eight
8. Atlanta, Georgia.
Dopo quella chiamata costata un grosso spavento da parte di Lauren, poterono finalmente tornare in auto e mettersi nuovamente in viaggio. La mora guardò la ragazza seduta alla guida in maniera interrogativa ma questa non sembrava dare cenno di ciò che stesse succedendo, l'unica cosa che era chiara era che stavano andando da qualche parte, ma dove?
Camila non era sicura che Lauren avesse capito quanto fosse importante per lei fermarsi, e forse non voleva nemmeno farlo davvero. Forse quella chiamata non era che stata un pretesto per cercare di accontentarla, pensò la più piccola.
"Lauren..." - azzardò la mora sperando di non dover trovare un pretesto per alzare la voce. Non aveva voglia di litigare, era stanca, disidratata, aveva fame e cosa importante, e faceva malissimo la caviglia che fortunatamente aveva smesso di sanguinare. La nera si voltò verso di lei con uno sguardo interrogativo ma sereno e questo confusa la ragazza ancora di più. "Dove stiamo andando?"
"Puoi resistere un paio d'ore?"- domandò Lauren tornando a guardare la strada.
Camila annuì senza indugiare; aveva davvero voglia di sapere dove diavolo stessero andando ma sapeva che insistere avrebbe significato stuzzicare la sua pazienza e l'ultima cosa di cui aveva voglia era un litigio. Cosi Camila si voltò verso la sorellina più piccola che se ne stava seduta in mezzo ai seggiolini posteriori a guardare fuori dal finestrino; sembrava persa in qualche pensiero, o forse stava semplicemente osservando qualcosa di curioso, secondo lei. Eppure non era solita perdersi cosi allungo, aveva solo sette anni.
"Sofia?" -la chiamò Camila.
La piccola non sembrò sentirla, era cosi immersa che niente sembrava distoglierla. Camila la chiamò di nuovo e stavolta la sentì. Si voltò verso di lei e fece un cenno con il capo.
"Va tutto bene piccola?" -chiese. La piccola annuì e accennò un sorriso che parve più una smorfia che altro; Camila non si sentiva affatto tranquilla. "Sofia, dimmi cosa c'è che non va." - stavolta la sorella maggiore aveva un tono duro. Camila odiava che la sorellina non le dicesse la verità, soprattutto in quella fottuta situazione, era tutto un casino e di mezzo c'era anche le sua vita. In quel momento si sentì abbastanza egoista, non aveva pensato a lei, o forse aveva nascosto la sua volontà di partire dietro la scusa di volere il meglio per lei. Non sarebbe mai stata felice a Miami, non sarebbe mai fuggita da tutta quella merda che la circondava senza ancora saperlo, ma Camila non poteva avere la certezza che quello che le aspettava da ora in poi potesse essere meglio di quello.
Le balenò per un secondo l'idea che forse stava sbagliando tutto, che quello che stava facendo era sbagliato.
"Perché siamo andate via senza dire niente alla mamma? Si starà preoccupando."
Le parole della piccola Sofia risuonarono in quella auto, in seguito ci fu solo silenzio. Camila non sapeva cosa rispondere, tanto meno Lauren che decise di evitare la questione evitando di dire qualsiasi cosa e concentrandosi soltanto sulla guida. Sul volto della mora sparì qualsiasi espressione, divenne uno sguardo vuoto - in realtà sperava solo che potesse mascherare tutta la paura che stava provando, tutti i dubbi che le stavano affiorando - e voltò nuovamente in avanti tornando a sedere in maniera composta. Poggiò la testa al sediolino e rivolse lo sguardo sull'esterno.
Lauren guardò Camila. Sentì tutto il suo disagio nel non sapere bene cosa rispondere, e capì che nonostante il suo desiderio fosse stato quello di proteggere sua sorella, tutto ciò che stava accadendo non faceva che farle cambiare idea.
Sofia poteva essere solo un pretesto, ma i suoi veri dubbi provenivano da dentro e sua sorella non c'entrava niente.
"La mamma starà bene, Sofi." - rispose semplicemente.
***
Passarono diverse ore, ormai fuori era notte, e la piccola Sofia si era ancora una volta addormentata sui sediolini posteriori. Camila la osservò per qualche secondo, abbozzò un sorriso nonostante la felicità fosse l'ultima cosa presente nel suo organismo in quel momento. Non si era mai sentita cosi sbagliata come in quel momento, non si era mai sentita cosi vuota.
Era cosi presa da sua sorella che non si era nemmeno accorta che l'auto si era fermata. Lauren sorrise e le posò una mano sulla spalla.
"Siamo arrivate." - sussurrò la nera cercando di non svegliare la piccola. Camila si voltò verso di lei e incrociò i suoi bellissimi occhi verdi, aveva quasi dimenticato quanto fosse bello perdersi in quell'immensità e non saperne più come uscire. Aveva dimenticato quanto fosse pericoloso averla cosi vicina, e in un attimo passarono nella sua mente quelle immagini della notte scorsa in cui l'aveva toccata per la prima volta. In cui aveva toccato una donna per la prima volta.
Ed era l'unica cosa di cui non si era pentita. Lauren era il suo punto fisso, la sua certezza e in quel momento, in quell'esatto secondo e in quegli occhi, Camila lo capì. Capì che sarebbe andata ovunque Lauren l'avesse portata. Perché si sentiva più a casa fra le sue braccia che in qualsiasi posto con quattro mura. Perché tutto l'amore che sentiva scorrerle nelle vene quando stava assieme a lei non poteva essere paragonato a quello che aveva ricevuto da sua madre in quella sua misera vita.
Lauren le fissò le labbra, avrebbe voluto baciarla ma non poteva. Forse lo avrebbe fatto più tardi, o magari no, ma quello non era il momento. Sebbene la mora non lo avrebbe mai riconosciuto, era sconvolta e lei lo sentiva. Lo percepiva nei suoi occhi cosi scuri e profondi, sentiva l'incertezza dei suoi passi, sentiva il tremore che provocava la sua mano nonostante fosse stretta al tessuto del sediolino. Tutto in quella bellissima ragazza le risultava cosi incerto, cosi spaventato, cosi impaurito. E faceva bene ad avere paura, in fondo anche Lauren ne aveva ma lei sapeva mascherare le sue emozioni. Sapeva gestirle e superarle, Camila no. Non era pronta a tutto quello.
"Dove siamo?" - chiese la mora con un filo di voce senza distogliere gli occhi dai suoi. Lauren le sorrise e accarezzò delicatamente una ciocca dei suoi capelli. "Siamo ad Atlanta, Georgia."
"E perché siamo qui?"
Lauren rise sottovoce e la mora pensò che fosse la risata più bella del mondo. Non ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che aveva sentito qualcuno ridere cosi tanto di gusto. La sua bocca mostrò un sorriso che però parve più una smorfia e Lauren lo notò.
"Volevi fermarti, e poi la tua caviglia non sembra messa proprio bene. Prima ho chiamato un'amica, mi deve un favore e ha promesso di sdebitarsi ospitandoci per la notte. E' un problema?"
Camila fece cenno di no con il capo.
Lauren le sorrise. "Dai andiamo." - sussurrò avvicinandosi a lei e lasciandole un bacio sulla fronte. Camila perse un battito per quel gesto, e sorriso da ebete. Scesero entrambe dall'auto, Lauren si offrì di portare Sofia in braccio mentre la mora portava le valigie.
Il posto non era certo dei migliori: la ragazza abitava in un palazzo abbastanza sgangherato, i mattoncini a vista avevano un colorito strano che mostrava tutta la loro vecchiaia, nei dintorni poi c'era pochissima luce, solo un paio di lampioni a qualche metro di distanza. Era tutto cosi buio e tetro che Camila sentì un brivido percorrergli la schiena. Quando Lauren suonò al citofono questo era davvero messo male, alcuni pulsanti non avevano nemmeno il nome poi ce n'era uno con un pezzetto di carta e con su scritto: Normani Kordei.
Doveva essere l'amica di Lauren, pensò la più piccola. Rispose una voce abbastanza alta, ma disse qualcosa che Camila non capì. Quando la porta si aprì, con sorpresa la mora si accorse che c'era perfino un ascensore; ne fu stupita data l'usura esterna dell'edificio. Ringraziò qualcuno lassù perché i borsoni sembravano pesare davvero tanto, e salire le scale con Sofia in braccio non doveva essere una passeggiata per Lauren.
L'ascensore faceva uno strano rumore nel salire al piano giusto, l'unica luce presente lampeggiava perché quasi scarica. Camila si accorse di quanto fosse alta la familiarità che la più grande aveva con quel posto; nonostante tutti i timori che invadevano la testa della cubana, stare con Lauren sembrava sicuro. Cosi si costrinse a non preoccuparsi e quando le porte si aprirono, la prima cosa che fece fu prendere una manciata di coraggio.
Davanti a loro si presentò una ragazza afro-americana dai vestiti al quanto eccentrici. Indossava un tubino blu elettrico che risaltava a contrasto con la sua pelle scura, i suoi capelli ricci e scuri terminavano con delle ciocche blu e inoltre aveva dei tacchi vertiginosi. Appena vide Lauren esultò battendo le mani, ma quando vide la bambina fra le sue braccia sorrise semplicemente guardando la piccola appoggiata sulla spalla dell'amica. Camila guardò in maniera circospetta la ragazza; la sola idea che lei e Lauren avessero potuto avere una storia le fece rivoltare lo stomaco dalla rabbia. Ma quella ragazza sembrava essere l'ultima spiaggia e doveva accettarlo.
"E questa bella pollastra?" -ridacchiò la ragazza squadrando da capo a piedi Camila che si sentì a disagio sotto i suoi occhi attenti. "Tesoro, io sono Normani ma chiamami pure Mani." -rise porgendole la mano. Lauren scosse la testa trattenendo una risata, mentre Camila le strinse la mano mormorando il suo nome.
Una musica assordante usciva dal suo appartamente tanto che Sofia si svegliò. Non chiese dove fossero, semplicemente tornò ad abbracciare Lauren e si lasciò coccolare. Quella bambina aveva bisogno di attenzioni, Lauren lo sentì e forse anche Camila se ne accorse.
"Venite vi mostro la casa" -sorrise soddisfatta Normani facendo cenno di seguirla.
Entrate nella casa, Lauren e Camila constatarono che era la casa più disordinata e incasinata sul pianeta. Oltre la musica assordante, c'erano bicchieri di carta sparsi ovunque: sul pavimento, sulla mobilia, sulle sedie, uno perfino attaccato al lampadario in salotto dove c'erano un paio di ragazzi che giocavano al gioco della bottiglia.
"Questa è la cucina." -sorrise la ragazza quando si accorse che c'erano due ragazze che si slinguazzavano sul tavolo, rise. -"Merda ragazze un po' di contegno, ho degli ospiti!"
Queste due fecero finta di niente, mentre Lauren arrossì guardando Camila. Passarono oltre, un tizio era sdraiato sul tappeto del corridoio e parlava di stelle da solo, e quando finalmente arrivarono nella loro stanza fu quasi un miraggio. Fortunatamente quella stanza non era stata toccata.
"Spero nessuno vi dia fastidio. Comunque dopo io e te ci facciamo una bella chiacchierata, eh?" -ridacchiò la ragazza un po' sbronza. Lauren se ne accorse e annuì ridacchiando.
Nella stanza c'era un unico letto matrimoniale che le tre avrebbero dovuto condividere. Non sembrava male, ma neanche niente di che. Era una semplice stanza con una carta da parati vecchio stile e un letto con delle lenzuola di scarto.
La prima cosa che fece Camila fu gettare a terra le valigie e gettarsi a peso morto sul materasso morbido. Chiuse gli occhi e lasciò andare un sospiro mentre Lauren adagiava con cautela e delicatezza Sofia al centro del letto. Si era addormentata di nuovo e non l'avrebbe certo svegliata.
"Sono stanca" -sussurrò Camila.
"Anche io" -annuì Lauren sedendosi al bordo del materasso. Si tolse le scarpe perché non sopportava più avere quei cosi ai piedi, stessa cosa per Camila che si liberò dei suoi stivaletti.
Nella stanza c'era anche un vecchio armadio di legno, Lauren lo aprì senza fare troppe cerimonie cominciando a rovistare.
"Che stai cercando?" -piegò la testa la cubana cosi da guardarla meglio.
Lauren le sorrise continuando a rovistare. "Cerco una coperta in più, potrebbe fare freddo stanotte."
La mora annuì e rimase a osservarla nei suoi movimenti; era cosi dannatamente bella, quei capelli neri mossi le coprivano quasi metà schiena da quanto erano lunghi e il buio rendeva i suoi lineamenti ancora più sexy sebbene lo fosse anche alla luce del sole. Quei jeans le fasciavano perfettamente le gambe snelle e il sedere sodo che si trovava. Camila maledì mentalmente i suoi pensieri, non si era mai trovata a pensare cose del genere su di una sua amica, e nemmeno sulle sue colleghe del locale.
Perché improvvisamente questo le accadeva con Lauren Jauregui, una diciannovenne fuggita di casa che tutti stavano cercando e che nascondeva una pistola rubata a suo padre.
Si stava innamorando di un disastro, ma anche lei lo era.
"Dormiremo insieme?"
"Se è un problema dormo con Mani, non c'è problema." - scrollò le spalle Lauren voltandosi verso di lei con un sorriso. Non avrebbe mai ammesso la delusione che avrebbe provato se solo Camila le avesse detto di non voler dormire con lei; era quello che desiderava più di ogni altra cosa. Sentire di nuovo il calore della loro pelle sfiorarsi. Ma forse desiderare tutto questo quando la piccola Sofia era sdraiata in mezzo a quel letto non era certo la cosa più sana del mondo.
Non potevano.
"Non è un problema." - sospirò la piccola sollevandosi con la schiena e rimanendo a sedere sul bordo del letto. -"Come fai a conoscere Normani?"
Lauren smise di rovistare a quella domanda, si girò dalla sua parte e la fissò per una manciata di secondi in silenzio. Poi si avvicinò senza sapere bene cosa dire o fare, si fermò di fronte a lei e posò una mano sulla sua guancia accarezzandola. A quel contatto una scia infinita di emozioni le percorsero l'intero corpo, dei piccoli brividi le scivolarono nella schiena e una scarica di energia formicolò nelle sue dita cosi come sulla pelle di Camila che continuava a cercare i suoi occhi nel buio.
"Sei gelosa?" -sussurrò con un filo di voce la più grande che si avvicinò alle sue labbra. Camila non poteva vederla, ma sentì l'odore di menta e fragola cosi vicino da invaderle le narici; giurò di aver sentito le labbra sfiorare le sue, un tocco leggero, quasi impercettibile, ma vero. Non se lo era immaginato, sapeva che era successo di nuovo. Lauren voleva baciarla, ma qualcosa la frenava. Qualcosa che andava oltre la presenza di Sofia che dormiva in quel letto.
A frenarla era qualcosa di più profondo, di più personale. Forse un segreto che lei non sapeva e che non doveva scoprire, in fondo sapeva cosi poco sul conto di Lauren, oltre quello che si diceva nei giornali e in televisione. Una brava ragazza amante del pericolo che nei suoi anni era fuggita fin troppe volte di casa solo per ripicca o forse per cercare attenzioni.
Ma quale ragazza in cerca di semplici attenzioni architetterebbe tutta questa pantomima, chi si infilerebbe in guai cosi seri come ci erano finite loro due? Doveva esserci qualcosa di serio, qualcosa che aveva costretto quella ragazza a fuggire dalla sua quotidianità.
"Da cosa stai fuggendo?" - domandò improvvisamente Camila. I pensieri ebbero vita propria scivolando fuori dalla sua bocca; non avrebbe mai voluto dirlo ad alta voce ma oramai lo aveva fatto e quello che poteva fare era aspettare una risposta, se mai fosse arrivata.
Il tocco di Lauren divenne più pesante, rigido, e lei poteva sentirlo. Il suo respiro si fece lieve segno che si era allontanata da lei, e poco dopo anche la mano scivolò via dalla sua guancia ardente.
"Io non sto fuggendo." Le sue parole uscirono dure, taglienti. Era chiaro che non volesse parlarne.
"E allora perché hai deciso di andare a Portland?" -provò ancora Camila. Ormai il guaio era fatto, perché non provare a cavarne un ragno dal buco?
Ma Lauren si irrigidì visibilmente e fece alcuni passi indietro passandosi una mano fra i lunghi capelli mossi che spostò su di un lato, poi lasciò il suo campo visivo avvicinandosi alla porta.
"Smettila di immischiarti in cose che non ti riguardano. Noi dobbiamo solo arrivare a Portland sane e salve, dopo di che ognuno prenderà la sua strada." - queste furono le sue ultime parole prima di sbattere la porta e spezzare in mille pezzi il cuore della povera Camila.
AUTORE:
SAAAAAAAAAALVE???? VI SONO MANCATA VERO?
SPERO DI SI AHAHAHAHHAHAAHH
COMUNQUE SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA, MI STO DAVVERO IMPEGNANDO A TROVARE IL TEMPO PER AGGIORNARE VISTO CHE L'UNIVERSITA' OCCUPA MOLTO DEL MIO TEMPO. SE VI PIACE VOTATE E COMMENTATE, MI FAREBBE DAVVERO PIACERE SAPERE COSA NE PENSATE.
VI VOGLIO UN MONDO DI BENEEEE AWWWWW
CAMREN IN THE HEART!
domanda: "come avete iniziato a credere in camren?"
RISPONDETE, COSI PER CONOSCERCI!
zaygreen.
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