Capitolo ventisei

Non mi sarebbe passata neanche per l'anticamera del cervello che il giorno dopo mi sarei ritrovata nella mia stanza, con il volto marcato dalla rabbia e dal dolore e che avrei fatto la valigia.

La notte scorsa ho agito d'impulso e ho mandato a rotoli ogni mia promessa e ogni mio buon proposito. Non avrei dovuto andare a letto con Kenneth. Adesso lui probabilmente mi starà odiando ancora di più.

Non ha provato neanche per un minuto il desiderio di parlarmi a cuore aperto e risolvere definitivamente con me. No. Ci siamo lasciati trascinare da un desiderio folle, accantonando da qualche parte il resto dei problemi.

Perché con lui è sempre stato così: tutti i problemi scompaiono non appena mi sfiora, non appena mi guarda e non appena mi bacia. Ma poi quel dolore subdolo si risveglia dal profondo e mi tormenta ancora e ancora.

Come ha detto la zia: i problemi mi seguiranno ovunque, e io sono stanca di sentirmi un peso. Sono stanca di sentirmi un problema. Ho passato anni a mentire a tutta la mia famiglia, perché la mia amorevole madre mi ha fatto sentire una fallita sin da piccola. Ho cercato di conquistare la sua simpatia in qualche modo, di perfezionarmi e renderla fiera, ma stavo mentendo anche a me stessa. Non ero più me.

So che dietro l’essere sempre comprensivo di Kenneth, dietro agli occhi che sono sempre perennemente alla ricerca dei miei e dietro ai sorrisi che spesso cerca di non mostrare quando mi vede, si nasconde una persona tanto rotta quanto me. Lo so adesso. Ma io non sono forte. Forse non lo sono mai stata, quindi come farò a far stare bene lui? Sono una bugiarda patologica.

Lui è diverso da me, nonostante abbia i suoi segreti, le sue paure e il suo dolore.  Lui è arrivato dove io non arriverò mai. Perché mai dovrebbe scegliere me? Cos'ho da offrirgli, a parte drammi familiari di cui non riesco ancora a sbarazzarmi?

Mi sembra di avere un'enorme difficoltà quando si tratta di relazionarmi con le persone che mi circondano o con i ragazzi in generale. E lui non è di certo l'eccezione. Anzi, da quando è entrato nella mia vita non ha fatto altro che scombussolarmela ancora di più.

Con un sospiro rassegnato, prendo la valigia pesante e la porto nel corridoio. Mentre raccolgo i capelli in uno chignon sento il campanello suonare.

È Arnold! È venuto a darmi una mano.

Con un sorriso vivace vado ad aprire la porta, ma davanti a me c'è Eileen con una scatola di ciambelle tra le mani e un mazzo di rose.

«Sono stata più stronza di te e sono una persona così orribile che ormai faccio fatica a guardarmi allo specchio, ma sono qui per chiedere ufficialmente scusa alla mia migliore amica», sorride timidamente e io mi lancio su di lei, stringendola forte.

«Ti avrei scritto», mormoro sulla sua spalla.

«Non rinuncerei a te neanche se Jamie Dornan si presentasse alla mia porta», dice provando a ricambiare l'abbraccio.

Arnold apre la porta del suo appartamento e ci guarda con fare burbero. Il suo sguardo si sofferma un po' di più su Eileen.

«Ah, di nuovo tu», borbotta con le sopracciglia aggrottate. «Beh, che ti avevo detto? Tornano tutti prima o poi. Meno li calcoli e più te li ritrovi tra i piedi», dice rivolto verso di me.

Gli sorrido e alzo gli occhi al cielo. «Non devi fingere di essere un duro, sai?», vado verso di lui e gli batto il pugno sul petto.

«Non so di cosa tu stia parlando, scassapalle», allunga un braccio per spostarmi e guarda di nuovo Eileen. «Ora zittiscila, perché non ha fatto altro che piagnucolare e rubarmi il cibo dalla dispensa».

Sento un calore propagarsi su tutto il mio viso.

«So già che sei un omone dal cuore d'oro», Eileen gli strizza l'occhio.

Arnold si stringe nelle spalle con nonchalance.

«Raggiungimi tra poco», gli punto l'indice contro e lui annuisce.

Eileen entra nel mio appartamento e per poco la scatola non le cade dalle mani.

Fissa la valigia confusa e accorata. «Che vuol dire?», chiede, girandosi verso di me.

Le prendo i fiori dalle mani e le ciambelle e metto il tutto sul tavolino in salotto.

Lei mi segue come un'ombra.

«Te ne vai?», chiede con voce asfittica.

«Sì, mia zia e Arnold mi daranno una mano. Mi trasferirò ad Edimburgo. Ho deciso di accettare un'offerta di lavoro e penso che mi farà bene staccare un po' e pensare a me stessa», cerco di spiegarle.

Il suo silenzio mi fa venire l'ansia, ma il suo sguardo è più comprensivo di quanto mi aspettassi.

«Capisco», si siede sul divano e fissa la moquette. «Sì, ha senso voler cambiare. Ultimamente hai dovuto subire tanta merda, quindi è giusto che tu stia bene», il suo labbro inferiore inizia a tremare e io mi avvicino a lei, restando in piedi e guardandola dall'alto.

Mi sembra di rivedere me stessa e Kenneth davanti a me che cerca di darmi conforto.

Mi abbasso sulle ginocchia esattamente come ha fatto a lui, ma appoggio la testa sulle sue cosce e lei inizia a pettinarmi i capelli con le dita.

Mi è mancato il suo tocco.

«Tu ed Elliott siete la mia casa», le dico chiudendo gli occhi. «Non dimenticherò ciò che hai fatto per me. Non dimenticherò le nottate passate insieme, le nostre sbronze, le serate trascorse a spettegolare o a guardare film. A volte mi hai fatto più da mamma che da amica e l'ho apprezzato ogni singolo minuto della mia vita. Mia madre mi ha privato dei dolci durante l’infanzia, noi invece con i dolci facciamo pace. Per ogni suo abbraccio mancato, tu mi hai stretto tra le tue braccia quasi fino a soffocarmi e continui a farlo, nonostante i nostri alti e bassi. Per ogni carezza sulla testa che mi sarebbe piaciuto ricevere da piccola, tu mi hai baciato la fronte e mi hai sorretta quando le mie gambe non ce l'hanno fatta più. Sei come una sorella per me, Eileen. Ma a volte ci si sente obbligati a separarsi per un po'. Non andrò via per sempre, te lo prometto. Ho bisogno di non vedere più la sua faccia ovunque», tiro su con il naso e lei mi prende il viso tra le mani, guardandomi con occhi lucidi.

«Gli hai mai chiesto se anche lui la pensa allo stesso modo?», chiede e scuoto la testa.

«Tu mi conosci, Eileen. Mi conosci più di chiunque altro e sai che uno come lui non sceglierebbe davvero una come me».

Una sfumatura di rabbia indurisce piano piano i suoi lineamenti, fino a poco fa rilassati e dolci.

«Non dire cazzate! Proprio perché ti conosco so che sceglierebbe una come te nella sua vita. Sarà pure un idiota con mille difetti esattamente come te, ma lui trattiene il respiro quando ti vede. L'ho visto, cazzo! Ti guarda come se fossi una gemma preziosa in mezzo a tanti sassolini. Ed è bello essere guardati così, soprattutto quando non pensi di valere nulla e invece per alcune persone vali tutto».

«Ma io sono un sasso in mezzo a tante gemme preziose. Hai visto che gente frequenta? Hai visto quanto è ricco?», mi stacco da lei e mi asciugo gli occhi con il dorso della mano.

«Chi se ne frega...», sospira. «Tua madre ti ha inculcato l'idea di essere una fallita e che lo sarai per sempre, ma non è così, Kendra. E Kenneth lo ha capito. Tu non riesci a guardare oltre il muro che hai davanti, ma noi sì. Abbiamo preso una fottuta scala, abbiamo guardato giù e abbiamo trovato te: la persona più determinata e buona al mondo».

«Buona? Determinata?», sbuffo una risata ironica.

La mia migliore amica mi tira una scappellotto. «Sei buona, sì. Cerchi di fare del tuo meglio per fare vivere bene tuo fratello. Hai sempre aiutato quella strega di tua madre, quando avresti dovuto chiuderle la porta in faccia e mandarla a fanculo. Hai sempre cercato un lavoro soddisfacente che ti offrisse una paga decente. Ti sei umiliata per questo. Hai versato tante lacrime e, maledizione, hai avuto il frigo vuoto per giorni e hai ancora qualche calzino bucato che metti soltanto in casa. Sono sacrifici che gli altri non capiranno, ma io sì. E nonostante Kenneth sia pieno di soldi, so che capirebbe anche lui. Tu sei più di un'azione brutta che hai compiuto in preda alla rabbia. E l'ho capito tardi», mi lascia un bacio sulla fronte e finalmente sento il cuore più leggero.

«Mi sei mancata così tanto», mi siedo accanto a lei e l'abbraccio di nuovo.

«Anche tu. Ciambella?»

«Ciambella», dico con un sorriso lieto.

«Stasera verrò da te. Ordinerò la pizza e guarderemo un bel film. Ora però devo scappare, la pausa pranzo sta finendo», dice   via con la punta della lingua la glassa all'angolo della bocca.

«Va bene. Ti aspetterò».

Più tardi, mentre sto finendo di prepararmi la cioccolata calda, sento bussare alla porta.

«Arnold, puoi entrare!», grido dalla cucina.

Prendo un cucchiaio e dopo aver mescolato il liquido denso nella tazza, me lo porto in bocca e mi giro non appena sento la sua voce.

«Ciao, Collins».

Kenneth è davanti a me. Il suo look è total black e probabilmente si abbina perfettamente al suo umore.

Gli do le spalle e mi schiarisco la gola.

«Ciao», rimetto il cucchiaio nella tazza e deglutisco.

«Te ne sei andata», lo dice quasi come un’accusa.

«Sì, lo so».

«Te ne sei andata senza avvisare. Dopo quello che è successo tra di noi, dopo averti mostrato anche quel lato di me, l'hai fatto davvero. Perché?»

Mi giro verso di lui alla velocità della luce.

Metto le mani sui fianchi pronta a difendermi e lo fisso con stupore.

«Sul serio? Sai anche tu il perché!»

Lui alza un attimo gli occhi verso l'alto, fingendo un attimo di riflessione. «Oh, ci sono! Avevi così tanta paura di affrontarmi il giorno dopo, che hai preferito scappare. Sì, Collins, l'hai fatto per questo. Perché svegliarti nel letto della persona che hai ferito, ti fa stare male, ma sono qui per chiarire».

«Avresti dovuto farlo prima di scoparmi», dico con tono mordace e sento la sua mano serrarsi intorno al mio polso; mi fa voltare e vedo un muscolo guizzare sulla sua mascella.

«No. Perché l’altra sera avevo in testa te. Avevo in mente noi in quel momento e non una stupida notizia uscita giorni fa sul giornale. , mi hai ferito. , è stato meschino da parte tua, ma capisco perché l'hai fatto. E sono stato un coglione, lo so! E continuo ad esserlo, perché non so esprimermi, dannazione! Avevo paura di ferirti, ma a quanto pare il mio silenzio ti ha ferita ugualmente.

«Sono cresciuto in una famiglia dove il silenzio punitivo regnava e dove gli sfoghi non consistevano in conversazioni pacate sul divano, abbracci e parole di conforto. Non sono perfetto, anche se agli occhi degli altri mi piace esserlo. Mi fanno sentire intoccabile e inavvicinabile. Con i soldi che ho guadagnato mi sono costituito una corazza, un'altra versione di me. Il vero me spunta rare volte, Kendra, sono più di un uomo in giacca e cravatta», abbassa lo sguardo, ferito.

«Tipo? Quand’è che ho visto il vero Kenneth?», gli chiedo, guardando la sua presa intorno al mio braccio.

«Tipo la sera in cui sono venuto a portarti un pupazzo e le fragole al cioccolato. Il Kenneth Harrison che conoscono tutti ti avrebbe ignorata e ti avrebbe trattata esattamente come una qualsiasi altra sconosciuta. Ma il vero Kenneth è venuto da te non appena ha saputo che stavi male, perché mi importava più del tuo dolore che del mio. E volevo dirti addio. Cazzo, ci ho provato, Kendra. Ma non è sempre così facile.»

«Solo quella volta?», gli chiedo con un nodo che mi serra la gola.

Lui scuote lentamente la testa. «Anche quando ti ho asciugato i capelli. E quando mi sono preso cura di te. E quando ti ho fatto lavorare con me. E quando ho preso il cagnolino», ammette.

Inarco un sopracciglio, sospettosa. «In che senso?»

«Ti ho seguito, quella sera. Volevo assicurarmi che tu arrivassi sana e salva a casa. Sono rimasto in macchina a guardarti mentre tu giocavi con quel cagnolino e lì ho capito che quella era la vera Kendra. So anche che sei stata tu a difendermi su Twitter. Volevo avere una scusa per vederti altre volte. Lo so, è da persone infantili, ma ero disposto a tutto pur di sentirti ancora».

«Avresti potuto semplicemente dirmelo...», mi appoggio con la schiena al frigo, lui lascia il mio polso e fa un passo verso di me.

Sollevo la testa per guardarlo negli occhi, ma il rischio di innamorarmi ancora più forte di lui è abbastanza alto.

«Avrei potuto fare tante cose, in effetti», fa un mezzo sorriso. «Voglio lasciarmi il passato alle spalle, Collins. Voglio che tu mi dia una possibilità», afferra le mie dita, un movimento dolce e intimo.

Gli occhi mi si riempiono nuovamente di lacrime e vorrei buttarmi tra le sue braccia, ma il cervello mi dice di pronunciare la frase: «Mi trasferisco».

Lui ritrae la mano come se avesse preso la scossa. «Dove? Torni a casa dai tuoi?»

«Edimburgo», appena lo dico, smette di respirare per un secondo. Apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude, poi fa marcia indietro e guarda la valigia che ho lasciato nel corridoio.

«Te ne stavi andando senza nemmeno salutarmi», questa volta il suo tono trasuda rabbia.

«Kenneth, io sono stata una stronza con te!», gli ricordo.

«Ti ho detto che non mi importa più nulla di quello che è successo», un'espressione disperata prende vita sul suo viso.

«Non penso di essere in grado di impegnarmi davvero in una relazione in questo momento», ammetto finalmente.

«Perché?», mi prende il viso tra le mani, ma io sfuggo al suo tocco e mi allontano, cercando di rendere le cose meno dolorose per entrambi.

«Perché tu sei diverso da me. La tua intera vita è diversa dalla mia. E non penso che siamo compatibili», confesso con un filo di voce.

«Davvero pensi questo?», sembra scioccato e ferito allo stesso tempo.

«Kenneth, io uso come segnalibro l'angolo piegato delle pagine, tu sei quello che usa segnalibri di stoffa bordeaux con rifiniture dorate.

Fino a poche settimane fa ero quella che la notte faceva quiz su Google per vedere a quale casata di Harry Potter appartenesse, tu invece vai in giro a rilasciare interviste e stipulare accordi.

Io sono quella che ordina un menù doppio al McDonald's, tu nemmeno ci mangi lì, a meno che tua sorella non ti costringa.

Io sono quella che spalma il ketchup su tutte le patatine, tu invece sei quello che mangia carne al sangue e che non superi i tre centimetri di spessore con contorno di verdure e niente cipolla.

Tu sei quello che indossa sempre vestiti eleganti e io sono quella che ha perfino i calzini bucati», alzo una gamba per farglieli vedere, ma stranamente lui si mette a ridere con aria divertita.

«Ti ricordi ancora cosa mangio», dice, i suoi occhi brillano.

«Hai sentito il resto del mio discorso?», sbuffo esasperata.

«Il tuo ufficio è ancora vuoto», continua a dire.

«Mi stai ascoltando?», chiedo di nuovo.

«Manchi anche al cagnolino», inclina il capo e mi fissa con occhi da cucciolo abbandonato.

«Cosa stai cercando di fare?», mi acciglio.

«Mi mancano perfino i tuoi orrendi muffin», sorride.

«Quindi facevano schifo davvero?», lo guardo interdetta con le braccia che ciondolano lungo i fianchi.

«Mi manca averti lì, Kendra. Mi manca sentirti straparlare. Mi manca vederti arrossire. Mi manca tutto di te in quel posto. Adesso perfino il mio letto è vuoto e lo abbiamo condiviso soltanto poche volte. Ti vedo ovunque. Perché tu sei ovunque. Non andartene», mi prende le mani tra le sue mentre cerca di farmi cambiare idea.

«Io ho già deciso...», mi lecco le labbra e stringo forte le sue mani. «Io non sono come Leslie e nemmeno come le altre donne che hai avuto. Io non voglio mangiare in ristoranti di lusso e vestirmi alla moda.»

«A me piaci proprio perché non sei come loro. Perché non lo capisci? Le tue insicurezze non sono la realtà e non rappresentano la verità assoluta», i suoi occhi mi supplicano di restare.

«Mi dispiace», sussurro, chinando la testa.

«Cosa devo fare per farti cambiare idea? Farei davvero qualsiasi cosa per farti capire che tu mi piaci davvero, Collins e che questa volta sarà diverso per entrambi. Dimmelo. Cosa vuoi che faccia?» mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e con il pollice mi accarezza le labbra.

Accenno un piccolo sorriso. «A meno che tu non spunti all’improvviso come Patrick Verona e inizi a cantarmi I love you  baby quando meno me l’aspetto, direi che non c'è molto da fare. Ma tu non lo farai, Kenneth, perché sei sempre composto, presentabile, vestito di tutto punto ed eccessivamente scrupoloso, inflessibile e dannatamente traboccante di presunzione».

È rimasto senza parole. Non intende nemmeno ribattere, perché sa che ho ragione.

Certo, citargli il film Dieci cose che odio di te è stato un vero azzardo, ma il suo silenzio vale più di mille parole.

«Quindi stai rinunciando a tutto», appura con sguardo confuso. «Va bene».

Ha detto va bene?

«Non posso fare altro che augurarti buona fortuna. Il tuo ufficio rimarrà vuoto. Nessun altro metterà piede lì dentro a parte te. Per la prima volta ho scelto di darti tutto, lasciando da parte il silenzio. E pensavo che sarebbe stato abbastanza. Mi dispiace», le sue braccia forti mi attirano a sé e preme il palmo della mano sulla mia nuca, ispirando a fondo il mio profumo e schiacciandomi il viso contro il suo petto. Non vuole lasciarmi andare. E io non vorrei lasciare lui. Ma devo farlo. Per il bene di entrambi, ma soprattutto per il mio.

Mi sollevo sulle punte e gli lascio un bacio sulle labbra. Lui non si tira indietro, ma ricambia e mi stringe a sé ancora di più.

«Dobbiamo ancora scegliere il nome del cane», sussurra contro le mie labbra.

«Che ne dici di Mr. Chubby?», suggerisco.

«No, quello è prenotato per il nostro futuro gatto», dice risoluto.

Futuro gatto... Noi non abbiamo un futuro, vorrei ricordargli.

«Whiskey», dico ricordando il colore del suo pelo.

«Whiskey», conferma. «Hai altro da dirmi?», mi guarda speranzoso.

Annuisco. «Sei davvero sexy quando indossi i jeans neri, insieme al maglione e cappotto. Dovresti farlo più spesso», gli do un buffetto sulla guancia, facendolo ridere.

«Qualcos'altro?», si lecca le labbra impaziente.

«Non mi hai mai detto dove hai preso le fragole al cioccolato».

All'improvviso sembra colto da un'ondata di imbarazzo. Tentenna un po', prima di dire: «Bruxelles. Le ordino da Bruxelles. Sono anche le mie preferite, ma il mio pasticciere di fiducia ne tiene una scorta soltanto per me».

«Ho mangiato le fragole al cioccolato fatte a Bruxelles?», chiedo, spalancando gli occhi.

Kenneth si stringe nelle spalle.

«Ho assaggiato tanti tipi di cioccolato, ma per me questo resta il migliore e lo condividerei con te fino all’ultima fragola», mi fa sapere.

«Diamine, io mi accontento della Milka comprata al supermercato», cerco di trattenere un attacco di ridarella.

«Vorrei darti tutto», mi accarezza dolcemente il viso e assume di nuovo un'espressione seria in volto.

«Kenneth-»

«Lo so, lo so. Hai già preso una decisione e sono sicuro che tu non sarai una senza palle come me e riuscirai davvero ad andare avanti. Voglio dirti che ho notato il cambiamento che hai fatto e che questa scelta è da persone mature e responsabili, Kendra. Non ti biasimo e non ti giudico. Spero soltanto che tu sia felice», mi dà un bacio sulla fronte e quando sollevo lo sguardo vedo i i suoi occhi velati dalle lacrime.

Non dice altro, mi dà le spalle ed esce dal mio appartamento scarno.

Rilascio un sospiro pesante e mi abbraccio, immaginando che sia ancora lui a farlo.

Sarebbe piaciuto anche a me tenerti un po' di più, Kenneth.

Due giorni dopo, Arnold è sull'uscio della porta, con le lacrime agli occhi mentre cerca di mantenere il solito sguardo severo e menefreghista.

«Dio, odio essere così umano», alza gli occhi al cielo impedendo alle lacrime di cadere e io lo abbraccio forte, posando la testa sulla sua spalla.

«Mi mancherai tantissimo. Ma questo non è un addio, ci rivedremo ancora», cerco di rassicurarlo, accarezzandogli la schiena.

Eileen ci guarda con tenerezza e sporge il labbro inferiore. «Sto per piangere».

«Anche io», ammette Arnold.

«Grazie di esserti preso cura di me con così tanta premura», gli sorrido guardandolo negli occhi.

«Vieni qui, brutta scassapalle», mi attira di nuovo in un abbraccio e lo sento piangere.

«Non potrai più tirare due colpetti nel muro, ma potrai farmi due squilli quando avrai bisogno di me e io prometto che ti chiamerò».

Eileen scoppia a piangere dietro di noi, rendendo ancora più drammatico il momento.

«Devo andare. Perderò l'aereo», dico tra le lacrime.

«In bocca al lupo, ragazzaccia», mi arruffa i capelli come un padre e rido. «Due squilli, va bene?».

«Due squilli», gli batto il pugno e lo saluto per l'ultima volta.

Prendo la valigia e la borsa e la mia migliore amica mi aiuta a trascinarla giù.

Mi accompagnerà lei all'aeroporto di Heathrow.

Metto la valigia nel bagagliaio e poi salgo in macchina.

«Mi dispiace non poterti accompagnare in questa nuova avventura, ma sono sicura che te la caverai alla grande e io sono fiera di te. Lo sono sempre stata», mi stringe con delicatezza la mano.

«Grazie, Eileen».

Quando arriviamo, prendo la valigia e superiamo le porte scorrevoli, emozionate e con la vista appannata.

«Siamo arrivate in tempo, giusto?», chiede, guardando l’ora.

«Beh, tra mezz’ora il gate chiude, quindi dovremmo salutarci», poso la borsa sulla valigia e apro le braccia. Lei si tuffa come un pesce e mi stringe forte, prorompendo in un pianto silenzioso.

«Proprio quando abbiamo fatto pace», mormora. «Giura che non avrai un’altra migliore amica all’infuori di me».

«Giuro solennemente che sarai l’unica », sorrido e mi asciugo le lacrime. «Lo sei sempre stata».

«Bene», tira su con il naso e si stacca da me. «Fai buon viaggio e fammi sapere come sono i ragazzi lì», mi fa l’occhiolino cercando di scherzare.

«Cody non sarebbe contento di saperlo».

Lei fa spallucce. «Cody non è qui».

Mentre stiamo per darci l’ultimo saluto, le porte scorrevoli si aprono e intravedo proprio la figura di Cody. Ha uno stereo sulla spalla e indossa un cappellino nero, un maglione pesante, una giacca di pelle e degli occhiali neri.  Sembra appena uscito da un film degli anni novanta.

«Eileen, quello è il tuo ragazzo, giusto?», chiedo guardandolo senza battere ciglio.

«Ma come cazzo si è vestito?», chiede più confusa di me.

Rimango ancora più sconvolta quando, accanto a lui, spunta Kenneth.

Sono quasi certa che il maglione a collo alto che sta indossando sia di Louis Vuitton.

E sta indossando un paio di jeans neri. E il cappotto. E per tutti i leprechaun dell’Irlanda, ai piedi ha gli anfibi!

E in mano ha un microfono.

«Oh, no», dico in preda al panico. «Dimmi che non lo farà davvero», afferro Eileen per la manica e inizio a scuoterle il braccio. «Io ero ironica, perché sapevo che non l’avrebbe mai fatto», spalanco ancora di più gli occhi.

Cody preme play sullo stereo e poi Kenneth si schiarisce la gola.

«You’re just too good to be true», inizia a cantare.

«No, no, qualcuno lo fermi!», inizio a guardarmi intorno nervosamente.

Kenneth continua a cantare, avanzando man mano verso di me.

La gente su ferma per guardarci e io da una parte vorrei sotterrarmi per la vergogna e dall’altra vorrei correre da lui, ma sono troppo sconvolta per farlo.

«I love you baby, and if it’s quite all right,I need you baby to warm a lonely night», continua a cantare, mentre Cody batte il piede a ritmo accanto a lui.

«Quel deficiente gli sta dando veramente corda», mormora Eileen muovendo le spalle seguendo il ritmo anche lei.

Mi prendo il viso tra le mani non appena vedo la sicurezza venire verso di noi.

«Oh, dio», dico completamente sconvolta. «Ma sei impazzito?»

«Oh pretty baby, now that I found you, stay. And let me love you».

Resto a bocca. Cody spegne la musica e Kenneth sorride genuinamente come un bambino.

«Allora? Adesso mi credi? Resterai?»

«Tu sei pazzo, Kenneth! Sei completamente pazzo», dico cercando di riprendermi. Lancia il microfono a suo fratello e viene davanti a me, prendendomi il viso tra le mani. «Non ti dirò mai più addio, Kendra. La prima volta mi ha fatto male. La seconda mi ha distrutto. Non ci sarà una terza volta, quindi resta qui, per favore. Sarei in grado di cantarti I love you baby per il resto dei miei giorni. Dimmi solo che resterai qui con me», mi fissa intensamente negli occhi, qualcuno dietro di noi inizia ad applaudire e si eleva un coro di acclamazioni. Cody sta parlando con la sicurezza e io sto per perdere il volo e anche il senno.

«Sei davvero pazzo», continuo a dire, realizzando poco dopo che le sue labbra sono a quasi un centimetro di distanza dalle mei.

«Pazzo di te, Collins. E tra poco lo sapranno tutti, perché il mio nome sarà ovunque e la tua faccia pure. Ci sarà il volto dell’unica donna che è riuscita a rubarmi il cuore. Perché è così, Kendra. Sono follemente innamorato di te e sono pronto a lasciar cadere la mia corazza e tutte le mie barriere e mostrarti ogni parte di me», posa le labbra sulle mie e io allaccio le braccia intorno al suo collo, ricambiando il bacio con lo stesso desiderio.

«Sei un vero idiota», rido mentre una lacrima mi solca la guancia. «Quando hai detto che avresti fatto qualsiasi cosa per farmi cambiare idea, non pensavo dicessi sul serio».

«Hai visto? So sorprenderti anche senza regali costosi e cene in ristoranti di lusso», mi fa l’occhiolino, regalandomi quel suo sorriso peccaminoso.

«Immagino che non si possa dire di no a Patrick Verona, giusto?», dico arricciando il naso in una smorfia.

Kenneth si gira verso Cody e poi verso le persone dietro di noi. «Quindi significa che resterà?», chiede ad Eileen.

«Deduco di sì, amico», risponde lei.

Gli occhi di Kenneth brillano più delle luminarie natalizie.

«Confermo», dico mordendomi forte il labbro.

«Dio, grazie. Adesso dovrò semplicemente cercare di non licenziare ogni mio dipendente che cercherà anche solo per un istante di parlare di questa cosa», mi abbraccia, posando il mento sulla mia testa e una mano sulla mia nuca. «Mi sembra di averti cercata una vita intera e di aver impiegato secoli per trovarti».

«Qualcuno sta iniziando ad usare bene le parole, vedo», gli do un pizzicotto sul fianco.

«Andiamo via prima che mi arrestino», mormora tra i miei capelli.

«Tutto è bene quel che finisce bene», esclama la mia migliore amica, correndo tra le braccia di Cody. «Ti sei vestito di merda, ma mi piaci anche per questo».

«I love you babyyy», canticchia lui, ma Eileen gli tappa la bocca.

«Non sono come Kendra, questa roba mi fa cagare».

«Questa donna mi piace ogni giorno di più in ogni sua sfumatura», mormora Cody con aria trasognata.

Kenneth sorride come non ha mai fatto prima e mi chiedo se lo farà davvero… se riuscirà davvero a mettersi a nudo davanti a me senza problemi e senza mettere sin da subito le mani davanti per difendersi.

Mi chiedo cosa succederà adesso, quando l’euforia sparirà e saremo di nuovo soltanto io e lui nella nostra bolla.

 Mi sa che stasera guarderò di nuovo 10 cose che odio di te. Se non l'avete visto, Ve lo consiglio 🤝❤️ 
ebbene sì, Kenneth ha messo da parte il suo essere rigido come un sasso e si è dimostrato pronto addirittura a rendersi ridicolo per conquistare la nostra Kendra, perché, dopotutto, è umano anche lui, anche se fino ad ora ha sempre mostrato soltanto un lato di sé. 🥰

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