2 - La mia scelta


Gli occhi di Chan si soffermano sul mio viso, le sue pupille scattano rapidamente da un punto all'altro della mia pelle, come a volerne carpire ogni angolo. Mi domando a cosa stia pensando visto che non sono cambiata poi così tanto, a differenza sua. La gravidanza ha lasciato i suoi segni, ovviamente, ma nulla che si possa notare con il mio abbigliamento attuale.

Dopo alcuni interminabili istanti trascorsi ad osservarci a vicenda, accenno un sorriso e indico con un cenno del capo la piccola stanza alle sue spalle:

«Posso entrare?»

Chan scuote la testa, come per distogliere la mente da chissà quali ricordi:

«Scusa, che maleducato!» risponde velocemente, alzando la voce di un'ottava. Si sposta dall'ingresso e mi invita ad accomodarmi.

Lo studio è poco illuminato, leggermente angusto per i miei standard da claustrofobica, ma estremamente ordinato. Sulla grande scrivania sono disposti diversi monitor, casse, attrezzature varie di cui non saprei nemmeno comprendere l'utilizzo, ma che sembrano avere l'aria professionale.

«Non sapevo fossi in Corea» comincia lui, chiudendo la porta dello stanzino.

Si gira per incrociare i miei occhi, ma distoglie subito lo sguardo: il suo imbarazzo è palpabile, imprevedibilmente più del mio.

Mi guardo attorno, fingendomi curiosa dello scarno arredamento della stanza, e alzo le spalle:

«Ho provato a scriverti, ma devi aver cambiato numero.» spiego, sforzandomi per mantenere un tono indifferente.

Mi soffermo a guardare una foto incorniciata e appesa ad una parete: Christopher è estremamente sorridente in questo scatto; indossa uno smoking blu e abbraccia Hannah, sua sorella minore, che porta una toga bordeaux e un tocco sulla testa. Dev'essere stata scattata da poco, durante la cerimonia dei diplomi. Sorrido ripensando a quanto era piccola l'ultima volta che l'ho vista, ormai dieci anni fa.

«Oh, sì, ho cambiato numero di recente.» commenta Chan, riportandomi al presente.

«Quanto resti?» domanda poi. Sta mantenendo la conversazione su un terreno neutrale, come se fossimo due normali amici di vecchia data e come se io fossi semplicemente passata a salutarlo.

«Solo due mesi» rispondo, accomodandomi finalmente su un divano in pelle, mettendo fine al mio, forse inopportuno, tour della stanza.

Nessuno dei due ha il coraggio di parlare davvero, di accennare a questi anni in cui abbiamo perso completamente i contatti o all'ultima volta che ci siamo visti, qui in Corea. Lui non ha il fegato per chiedermi perché sono a Seoul e, soprattutto, perché sono nel suo studio durante l'orario di lavoro. Per quanto mi riguarda, invece, dopo il tornado di emozioni che mi ha travolta nel rivederlo, sto riportando alla mente il motivo per il quale mi trovo in questa stanza: non sono semplicemente passata a salutarlo e mi sto stancando di questa conversazione inutile e superficiale. 

L'inaspettata calma, che mi aveva abbracciata pochi istanti fa, scompare.

«Arrivo subito al dunque, Chris, non voglio farti perdere tempo.» dico, con una voce che risulta più seria di quanto sperassi.

Lui si accomoda su una delle comode sedie accostate alla scrivania e mi guarda perplesso, aspettando che continui a parlare.

In questo momento, nonostante io abbia passato settimane a soppesare i mille modi per spiegargli la verità che gli ho nascosto per anni, non so che parole utilizzare e decido di optare per il metodo più semplice: perché spiegargli ciò che può invece vedere con i suoi occhi?

Tiro fuori il mio telefono dallo zainetto e, sotto lo sguardo incuriosito di Chan, scelgo una foto di Cory scattata un mese fa, in Italia, al parco vicino la casa dei miei genitori, e gli porgo lo smartphone.

Lui guarda prima il mio viso, come per cercare di captare qualche informazione dalla mia espressione, e poi scruta lo schermo. I suoi occhi si allargano, le labbra carnose si separano e resta ad osservare la foto, ammutolito.

«Prima che tu ti faccia un'idea sbagliata, non voglio assolutamente niente da te.» dico, nel tono più autorevole che riesco ad emettere in questo momento, «Sono qui solo perché penso sia giusto che tu sappia e possa scegliere quello che preferisci fare.»

Chan stringe le labbra e vedo il suo pomo d'Adamo sollevarsi e abbassarsi.

«Helena, non penso di capire...» continua a fissare la foto, cercando di aggrapparsi alla vana speranza di aver frainteso la situazione.

«Hai un figlio, Chris.»

Ore e ore di rimuginazioni per trovare il modo più delicato possibile per affrontare l'argomento e invece, eccomi, a sbattergli la realtà in faccia in tre parole. Ho giurato a me stessa diverse volte di non essere arrabbiata con lui, di non incolparlo per la sua assenza, di non fargli pesare di non avermi più scritto nonostante il nostro profondo legame, perché razionalmente so che non sarebbe giusto, ma si sta rivelando più difficile di quanto immaginassi.

«Io... non...»

La sua espressione smarrita mi impietosisce. Allungo una mano e gli stringo leggermente l'avambraccio, per confortarlo:

«Mi dispiace non avertelo detto prima, Chris.» faccio una breve pausa, prima di provare a spiegare le motivazioni di quella scelta così radicale.

«L'ho scoperto che ero già tornata in Italia, tu mi dicesti del reality show per il vostro debutto e non volevo che anche la tua vita venisse scombussolata.» spiego, tornando con fatica a quei giorni lontani e dolorosi. Sono infastidita dal mio stesso tono di voce: 'Mi sto giustificando?'

Sto parlando al mio storico migliore amico della mia gravidanza, che ha portato alla nascita di nostro figlio; eppure, in questo momento, Chan sembra essere un completo estraneo.

In fondo lui non c'era. In fondo lui non è nessuno per me e per Cory. 

Gli occhi di Chris sono fissi sul pavimento, sembra non mi stia nemmeno ascoltando.

'Ho fatto bene a venire?'

La mia sicurezza vacilla, ma so che merita una spiegazione, così proseguo:

«E poi... Non ci siamo più sentiti ed è diventato sempre più difficile dirtelo.»

"E non volevo più sentirti, Chris." penso, torturandomi con le unghie una pellicina sull'indice. 

Durante la gestazione, desideravo più di ogni cosa prendere le distanze da lui. All'epoca ero innamorata di quel ragazzo australiano con l'incredibile sogno di diventare un idol e non avrei sopportato l'idea di essere io a distruggere le sue aspirazioni.

Inoltre, mi sembrava orribile l'idea averlo accanto solo per il suo forte senso del dovere. Mi avrebbe cercata per sapere di suo figlio, non di me. Conoscendolo, si sarebbe addirittura potuto sentire obbligato a formare una famiglia insieme a noi. E se c'è qualcosa di peggiore a crescere un figlio senza un partner, è crescerlo con accanto l'amore della tua vita che non ti ama.

Io volevo solo dimenticarlo. E, in effetti, così era stato.

Chan osserva ancora la foto di Cory, senza proferire parola. 

«So che è difficile da metabolizzare, Chris.» dico, consapevole della confusione che regna nella sua testa in questo istante, «Hai tutto il tempo che ti serve e voglio che decida tu cosa fare.» aggiungo.

A quest'ultima frase, Chan solleva il suo sguardo innocente, incrociando il mio. Mi sembra di guardare negli occhi Cory che sporge il labbro inferiore, indeciso su quale merendina scegliere.

«Cosa fare?» sussurra, sbattendo ripetutamente le palpebre.

Sospiro, vedendo la sua espressione completamente disorientata, e riprendo dolcemente lo smartphone dalle sue mani.

«Se vuoi incontrarlo, se vuoi dirgli di essere suo padre, sono qui per permettertelo.» spiego, parlando lentamente, «Se invece preferisci non riconoscerlo, lo comprenderò e non ci vedrai più.»

Un silenzio assordante pervade la stanza, che inizia a darmi un forte senso di claustrofobia. Lo sguardo di Chan, puntato su di me, mi attraversa; è perso nel groviglio dei suoi pensieri, la lingua ancora annodata. 

«Ho solo una condizione.» aggiungo poi, sperando sia abbastanza lucido da capirmi. I suoi occhi sembrano riprendere vita e guardarmi, guardarmi per davvero.

«Non voglio che venga esposto ai media, Chris...» lo vedo annuire, «Quindi, qualsiasi cosa tu scelga, tutta questa storia rimarrà tra noi.»

Si alza in piedi e inizia a camminare velocemente nei pochi metri quadri disponibili.

«Cazzo, mio figlio...» sussurra tra sé e sé, passandosi la mano destra tra i capelli ondulati.

La sua espressione è indecifrabile. Mi sembra di leggerci sgomento, certo, ma con un caldo ripieno di felicità, completamente avvolto da una lucente glassa di senso di responsabilità e condito da una spolverata abbondante di incertezza. Sembra una di quelle ricette estremamente difficili da eseguire, di quelle che ti salvi comunque perché potrebbero essere un completo disastro oppure, anche se non sei un asso in cucina, un immenso successo.

Resto qualche istante ad osservarlo. Mi rendo conto di avergli appena sganciato la più grande notizia che potessi dargli e so che serve tempo per comprenderla appieno, ma io inizio a sentire quella stanza restringersi. Mi manca l'aria.

«Hai molto a cui pensare, Chris.» mi alzo e appoggio un biglietto sulla sua scrivania, «Ti lascio solo, ma questo è il mio numero.»

Lui osserva la mia mano indicargli un pezzo di carta sul suo tavolo.

«Qualsiasi cosa decidi, staremo qui due mesi.» spiego, sperando che capisca di fare la sua scelta in tempi ragionevoli, se vuole conoscere suo figlio.

Mi dirigo verso la porta e lo guardo, accennando un sorriso così debole che non mi raggiunge gli occhi: «Aspetto un tuo messaggio.»

«Come si chiama?» la sua voce mi interrompe, prima che io possa spingere la maniglia e uscire finalmente da quello studio.

«Cory» rispondo, regalandogli un sorriso più sincero, «Cory Rose». Sono orgogliosa del meraviglioso bambino che ho cresciuto. Pensare al suo dolce viso mi riempie di gioia e questo non cambierà mai, qualunque scelta Christopher prenda.

«Cory...» sussurra tra sé e sé, annuendo. Il nome sembra piacergli.

Alza nuovamente gli occhi su di me e, cogliendomi completamente di sorpresa, si avvicina e mi avvolge in un caloroso abbraccio. Il suo viso affonda tra i miei capelli e sento il mio corpo contrarsi, non si aspettava un contatto del genere dopo tutti questi anni. Vengo invasa dalla fresca fragranza di un bagnoschiuma maschile e percepisco il calore che emana la sua pelle.

«Mi dispiace che tu abbia affrontato tutto da sola, Helena.» sussurra, vicino al mio orecchio.

Le gambe mi tremano, ma per un istante la sensazione di mancanza d'aria che mi attanagliava la gola si riduce. Si stacca da me e incrocia il mio sguardo. I suoi occhi sono lucidi e non riesco a capire per quale delle tante emozioni che gli leggo in viso. 

«Ti sono immensamente grato per aver fatto una scelta così altruista.» aggiunge, con un'espressione riconoscente.

'Altruista?'

La delusione mi blocca il respiro. Dovrei sentirmi sollevata, certo, perché tutto sommato non si è arrabbiato e sta accogliendo bene la notizia. Eppure, sentirgli dire di aver fatto bene a non includerlo nei primi anni di vita di Cory è qualcosa a cui non ero preparata.

'Altruista o meno, è stata la mia scelta' mi ripeto per tranquillizzarmi, 'e non me ne pento'.

«Ma...» la sua voce mi fa alzare nuovamente lo sguardo su di lui, le sue mani sono ancora sulle mie spalle, «Se per te va bene, vorrei conoscerlo.»

Sgrano gli occhi e mi mordo le labbra per non lasciarmi sopraffare dalle emozioni. Il corpo di Chris così vicino al mio, l'idea di Cory che conosce il suo papà, il pensiero di tutto ciò che ho affrontato da sola... 

Una lacrima sfugge al mio rigido controllo e corre rapida lungo il mio viso.

Potrebbe essere la scena finale di un telefilm: la mano di Chan mi asciuga delicatamente il viso, per poi avvicinarsi a me e farci ritrovare in un romantico e appassionato bacio.

Ma non succederà, perché lui non mi ha mai amata e perché io non lo amo più.

Mi affretto ad asciugarmi le guance e annuisco, sorridendo: «Ne sarà felice.»

Chan si volta velocemente verso la scrivania, cercando qualcosa che scopro essere una grande agenda nera. La sfoglia rapidamente:

«Domani potete passare qui verso le 17?» chiede, guardandomi speranzoso.

Non riesco a trattenere una smorfia: sta trattando suo figlio come un appuntamento di lavoro?

Cerco di essere comprensiva, in fondo Christopher è un idol, ha sempre troppi impegni e sta facendo del suo meglio per dedicare del tempo a Cory... Ma l'agenzia mi sembra comunque una pessima idea.

«Qui? Non sarebbe meglio...» provo a ribattere, ma lui mi interrompe.

«Hai ragione, niente mass media! Allora che ne pensi di una cena al dormitorio?»

Sospiro guardando il suo viso carico di aspettative e mi mordo il labbro inferiore. Non sta cogliendo il punto.

«Chan, non ci sono gli altri membri del tuo gruppo al dormitorio?»

Lui mi guarda perplesso e annuisce: «Loro sanno tutto di me, Helena, non posso tenere nascosta una cosa del genere.» spiega, scuotendo la testa desolato.

Faccio un respiro profondo, facendo appello a tutta la mia calma: quella "cosa del genere" è mio figlio.

«Ma stai tranquilla» aggiunge, prima che io possa ribattere, «teniamo i segreti gli uni degli altri da cinque anni!» sfodera il suo sorriso innocente, lasciando apparire le due fossette sulle guance.

Deve avere proprio una grande fiducia nei suoi membri. Un articolo su un figlio nascosto potrebbe distruggere la lunga e sudata carriera di un idol in pochissimi giorni.

Annuisco, fingendomi convinta. Non mi fido degli altri componenti, che nemmeno conosco, ma cerco di avere fiducia in Chan: non è mai stato un ragazzo avventato e non metterebbe a repentaglio la sua vita, se non fosse sicuro di potersi fidare degli Stray Kids. 

«Allora scrivimi l'ora e l'indirizzo, ci saremo.» mi volto nuovamente per aprire la porta, ma lui mi ferma di nuovo.

«Nena, se preferisci che al primo incontro siamo solo noi tre, sarà così.»

Il mio cuore salta un battito e resto pietrificata davanti alla porta, senza voltarmi a guardarlo. Sentirlo chiamarmi 'Nena' è troppo, anche dopo tutti questi anni. E ho bisogno di uscire da questa maledetta stanza.

«Sì, lo preferisco, ma chiamami Elly, per favore.» il mio tono risulta estremamente freddo.

Non posso negarlo, provo ancora molta rabbia nei suoi confronti, ma per il bene di Cory farò funzionare questa cosa. Devo solo sopportare i prossimi due mesi, poi torneremo in Italia e sarò di nuovo lontana dal suo sorriso e dai suoi occhi.

Non aspetto una risposta, esco in corridoio e mi chiudo la porta alle spalle, cercando di scacciare con tutta me stessa il ricordo dell'estate in cui Cory fu concepito.





. - . - . - . 

Note:

Eccomi con questo capitolo, che è stato un parto trigemellare! Spero sia scritto bene e che vi piaccia (lasciatemi qualche commento <3).

Vogliamo sapere come è stato concepito Cory? ahaha Il prossimo capitolo smut lo pubblico quando ricevo un pò di commenti e stellineeee <3 

P.S. Cosa ne pensate della reazione di Chan? E delle emozioni che prova Helena? 


Baci


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