1 - L'incontro
Sono davanti all'enorme palazzo in vetro della JYP entertainment. È cambiato tutto dalla prima volta che sono stata a Seoul e l'agenzia si è trasferita da Cheongdam-dong a Gangdong-gu, vicino all'Olympic Park. Rispetto al vecchio JYP building, la nuova sede è decisamente più imponente e moderna.
'Gli idol gliene portano di soldi al vecchio Park Jin-Young', penso con amarezza.
È un simpatico ed eccentrico signore, JYP, e sembra sempre estremamente gentile, ma la macchina capitalista che genera idol non mi è mai piaciuta. I ragazzi e le ragazze che scelgono di fare il percorso da trainee sognando di debuttare vengono sottoposti a diete estremamente restrittive, a una pressione psicologica estrema e, spesso, anche a maltrattamenti di vario genere. E questo Chan lo aveva già sperimentato agli inizi del suo percorso.
«Buongiorno, posso aiutarla?»
Una giovane receptionist richiama la mia attenzione con un sorriso. Sembra più una smorfia in realtà, ma cerco comunque di ricambiare.
«Salve» decido di rispondere con il mio inglese fluente, perché le poche parole di coreano che ricordo non sarebbero sufficienti ad avere una conversazione. «Avrei bisogno di parlare con Christopher Bang.» spiego, chiamando Chan con il suo nome di battesimo australiano.
La donna mi squadra e alza un sopracciglio, spazientita: «Pensa che sia così facile? Avremmo file di fan lunghe giorni, se si potessero incontrare i nostri idol!» sbotta.
Me lo aspettavo, ovviamente.
Estraggo dallo zainetto in pelle diverse foto di me con Bang Chan: la prima ci ritrae sulla spiaggia, all'età di circa cinque anni, mentre costruiamo un castello di sabbia; nella seconda siamo ad una festa, l'estate prima della sua partenza per la Corea; l'ultima è un selfie, scattato nella vecchia agenzia, durante la mia vacanza a Seoul, circa cinque anni fa.
«Non sono una fan, sono una sua vecchia amica.» cerco di spiegare, sperando di risultare convincente.
La donna osserva con disinteresse le foto che ho appoggiato sul bancone in marmo bianco e alza un sopracciglio: «Se è una sua amica, perché non gli scrive?» domanda con aria di sfida.
Non so cosa rispondere.
'Ci ho provato', penso ricordandomi i messaggi di qualche mese fa, a cui non ho mai ricevuto risposta.
«Non posso farla entrare, mi dispiace.» taglia corto lei, irremovibile.
Annuisco, ma decido di tentare con l'ultima opzione che mi resta, in fondo ho fatto troppi kilometri per arrendermi ora:
«Può solamente dirgli che Helena Rose lo aspetta all'ingresso? Se non scende, me ne vado e non le faccio perdere altro tempo.» chiedo, sperando di non risultare eccessivamente insistente, «La prego.»
La donna mi guarda e sospira, alzando la cornetta del telefono.
"Sono Haru, potresti chiamarmi il signor Chan?"
Mentre attende in linea, mi guarda con sufficienza, squadrandomi da capo a piedi. Non riesco a sentire la voce dall'altra parte della cornetta, così mi concentro sul decifrare le sue parole in quella lingua a me quasi totalmente sconosciuta.
"Mi scusi tanto signor Chan, c'è una certa Helena Rose qui alla reception che chiede di lei. Cosa devo..."
Sono sicura abbia pronunciato il mio nome e mi sembra che la voce dall'altro lato del telefono l'abbia interrotta. La sua espressione muta completamente, sembra stupita, e credo sia un buon segno.
"Perfetto, la faccio salire subito." risponde velocemente e io, avendo compreso l'ultima frase, non riesco a trattenere un sorriso vincente.
Haru – credo abbia detto di chiamarsi così – non incrocia il mio sguardo. Mi allunga con stizza un cartellino con su scritto "visitatrice" e mi indica un punto in fondo al corridoio:
«Prenda l'ascensore e si diriga al terzo piano. Il signor Bang Chan la aspetta nel suo studio, stanza 104.» dice, utilizzando finalmente un tono professionale.
Afferro il cartellino e sforno un sorriso palesemente finto: «Grazie, è stata gentilissima!» e mi dirigo verso l'ascensore, cercando di non mettermi a saltellare nella Hall.
Una volta entrata nell'infernale macchina, mi guardo al grande specchio che ne ricopre due pareti e cerco di non pensare alla mia claustrofobia, concentrandomi sul mio outfit. Non avevo idea di cosa indossare questa mattina, non sapevo nemmeno se sarei riuscita a incontrare Chris, quindi ho optato per il mio jeans preferito a vita alta, delle sneakers e una t-shirt bianca. È troppo caldo a Seoul in agosto per riuscire ad indossare anche solo un blazer e spero di non sentirmi a disagio vestita in modo così sportivo.
'Sono passati cinque anni, sarà cambiato?'
Mi riavvio i capelli piastrati dietro l'orecchio destro, agghindato da un semplice punto luce - uno dei due piccoli diamanti ricevuti dai miei genitori come regalo di laurea - e da un Ear cuff estremamente elaborato. Si tratta di un anellino che si incastra sul padiglione auricolare, senza richiedere un ulteriore buco, e questo in particolare è il mio preferito: è formato da tante faccette irregolari argentee che, colpite dalla luce, lo rendono estremamente luminoso.
'Cosa penserà? Vorrà fare il test di paternità o mi manderà via senza sentir ragioni?'
Strofino le labbra tra loro, sistemando il luminoso rossetto color carne, e faccio un respiro profondo. Mi sono ripetuta il discorso da fargli come minimo un centinaio di volte, ma sono comunque terribilmente agitata.
'E io cosa spero che faccia?'
L'ascensore si apre e con due passi mi ritrovo in un corridoio completamente deserto. Mi guardo attorno, spaesata dall'eccessiva quantità di porte presenti. Sono talmente vicine, che mi chiedo quanto grandi possano essere le stanze in cui conducono.
'Lo voglio nella vita di Cory?'
Si riesce a sentire appena la voce di qualcuno che canta una canzone pop, attraverso le pareti che devono essere estremamente insonorizzate.
'Lo rivoglio nella mia vita?'
Mi sento schiacciare da un fiume di interrogativi e non riesco ad arginarli nemmeno concentrandomi su ciò che mi circonda. Leggermente intimorita, cerco di individuare la porta contrassegnata da un "104" inciso su una targhetta argentea e, fortunatamente, è una delle prime alla mia destra. Dovrebbe essere quella del suo studio, sempre che la receptionist non mi abbia giocato qualche simpatico scherzo.
'Respira' mi ripeto, cercando di modificare la mia espressione frastornata.
Resto pietrificata davanti alla porta, incapace di decidermi a bussare.
'Ehi, Chan, da quanto tempo! Vuoi conoscere tuo figlio?' penso con ironia, cercando di sdrammatizzare la situazione. L'assurdità di questo momento mi farebbe ridere, a vederla in una telenovela, ma il cuore che mi martella sullo sterno e le gambe che minacciano di cedere mi ricordano prontamente che non si tratta di una fiction.
Mi mordo le labbra, dimenticandomi per un'istante del cremoso rossetto meticolosamente applicato prima di uscire di casa. E, mentre sto cercando di riordinare i pensieri, l'invalicabile porta si spalanca.
Mi ritrovo davanti un ragazzo poco più alto di me, con due occhi talmente scuri da farmi sentire inghiottita. Sono così spiazzata da quelle enormi sfere castane che noto a malapena i suoi capelli tinti di lilla. Il suo sguardo è beffardo; solleva un sopracciglio squadrandomi dall'alto al basso:
«E tu sei?»
«Ciao, sono... sono un'amica di Chris.» balbetto velocemente con il mio pessimo coreano e accenno un sorriso poco convincente.
Dietro di lui mi sembra di intravedere una figura che, avendo sentito la mia voce, si alza dalla sedia, ma io sono ancora ipnotizzata da questo inquietante sconosciuto per riuscire a muovermi.
Lui annuisce con sufficienza e noto che indossa una felpa nera; mi domando se non abbia caldo, viste le elevate temperature di queste giornate. Mi squadra e sfodera un ghigno:
«Hai il rossetto nei denti.»
Mi supera velocemente senza aggiungere altro, lasciandomi ancora immobile sulla porta.
'Che stronzo!' penso tornando in me e guardando la sua schiena scomparire nel lungo corridoio.
Mi passo la lingua sugli incisivi, sperando che sia sufficiente a rimediare al danno. Mi giro nuovamente verso lo studio e mi ritrovo Christopher davanti, che mi guarda come si guarda un fantasma.
«Elly, quanto tempo...» la sua voce è quasi un sussurro. Si porta una mano al massiccio collo e sorride timidamente.
Sono rincuorata nel vedere che è rimasto lo stesso Christopher di un tempo: gli occhi allungati e dolci, le labbra carnose e quelle stramaledette fossette sono ancora lì, a ricordarmi perché fossi tanto attratta da lui.
Indossa una semplice t-shirt bianca e dei pantaloncini neri e, per poco, non mi scappa un sospiro di sollievo: mi aspettavo un cambiamento drastico, visto quanto è diventato famoso il suo gruppo, e invece in questo giovane uomo ritrovo la semplicità del Chan che conoscevo.
Ha il viso più scolpito, le spalle sembrano più robuste e le braccia più muscolose. Non posso negarlo, è ancora più bello di quel che ricordassi, ma non sono più una ragazzina. Sono stata succube del suo fascino a lungo, ma è cambiato tutto, è passato troppo tempo, non mi fa più lo stesso effetto. Ho un controllo diverso sul mio corpo e sui miei sentimenti, ora.
«Ciao, Chris.» sospiro infine, accennando un sorriso.
In questo momento, nonostante la tensione accumulata, sento il mio corpo rilassarsi, come se lo avesse riconosciuto e si sentisse a suo agio accanto a lui. Ci troviamo ancora qui impalati, io nel corridoio dell'agenzia, lui nel suo studio nuovo di zecca, a scrutarci, ad esaminarci, eppure mi sento più tranquilla. Siamo entrambi in imbarazzo ma, a conti fatti, siamo stati amici per più di un decennio e, guardandolo ora, con questi semplici abiti e quell'espressione impacciata, rivedo il viso del mio migliore amico, conosciuto in Australia, la terra di mia madre.
Flash Back
«Chris, non osare!»
Chan mi guarda con malizia, avvicinandosi pericolosamente. Indietreggio rapida sulla battigia, per aumentare la distanza tra noi: devo evitare di farmi prendere, altrimenti non avrò scampo contro il suo ampio petto e il suo metro e settanta.
Non sembra darmi retta e scatta in avanti, afferrandomi e caricandomi sulla spalla come uno stramaledetto sacco di patate. Urlo, mentre la sua gioiosa risata mi riempie le orecchie.
Sento le sue mani sulle mie cosce nude, mentre avanza verso l'acqua, e rabbrividisco per quel contatto. Il mio corpo è adagiato sulla sua possente schiena, coperta appena da una canotta over-sized, sotto il quale intravedo i suoi muscoli tesi. In un solo anno il suo corpo ha avuto uno sviluppo incredibile, per mia grande sfortuna.
Corre verso l'acqua per buttarmi nell'oceano, ma io oppongo resistenza aggrappandomi alle sue spalle larghe.
«Ah, vuoi la guerra?» minaccia, afferrandomi per i fianchi con l'intento di staccarmi da lui. Le sue mani sono così grandi adagiate ai lati del mio bacino, sembra siano state create apposta per cingermi in quel modo...
Scaccio quel pensiero e avvolgo le gambe attorno al suo busto, per impedirgli di lanciarmi in acqua. Senza rendermene conto, però, mi ritrovo completamente avvinghiata a lui. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e quelle labbra carnose potrebbero facilmente raggiungere le mie. Con le mani sorregge la mia schiena nuda, ormai bagnata dagli schizzi, mentre il mio seno, coperto solo dal leggero bikini blu, è appoggiato sul suo petto.
Sento una stretta al basso ventre e mi sembra quasi di ansimare. Potrei perdere il controllo in questo istante, se lui me lo chiedesse. Ha sempre avuto un forte effetto su di me, ma sembra peggiorare di anno in anno e, in queste ultime settimane, il mio corpo sembra rispondere più al suo fisico che al mio volere.
Chris sposta le mani facendole scivolare sulle mie natiche, coperte da degli shorts di jeans, e io inarco istintivamente la schiena. Le sue labbra si allargano in un sorriso vincente, sa benissimo che potrei essere sua se lo volesse.
Si avvicina pericolosamente alle mie labbra, tanto da poter sentire il suo respiro sulla pelle. I suoi occhi sono incatenati ai miei e il mio cuore minaccia di esplodere. Sono così ipnotizzata da lui che non mi accorgo che ha approfittato della mia distrazione per calarmi completamente in acqua finché non sento il gelo sul cuoio capelluto e sul viso.
Slaccio automaticamente le gambe dai suoi fianchi e tossisco, per liberarmi dell'acqua entrata nelle vie aeree.
«Che bastardo...» sbotto, fulminandolo con lo sguardo, mentre lui ride di gusto correndo verso la spiaggia.
Mi sento così vulnerabile quando mi sta accanto, mi disgusta lasciargli avere questo ascendente su di me. Mia sorella dice che fa parte di quella che chiamano pubertà, ma a me sembra di sentire solo io lo stomaco attorcigliarsi quando si avvicina. Vorrei che per una volta mi guardasse lui con sguardo famelico, vorrei leggergli in viso che non mi resiste, che mi desidera... Eppure, nonostante io sia tutto sommato una bella ragazza, sembro essergli completamente indifferente.
'Non sono il suo tipo', ho pensato tante volte, guardando le ragazze con cui esce: bionde, timide, estremamente "femminili". L'opposto di me, insomma, che sono sempre stata definita "un maschiaccio".
Sbuffo sonoramente, sedendomi sulla sabbia con aria sconfitta. Da qualche anno sembra che io debba dimostrare a qualcuno di essere donna, una "vera donna" e, nonostante mi atteggi come se nulla possa scalfirmi, a volte mi sento sbagliata. A volte penso che sarei stata più felice, se fossi stata diversa e che, forse, Chris mi avrebbe guardata diversamente.
Osservo le onde in lontananza. Chan nel frattempo ha raggiunto il nostro gruppo di amici alle mie spalle.
Quando smetteremo di decidere cos'è da "donna" e cosa "da uomo", vivremo molto più felici, ne sono certa.
La voce di mia sorella mi strappa da quei pensieri: «Nena! Dobbiamo andare, dai!»
Vorrei stare un po' in disparte, per non avvicinarmi nuovamente a lui e non sentire ancora quello strano effetto che ha su di me. In fondo è vero, ho solo 15 anni, il mio corpo sta cambiando e devo ancora imparare a comprenderlo, ma Chan non mi sta aiutando particolarmente.
Mi alzo, l'acqua che gocciola dai pantaloncini fradici lungo le mie gambe abbronzate, e torno verso il gruppo.
L'estate sta finendo e dall'anno prossimo nessuno sa cosa succederà: mia sorella inizierà la facoltà di medicina e chirurgia e Chan andrà in Corea, a Seoul, a fare dei provini per entrare in qualche agenzia di idol. Lo avessi detto io alla mia famiglia in Italia, mi avrebbero presa per folle, ma i genitori di Chan sono coreani e sanno che, per quanto incerto, quel percorso è valido, come tanti altri.
Nonostante mi spaventi l'idea di non rivederlo, ho fatto in modo che sentisse tutto il mio supporto in questo suo progetto e, chissà, potrei andare a trovarlo in Corea e chiedergli un autografo, prima che diventi troppo famoso per potermi dedicare del tempo.
Raggiungo i miei amici, seduti attorno al falò, e incrocio il suo sguardo. Mi lancia un occhiolino e io sento un brivido lungo la schiena e no, non a causa dell'aria serale sulla mia pelle ancora bagnata.
L'unico in grado di farmi venire la pelle d'oca è lui.
Fine Flashback
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Note:
Okay, splendori, spero vi piaccia il primo capitolo e il loro incontro!
Volevo rendere l'idea di quanto Helena fosse effettivamente cotta persa di Chan sin da ragazzina. E ora? Secondo voi che succederà tra questi due?
P.S. Probabilmente nel prossimo capitolo o nel 4 ci sarà dello smut, non metto il tw perché è segnato proprio negli avvisi di tutta la fan fiction.
Prossimo capitolo: tra qualche stellina e qualche commento!! <3
Elle
P.P.S. Vi mostro il vecchio edificio della JYP e il nuovo:
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