4 | NEGOZIAZIONI
Nell'immaginario comune, andare in aula significa scendere nella gabbia dei leoni e provare a sbranarsi a vicenda. Tanto sangue. Tanti ruggiti. Tanta crudeltà.
Purtroppo non è sempre così e certamente più crudeli del confronto in aula sono le negoziazioni.
È il primo momento in cui due persone, che stanno decidendo di abbandonare il sogno dell'amore eterno che si erano promessi, sono costrette a fronteggiarsi attorno ad un tavolo e a scannarsi sulle condizioni di questa scissione.
La maggior parte delle volte sono inutili, una scusa per gridarsi addosso e farsi i dispetti, cercando di sottrarsi l'un l'altro le cose alle quali più si tiene. Gioielli. Case. Calzini. Posate. Qualsiasi cosa ritenuta importante dai coniugi. Vittoria però crede nel potere di decidere le cose a tavolino, lontani dal tribunale, dai giudici, perché dopo le grida e dopo i dispetti interviene la realizzazione dell'inutilità di quelle scenette e del fatto che non importa chi si tenga cosa, comunque il legame è reciso, comunque ci sarà un divorzio. A quel punto, meglio contrattare sulle cose importanti piuttosto che stuzzicarsi.
O almeno, la pensava così prima di conoscere i Davidson.
La mattina era cominciata male, una sventura che in realtà si preannunciava dall'inizio della settimana, ma diciamo anche dal momento in cui i Davidson sono entrati nella sua vita.
George Reyes, l'avvocato di Mr. Davidson, aveva insistito per fare le negoziazioni da Hernest&Wayne piuttosto che nel proprio studio, per fare il gentleman. Vittoria aveva cercato in tutti i modi di cambiare location, puntando piuttosto sullo studio della controparte, ma non era riuscita ad ottenere niente. Appurato che i coniugi Davidson avrebbero usato Hernest&Wayne come campo di battaglia, Clarice aveva provato ad avere la giornata libera per stare tranquilla ed evitare di incappare nei due, ma Mr. Wayne le aveva detto no, categoricamente. Così Vittoria aveva dovuto rubare l'agenda di Rose e distruggere la sua immacolata reputazione di segretaria, imbrogliando gli orari delle prenotazioni nelle sale riunioni del ventesimo piano e trovandosi quindi un alibi per richiedere l'utilizzo di quella al ventiduesimo. Due piani di distanza da Clarice non riuscivano a farla stare del tutto tranquilla, ma erano qualcosa.
A darle ancora di più sui nervi era stato il ritardo di Archie e del suo avvocato, atteggiamento probabilmente studiato a tavolino da quest'ultimo e che aveva colpito nel segno: Jennifer ad aspettarli in quella vuota sala riunioni aveva dato di matto, e Vittoria aveva perso già metà delle sue energie cercando di consolarla. E parte del suo udito, colpa della voce eccessivamente stridula della ex modella.
Ma se pure con ritardo i due uomini erano riusciti a varcare la soglia di Hernest&Wayne, chi invece non ce l'avrebbe fatta ad esserci era nientemeno che il piccolo di casa Davidson, Nicholas, il cui volo da Parigi era stato cancellato.
Disastro, considerando che Vittoria era certa di vincere grandi battaglie grazie all'appoggio del cocco di mamma. Jennifer le aveva riferito che suo figlio stravedeva per lei e odiava il padre, e dopo essere riuscita a farglielo ammettere in quella stanza Archie non avrebbe avuto la verve necessaria per tenersi stretto il patrimonio, troppo occupato a sentire il suo cuore spezzarsi.
Vittoria non sarebbe arrivata dove è ora però se non fosse capace di riuscire anche quando tutto va storto, così con grande fiducia in sè stessa ha iniziato quella partita a scacchi attorno al lungo tavolo della sala riunioni anche senza l'aiuto del piccolo Nicholas.
Sono lì da ore ormai.
Archie se ne sta seduto sulla poltrona girevole, indossa una camicia bianca sbottonata e infilata nei pantaloni neri dal taglio sartoriale, la sua postura è rilassata, con le gambe accavallate, ma ha sul viso l'espressione di chi si trova nell'ultimo posto in cui vorrebbe essere. Nuovi tatuaggi si intravedono sul petto e Vittoria si rende conto che è un po' come se lo stesse scoprendo volta per volta tramite i lembi di pelle che decide di mostrare.
Lo osserva di traverso, studiando le sue reazioni, i suoi movimenti. Ha un modo di porsi molto espressivo, con gli occhi scuri che dicono tutto ciò che le labbra si proibiscono di far uscire.
Il suo avvocato, George, è il suo opposto. E' in posizione d'attacco, con i gomiti poggiati sul tavolo in legno e gli occhi spalancati, pronto a sbranare le due donne come fosse un mastino affamato. Ha un abito di fattura impeccabile, blu notte, come i suoi occhi, mentre i capelli brizzolati sono tenuti a posto con la riga al lato. Fisicamente non è certo ciò che Vittoria si aspettava, ma caratterialmente "sciacallo" lo rispecchia in pieno. Le prime tre parole che le sono venute in mente sentendolo parlare sono state: sfacciato, misogino e prepotente. Più la conversazione va avanti, più ne ha la conferma.
Non vede l'ora di metterlo al tappeto.
Peccato che, dopo una prima ora passata a parlare di cose serie come l'appartamento nel Principato di Monaco, la villa a Miami, il loro parco macchine, lo Yacht e i cavalli di Nicholas, battaglie finite in pareggio per le due parti, la discussione si è impantanata in un punto cruciale: i due Bulldog Inglesi di Archie.
Chi se lo sarebbe mai immaginato che sarebbe cascato il mondo per due cani? Vittoria è certa che neanche per l'affidamento del figlio litigherebbero tanto.
<<Mi vuoi cacciare di casa, vuoi prenderti metà di un patrimonio per il quale non hai mai alzato un dito e vuoi togliermi anche Super e Chico?>> sbotta Archie, abbandonando la sua posa rilassata e con un fuoco improvviso negli occhi. Come una pantera pronta ad attaccare, Vittoria quasi riesce ad immaginarlo mentre salta sul tavolo e stacca la testa di Jennifer. Il tutto per difendere i due - bellissimi - cani, le cui foto con Archie sono state sparse sul tavolo dal suo avvocato.
<<Non riesco ad immaginare una casa senza di loro>> risponde Jennifer, con lo sguardo languido e le labbra enfaticamente curvate verso il basso.
Vittoria non l'ha ancora inquadrata, Mrs. Davidson. Non crede sia stupida, eppure a tratti la guarda e si chiede se quel suo atteggiamento da bella addormentata sia una farsa o, al contrario, l'abbia semplicemente sopravvalutata.
Perfettamente in tiro, con i lunghi capelli neri raccolti in uno chignon e un tubino beige, è lì per avere tutto ciò che le spetta e anche più, ed ha perfettamente chiarito a Vittoria che non ha problemi ad andare in giudizio se le cose non dovessero andare come spera. E' determinata in questo. Anche se Vittoria apprezza questa sfaccettatura del suo carattere, vorrebbe che per questi cani fosse un po' meno determinata visto e considerato che è, palesemente, una ripicca.
<<Tu non li hai mai voluti!>> grida Archie, spalancando le braccia e lanciando alla moglie uno sguardo di fuoco.
<<Signor Davidson, lei ha fatto sì che la signora Davidson ci si affezionasse, ora non può toglierglieli>> decide di intervenire Vittoria, portando una mano sul braccio della ragazza al suo fianco per impedirle di aggiungere altro e attirando l'attenzione di Archie. Quest'ultimo sposta lo sguardo dalla moglie a lei, celando una richiesta implicita.
Basta, sembra quasi sussurrarle.
A Vittoria un po' dispiace, ma l'unico modo di rispondere che conosce e accetta è sollevare le labbra in un sorriso sghembo che suggerisce: abbiamo appena cominciato.
<<Sono come dei figli>> mormora nonostante tutto Jennifer, interrompendo quella conversazione silenziosa, con un fare teatrale che innervosisce Vittoria fino all'inverosimile.
Sguardo da cerbiatta, voce sommessa, ferita, aspetto da donzella bisognosa di aiuto. Un mix letale per gli uomini. È probabilmente con quell'atteggiamento che ha sempre conquistato tutti, che è arrivata in alto.
Risulta però dannatamente irritante per chi, come Vittoria, ha deciso di puntare su ben altro per farsi strada.
<<Ma se un figlio ce l'hai e l'hai spedito in collegio non appena hai potuto!>> la attacca il marito, tagliente e probabilmente immune ormai a quello sguardo <<Ed io non ti lascerò abbandonare i cani come hai abbandonato lui>>
Non c'è dispiacere sul viso di Archie, nè sono pensieri che sembra aver formulato sul momento. Piuttosto, è come se avesse gettato vernice sulle piccole crepe che hanno rovinato quel matrimonio molto prima che Clarice e Vittoria entrassero nella loro vita, rendendole visibili.
Scoprire il tradimento è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
E come una lama, le parole di Archie affondano nel petto di Jennifer. La consapevolezza di non essere una buona madre, e tantomeno una buona moglie. Anche se lei probabilmente lo sa da sempre.
Ma saperlo è una cosa.
Sentirselo dire è un'altra.
<<Io ho lasciato tutto per te, per seguirti in giro per il mondo. Poi per prendermi cura di nostro figlio e di quegli stupidi cani, e la casa e...>> comincia Jennifer, ma di nuovo Vittoria poggia una mano sul suo braccio, stringendolo.
<<La mia cliente>> esclama, coprendo la voce di lei e prendendo le redini della conversazione prima di fare danni <<Ha smesso di lavorare per dedicarsi alla famiglia, ha messo da parte tutto per tenere in piedi il nucleo familiare. Mr. Davidson, nel frattempo, ha continuato a vivere la sua vita, lasciando sola la moglie per settimane e arrivando a tradirla plurime volte. Considerando ciò, mi sembra il minimo che Mrs. Davidson possa rimanere nella casa che ha sempre curato, con i suoi animali domestici, la custodia del figlio e un congruo assegno che possa tenere presente anche del sacrificio dell'aver abbandonato la vita da modella per curarsi della famiglia>>
<<Non credo abbia smesso di fare la modella per dedicarsi alla famiglia>> afferma subito dopo George, con la voce grave e l'espressione divertita. Vittoria alza un sopracciglio, mentre l'unico rumore a tagliare l'improvviso silenzio è quello della penna con la quale sta giocando sul tavolo. <<L'hanno fatta fuori per colpa dei chili di troppo del parto che non è mai riuscita a perdere, non è vero? Sappiamo come funziona il mondo della moda>>
La bionda smette di giocare con la penna, alzando di scatto gli occhi sull'avvocato della controparte ma impedendo a qualsiasi altro muscolo di muoversi mentre si chiede se ha davvero capito ciò che l'uomo ha appena detto.
<<Sta dicendo che sono grassa?>> chiede timidamente Jennifer.
E Vittoria capisce a che gioco sta giocando.
Lui l'ha individuata, la sua cliente. Sa che probabilmente l'unica cosa della quale le importa è l'aspetto fisico, è facile a questo punto tentare di abbatterla.
<<Sto dicendo che lei è un'ipocrita. Se l'avessero chiamata per girare il mondo a fare sfilate avrebbe abbandonato il piccolo Nicholas persino durante i primi mesi di vita, quindi non venga a parlarmi di perdita di chance e responsabilità familiare>> continua George Reyes, almeno finché Vittoria non tronca il suo discorso battendo una mano a palmo aperto sul tavolo di vetro.
Sente il sangue ribollire nelle vene, ma è brava a fingere freddezza nonostante tutto. Con il volto che sembra una maschera di cera chiude il pc davanti ai suoi occhi e si alza dalla sedia, portandosi il computer sotto il braccio.
<<Voglio l'affidamento prioritario di Nicholas e 100.000 sterline l'anno che la signora Davidson userà per soddisfare i suoi bisogni e quelli di suo figlio. La casa di Kensington resta della signora, così come i cani e l'appartamento di Miami. Inoltro la proposta via mail entro sta sera, se non vi va bene ci vediamo in giudizio>> dice, con un tono duro e senza battere ciglio.
Lancia un'ultimo sguardo ai due uomini ancora seduti attorno al tavolo - George, con un ghigno divertito, e Archie, tra lo scosso e il sorpreso - poi fa segno alla sua cliente di seguirla.
Jennifer, nonostante un primo momento di incertezza, si aggiusta il tubino con le dita affusolate e si alza.
<<Ti darò tutti i soldi che vuoi, non mi importa, voglio solo stare con mio figlio, tenere i cani e riavere i miei trofei>> esclama all'improvviso Archie, scattando a sua volta in piedi. Lancia uno sguardo d'aiuto che raggiunge gli occhi di Vittoria. Le cose sarebbero andate diversamente se avesse scelto un avvocato migliore, più umano, ma se ha dato mandato a George Reyes vuol dire che quello, in fondo, è anche il suo stile.
E con i misogini prepotenti, lei non vuole averci niente a che fare.
<<Ci faccio un diadema con i tuoi stupidi trofei>> è la risposta di Mrs Davidson, la prima per la quale Vittoria vorrebbe darle un bel cinque.
<<Ed io un aereoplanino di carta con la proposta del suo avvocato>> controbatte George Reyes, saccente.
Vittoria non si gira neanche a guardarlo, lasciando che sia lui ad osservare le due donne mentre escono dalla sala riunioni. Poggia una mano sulla schiena di Jennifer e fa strada lungo il corridoio, dirigendosi verso gli ascensori.
Mentre circumnavigano la sala vetrata, però, il suo sguardo rimane per tutto il tempo incollato agli occhi di Archie Davidson e vice versa. Nonostante il vetro a separarli, l'intensità ed il peso di quello sguardo le provocano un brivido, e la pelle d'oca è ben in vista sulla parte del polso che sfugge dalla camicia azzurra.
<<Come è andata?>> la riporta alla realtà Jennifer, mentre con un suono si aprono le porte dell'ascensore nella hall.
<<George Reyes ci va giù pesante, ma Archie ha detto di non avere problemi a darti soldi il che rende le cose più facili. Tu vuoi davvero quei cani, Jen?>> spiega Vittoria, premendo il pulsante del ventesimo piano. Tra le altre quattro persone presenti nell'ascensore, la bionda guarda la cliente e quest'ultima scuote la testa.
<<È l'unico modo per fargli lo stesso male che lui ha fatto a me>> risponde, di nuovo come se stesse recitando, come se dovesse sforzarsi per sembrare triste <<I cani e i trofei, quelle sono le cose di cui gli importa davvero>>
Vittoria vorrebbe ricordarle che anche lei l'ha tradito, che anche lei avrebbe potuto ferirlo, e il fatto che grazie ad Alex non ci siano più prove di questo non significa che non sia mai accaduto. Eppure, ha la sensazione che Jennifer abbia ragione: sapere di quel tradimento comunque non gli farebbe male quanto vedersi togliere i cani e i trofei.
<<Uomini>> risponde sottovoce Vittoria, con un piccolo sbuffo.
Alle sue spalle due ragazzi ridono, e lei si gira a lanciargli un'occhiata divertita.
Una volta al piano di Hernest & Wayne più familiare, scrive a Clarice di non uscire dallo studio finché non l'avesse avvisata e di chiudere le tende delle pareti vetrate. Nel frattempo, Rose la bracca per chiederle ancora scusa riguardo i problemi con le sale riunioni e di averla spedita al ventiduesimo piano. Povera Rose.
Accompagna Mrs. Davidson nel proprio studio per farle prendere il cappotto, poi affettuosamente quest'ultima la saluta gettandole le braccia al collo.
<<Non ti vedo come un avvocato Vittoria, tu sei mia amica ormai>> le dice, mentre la bionda alza gli occhi al cielo con la testa poggiata sulle sue spalle e le narici immerse nel suo profumo dolciastro.
Mette su un sorriso affettuoso però quando Jennifer la lascia andare, stringendole la mano con vigore.
<<Jen, lo so che è stato brutto. E in aula sarà peggio. Io faccio quello che vuoi tu però. Aspettiamo la risposta di George Reyes e vediamo come procedere, ok?>> spiega, con gli occhi puntati sulla cliente che sorride e annuisce.
<<Sono disposta a tutto per avere ciò che voglio>> le risponde, sicura <<E sono sicura che quando gli lascerò avere quei maledetti cani, sarà più facile ottenere la custodia esclusiva di Nicholas>>
Interdetta dall'ultima frase, Vittoria rimane ferma a guardare andar via la bellissima donna con le gambe lunghe che fa propria l'attenzione di tutti ovunque vada. Si poggia con eleganza il cappotto sulle spalle, si guarda attorno dispensando sorrisi nel corridoio. Jennifer Davidson però è la prova che non basta essere belli per non essere sostituiti, perché se fosse solo questo, se contasse solo la bellezza, difficilmente Archie l'avrebbe mai tradita.
Quando ormai non la vede più, l'avvocato indietreggia nella stanza fino a raggiungere la scrivania dove, sul primo bloc notes che si ritrova davanti agli occhi, abbozza "vuole la custodia del figlio!! usa i cani" e lo sottolinea più volte. Dopo aver controllato l'orario, afferra borsa e cappotto e decide di andare a prendere il pranzo per sé e per Clarice, come scusa per averla costretta a rimanere chiusa in ufficio per tutta la mattina. Non ha bisogno di chiederle cosa voglia, in queste occasioni c'è solo una cosa adatta: la cheese pie della backery di fronte allo studio.
Si stringe le braccia al petto mentre attraversa il pavimento chiaro della zona pedonale che collega quattro palazzi vetrati pieni zeppi d'uffici. Si guarda attorno, quegli edifici nonostante la loro fredda facciata sono ormai diventati familiari. Conosce le facce di chi ci lavora, adora l'odore della backery di Thomas che pervade l'isolato a tutte le ore e, se non dovesse farsi venti piani in ascensore, passerebbe ogni pausa caffè al piccolo bar lì accanto, con i divani vintage di pelle e le tazze sempre bollenti.
E' sempre stata un po' una sua capacità, fare propri i posti nuovi, trovare nuove tradizioni, modi per sentirsi a casa anche in un altro posto. E quella ormai è casa sua, e nonostante il grigio e la gente seriosa e i palazzi di vetro, non è fredda. Anzi, è piena di vita.
Che poi anche la gente in giacca e cravatta sa divertirsi: la negoziazione di quella mattina, in fin dei conti, Vittoria l'ha trovata divertente.
La piccola panetteria è proprio accanto all'ingresso del più imponente dei palazzi lì attorno, quello che in cima ospita il meraviglioso sky garden - e al cui interno girano i soldi di mezza Inghilterra -. Non c'è troppa fila e a Thomas, il tenero e rosso panettiere, basta solo un cenno di conferma per preparare il solito sacchetto con due cheese pie e una coca cola con due cannucce.
<<Vittoria>> si sente chiamare la ragazza, intenta a tornare verso il suo studio con lo sguardo basso sullo schermo del telefono. Alza inevitabilmente gli occhi al cielo, immaginando chi possa aver pronunciato il suo nome. E' proprio Archie Davidson che si ritrova davanti infatti, mentre esce dalle porte vetrate del suo palazzo, accompagnato da George Reyes.
<<C'avete messo tanto a trovare l'uscita>> commenta la ragazza, assottigliando lo sguardo.
Archie però non coglie quell'aria tempestosa e sorridendo sornione spalanca le braccia.
<<Metà delle persone del piano sono venute a chiedermi un autografo, anche se voi avvocati mi confondete. Non so se me l'hanno chiesto per le mie conquiste sportive o per il mio divorzio a sei zeri>> scherza quest'ultimo, decisamente più rilassato di com'era prima in sala. George deve averlo rassicurato su qualcosa, altrimenti non si spiegherebbe.
<<Avvocato Sperti, ho sentito parlare di lei e non vedevo sinceramente l'ora di trovarmici contro>> si intromette poi quest'ultimo, aggiustandosi il soprabito e facendole un cenno.
Vittoria si limita a ricambiare il suo sguardo, rimanendo indifferente alle sue parole e decisamente poco intenzionata persino a stringergli la mano.
Gli occhi di lui sono di un blu intenso, ma sembrano senz'anima. Succede, quando nella vita non fai altro che distruggere gli altri. E George Reyes è uno che di persone ne ha distrutte a centinaia. Però è anche una di quelle persone di cui lei ha bisogno, una di quelle che ti fanno sentire meglio: sono una brutta persona, ma almeno non sono George Reyes.
Pensieri ipocriti? Probabile. Ma chi se ne frega, sono tutti un po' ipocriti nei propri pensieri.
<<George, ti spiace lasciarci?>> domanda improvvisamente Archie, interrompendo la battaglia silenziosa tra i due avvocati <<Ti chiamo dopo>>
Troppo concentrata a rimanere indifferente, Vittoria prima vede lo sguardo di George cambiare, poi si rende conto della richiesta di Archie. Gli occhi blu dell'avvocato diventano sospettosi e si fermano prima su di lei, poi sul suo cliente, con una domanda implicita. Dopo di che, con un cenno di saluto dà loro le spalle e si incammina verso la strada
<<Cosa posso fare per lei, Mr. Davidson?>> non si trattiene invece lei, non appena l'uomo li lascia soli.
Archie la guarda con un che di divertito nello sguardo, passandosi una mano sulla testa ad accarezzare le sottili treccine che gli riempiono il cranio. L'eccentrico impermeabile color argento accompagna il movimento con uno strano rumore che quasi la fa ridere, anche se ha l'impressione che Archie non sia una persona alla quale piace sentire gli altri ridere di sè.
<<Avvocato, posso offrirle un caffè?>> domanda poi, a bruciapelo.
Di nuovo, Vittoria è incerta se scoppiare a ridere o alzare gli occhi al cielo.
<<Ancora? Anche a negoziazioni iniziate continua a cercare di portarmi dalla sua parte?>> gli risponde, mettendo su un sorrisetto arrogante e cambiando mano con la quale trattenere la busta del pranzo. Archie sembra fissarla con l'intento di prendergliela, poi ci ripensa.
<<Questo non centra niente con la causa in realtà>> afferma.
Vittoria rimane in silenzio a guardarlo, mentre sono fermi a pochi passi dal via vai di gente che entra ed esce dal palazzo. Sono parecchio vicini e la ragazza non si vergogna del modo spudorato in cui lo sta studiando, perchè lui sta facendo lo stesso con lei.
Vuole prendere un caffè con lei. Perchè? non può fare a meno di chiedersi. Ma per quanto espressivi, in quegli occhi scuri non c'è nessuna risposta alla sua domanda.
<<Lascia che ti dimostri che non sono una brutta persona come pensi>> aggiunge, quasi come sapesse che con Vittoria quel semplice invito non sarebbe bastato, che le serve un motivo per accettare, qualcosa in più. Neanche così però è abbastanza.
<<Mr. Davidson, io non penso niente di lei. Non penso a lei affatto>> è la sua risposta quasi automatica, fredda, tagliente. Avere sempre la risposta pronta è uno dei suoi pregi e difetti. A volte vorrebbe essere meno scontrosa, ma se il suo intuito ha deciso così forse è la cosa giusta. <<Peró mi permetta, se ha scelto uno stronzo come George Reyes per avvocato, magari un po' stronzo lo è anche lei>> decide di aggiungere, per non tenersi niente di non detto.
Archie annuisce leggermente, stringendo le labbra. Sa che Vittoria ha ragione, e probabilmente sa anche di essere uno stronzo. Uno stronzo con dei sentimenti, perchè è palese la sua sofferenza per quel divorzio, ma pur sempre uno stronzo.
<<Ho scelto George solo perché tu non hai voluto seguire il caso>> chiarisce, facendo un cenno con la mano per sottolineare il suo punto di vista.
<<Questo non è motivo sufficiente per prendere un caffè con te>> puntualizza lei, sollevando le sopracciglia.
<<No, ma mi piacerebbe che tu lo facessi>> schietto, sincero, Archie incrocia le braccia sul petto e si mette in attesa di una risposta, tenendole gli occhi addosso per tutto il tempo <<Magari i motivi li troveremo più tardi>>
Lì le è finalmente chiaro che davvero non c'entra più il caso, la loro relazione di avvocato e controparte. Archie vuole passare del tempo con lei e basta.
La risposta ad ogni modo la spiazza leggermente, perchè nel suo mondo di azioni e reazioni, di conseguenze, trova strano che i motivi per fare qualcosa vengano dopo l'averla fatta. Non funziona così il dolo, né la colpa cosciente. I motivi sono il moto, la propulsione.
Apre la bocca per dirgli che non l'ha convinta, che il caffè è rimandato a mai, anche se ammette con sé stessa di essere leggermente incuriosita. Qualsiasi parola però viene interrotta dal telefono che le squilla in tasca.
E' Hernest.
<<William, dimmi tutto>> risponde, lanciando uno sguardo ad Archie che continua a rimanere fermo al suo posto, in attesa di un sì o un no. Scuote la testa davanti alla sua determinazione, e il ragazzo sorride leggermente.
<<Abbiamo un divorzio italo-inglese, da stabilire ancora la giurisdizione. E' una faccenda un po' complicata. Parto per Milano tra due ore, vieni con me? Ti spiego tutto in aereo>> dice al telefono il socio titolare dello studio, formulando la frase come una domanda ma non aspettandosi certo di ricevere un no.
Ovviamente Vittoria accetta, dopo aver discusso i dettagli della partenza chiude la chiamata e scrolla le spalle, con fare innocente.
<<Devo andare in Italia>> dice la ragazza <<A meno che il caffè non voglia prenderlo in Piazza Duomo, sarà per la prossima volta>>
E' improvvisamente divertita, non sa se per il modo in cui sta scherzando o per lo sguardo che le sta lanciando Archie, come se fosse una bambina che se l'è appena scampata dopo aver combinato un pasticcio.
Deve comunque ringraziare William Hernest per averla tirata fuori da quella situazione scomoda, anche se questo significa dover partire per Milano nel giro di un paio d'ore.
<<Non mi sfidare Vittoria>> controbatte lui, facendole un mezzo occhiolino che la fa definitivamente scoppiare a ridere <<Mi piace l'Italia, potrei farci un pensierino>>
<<Arrivederci, Mr. Davidson. Spero che accettiate la nostra proposta o dovremo vederci in aula, e non sarà carino>>
Archie fa per dire qualcosa, ma poi ci ripensa e con un sorriso smagliante inforca gli occhiali da sole specchiati. Vittoria alza la mano libera per fargli un cenno, poi sorridendo a sua volta fa una mezza giravolta sui tacchi e gli dà le spalle, avviandosi verso le porte vetrate.
<<Non avrete mai i miei cani>> le grida dietro lui, con una risata nel tono.
In risposta, di quella mano che Vittoria tiene ancora a mezz'aria, lascia in vista solo il dito medio. Non sarà una cosa molto inglese, ma di certo molto efficace.
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