- Capitolo 2 -
Wynter's POV
Una voce metallica mi rombò nell'orecchio -Fermata Seattle, Stazione Centrale. Capolinea. Siete pregati di abbandonare le carrozze-.
Mi svegliai di soprassalto e mi stiracchiai. Accidenti, i viaggi in seconda classe erano infernali: c'erano troppe persone e compresse in troppo poco spazio.
Presi il borsone spiaccicato sotto al mio sedile e scesi dal treno. Diedi una sbirciatina all'orologio per avere un'idea di che ora fosse. 5.12. Era prestissimo.
Mi fermai al McCafè e presi un iced coffè e un brownie. La stazione era silenziosa. L'equilibrio solenne del silenzio era rotto solo, di tanto in tanto, dal fischio di un treno in partenza.
Sgranocchiai lentamente il brownie secco e stantio che avevo pagato e controllai quanti soldi avevo nel portafoglio. 324$. Forse era abbastanza per sopravvivere lontano da casa.
Non avevo la più pallida idea di come avrei fatto a sopravvivere negli Stati Uniti; speravo solo che il mio spiccato accento canadese non si notasse più di tanto. Avrei potuto cercare un lavoro ad un bar o in una pizzeria ma sarebbe stato troppo pericoloso. Mi avrebbero potuto riconoscere e, una volta capito dove mi trovavo, mi avrebbero ucciso in poche ore. No. Dovevo continuare a muovermi fino a quando non si sarebbero calmate le acque. Non volevo morire. Ero troppo giovane e intelligente per morire, volevo lasciare traccia di me nel mondo: andare al ballo di fine anno e diventare reginetta, uscire con Daniel Toother e andare in vacanza con i miei amici, volevo obbligare Brooklyn ad indossare dei tacchi e a mettere l'eye-liner, avrei voluto finire di guardare l'ultima stagione della mia serie TV preferita.
Presi il mio borsone stracolmo di oggetti e uscii dalla stazione di Seattle.
Le prime luci del mattino rischiaravano la piazza con riflessi argentei. Attraversai la strada e mi lanciai su una panchina del parchetto di fronte.
L'aria fresca mi scompigliava i capelli neri e mi sollevava la t-shirt. Due ragazze ubriache camminavano sul marciapiede, probabilmente verso casa loro. Presi la mappa che avevo stampato la sera prima a casa e la fissai con attenzione: dovevo arrivare in Jackson Street. Se ero a Seattle, qualsiasi fosse la ragione, dovevo vedere lo Space Needle dal vivo. Semplicemente dovevo.
Camminai fino a Jackson Street armata solo di un foglio di carta stampato su Google Maps poche ore prima. Spesso mi stupivo della mia organizzazione; sarei potuta essere sull'orlo di un precipizio e avrei comunque avuto la dedizione di passare un filo di burrocacao sulle mie labbra secche.
Quando arrivai, impegnai pochi minuti a trovare la fermata dell'autobus che mi occorreva prendere e il rivenditore autorizzato di biglietti.
La signora alla cassa era grassa come un lottatore di sumo e aveva decisamente poca voglia di vivere.
-Potrei avere un biglietto per l'autobus?-
Lei mi fissò disgustata -Quanti anni hai?-
-Sedici-
Digitò qualcosa sul registratore di cassa e brontolò -1.50$. La linea 2 parte tra due minuti-.
Pagai e la ringraziai con un sorriso falso almeno quanto il suo; poi tornai alla fermata dell'autobus.
Gli autobus di Seattle erano tutti nuovi e fiammanti, così puliti che per una frazione di secondo mi tornò in mente il Canada: i parchi sempre perfettamente potati, i marciapiedi brillanti di pulizia, gli edifici verniciati di fresco tutte le estati. Chissà quando sarei riuscita a tornare a casa mia. Chissà quando avrei capito che cosa stavo facendo.
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