sixteen
16. You don't know me at all.
song: drive- halsey ♡
Le corde erano così strette ai polsi delle due ragazze da fare male. Lauren sentiva la pelle bruciare, diventare rossa, e faceva male, più di quanto si potesse immaginare.
Shawn aveva pensato bene, aveva stretto le corde cosi forte da evitare loro alcun movimento e in oltre lo aveva fatto legandole a due sedie, una alle spalle dell'altra.
"Cosi non potrete tendermi brutti scherzi." Aveva detto.
Ma l'unico brutto scherzo era stato proprio lui nel piombare all'improvviso. Nemmeno Camila si capacitava di come fosse riuscito a trovarle, lei non gli aveva certo detto dove si trovassero. Eppure lui le aveva trovate e questo poteva voler dire solo una cosa: morte.
Perché Alien le avrebbe uccise, era solo questione di minuti e sarebbe successo.
In quel momento il ragazzo non c'era. Le aveva lasciate lì, in quella stanza buia nel seminterrato senza cibo o acqua; aveva chiuso con un catenaccio la porta in legno e si era premurato di assicurare il suo ritorno.
Perché sarebbe tornato, questo lo sapevano bene.
Ciò che Lauren ancora non riusciva a capire era come fosse arrivato lì. Come fosse arrivato in quella casa dispersa nel niente del Kansas City. Abbassò la testa sulle sue gambe e notò che non stava tremando, nessuna parte del suo corpo traspariva paura, era come se non riuscisse a sentire niente, come un corpo morto senza anima. Ed era cosi strano sentirsi in quel modo dopo cosi tanto tempo, dopo tutto quello che era riuscita a sentire assieme a Camila. Adesso non sentiva niente. Forse era rassegnazione, forse rabbia per l'essersi fidata di lei, per aver sperato che non tornasse indietro. Ma quella chiamata per Lauren era significata molto di più.
Quello, per Lauren, era una richiesta di aiuto, un grido disperato nel voler tornare indietro in quella prigione che era la vita di Camila. Lei preferiva stare con loro. E forse era lì che doveva stare.
"Dì che ti ho costretta", disse improvvisamente la più grande con una tale freddezza che fece male al cuore di Camila. Ormai non le rivolgeva la parola da qualche ora; sapeva di averla ferita, se lo aspettava e probabilmente era stato quello l'intento di quella chiamata a casa di Normani. Ma adesso sapere che aveva funzionato non appagava più come prima perché in fondo si era messa nei guai da sola. Se erano in quella situazione era colpa sua.
"Cosa?", sussurrò con un filo di voce. Camila, a differenza di Lauren, non faceva che tremare di paura. Il suo stomaco sembrava un campo di battaglia, tra rantoli di fame e di paura, e la sua bocca era cosi secca da sembrare quasi un cadavere. La paura le stava giocando brutti scherzi, e invidiava il fatto che Lauren potesse sembrare cosi composta, come se la paura non la sfiorasse.
Perché si stava facendo mangiare dalla paura. Ogni lacrima un morso, sempre più affondo, sempre più doloroso.
Lauren abbozzò una risata che era tutto fuorché divertita. "Ho detto di dirgli che ti ho costretta a venire con me. Dì che ti ho rapita o una cazzata del genere. Almeno ti salverai e troverai un altro modo per andare da tua sorella."
"Non puoi semplicemente dirgli dove hai nascosto i soldi?"
Lauren scosse il capo pur sapendo che Camila non avrebbe potuto vederla, poi abbassò lo sguardo di nuovo. Delle macchie di sangue si erano seccate sui suoi pantaloni, Shawn l'aveva picchiata sperando di storcergli informazioni preziose ma non c'era riuscito. Tutta la violenza sembrava futile su di lei. Arricciò il naso quando una fitta si fece strada nel suo apparato olfattivo. Seppure Shawn le avesse rotto il naso, avrebbe dovuto sopportare il dolore.
"Non lo farò." Scosse energicamente la testa. "Non gli darò questa soddisfazione. Preferisco morire piuttosto che dirglielo."
"Tu sei pazza!" Esclamò Camila. La sua era una lamentela sottile; il ragazzo non le aveva torto un capello se non le spinte dovute al rifiuto della più piccola di essere legata a quella sedia. Eppure stava soffrendo anche lei, non solo la delusione ricevuta da quella persona che credeva essere un amico, ma la situazione. La corda cominciava a fare davvero male e stare cosi a lungo sedute non aiutava.
"Tu sei stupida, invece!" Sbraitò Lauren. "Non riesci a vedere le cose come stanno, Cabello. Il tuo carissimo migliore amico era d'accordo con quel fottuto aguzzino che ti costringeva a scopare a destra e a manca. Tra l'altro è suo zio, e non capisco come tu sia potuta essere cosi ingenua e non capire che è esattamente come lui."
"E' bastato un bel faccino per farti abboccare." Aggiunse poco dopo.
Camila cercò di trattenere le lacrime in tutti i modi, ma non ci fu niente da fare. Quelle parole la ferivano nel profondo perchè Lauren non sapeva come ci si sentiva nel vivere senza appiglio. Nel non sapere di chi fidarsi e nell'aver paura di ammettere che si è da soli.
"Non chiamarmi ingenua...", disse quasi in un sussurro.
"Lo sei."
"Non chiamarmi ingenua!" Gridò.
Stavolta cosi forte da far sussultare Lauren che si trovò improvvisamente a schiena dritta come ad aver paura che urlasse ancora. Non aveva mai sentito Camila cosi arrabbiata, probabilmente se l'avesse guardata in volto avrebbe trovato la sua fronte aggrottata con quella adorabile rughetta che le veniva fuori quando aveva un'espressione corrucciata.
"Non chiamarmi ingenua." Ripete ancora quasi sfinita. "Tu non hai idea di cosa voglia dire nascere e crescere in un quartiere come quello. Non hai scelta, non hai possibilità e devi solo attenerti a quello che viene. E' diverso da voi, voi che avete tutto: avete una casa, avete un lavoro sicuro, avete dei poliziotti che fanno il loro lavoro piuttosto che scappare se qualcuno gli punta una pistola alla testa. Avete la legalità ma la date per scontata, come se fosse una cosa ovvia. Be' - notizia dell'ultimo minuto- non lo è, Lauren Jauregui. Da noi nasci sapendo che non sei al sicuro nemmeno in casa tua, che se tuo padre è un fottuto alcolista e tua madre una cazzo di prostituta non fotte a nessuno. Se un uomo ti raccoglie per strada e ti costringe a prostituirti non verrà nessuno a fermarlo, nessuno ti aiuterà. Sei fottutamente sola, ero fottutamente sola. Cosa avrei dovuto fare?"
Chiese Camila con le lacrime agli occhi. "Cosa avrei dovuto fare?" ripete ancora, più a se stessa che a Lauren. "Shawn era l'unica persona in quello schifo che sembrava essermi vicino, che sembrava essere diverso da quello schifo che mi circondava. Io volevo solo qualcuno che mi capisse."
Accennò una risata quasi isterica. "Ma cosa vuoi saperne tu che sei famosa solo per le tue innumerevoli fughe da casa. Se qualcosa non andava come volevi tu, semplicemente te ne andavi, non è cosi? Quante volte sei scappata di casa solo per andare in cerca di avventura, mh? Una, due, tre? Credo di aver perso il conto per le innumerevoli volte che ho visto il tuo nome su un cazzo di giornale o in televisione."
"La verità è che sei solo una ragazza viziata, Jauregui." Disse.
Improvvisamente Lauren si irrigidì su quella sedia. Non riusciva a credere che l'unica persona che riusciva a farla sentire diversamente dal solito poteva pensare tutte quelle cose di lei, che potesse darle della viziata senza sapere niente di lei. "Non mi conosci. Non sai niente di me."
"Forse io non posso capire quale sia il motivo che ti ha spinto a unirti cosi tanto a quell'idiota, ma tu non puoi giudicarmi. Non mi conosci, non sai niente di me e sentir parlare di me da una cazzo di scatola non ti da il diritto di esprimere i tuoi fottuti giudizi sul mio comportamento. Quello che ho fatto l'ho sempre fatto per me, per sentirmi bene con me stessa, per non sentirmi legata ad un ambiente che non mi appartiene e che non sento casa mia."
Abbassò lo sguardo. "Ma stavolta è stato diverso, stavolta sono dovuta scappare..."
"Da cosa?" Chiese Camila senza pensarci troppo.
Lauren rimase in silenzio, le parole le morirono in gola perché avrebbe voluto dire la verità a Camila ma in maniera diversa, magari migliore. Non cosi. Non legate, una alle spalle dell'altra.
Improvvisamente la porta del seminterrato si spalancò facendo spazio alla figura alta di Shawn che le guardava col sorriso di chi ha appena ascoltato una conversazione più che interessante. "Dalla polizia." Disse il ragazzo con quel ghigno sulle labbra che fece rabbrividire Lauren. Lo fulminò con lo sguardo sperando che non sapesse niente.
"Lauren sta scappando dalla polizia, non è vero?" Rise ancora avvicinandosi alla più grande e afferrando il suo volto fra le mani cosi forte da farle quasi male. "Perché non le dici il motivo, mh? Perchè non le dici che hai ucciso un uomo e che è per questo che sei scappata."
E il cuore di Lauren smise di battere.
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