di quel ... Yann>>

<<L'importante è che ne sia convinto tu>> ride la bionda, affondando una tortilla nella salsa guacamole di Clarice.

<<Ma quando comincia? Ogni minuto in più qui è un minuto in più di Emma con la nuova babysitter, che ho dovuto chiamare per colpa tua! Non potresti essere meno impegnato? Lo sai che non mi fido delle babysitter>> esclama invece la bruna, controllando sul telefono la presenza di eventuali messaggi della babysitter. Il suo tono è tra lo scherzoso e il serio, ed il ragazzo rimane interdetto per qualche attimo a guardarla.

<<Clarice tu lo sai, vero, che io sono un tuo amico e non il babysitter di tua figlia?>> esclama quest'ultimo, spalancando occhi e braccia <<Sto cercando di diventare una star dell'indie se non l'hai capito e non posso farlo mentre bado ad Emma, per quanto lo trovi divertente>>

Mentre Clarice e Alessandro battibeccano scherzosamente, Vittoria si dà un'occhiata attorno. Trova il fatidico Yann, un francese allampanato con i capelli biondicci e la chitarra già tra le mani, che parlotta con i tecnici che stanno preparando il piccolo palco per l'esibizione. La sala è buia, illuminata dalle luci sotto lo stage e pochi applique sulle preti scure. Al centro hanno lasciato uno spazietto per chi volesse ascoltare il concerto in piedi, ma la gente è tutta seduta ai tavoli alti sparsi lungo il perimetro. C'è una bella atmosfera, ed anche se per amalgamarsi tra la gente molto più informale di lei ha dovuto togliersi la giacca del tailleur e restare con una semplice canotta nera, si sente a proprio agio. Alex ha ragione, alla fine a lei e Clary piace andare lì.

Le luci si abbassano ancora di più e finalmente Roy, il proprietario del locale, sale sul palco per presentare la serata. Dieci cantanti, tre canzoni a testa. Alex per fortuna è il secondo, e mentre si mette comodo sullo sgabello accanto a Vittoria, il suo rivale -Yann- sale sul palco.

Anche Alex dovrà ammettere però, dopo quella esibizione, che l'indie francese suona davvero bene.

<<Guarda, c'è Sean>> sussurra Clarice ad un certo punto, facendo scivolare il gomito sul tavolo fino a farlo scontrare con quello di Vittoria <<È da prima che mi sta fissando>>

<<Ma Sean non è il tipo con cui è uscita Vittoria il mese scorso?>> si intromette Alex, distogliendo lo sguardo dal palco per individuare il soggetto di cui parla la bruna.

Clarice nel frattempo fa spallucce e si lascia andare in una risatina mentre Vittoria alza platealmente gli occhi al cielo.

<<Va' a parlarci>> le dice, quasi annoiata, né si gira a controllare. Piuttosto vorrebbe chiederle come esattamente ha fatto, al buio, a capire che Sean, seduto dalla parte opposta della sala buia, stesse guardando verso di loro e, delle due, proprio lei. È abituata però, il costante bisogno di attenzioni è qualcosa che appartiene più a Clarice che a lei, o meglio, magari appartiene ad entrambe ma in un modo totalmente differente. Vittoria se ne nutre silenziosamente, mentre Clarice deve sempre farne una questione.

Nessuna delle due ha ancora capito chi se ne esca meglio, ma alla fine è probabilmente una mera questione di carattere, una delle tante differenze tra le due ragazze che però, alla fine, rendono anche particolare il loro rapporto.

Clarice si raddrizza sullo sgabello, mettendo in vista le spalle nude e il corpino nero che le fascia il petto, sensuale ma mai volgare. Non trova però il coraggio di andare, vivendo sempre questa strana ambivalenza tra la Clarice di tutti i giorni, ancora un po' restia a buttarsi, e la Clarice con nomi diversi, storie diverse, capelli diversi, che presenta agli uomini sposati dei loro fascicoli.

<<Buttati, sei fantastica>> la incita Vittoria, lasciando perdere le considerazioni sulla ricerca di attenzioni e pensando più a ciò di cui ha bisogno lei in quel momento. Clarice risponde al suo sguardo sbattendo le ciglia lunghe, sorridendo imbarazzata, ma quando quasi sta per alzarsi la sala scoppia in un fragoroso applauso. Yann ha finito la sua terza bellissima e struggentissima canzone, Oublie-moi, e tocca ad Alex, il quale lancia alla bruna uno sguardo tagliente prima di alzarsi.

<<Perditi la mia esibizione per provarci con quello zotico e non ti faccio da babysitter per un mese>> la minaccia, allungandosi poi a prendere la chitarra poggiata contro la parete mentre Roy annuncia il suo turno.

Clarice guarda Vittoria con uno sbuffo e lei risponde con un cenno: lo sai che è così.
Alex però le fa sorridere sin dal primo momento che sale sul palco, quando si sistema la tracolla della chitarra sulla spalla, si avvicina al microfono e con scioltezza elenca la scaletta dei brani. Per quella sera ha scelto la cover preferita di Vittoria e due inediti che Clarice adora, e a quest'ultima la voglia di perdersi l'esibizione di Alex per provarci con "lo zotico" è decisamente passata.

Con semplicità il loro amico conquista il locale, la parlata strascicata, la voce roca e gli occhi socchiusi quando tocca i punti delicati della canzone sono cose che sembrano piacere al pubblico. Non indossa gli occhiali quella sera ed è particolarmente carino, nonostante i capelli mossi siano più in disordine del solito, arrivando a coprirgli tutta la fronte, e il suo outfit improbabile composto da una di quelle vecchie camicie a quadri che probabilmente non usa più nessuno sopra ad una maglia bianca a maniche lunghe.

Love is a laserquest è la canzone che Vittoria più ha a cuore, da sempre, e Alex la interpreta in modo divino. Guarda il palco con un sorriso triste e ne mima le parole, almeno finché la sua attenzione non viene attirata dal telefono che per fortuna aveva messo in silenzioso e che si illumina sul tavolo.

Jennifer Davidson.

<<No, ti prego, il lavoro no>> sussurra Clarice, che non puó fare a meno di gettare lo sguardo sullo schermo illuminato.

Vittoria porta una mano sul telefono ed è tentata dal chiudere la chiamata, poi però pensa che se non fosse qualcosa di urgente Jennifer non la chiamerebbe di venerdì sera, e dopo tutti i soldi che le arriveranno come onorario con quel divorzio e avendole rovinato la vita, almeno una risposta glie la deve.
Lancia un'occhiata di scuse all'amica, poi scende dallo sgabello e trascinandosi dietro la giacca lascia il seminterrato.

<<Jen, che succede?>> domanda mentre attraversa il locale fino ad arrivare all'uscita. Per strada il freddo la inghiotte, complice l'aver lasciato il cappotto al tavolo, ma quella boccata d'aria non le dispiace.

Il segnale della chiamata è leggermente disturbato, rimandando per qualche attimo un rumore indistinto.

<<Io... io ho incontrato Archie sta sera, in un bar. Ero con le mie amiche e lui con i suoi amici, avevo bevuto un po' e non ce l'ho fatta... sono andata da lui e gli ho rinfacciato un po' di cose>> dice Jennifer, e nonostante la pessima qualità della voce Vittoria crede di aver afferrato tutto. E comincia leggermente ad agitarsi.

<<Che gli hai detto?>> domanda infatti, tutto d'un fiato <<Che è successo?>>

<<Ha iniziato a gridare anche lui ... credo volesse aggredirmi. È stato tremendo. Sono corsa in bagno, ma lui è ancora fuori e non so cosa fare. Che faccio? Vittoria aiutami tu>>

Chiama la polizia, è la prima cosa che le viene in mente. Sarebbe anche un grande aiuto per negoziare... e se dovessero andare in giudizio, al giudice non sfuggirebbe un verbale del genere, Archie sarebbe un marito violento e renderebbe le cose più facili, in tribunale ma anche con sè stessa. Quando ci sono mariti volenti, il lavoro suo e di Clarice sembra quasi quello di due paladine della giustizia.

Eppure non riesce a credere alle parole di Jennifer.

Dovrebbe dirle comunque di chiamare la polizia, ma l'idea di incasinare Archie ancora di più senza apparente motivo non le va bene. Non fino a quel punto. Non è George Reyes, lei.

<<Dove sei?>> domanda allora, tenendo l'eventualità polizia solo qualora dovesse essere necessario <<Mandami la posizione e arrivo>>

<<Al Forge, vicino Liverpool Street>>

Vittoria neanche risponde. Prenota un Uber mentre torna all'interno per avvisare Clarice e prendere il cappotto. Le spiega velocemente la situazione e l'amica annuisce, dandole appuntamento per dopo a casa. Lanciando un'ultimo sguardo ad Alex, intento a cantare la sua ultima canzone, corre per le scale e lascia il Roy's, infilandosi nella macchina nera appena arrivata.

**

Il Forge è un posto così diverso da Roy's che il cambiamento quasi le dà alla testa, ma a differenza dell'altro il suo abbigliamento lì è finalmente consono ed è nella sua confort zone.
Porta il telefono contro l'orecchio per chiamare Jennifer, mentre si fa strada tra la folla di gente sul marciapiede davanti all'ingresso.

<<Ancora non ci credo>> sente dire da una ragazza mentre le passa accanto <<L'ha praticamente distrutta>> aggiunge, divertita, mentre si porta una sigaretta alle labbra.

Aveva forse ragione Jennifer? pensa subito Vittoria, accelerando il passo.

A quanto pare la gente all'esterno non è lì solo per fumare o prendere aria, c'è anche una lunghissima fila per entrare. Probabilmente anche la notizia della lite avrà incrementato l'affluenza, certe storie girano più velocemente di un virus anche in una città grande come Londra.

Jennifer nel frattempo non le risponde al telefono, il che la costringe a dover entrare.

<<Hanno per caso chiamato il suo turno?>> le domanda un uomo in abito all'ingresso, dietro un piedistallo con un registro, dopo il susseguirsi di scusi, grazie e gomitate che le ci sono voluti per arrivare all'inizio della fila.

<<No, non ho nessun turno, ma c'è gente dentro che mi aspetta>> sbotta lei, passandosi una mano tra i capelli per toglierseli da dietro le orecchie e prepararsi a qualsiasi cosa la aspetti lì dentro. Ovviamente non si è minimamente aggiustata da quella mattina, il che andava più che bene per passare la serata da Roy's. Per il Forge, un po' meno.

<<Può chiedere a chiunque la aspetti dentro di venirla a prendere?>> continua l'uomo, quasi come fosse già convinto di non farla passare.

Vittoria quindi fa un altro passo verso di lui, fino a toccare col busto il leggio, e minacciosamente lo guarda negli occhi.

<<C'è la signora Davidson lì dentro che sta dando spettacolo e io sono il suo cazzo di avvocato>> intima, rendendosi conto forse solo in quel momento di quanto quella chiamata l'abbia alterata. Di tempo per i respiri zen che Clarice cerca da sempre di insegnarle però non ce n'è, perché non appena l'uomo le fa segno di passare davanti a sé compare niente meno che Archie Davidson.

Anche lui la vede e sul suo viso si susseguono diverse espressioni, prima è sorpreso, poi divertito, poi deve afferrare che la presenza di Vittoria lì non è una coincidenza, il che lo porta a non riuscire a trattenere uno sbuffo.

<<Non ci credo>> mormora lui mentre lei gli è ormai quasi davanti.

<<Ti rendi conto che Jennifer è ancora tua moglie? Come ti permetti di trattarla così? Era terrorizzata quando mi ha chiamato>> esordisce Vittoria, fissando i propri occhi in quelli scuri di Archie, ancora più neri sotto le luci soffuse dell'elegante locale.

Non si guarda neanche attorno, la sua priorità è intimorire Archie tanto quanto lui ha fatto con Jennifer, che avrà tutti i difetti del mondo ma è pur sempre una ragazza indifesa col cuore spezzato.

<<Io non ho fatto assolutamente niente>> esclama ovviamente Archie, alzando i palmi verso il soffitto in segno di innocenza <<Lei si è fiondata verso di me quando sono arrivato, lei ha cominciato a gridare cose sconclusionate e cattive, e sottolineo cattive, e quando le ho risposto a tono si è messa a piangere ed è scappata via>>

<<Pensava che la volessi aggredire!>> controbatte Vittoria, processando in fretta le informazioni e mettendo Jennifer al sicuro da qualsiasi attacco, giustificandola. <<Volevi aggredirla, Archie? Le hai mai fatto del male? Devo chiamare la polizia?>> lo sommerge di domande, confondendolo per qualche momento.

<<Non le alzerei mai le mani>> quasi grida non appena riesce a raccapezzarsi, sembrando sinceramente sconvolto <<Le ho detto cose brutte? Si! Lei me ne ha dette di peggiori. Ma non significa che solo perché non sono un bravo marito sono anche una merda che alza le mani sulle donne>>

Archie attira tanta attenzione, ma Vittoria è troppo presa dalle sue parole per dirgli di abbassare la voce, o di farsi più lontano visto che nel frattempo si è avvicinato parecchio. In quel momento nota due cose inutili: il suo alito non puzza di alcool, il che significa che è perfettamente lucido, e indossa lo stesso maglione bianco che aveva la prima volta che si è presentato nel suo studio.

<<Avvocato, fidati, posso confermare>> la distrae una terza voce, spuntando da un gruppetto di persone dietro Archie e poggiando una mano sulla spalla di lei <<Archie non ha fatto niente, è lei che è pazza>>

Alto - altissimo - con le mani grandi e il viso spigoloso, a difendere l'onore di Archie Davidson è nientemeno che Johnatan Harrison, il giocatore di basket che inizialmente aveva cercato di far diventare Archie suo cliente.

<<Johnatan>> esclama lei, per un attimo senza fiato, ricambiando lo sguardo affettuoso del ragazzo. Vorrebbe quasi abbracciarlo, è bello trovare una faccia amica durante uno scontro a fuoco. Si limita però a concentrarsi sulla pressione della sua mano sulla spalla.

<<È il motivo per cui volevo che fossi tu a difendere Archie da quella fuori di testa>> aggiunge.

Vittoria guarda entrambi i ragazzi davanti a sè e pensa però che non è giusto. Non è giusto che loro stiano lì ad influenzarla, non è giusto che lei sia lì a battibeccare mentre la sua cliente, nel torto o a ragione, è da qualche parte spaventata.

<<Magari è lui, il motivo per cui lei è fuori di testa. Non credi?>> esclama, dando una risposta a Jhonatan ma concentrando tutta la sua attenzione su Archie.

Questo non solo chiude la conversazione, ma ci mette duecento tonnellate di cemento sopra.

La ragazza si fa a spazio oltre i due mentre si spoglia del cappotto e lo abbandona su uno sgabello libero attorno al lungo bancone. Da lì comincia la ricerca di Jennifer all'interno dell'affollato bar, con moderni lampadari e specchi incorniciati d'oro nei quali Vittoria non può fare a meno di osservare il suo frastornato riflesso. Il divorzio Davidson la farà impazzire fino alla fine.

<<Jennifer?>> la chiama non appena entra in bagno, e come immaginava la sua bella cliente è lì, poggiata con le mani sulla superficie marmorea dei lavandini e la testa bassa, i capelli scuri a coprirle il volto. Il fisico scultoreo è coperto da uno svolazzante vestito verde, che si abbina alle pareti del bagno ma sembra così inopportuno, su di lei, in quel momento. Sopratutto quando si sposta i capelli dietro le orecchie e si gira a guardare Vittoria, mostrandole un sorriso triste e il trucco leggermente sbavato.

Eppure, ancora, Vittoria non è convinta da quella scena.
Non che importi qualcosa.

<<Andiamo Jen, andiamo a casa>> le dice, allungando una mano verso di lei e sforzandosi di apparire dolce e rassicurante. La modella non se lo fa ripetere due volte, staccandosi dal lavandino per passare all'appiglio successivo, la mano di Vittoria.

<<Grazie, grazie>> le dice, con voce sommessa <<Lui non è come sembra, sa come ferirmi>>

Jennifer si porta una mano all'altezza del viso e comincia a farsi aria, spalancando gli occhi e provando probabilmente a non rimettersi a piangere. L'altra la aiuta ad aggiustarsi, togliendo il trucco sbavato con la punta del pollice della mano libera e incitandola a seguirla fuori solo quando il suo aspetto torna più che presentabile.
Non le lascia la mano mentre attraversano il locale e tutti gli occhi puntano su di loro, perché è di questo che ha bisogno: qualcuno che le stia accanto. Per una sera, Vittoria può essere quella persona.

<<Tieni la testa alta>> le ricorda, sussurrandole all'orecchio.

Puntano dritto verso l'uscita senza guardarsi attorno, senza neanche provare a cercare Archie tra la gente, anche se Vittoria - e probabilmente anche Jennifer - spera che lui le veda.

Per ragioni diverse, certo. Sua moglie, per gridargli senza bisogno di parlare "guarda cosa hai fatto, guarda come mi hai ridotta"
Vittoria, per mostrargli la sua lealtà. È a Jennifer che è fedele, è lei che difende, anche quando la sua verità è ben diversa dai fatti, anche se non è la sua persona preferita al mondo. Perché più importante del piacersi, c'è la fiducia.

Per fortuna per strada è già presente una fila di taxi, così Vittoria si limita ad avvicinarsi al primo disponibile e dopo averne aperto la portiera fa segno alla ragazza di entrare.

<<Riposati sta notte, domani mi racconti e vediamo cosa poter fare>> le dice, e Jennifer annuisce da dentro il taxi.

<<Grazie ancora>> mormora quest'ultima, prima che Vittoria chiuda la portiera e rimanga a guardarla andar via nella macchina nera.

Sparita Jennifer, Vittoria si concede un sospiro. Davanti a sé ci sono delle eleganti palazzine bianche alle cui spalle spuntano i grattacieli della city, il che le fa quasi venire da ridere. È uscita da lavoro ed è corsa dall'altra parte di Londra per andare da Alex, e dopo un paio d'ore è di nuovo lì, a pochi passi dallo studio, a lavorare. È diventato davvero così poco il tempo per sé stessa?

È questo quello che ha sempre voluto?

Sì.

E per avere quello che ha sempre voluto, a volte deve mettere da parte sé stessa, anche se questo vuol dire rinunciare ad una bella serata con i suoi migliori amici.

Le sue riflessioni si interrompono lì però, perché viene inevitabilmente spaventata da un tocco sulla schiena. Non è una mano però, è il suo cappotto che le viene poggiato sulle spalle.

<<Avevi lasciato questo dentro>> dice la voce di Archie, affiancandola.

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