Epilogo
«Allora?», chiede Eileen non appena esco dal bagno. Tampono la carta agli angoli della bocca e mi stringo nelle spalle. «Sì o no?», chiede trepidante.
Non rispondo.
Getto la carta nel cestino della spazzatura e stringo la borsa come se avessi paura che qualcuno me la rubasse.
«È un sì», dice spalancando gli occhi. «Sei troppo silenziosa! Oddio, è un sì!», si prende il viso tra le mani, il sorriso le illumina il volto.
«Smettila», brontolo, dandole una gomitata. «Non fare scenate, ti prego».
L'entusiasmo sparisce dal suo viso. «Aspetta, perché non sei felice? Perché non stai piangendo di gioia?», strizza gli occhi, confusa.
Sento una morsa allo stomaco, la nausea inizia a salire di nuovo piano piano.
«Non è vero, lo sono», rispondo con un filo di voce.
«Non lo sembra affatto. Anzi, sembri sul punto di lanciarti davanti ad un autobus», incrocia le braccia al petto. Inizio ad incamminarmi, cercando di sfuggire al suo sguardo indagatore.
«Sono stanca», esco dal ristorante e vado verso la mia macchina.
«No, no! Non penserai mica di lasciarmi così, vero? Dammi uno strappo», Eileen non demorde. Mi segue, mettendo un braccio sulle mie spalle.
«Non penso sia il momento perfetto per parlarne», ammetto con una stretta alla gola. Non pensavo che sarebbe stato così difficile. Nessuno dei due se lo aspettava, eppure è successo.
La mia migliore amica si sposta davanti a me, impedendomi di fare un ulteriore passo. «Perché lo pensi? Ti ha già detto qualcosa?»
Scuoto la testa.
«Beh, allora dov'è il problema? Kendra, sono passati cinque anni, davvero pensi che non lo accetterà? Ti ama alla follia».
Sospiro profondamente. «In realtà, sì. Lo penso».
«Va bene, ma ti ha dato un motivo per pensarlo oppure sono soltanto i tuoi film mentali?».
«Sì, Eileen. Più di un motivo, altrimenti non avrei questa faccia», la indico con entrambe le mani e poi le passo accanto e salgo in macchina, sbattendo lo sportello.
Lei sale accanto a me. «Non farà lo stronzo, ne sono sicura. Quando hai detto che torna da New York?», chiede e si mette la cintura di sicurezza.
«Tra un'ora dovrebbe essere nel suo ufficio», le dico mentre ci allontaniamo.
«Beh, ottimo! Gli parlerai?»
La guardo con la coda dell'occhio.
«Al momento giusto», rispondo piatta.
«E sentiamo, quando sarà il momento giusto?»
«Non lo so! Non mettermi fretta, dannazione!», rispondo con una punta di irritazione nella voce.
Eileen apre la bocca per dire altro, ma la richiude subito.
«Puoi lasciarmi qui. Devo incontrare Cody», indica un parcheggio vuoto davanti ad una pizzeria.
«Non volevo risponderti male. Mi dispiace. È solo che… è difficile», dico, sentendo la vergogna premermi sulle guance.
«Non devi preoccuparti. Non me la sono presa. Voglio solo che tu sia sincera e felice. Soprattutto felice», allunga le braccia verso di me e mi stringe forte.
«Negli ultimi anni sono stata davvero felice, non cambierà niente. Adesso vado a prendere Elliott a scuola, ci sentiamo dopo», le do un bacio sulla guancia e lei annuisce con diffidenza. Diamine, odio quando mi guarda in questo modo!
«Sei stranamente silenziosa. Di solito mi riempi di domande o straparli fino a farmi venire voglia di tapparti la bocca», prorompe Elliott mentre saliamo le scale della K.H. publishing company.
«Non è vero», rispondo serrando i pugni.
«Ho contato le frasi che hai detto. In ordine sono: Ciao. Com'è andata oggi? Hai fame? Scusa sono un po’ distratta, che hai detto?» muove le quattro dita davanti al mio sguardo e io gli lancio un'occhiataccia.
«Che ne dici di piantarla?», gli chiedo entrando nell'edificio.
«Non hai nemmeno salutato Alfred», dice alle mie spalle.
È vero. Non l'ho fatto. Dio, sto perdendo la testa.
Elliott mi afferra per il braccio e mi ferma, ma io gli faccio segno di seguirmi nel mio ufficio. Cerco di non guardarmi troppo intorno, perché so che qualcuno mi sta guardando con insistenza. Non voglio fare credere a Christine che io e Kenneth stiamo attraversando un momentaccio. Finirebbe per dirlo a tutti e l’ultima cosa che voglio è essere sulla bocca dei dipendenti del mio ragazzo.
Elliott chiude la porta e si lascia cadere sulla poltrona, lasciando lo zaino ai suoi piedi. Incrocia le braccia al petto e mi guarda dritto negli occhi. Mi fissa con quello sguardo intimidatorio, che su di me non ha mai avuto un grande effetto.
Ha ereditato tutti i tratti di nostra madre. Quei tratti che lui odia con tutto il cuore e che invece sono invisibili al mio cuore.
È cresciuto. Adesso è un adolescente e io ricordo perfettamente cosa si prova a quest'età. Ma lui non saprà mai cosa ho provato io.
Mi prendo la testa tra le mani e trattengo le lacrime.
«Domani è il tuo compleanno. Compirai trentuno anni. Non hai intenzione di festeggiare, non è così? Di nuovo», lo dice quasi con tono d’accusa .
Sospiro profondamente e appoggio la testa sulla scrivania.
«Cambia la data», dice all'improvviso e sollevo la testa per guardarlo.
«Eh?»
«So perché non vuoi festeggiare. Ma quella stronza di nostra madre non ti chiamerà nemmeno quest'anno per scusarsi per averti rovinato tutti gli altri compleanni, quindi festeggialo oggi. È inutile rimuginare sulle cose passate, Ken. Me l’hai insegnato tu», un sorriso genuino gli dipinge il volto. «Mamma non ti chiamerà, anche se te l’ha promesso. Te lo promette ogni anno soltanto per ferirti ancora. E tu, più di chiunque altro, sai che non te lo meriti».
Il suo sguardo è trasparente, sincero. Gli sorrido dolcemente e lui si alza e mi raggiunge, inginocchiandosi davanti a me.
«Adesso ho quindici anni e non puoi nascondermi le cose. Ricordo tutte le mie promesse e spero di mantenerle tutte. Sono felice che tu sia stata sempre sincera con me, Ken. Sono felice che tu abbia scelto me sempre. È per questo motivo che io sceglierò sempre la tua felicità, nonostante tutto. Voglio renderti fiera».
«Secondo te...», inizio a dire un po' riluttante. «Sarei una brava madre?»
Le sue sopracciglia schizzano verso l'alto. «Davvero me lo stai chiedendo? Ti rendi conto di quello che hai fatto per me?», mi prende le mani tra le sue e deglutisco. «Mi hai portato via da quella casa, Kendra. Mi hai dato tutto e continui a darmi anche troppo. E nonostante i tuoi momenti difficili, sei ancora qui. Siamo ancora qui, insieme. Quindi sì, saresti una madre grandiosa».
«È che a volte penso-»
«Non sarai mai come nostra madre», mi interrompe. «Mai. E Kenneth sarà l'uomo più felice del mondo, ne sono sicuro. E poi, cazzo, io sarei fantastico come zio», sorride con aria fiera.
«Hai appena detto cazzo?», gli chiedo, inarcando un sopracciglio.
«È un problema?», mi chiede. «Non saprei esprimere meglio il mio entusiasmo».
Alzo gli occhi al cielo. «A volte vorrei che tu non mi somigliassi così tanto».
«A volte vorrei somigliarti di più», ammette con voce triste. So perché lo dice. Si riferisce ai suoi capelli biondi, agli occhi azzurri, al suo sguardo. Vorrebbe essere più simile a me. Ogni giorno detesta guardarsi allo specchio e vedere il riflesso di nostra madre. Odia somigliarle così tanto.
«Penso che sarai lo zio più figo del mondo», confermo arruffandogli i capelli.
«Eh già, hai ragione», mi sposta la mano. «Ma evita di fare questa cosa. Non sono un bambino».
«Dio, sei insopportabile», brontolo guardandolo male.
«Aspetta, hai detto che sarò lo zio più figo del pianeta?», riduce gli occhi a due fessure. «Sarò», ripete sempre più confuso. Poi, piano piano, il suo sguardo si illumina e apre la bocca per dire qualcosa, ma qualcuno bussa alla porta.
Elliott si alza e va ad aprire.
«Il signor Kenneth è qui», dice la sua assistente.
Esco di corsa dal mio ufficio e mi vedo nel corridoio. Ha i capelli spettinati, lo sguardo stanco e indossa un paio di jeans neri e una maglietta semplice bianca. Il suo abbigliamento mi fa sorridere, anche se lui probabilmente lo starà maledicendo. Ha la sua valigetta tra le mani, gli occhi verdi puntati su di me.
Elliott si fa da parte mentre io mi lancio su di lui, circondandogli il collo con le braccia.
«Mi sei mancato», mormoro contro la pelle del suo collo.
Affonda il naso nei miei capelli lunghi e mi stringe di più a sé. «Questa settimana mi è sembrata infinita senza di te.»
«Sì, sono felice di vederti, davvero. Ma non sei mancato a nessuno, nel caso te lo stessi chiedendo», dice mio fratello dietro di me con una vena ironica nella voce.
Kenneth scioglie il nostro abbraccio e guarda dietro di me, sorridendo.
«Non lo dirai più quando vedrai cosa ti ho portato», gli fa l'occhiolino e si avvicina a lui, battendogli il pugno.
«Sai, ora che ci penso, non è così male averti intorno», Elliott ghigna e Kenneth si porta una mano sul cuore. «Mi sento onorato.»
Entriamo nel suo ufficio e io sorrido mentre li guardo scherzare e darsi spinte a vicenda.
So che Elliott ha sempre desiderato avere un fratello maggiore e io tante volte ho desiderato soddisfare anche questo suo desiderio. Avrei preferito che avesse un fratello determinato, forte e premuroso come Kenneth. Mi sentivo un fallimento come figlia, come sorella e come persona. Volevo offrirgli di più. E adesso, vederlo sorridere e scherzare con l'uomo che amo, mi rende felice.
Vederli seduti uno accanto all'altro a colazione, mentre mangiano i miei amati pancakes e litigano perché entrambi vogliono l’ultima frittella, resterà per sempre la mia cosa preferita.
Non sanno che i pancakes sono sempre dispari per questo motivo. Perché mi diverte vederli farsi la guerra e ridere alle prime ore del mattino.
E vedere Kenneth sciolto, felice e non più chiuso nel suo ufficio giorno e notte mi fa sentire... soddisfatta.
Anche se non so quanto sia saggio giocare con Elliott alla play alle due del mattino.
Gli passa di nascosto un videogioco e io sospiro. «Un altro?», chiedo.
«Non puoi capire, questo gioco deve ancora uscire!», strilla Elliott. «Come hai fatto ad averlo prima?», gli chiede.
Kenneth si stringe nelle spalle. «A volte devi conoscere le persone giuste».
«Stasera ci facciamo una partita?», chiede Elliott, allungando la mano verso di lui.
«Affare fatto. Ma non per più di un'ora, sono stanco», gli stringe la mano, sigillando il loro accordo.
«Vado nel tuo ufficio a leggere», avvisa Elliott salutandomi. In realtà vuole lasciarci un po' di privacy e io lo ringrazio per questo.
Vado verso Kenneth, lui mi sorride e mette le mani sui miei fianchi, costringendomi a sedermi sulle sue gambe. «Mi è mancato tutto questo», mi lascia un bacio sulla guancia, poi un altro sul mento e infine le sue labbra indugiano per pochi secondi sulle mie e poi un calore esplode nel mio petto.
Mi stringe a sé, le sue mani salgono lungo la mia schiena e io sorrido contro la sua bocca.
«A volte vale la pena aspettare».
Lui apre gli occhi e mi guarda con così tanto amore che sento una stretta intorno al cuore. Niente bugie, Kendra.
«Devo dirti-»
«Mi manca dormire con te. Mi manca stringerti tra le mie braccia. È orribile quando non ci sei», mi bacia il collo, facendomi ridacchiare.
«Kenneth, devo dirti-»
«Aspetta», mi bacia le labbra e poi apre la sua valigetta, estraendo un libro.
Lo apre e punta il dito verso una scritta. «Sai quanto sono orgoglioso di vedere il tuo nome su un bestseller? Quanto diavolo mi rende felice sapere che un libro editato da te diventerà un film? Non ne hai idea, dannazione», mi prende il viso tra le mani e mi bacia di nuovo con trasporto, facendomi sentire esattamente come sempre: completa, speciale, felice.
«Andiamo a casa? Il lavoro può aspettare, ma la voglia che ho di te no», mi mordicchia il mento e mi strappa un lamento.
«Volevo parlarti di una cosa», sfrego il naso contro il suo, il cuore inizia a battermi forte nel petto.
«Dopo», mi bacia la fronte. «Andiamocene.»
«Elliott?»
«Manderò qualcuno a prenderlo dopo. Voglio stare con te. Solo con te», mi abbraccia, baciandomi ripetutamente la testa.
«Va bene», sussurro.
«Stasera ceneremo con gli altri», mi fa sapere e arriccio il naso.
Non mi dispiace cenare insieme alla sua famiglia. Ma vorrei davvero parlargli e avere un po' di tempo per noi... vorrei trovare il momento giusto.
«Perfetto», dico accennando un sorriso.
Finisco di abbottonarmi la camicetta verde e indosso i mocassini bianchi. Mi guardo un'ultima volta allo specchio e prendo la borsa, raggiungendo Kenneth nell'atrio.
«Sei stupenda», mi dice non appena mi vede.
«Se magari le facessi sparire quel broncio dal viso, lo sarebbe ancora di più», mormora mio fratello, fulminandomi con lo sguardo. «Devi dirci qualcosa?», mima con le labbra e io spalanco gli occhi.
«Andiamo», prendo Kenneth per mano e usciamo fuori. «Dove hai detto che ceneremo?», gli chiedo.
«A casa di mio padre. So quanto ami il suo giardino, ho pensato fosse il posto perfetto».
«Il posto perfetto per cosa?», gli chiedo.
Kenneth ed Elliott si scambiano un'occhiata.
«Per cenare, ovvio!», rispondono all'unisono e io aggrotto le sopracciglia.
«Voi due siete strani», affermo von una smorfia.
Il tragitto in macchina è stato silenzioso. Elliott non ha spiaccicato parola e Kenneth si è limitato a tenere la mano sulla mia coscia.
Il loro comportamento è più strano del mio.
Percorriamo il vialetto in ghiaia e Kenneth ferma la macchina.
Elliott mi apre lo sportello e mi fa l'occhiolino.
«Che problemi hai?», gli chiedo, poi qualcuno grida da dietro l'albero: «Sorpresaaa!»
Eileen corre verso di me con un palloncino tra le mani.
Cerco con lo sguardo Elliott. Lui mi sorride e fa finta di niente.
La mia migliore amica mi abbraccia e sussurra al mio orecchio: «Allora? Hai qualcosa da dirmi? Gli hai parlato? È come immaginavo?»
«È stata l'idea di Elliott», mi fa sapere Kennedy, spuntando all’improvviso dietro Eileen. Sposta i suoi lunghi capelli sulla spalla sinistra e soffia forte in una trombetta di plastica.
Ecco perché mio fratello mi aveva detto di scegliere un altro giorno per festeggiare il mio compleanno… quel piccolo stronzetto!
«Però dovrai perdonarmi.... Non ho fatto in tempo a prenderti il regalo», Kenneth mi abbraccia da dietro e abbassa la testa per baciarmi la guancia.
«Non importa», sorrido, anche se non è proprio così. A me importa. I suoi regali mi hanno sempre strappato un sorriso.
«Andiamo, la cena è pronta», dice Eileen.
Ma una parte di me non è comunque felice e la notizia continua a danzarmi sulla punta della lingua.
Il padre di Kenneth mi accoglie a braccia aperte. «È un giorno speciale, non è così? Dobbiamo festeggiare».
È solo un banale compleanno, vorrei dirgli. Non è niente di che. Ma so quanto quest’uomo ami le feste. In realtà, non è neanche una vera festa. Siamo soltanto noi… ma sono le persone che amo, quindi non potrei desiderare di più, anche se mi sarebbe piaciuto che ci fosse anche Arnold adesso.
Kenneth prende posto accanto a me e mi afferra la mano sotto il tavolo, come se avesse sentito il mio stato d’animo irrequieto.
Guardo le fragole al cioccolato sul piatto, accanto alla bottiglia di vino, e la nausea mi travolge.
«Portale via», dico a Kenneth, portandomi una mano davanti alla bocca. Lui aggrotta le sopracciglia e mi guarda confuso.
«Sono le tue preferite...»
«Non più», asserisco.
Elliott non stacca lo sguardo da me. Eileen alza un sopracciglio, impaziente.
Kenneth si alza per spostare le fragole dall'altra parte del tavolo e si risiede, afferrandomi di nuovo la mano. «Stai bene? Sei pallida», la preoccupazione serpeggia nei suoi occhi.
«In effetti non hai un bel colorito, cara», suo padre mi squadra attentamente e io forzo un sorriso. Sento lo stomaco contorcersi dentro di me.
«È la stanchezza», rispondo pigramente.
«E non hai ancora dei marmocchi in casa», Victor ride di gusto. «Mia moglie era sempre sfinita per colpa di questi tre», indica Kenneth, Cody e Kennedy. «Ma ne è valsa la pena, no?», un dolce sorriso affiora sulle sue labbra, mentre il probabile ricordo di sua moglie gli attraversa la mente. Lo capisco dal suo sguardo malinconico.
«No, non abbiamo alcun marmocchio, per fortuna», dice Kenneth mentre si versa del vino nel bicchiere.
La sua frase è come un pugno nello stomaco. Per fortuna.
«Sicuramente non sarò io il primo a fare figli», Cody si inserisce all'interno della nostra conversazione. Vedo Eileen sbiancare in volto. No, so per certo che non è ancora pronta per compiere un passo simile.
«E di sicuro non sarò io. Sono la più piccola», Kennedy rivolge uno sguardo divertito al padre.
«Beh, a me non dispiacerebbe».
Alzo di scatto la testa per guardare Elliott.
«Non dirlo neanche per scherzo», ribatte Kenneth con una risata divertita. «Abbiamo tanti piani, ma nessuno coinvolge un bambino adesso».
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e mando giù il nodo che ho in gola. Kenneth solleva la bottiglia di vino.
«Non bevo», mi riempio bruscamente il bicchiere con dell'acqua. Il mio ragazzo mi guarda; ha lo sguardo smarrito e al contempo confuso. Cerca gli occhi di mio fratello, probabilmente alla ricerca di una spiegazione, ma Elliott fa spallucce.
«Non vedo l'ora che tu apra i regali», Kennedy sfrega le mani, emozionata. «Quello di Kenneth ti farà impazzire».
«Fai sul serio?», grida Kenneth, sconvolto.
«Non avresti dovuto dirlo, idiota», la rimprovera Cody.
«Era una sorpresa!», dichiara Elliott, sbuffando.
Iniziano una lunga discussione e io mi alieno completamente nella mia mente.
Non mi interessano più i regali. Non mi interessa nemmeno festeggiare. Come farò a dirglielo? Kenneth è stato abbastanza chiaro su questo.
«Kendra? Tutto bene?», chiede accigliandosi.
«No, non va tutto bene!», grido con il petto in fiamme. Elliott sgrana gli occhi e tutti gli altri smettono di mangiare.
«Cosa c'è? Parlami», mi accarezza dolcemente il dorso della mano e io guardo Eileen. Lei mi sorride e mi incoraggia, ma non è così che l'avevo immaginato.
«L'intero discorso mi fa impazzire», ritiro le mani, posandole sul ventre. Tutti gli occhi sono su di me. «So che non vuoi avere dei figli, so che non sei pronto e so che ti piace sentirti libero», continuo a dire.
Lui batte piano le palpebre. «Sentirmi libero?»
«Sì. Insomma, andare dove vuoi, fare quello che vuoi, portarmi in giro con te senza problemi.»
«Di cosa parli, Kendra?», mi prende il viso tra le mani, guardandomi attentamente negli occhi. «Avere un figlio non mi farà sentire meno libero. Per quale dannato motivo lo pensi?»
«Kenneth, il motivo è abbastanza ovvio», brontola Cody, prendendosi il viso tra le mani.
«Sono incinta», butto fuori tutto in un fiato e conficco le unghie nel jeans, stringendo forte i pugni.
Cala il silenzio. Sopra di noi le stelle brillano e il suono dei grilli smorza la tensione che c'è nell'aria.
Guardo tutti uno ad uno.
Eileen sorride così tanto che temo possa esplodere di gioia da un momento all'altro.
Cody si morde il labbro per nascondere il sorriso.
Suo padre si è illuminato in volto come l'albero di Natale.
Elliott mi guarda con aria fiera e Kennedy ha la bocca spalancata.
Kenneth non dice niente. Mi fissa e basta. È sconvolto. E so perché.
«Mi dispiace», dico, asciugandomi le lacrime con il dorso della mano.
Continua a guardarmi come se avesse davanti un fantasma, ma dalle sue labbra esce appena un tremulo bisbiglio: «Cosa?»
«Mi dispiace», ripeto.
«No. Che cosa hai detto prima?», abbassa lo sguardo verso la mia pancia e deglutisce. Sembra terrorizzato.
«È successo e basta. Sono incinta, Kenneth».
«Forse ho bisogno di bere qualcosa», mormora senza staccare gli occhi da me. «E non perché sono terrorizzato», soggiunge socchiudendo gli occhi. «Dio, non dire mai più che ti dispiace», si alza e viene verso di me, premendo le labbra sulla mia fronte. Gli sfugge una risata, e non capisco se si tratta di nervosismo o di felicità.
«Non sei arrabbiato?», gli chiedo e appoggio le mani sul suo petto.
«Arrabbiato? Con te non riesco ad esserlo. E soprattutto, una notizia simile non riuscirà mai a suscitare in me rabbia. Mi dispiace averti fatto credere di non volere avere una famiglia con te. Mi dispiace aver detto quelle frasi poco fa. In realtà pensavo fosse così anche per te, Kendra. Non hai mai detto di volere dei figli, o di sposarmi, ecco perché...», sospira, sta tremando. «Il tuo regalo... Volevo darti il regalo più tardi, ma tu mi hai colto di sorpresa.»
«Di cosa stai parlando?»
Kenneth si asciuga una lacrima e scuote la testa, poi si mette in ginocchio davanti a me. «Mi dispiace averti fatto pensare anche solo per un istante di non volere tutto questo», appoggia la guancia sulla mia pancia io rimango immobile. «E so cosa avrà scatenato in te la mia reazione, ma non è come pensi. Io... volevo soltanto che fossi tu la prima a dirlo. Volevo rispettare i tuoi tempi, perché so quanto hai dovuto sopportare, e se pensi che essere liberi significhi non averti accanto, non avere accanto un bambino, ti sbagli».
Estrae dalla tasca una piccola scatola rossa in velluto e continua a dire: «Non c'è un singolo giorno in cui io non ti voglia accanto a me. Ti voglio quando sei felice, quando hai le tue giornate no, quando sei arrabbiata, quando sei testarda, quando sei te stessa. Voglio averti accanto sempre, Kendra. Hai reso il mio cuore un posto meno tenebroso e hai dipinto le mie serate monotone con le tue risate, con i tuoi discorsi sconclusionati, con le tue smorfie, rendendole più vivaci. Hai visto quanto è grande la nostra casa, no? Voglio averti per sempre qui. Insieme ad Elliott, a Whiskey, a Mr. Chubby. E ai nostri bambini. Perché io ne voglio. Più di uno».
Apre la scatoletta e una bellissima pietra scintillante attira la mia attenzione.
Il mio cuore smette di battere. Il respiro rimane incastrato nei polmoni e le mani iniziano a tremare.
«Ti ho promesso che avrei riscritto il finale della nostra storia fino a quando non l'avremmo trovato perfetto entrambi. Poco fa pensavo che il finale sarebbe stato diverso, che la nostra storia avrebbe preso una piega inaspettata, ma di certo non mi aspettavo questo. Volevo sorprenderti, ma alla fine sei stata tu a sorprendere me. E Dio, sto tremando, Kendra», sorride e io scoppio a ridere tra le lacrime. «Voglio che il nostro amore sprofondi tra le pagine di ogni romanzo; voglio amarti con ogni parola, con ogni respiro e con ogni battito del mio cuore. Voglio trovarti ancora in ogni epilogo che leggerò, scavare tra le parole e pensare a te. Perché ti amo, Kendra Collins. Tra i libri è sbocciato il nostro amore e soltanto tra i libri appassirà, ma restando eterno. Quindi, vuoi sposarmi?».
«Sì, ha decisamente letto troppi libri», dice Kennedy, facendoci ridere.
«Non aspettavo altro», rispondo, buttandomi tra le sue braccia.
«Buon compleanno, Collins», sussurra al mio orecchio.
«Diventerò una Harrison», dico sulle sue labbra.
«Niente mi impedirà di chiamarti ancora Collins», risponde, baciandomi e asciugandomi le lacrime.
«Ragazzi, fate le valigie! Adesso sì che dobbiamo festeggiare in grande! Diamine, diventerò nonno», esclama Victor con gli occhi in lacrime.
«Concordo sul fatto che dovremmo festeggiare, ma per quale motivo dovremmo fare le valigie?», chiede Kennedy.
«Perché ho deciso così. Scegliete una meta».
«Ci risiamo», dico tra i denti. Qualsiasi scusa è buona per lui per organizzare un viaggio completamente a caso, rischiando di mandare all’aria un sacco di cose. L’ultima volta siamo stati a Budapest e Victor è finito in un quartiere malfamato ed è stato perfino derubato.
«Maldive», suggerisce Cody.
«Los Angeles».
«Caraibi», grida Eileen.
«Kendra vorrebbe vedere il castello di Dracula». Mi giro verso Elliott. «Dico davvero, è ossessionata».
Non è vero!
«Bene, bene! Allora abbiamo deciso, si parte per la Romania!», Victor sorride con aria soddisfatta, ma poi il sorriso si affievolisce. «Sapete, ora che ci penso non mi avete mai detto come vi siete conosciuti davvero la prima volta».
«L'ho preso in prestito come ragazzo», dico e Kenneth mi infila l'anello, baciandomi la mano.
«Saggia scelta, signorina Collins», mormora, regalandomi un sorriso malizioso.
«Lo so», lo bacio come se l'intero universo avesse aspettato di vedere soltanto questo. Noi sotto un manto scuro pieno di cristalli, che brilliamo in mezzo all’infinito.
Lo amo. Lo amo come un solo lettore sa amare. Lo divoro tra le parole. Lo cerco tra le pagine. E mi innamoro fino all'ultima parola.
Mi alzo e appena finisco di abbracciare tutti, prendo il cellulare e mi allontano, raggiungendo un punto meno chiassoso del giardino.
Cerco il suo numero e lascio che il cellulare squilli due volte.
Il suo nome appare immediatamente sullo schermo. Sorrido.
«Dimmi che non ti ha fatto piangere», grida dall'altra parte facendomi ridere.
«Sì, mi ha fatto piangere... Mi ha chiesto di sposarlo e sai cosa, Arnold?»
«Temo di non essere pronto».
«Diventerai zio!»
«Oh, merda!», urla e poi segue un breve silenzio. Sento dei sospiri brevi e mi acciglio.
«Stai piangendo?», gli chiedo.
«Scassapalle, questi sono stati i due squilli più belli che io abbia mai ricevuto».
La vista si appanna di nuovo.
«Sarai sempre a due squilli lontano da me, vero?»
«Sempre, Kendra. Sempre».
«Unisciti a noi, allora! Prepara la valigia e vieni con noi».
«Beh, non posso dire di no, giusto? Dove si va?»
«Romania», rispondo.
«Perfetto, non vedo l’ora di provare la loro grappa. Dicono sia forte».
Scuoto la testa. «Ci sentiamo dopo».
Chiudo la chiamata e alzo gli occhi verso il cielo. Kenneth mi raggiunge e mi abbraccia da dietro, baciandomi la testa.
«Sono felice di averti nella mia vita. E la notte ne è testimone», solleva lo sguardo anche lui. «Non si può mentire alle stelle... È tra di esse che si nascondono gli sguardi degli innamorati e dei sognatori», mi prende la mano e la punta verso una stella. E io guardo il cielo come se stessi guardando lui.
Sono felice.
Ci sono dei pezzi mancanti dentro di me, ma sono felice.
È la vita che sognavo.
È l'amore che bramavo.
Eccoci qui. Ho iniziato questa storia nel 2021 o 2020, non ricordo, ma tra alti e bassi mi è stato impossibile continuarla, per via del mio stato di salute mentale. Ricordo bene il trauma che ho subito e la difficoltà che avevo nell'andare avanti. Ho avuto un blocco della scrittura enorme, ma piano piano sono felice di essere tornata ed essermi ripresa, di aver concluso quest'anno ben due storie e di averne iniziata una nuova.
Grazie a tutti voi che avete aspettato i miei aggiornamenti con ansia, non vi sarò mai abbastanza grata per la vostra pazienza. Grazie per ogni commento, stellina e messaggio che mi avete lasciato. Spero soltanto di avervi fatto sognare e fatto sorridere con questa storia. Spero che vi siate innamorate di Kenneth e che abbiate capito il dolore di Kendra, di ciò che si prova a non avere una famiglia, ad essere soli e a sentirsi costantemente un fallimento. Kenneth è stato rigido e riservato sin dall'inizio, ma piano piano ha mostrato un lato di sé che teneva nascosto e si è aperto.
Kendra è stata aperta e sarcastica sin dall'inizio, diventando piano piano consapevole delle sue scelte e delle sue responsabilità. Entrambi hanno fatto progressi e entrambi hanno trovato il proprio equilibrio.
Detto ciò, io come "scrittrice" ma anche come vostra amica ormai, spero di trovarmi sempre a due "squilli" lontan* da me. Spero che mi leggiate ancora, dopotutto sono rimasta per Wattpad soltanto per voi.
E spero che, magari un giorno, se deciderò di pubblicare questa storia in cartaceo, qualcuno di voi lo compri 🥲❤️ cercherò di migliorarlo ancora di più, dopotutto le pagine si possono riscrivere fino a quando non troveremo perfetta la storia. Cit.
Grazie di avermi letta. Un abbraccio a tutti voi ❤️
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