18 | TO KILL OR NOT TO KILL







Il sole splende alto su Londra quel giovedì mattina di Maggio. Proprio perchè raro, quando la luce decide di inondare le strade della capitale inglese crea una certa magia per la quale risulta difficile sentirsi non raggianti avvolti da quel raro ma confortevole tepore.

E' una di quelle cose di Londra di cui Vittoria si è subito innamorata.

Sopporti la malinconia dei giorni grigi perchè sai che quel giorno di sole arriverà, e sarà più bello di qualsiasi altro.

Non quel giorno però.

Quel giorno, anche con il sole che spende, la giornata si preannuncia disastrosa. 

<<Giudice, la prego di considerare la richiesta della controparte come una totale follia>> esclama Vittoria dopo aver battuto la mano sul banco che le sta davanti ed essersi alzata in piedi, lo sguardo tagliente rivolto verso il giudice poco distante. <<Abbiamo già fatto un'udienza sulle prove e non è stata sottolineata l'intenzione di voler procedere con questa testimonianza, cosa che mi sembra più che intelligente vista la sua inutilità. Quando mai ha sentito parlare, giudice, dell'esame incrociato dell'amante del coniuge? Cosa spera di ottenere l'avvocato Reyes? Non esiste niente di più vicino alla realtà di essere stati colti sul fatto, e il signor Davidson è stato trovato dalla signora Davidson nel mezzo dell'amplesso con la donna che vuole chiamare a testimoniare.Cosa potrebbe mai dirle di più? >>

La sua voce grave rimbomba nell'aula vuota del tribunale.

Jennifer, seduta al suo fianco, la guarda in silenzio e con le mani posate in grembo.

Al lato opposto dell'aula George Reyes mantiene un sorrisetto quasi vittorioso, come se già sapesse che per quella richiesta alla fine il giudice glie la darà vinta. Accanto a lui la sedia è vuota, il suo cliente è  impegnato in un Gran Premio da qualche parte del mondo. 

<<Avvocato Reyes, si spieghi>> lo incita il giudice, sistemandosi meglio sulla propria poltrona.

<<Purtroppo non posso rivelare il motivo per cui necessito di questa testimonianza, avrà un senso quando potrò interrogarla qui in aula. Solo che la signorina Lisa sembra scomparsa nel nulla e l'unica ad aver avuto contatti con lei è stato l'avvocato Sperti, visto che è stata proprio l'interessata a metterla in contatto con Mrs. Davidson. Non sappiamo il suo cognome, non sappiamo dove abita, come raggiungerla. Chiediamo che ci fornisca i dati per contattarla. L'unica cosa che sappiamo di per certo che è a Londra e ne abbiamo le prove>> si spiega George Reyes.

<<A me sembra che l'avvocato Reyes abbia confuso questo per un processo penale>> sbotta Vittoria, maledicendo subito dopo la sua linguaccia.

<<Forse l'avvocato Sperti dovrebbe tornare ad esercitare in Italia se pensa che quello che chiedo non sia permesso>> controbatte pronto l'uomo.

Vittoria non gli dà la soddisfazione di guardarlo, facendo piuttosto un'espressione quasi disgustata mentre il giudice batte una mano sulla scrivania per richiamarli all'ordine.

<<Avvocati>> esclama quest'ultimo, la cui voce seriosa fa drizzare la schiena della ragazza fino a farle assumere una posizione più composta <<Avvocato Reyes, l'indignazione della sua collega è comprensibile, non capisco cosa lei voglia ottenere da un esame incrociato di questa signorina nè tanto meno perchè non l'abbia richiesto entro le scadenze della scorsa udienza. Tuttavia, Avvocato Sperti se davvero è in contatto con questa persona la invito a lasciarne i dati all'avvocato Reyes così che possa raggiungerla per ottenere una testimonianza scritta. La testimonianza dovrà essere depositata almeno dieci giorni prima della prossima udienza così che l'Avvocato Sperti potrà prepararsi una difesa e deciderò se sarà pertinente o meno al caso>>

Merda, vorrebbe imprecare Vittoria. Si trattiene però e quando il giudice li congeda si affretta a racimolare i propri documenti e gettarli in borsa.

<<Come è andata?>> le domanda Jennifer, lasciando la propria sedia e affiancandola con un'espressione confusa sul viso.

<<Niente che possa attaccarci, solo un'inutile rogna>> esclama la ragazza in risposta, mentre il suo cervello è impegnato ad occuparsi di trovare un modo per uscire da quel disastro. E un'idea ce l'ha.

E' lei stessa ad andare da George Reyes mentre quest'ultimo, lentamente, si sistema il soprabito.

<<Lisa è un nome falso>> gli dice, a brucia pelo, guadagnando la sua piena attenzione <<E' nel sistema di protezione del centro anti-violenza di genere, è una donna che sta cercando di rifarsi una vita dopo un passato disastroso. Non c'è bisogno di crearle altri, inutili, problemi. Se vorrai comunque questa stupida testimonianza, scrivimi una mail e vi organizzerò un incontro. La sua identità però non deve uscire da questa vicenda>>

L'uomo quasi non batte ciglio, provando a scavarle dentro con lo guardo. Non può trovarci niente però, Vittoria è un muro e quella sul piatto è una verità credibile. Sa che questo non lo distoglierà dal voler sentire Clarice, ma le fa guadagnare tempo e risponderà ad alcune delle domande sul perchè questa Lisa sembra non esistere.

<<Sei in gamba, Vittoria Sperti>> risponde semplicemente lui, allungandosi ad afferrare la ventiquattrore e facendole un sorrisetto enigmatico <<Sono stato davvero dispiaciuto di non sentire il tuo discorso alla conferenza di Hernest & Wayne, cosa mai può averti fatto rinunciare all'ultimo?>>

Quel particolare, Vittoria, l'aveva completamente rimosso.

George Reyes era alla conferenza.

Aveva visto Clarice parlare al suo posto e lei correre via.

Probabilmente sapeva anche che Archie sarebbe andato a cercarla, ma non era mai entrato.

Rimane ferma a guardarlo mentre processa questa informazioni, consapevole però di non poter rimanere lì più a lungo di così

<<Situazioni urgenti in famiglia>> afferma prima di fargli un cenno e uscire frettolosamente dall'aula, mentre Jennifer Davidson la raggiunge. Pensare a quella sera, con lei accanto, le lascia una brutta sensazione che si aggiunge agli infiniti dubbi che George Reyes le ha fatto nascere quella mattina, chiedendo la testimonianza di Clarice.

Congeda frettolosamente la cliente per tornare in ufficio e mettersi a lavorare, consapevole di riuscire a pensare in maniera molto più lucida quando ha il suo bel da fare a buttare giù atti e consultare leggi.

Lavora mentre per tutto il giorno cerca di mettere insieme i pezzi, senza mangiare, con la porta dell'ufficio chiusa e il telefono staccato. Lo accende solo nel tardo pomeriggio, per chiedere alla babysitter che solitamente Clarice chiama per Emma se per quella sera è disponibile e solo quando ha il suo via libera invita i suoi migliori amici a raggiungerla più tardi nel suo ristorante preferito, dove prenota il tavolo più appartato.

E' lì che si fa trovare, con la schiena poggiata completamente contro l'alta spalliera dei divanetti e un calice di vino rosso sollevato a mezz'aria, lo sguardo perso tra le sue crespature vellutate.

<<Io ti voglio bene Vi, ma per favore comincia a trovarti come ristorante del cuore uno un po' più vicino a casa>> esordisce Clarice quando il cameriere accompagna lei ed Alex al tavolo <<Canary Wharf andava bene per l'esaltazione dei primi tempi, ora sembra solo una fatica arrivarci>>

<<A me piace Canary Wharf, è un mondo di vetro riflesso sull'acqua>> controbatte il ragazzo, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra del locale prima di invitare Clarice a prendere posto sul divanetto. Il tavolo circolare è adiacente ad una vetrata che dà sulla strada e anche se da fuori è impossibile vedere all'intento, da lì si riesce benissimo ad ammirare quella foresta di grattacieli che ospita il cuore dell'economia inglese <<E poi non è così lontano, a te piace solo lamentarti>>

Clarice arriccia il naso e passa piuttosto a guardare Vittoria, percependo la negatività sul suo viso tanto da lasciar cadere improvvisamente il menù che teneva tra le dita.

<<Vi>> mormora allungando istintivamente una mano verso di lei. La lascia lì sul tavolo mentre Vittoria sembra quasi non accorgersene, continuando a guardare il modo in cui il vino si mescola nel bicchiere quando lo fa ondeggiare.

<<Mi sto preoccupando>> esclama subito dopo Alex, guadagnandosi in risposta lo sguardo della ragazza che con uno strano sorriso li osserva in silenzio finchè non arrivano anche i loro calici.

Solo in quel momento, quando il cameriere li lascia, Vittoria alza il proprio verso il centro del tavolo, in un brindisi che gli altri emulano nonostante il fugace sguardo interrogativo che si scambiano.

<<Stiamo per essere scoperti>> sussurra Vittoria, prima di riportare il calice contro le proprie labbra e buttare giù tutto d'un sorso il vino rimasto.

Le sue parole sembrano continuare a vibrare nell'aria mentre Clarice ed Alex rimangono immobili, le mani ancora per aria e li sguardi confusi, forse un po' spaventati.

<<Che succede?>> si azzarda a domandare la bruna dopo qualche attimo, spallandosi contro lo schienale e bevendo a sua volta.

Alex si lascia andare in una risata nervosa, mormorando uno "stai scherzando".

E Vittoria comincia a raccontare loro di quella giornata in aula, anche se non prima di aver ordinato un altro giro di vino.

<<Continuo a non capire>> mormora più tardi il ragazzo, i cui capelli scompigliati sembrano riflettere il suo stato d'animo <<Perchè credi che ci abbia scoperto?>>

<<Perchè la testimonianza di Clarice è totalmente inutile ai fini del processo, Jennifer li ha colti sul fatto e non credo che proverebbero a negare una tale verità. Se pure volessero farlo, dovrebbero negare tutti gli altri tradimenti ma delle altre donne di Archie non c'è traccia nella lista testimoni, solo Clarice. Se non serve per il processo, che altro potrebbero volere da lei?>> spiega Vittoria, costruendo schemi invisibili con la punta delle dita sul tavolo scuro <<E perchè tirar fori la storia del discorso poi? Deve aver capito che quella sera è successo qualcosa. Può esserci arrivato da solo o può aver parlato con Archie. Lui pensa che io abbia tenuto il discorso, George invece era lì e sa che io non ho parlato>>

<<Siamo nella merda>> mormora Clarice, continuando a scuotere la testa con la stessa cadenza che mantiene da quando Vittoria ha cominciato a parlare.

<<Quella sera, al discorso, George ha visto Clarice in faccia>> afferma poi Alex, mentre la ragazza bionda annuisce lentamente. Per fortuna è sicura che non ci siano foto di "Lisa" in giro se non quelle che ha lei e Alex ha cancellato da tempo le riprese delle telecamere di sicurezza di casa Davidson del giorno in cui Archie ci ha portato Clarice. Per non destare sospetti, ha cancellato quelle di tutto il mese. <<E' fuori discussione che possa avere una sua testimonianza, la riconoscerebbe>>

<<Ora che si fa?>> chiede Clarice.

Vittoria ha avuto quella domanda in testa per tutto il giorno.

Ora che si fa?

Lei una risposta ce l'ha, ma la tiene per sè per il momento.

<<Voi che pensate?>> domanda quindi, scrutando gli occhi spaventati dei due ragazzi attorno al tavolo. Si costringe a rimanere ferma, a mantenere un tono neutro, un'espressione calma, perchè loro ne hanno bisogno.

E' quello che ha sempre fatto: essere il loro pilastro, quello a cui aggrapparsi quando tutto sembra crollare. Resisterà anche quella volta, resisteranno.

<<La soluzione è una sola>> azzarda subito Alex, sporgendo il busto verso il centro del tavolo e abbassando la voce <<Uccidiamo George Reyes>>

<<Ma che stai blaterando>> esclama Clarice, dandogli un buffetto sulla nuca <<Te ne sei andato di testa>>

<<Se ci ha scoperto davvero, o spariamo noi o facciamo sparire lui>> mormora spalancando le braccia il ragazzo <<Se fossimo in un film funzionerebbe>>

<<Ma questo non è un film>> puntualizza Vittoria, che se la situazione non fosse così tragica probabilmente riderebbe di quell'idea.

<<E tu non hai il coraggio neanche di uccidere i ragni che infestano casa tua>> le dà man forte Clarice, senza riuscire a smettere di guardar male Alex.

<<Infatti non lo farei io ma Vittoria, a sangue freddo>> controbatte lui.

<<Mi lusinga sapere che pensi che ne sarei capace>> dice lei, sollevando le sopracciglia e arricciando le labbra.

<<E neanche con una pistola, lo massacreresti di botte>> puntualizza ancora Alex, con la voce che è un mero soffio <<Come quel sogno che facevi sempre con Clarice, magari era premonitore>>

<<Da sta sera quindi sei un assassino oniromante?>> sbotta Clarice, guardandolo con gli occhi spalancati.

<<Oniroche?>> domanda Alex con stizza <<E poi sei tu la pazza che conosce le citazioni di Cersei Lannister a memoria, dovresti essere incline all'omicidio>>

Vittoria si estranea per un momento da quel dibattito mentre dietro le palpebre chiuse la appare quel sogno che ha vissuto per così tante notti che sarebbe impossibile dimenticarlo. Gli scenari erano sempre diversi mentre la costante erano lei e Clarice, un uomo che all'improvviso attaccava quest'ultima, provando a violentarla, e lei che interveniva e picchiava l'uomo fino ad ucciderlo. Non si svegliava finchè l'uomo non dava più segni di vita.

Sono anni che non lo fa, ma in certi periodi lo sognava anche più volte a settimana. 

<<Non uccideremo nessuno>> mormora, riaprendo le palpebre e facendo zittire entrambi i commensali <<Clary, pensa, che facciamo?>>

Clarice, chiamata in causa, torna immediatamente ad un'espressione seria e concentrata. Punta gli occhi in quelli di Vittoria e respira lentamente, quasi come se quel contatto possa generare la risposta che cercano. 

Le servono solo pochi secondo per sussurrare <<Archie>>

Vittoria annuisce, piano.

Archie è esattamente ciò a cui aveva pensato anche lei.

<<George Reyes ha un sospetto, ma non ha ancora capito niente e per questo vuole la mia testimonianza: vuole cercare di arrivare alla verità e sa che non potrei mentire se vengo formalmente chiamata a deporre>> argomenta la bruna, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo <<Non serve più alcuna testimonianza, però, se non c'è un processo>>

<<Però un processo c'è>> afferma Alex, guardando confuso le due ragazze.

Clarice, invece, fa un mezzo sorriso.

<<Vittoria dovrà chiedere ad Archie di mettersi d'accordo sulle condizioni e chiudere con un divorzio consensuale, il giudice dovrà solo verificare le condizioni e sarà finita. Niente testimonianze, niente più George Reyes>> dice la ragazza, spiegando i pensieri di Vittoria con una tale facilità che sembra quasi legga le parole nelle sue iridi brune.

<<Vi state dimenticando una cosa>> la ferma però il ragazzo, alzando una mano e lasciandola a mezz'aria mentre fa' il punto della situazione <<Vittoria ha trattato Archie malissimo e lui sembra essersi arreso con lei, tanto da aver scritto a "Lisa", e Jennifer non accetterà delle condizioni che non le vadano a genio>>

<<Archie è buono>> sussurra Vittoria subito dopo, bevendo un goccio di vino prima di continuare <<E si fida di me, per qualche motivo. Lo inviterò a vederci in un posto, gli chiederò di lasciar perdere le guerre, che voglio chiudere il divorzio perchè sono troppo coinvolta emotivamente. Contratteremo io e lui, gli farò avere i cani, i trofei e la custodia condivisa di Nicholas, poi penserò a Jennifer, ma con un discorso ispirato e una montagna di soldi dovrebbe essere facile convincerla>>

<<E Archie accetterà?>> domanda Alex, poco convinto.

Vittoria è consapevole che è una mossa da folli scommettere tutto sul legame tra lei e Archie,  eppure in qualche modo ci crede davvero. Perchè nonostante tutto, senza che questo abbia un senso, quel legame è forte abbastanza da poterci puntare tutto.

E anche se lei odia le cose che non hanno un senso, che non sono logiche, questa volta sembrano essere l'unica mossa che potrebbe salvarli.

<<Vale la pena provarci>> risponde Clarice al posto suo.

<<Sai cosa sarebbe davvero brutto? Se Archie pensasse che fai tutto questo così che possiate avere una chance una volta chiuso il processo>> aggiunge il ragazzo, e anche se la frase sembra avere un seguito la lascia sospesa. Il non detto fa quasi più male di qualsiasi parola potesse aggiungere.

Perchè Vittoria sa che quella chance non potrà mai dargliela e sa anche che lui si illuderà di poterla avere, e sarà l'ennesima volta che ci resterà male per colpa sua. Sarà anche l'ultima però.

Risolverà la situazione e non lo vedrà mai più, non potrà più fargli del male.

<<Vi>> la richiama ad un certo punto Clarice, con uno strano tono <<Quel messaggio che mi ha mandato l'altro giorno, credi fosse una trappola?>> domanda.

Vittoria si limita a scrollare le spalle, anche se è esattamente ciò che pensa. Probabilmente è così che hanno scoperto che Lisa è a Londra.

<<E se uccidessimo Archie Davidson?>> esclama allora Alex, con un fare tanto serioso che questa volta le ragazze non riescono a non sorridere. Almeno a sorridere.  Anche se sta per andare tutto in frantumi, loro si hanno a vicenda, ed è così bello aversi che viene facile fare qualsiasi cosa per provare a lasciare tutto com'è.

**

Nei giorni seguenti, l'idea di dover scrivere ad Archie tormenta Vittoria. Anche se poi l'idea è peggio del gesto stesso, che le ruba giusto qualche minuto e non troppi rimpianti.

<<Ho bisogno di parlarti. Domani alla chiesa h19?

P.S. bella gara>>

Si lascia cadere il telefono in grembo mentre riporta gli occhi sullo schermo della televisione, dove inquadrato sul gradino più alto del podio del Gran Premio degli Stati Uniti c'è proprio Archie Davidson, con la sua famosa tuta bianca, un trofeo tra le mani e un sorrisino a labbra strette.

Alla fine glie l'aveva data vinta, l'aveva visto correre, l'aveva visto vincere.

Almeno questo glie lo doveva.

Ed è stato da brividi.

Come quando più tardi arriva il messaggio di Archie in risposta.

<<Sarò lì>>

Quanto vorrebbe non dovergli spezzare il cuore.

**


E' da sola, davanti alla chiesa, mentre il sole tramonta su quel Lunedì. E' stata una brutta giornata e l'idea che quando arriverà Archie sarà ancora peggio non è confortante, ma almeno il cielo sulla sua testa è spettacolare. E' convinta che anche Archie se lo starà godendo mentre la raggiunge, qualcosa che gli piacerà un po' meno invece è il cartello sul portone della piccola chiesetta di Bankside che annuncia la sua prossima chiusura. L'edificio a quanto pare è pericolante e la città non vuole dar loro i soldi per la ristrutturazione, o almeno è quello che le ha spiegato un parroco passato da lì pochi minuti prima.

Vittoria quasi pensa di strapparlo via per non dare un altro dispiacere ad Archie, poi però si dà della stupida e lascia perdere, sedendosi sul marciapiede e prendendo il telefono per perdere tempo finchè Archie non si deciderà a raggiungerla.

Di tempo, però, ne passa fin troppo e il ragazzo non sembra essere in vista, nè lei ne ha notizie.

Sbuffa annoiata, arrabbiata, con le gambe che non riesce a tenere a freno e i capelli che non smette di spostarsi da un lato all'altro del viso.

E' davvero così che sarebbe andato a fondo il piano?  si chiede, senza neanche una chance di metterlo in atto?

Poi il telefono comincia a squillare tra le sue mani, la scritta numero sconosciuto appare sullo schermo.

La ragazza è tentata dal non rispondere, troppo presa dalla decadenza di quel momento per pensare a chiunque voglia disturbarla, però alla fine scorre sull'icona per dare il via alla chiamata.

<<Vittoria>>

La voce di Archie le inonda le orecchie, facendola scattare in piedi.

<<È quasi un'ora che ti aspetto, dove sei?>> comincia lei con un tono aspro, riscoprendosi pronta a metter su un casino piuttosto che piangersi addosso <<Mi dispiace per essere sparita dopo quella notte, non avrei dovuto. Questo però non mi sembra il modo di farmela pagare, avevi detto che saresti venuto, che...>> aggiunge poi sparando a raffica.

<<Vittoria>> la richiama nuovamente lui, bloccandola. Solo ora la ragazza si accorge di un leggero affanno nella sua voce <<Non credere ad una parola di quello che ti dirà>>

Vittoria si blocca, tendendo qualsiasi muscolo del proprio corpo.

<<Che?>> domanda, confusa, mentre suoni poco familiari disturbano la qualità della chiamata.

<<Ti fidi almeno un po' di me?>> le chiede lui a brucia pelo.

La ragazza apre la bocca ma non sa cosa rispondere, non riesce a contestualizzare quella richiesta, ad analizzare i pro e i contro della riposta. Alla fine si limita a sussurrare il suo nome con un senso d'inquietudine che si fa strada nel petto.

<<Jennifer ti chiamerà. Ti racconterà delle cose. Promettimi che non le crederai. Vittoria, non le devi credere. Si sta inventando tutto>> esclama Archie in un crescendo, finché qualcuno non sembra intimargli di smetterla.

<<Ma dove sei?>> riesce a chiedergli al volo.

È disorientata, offuscata dall'eco del battito furioso del proprio cuore. Non capisce di cosa parli Archie, nè perché sembri così spaventato, tanto da riuscire a far alterare lei.

<<Alla centrale di polizia di Kensington>> risponde lui e il suo battito sembra definitivamente fermarsi <<Io non ho fatto niente Vi>>

L'attimo dopo la chiamata si interrompe.

Vittoria gira su sè stessa fino a poggiare le mani sul muro di pietra della chiesa, poi fingendo di non notare il modo in cui tremano volge lo sguardo al cielo e prende un grosso respiro, cercando di ritrovare la pace.

Una parte della sua mente si è già messa a correre verso la centrale di polizia.

L'altra, quella che per fortuna controlla i suoi movimenti, la tiene incollata con forza a quel muro. L'unico gesto che le concede è premere il tasto verde alla chiamata in arrivo di Jennifer.

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