Capitolo venticinque
Non mi sono più recata a casa di Kenneth.
Da quando mi è apparsa tra le notizie principali la foto di lui insieme a Leslie, accompagnata da un titolo celebrativo per la sua ennesima vittoria in campo lavorativo, la voglia di vedere ancora la sua faccia è scesa a zero. Mi sono rintanata nuovamente nella mia stanza.
Nelle ultime serate io e Arnold abbiamo giocato a Monopoly e abbiamo guardato qualche puntata di Friends, anche se pensavo fosse più il tipo da Criminal minds.
La zia mi ha invitata a casa per Natale, ma ho declinato l'invito. La bugia dell'anno? Sono impegnata con il mio nuovo lavoro.
In realtà sto valutando da giorni una proposta di lavoro. Dopo aver mandato i curriculum a diverse aziende, qualcuno mi ha risposto davvero.
E adesso che ho l'opportunità di riprendere il controllo sulla mia vita, mi sento di nuovo incatenata. Dovrei trasferirmi ad Edimburgo e lasciare Londra, la mia migliore amica, Arnold ed essere meno reperibile per la mia famiglia. Ma, soprattutto, in questo modo non incontrerò più Kenneth e non mi sentirò più soffocata e i sensi non mi perseguiteranno ogni volta che vedrò la sua faccia. Dovrei pensare a me. Dovrei pensare a mio fratello. Tutto il resto non conta davvero. Eileen capirà la mia scelta.
Mia madre mi ha mandato un misero messaggio di auguri copiato da Google e mio padre mi ha mandato un vocale questa mattina.
Ho aperto più volte la chat di Eileen e ho digitato almeno dieci messaggi diversi, ma non ne mandato nemmeno uno.
Arnold mi ha fatto gli auguri a mezzanotte. Siamo saliti sul tetto, con una tazza di cioccolata calda tra le mani e un plaid sulle spalle.
La nostra amicizia sta diventando ogni giorno sempre più speciale, nonostante la differenza d'età.
Fisso la schermata del cellulare in attesa di un messaggio da parte di Kenneth. So che non mi scriverà e so anche che è la cosa giusta da fare.
Forse avrei dovuto congratularmi con lui?
No, sicuramente ci avrà già pensato Leslie.
Sono gelosa? Assolutamente no! Non ne ho alcun motivo. Stanno andando avanti tutti con la propria vita, dopotutto. Io, al contrario, sembro ancorata ad un dolore che non mi dà pace, e ad un senso di impotenza che mi consuma e mi divora, facendomi sentire un’inimitabile fallita.
Vorrei sentirmi speciale almeno oggi, quindi indosso il mio vestito rosso preferito, forse un po’ troppo sexy per il giorno di Natale, e un paio di stivali neri con il tacco.
Prendo il cappotto nero e la borsetta e faccio un respiro profondo, poi do un'ultima passata di rossetto sulle labbra e fisso il mio riflesso allo specchio.
Arnold è stato invitato a casa di un suo amico, dunque sono letteralmente sola anche oggi. Mi ha assicurato che tra qualche ora sarà nuovamente reperibile, ma non intendo contare troppo sulla sua presenza nella mia vita.
Andrò a cena da sola. Per la prima volta nella mia vita.
E ho chiamato perfino un Uber. Sì, pagherò di più e probabilmente domani mi maledirò, ma non importa. L'alternativa sarebbe rimanere a casa, guardare film natalizi, rimpinzarmi di cibo spazzatura e poi scoppiare in un profluvio di lacrime sotto le coperte.
Mi fermo davanti al ristorante preferito di Eileen. L'anno scorso, il giorno di Natale, abbiamo pranzato qui. Soltanto noi due. Nonostante il bel rapporto che ha con la sua famiglia, lei ha preferito restare con me.
Quest'anno è diverso.
I miei occhi coperti da una coltre di lacrime scivolano malinconici sul nome del ristorante. Forse è destino.
Entro e lascio il cappotto sull'appendiabiti.
Un cameriere mi guida verso il tavolo che ho prenotato qualche giorno fa.
Tutti intorno a me sono in compagnia. La gente beve, ride e scherza.
Mi sento tremendamente a disagio adesso.
Metto su un sorriso cordiale e poso il cellulare sul tavolo, accanto alle posate, ogni tanto do un'occhiata su tiktok. Stupido da parte mia? Lo so. Ma non ho nessuno con cui parlare. I social sono il male, dicono. Ma a volte mi fanno sentire meno sola.
Dopo un paio di minuti, metto via il cellulare e tiro fuori dalla borsa un libro che ho iniziato qualche giorno fa.
Nessuno si presenta al ristorante, soprattutto il giorno di Natale, per leggere un libro e mangiare da solo. Nessuno, a parte me.
Alla vecchia me forse non fregava nulla, quindi sorrido e riprendo la lettura in attesa che il cameriere porti il mio ordine.
Quasi come se ci fosse una presenza magnetica ad attirarmi, mi giro e i miei occhi si posano su un tavolo in particolare.
Intravedo i capelli colorati di Eileen. Trattengo le lacrime con orgoglio e mi schiarisco la gola.
Accanto a lei c'è Cody. Davanti a Cody c'è Kenneth. E accanto a Kenneth ci sono Andrew e Leslie.
Che ipocrita...
Scuoto la testa e mi volto di nuovo in avanti. Sì, sono stata una povera stronza senza cuore, ma davvero merito di vedere Eileen insieme a Kenneth e alla sua ex il giorno di Natale?
Forse il tuo posto non è qui, Kendra… Non è qui, quando lo capirai?
Cerco di dare un’altra sbirciatina, ma il mio sguardo si scontra con quello di Eileen. Mi giro alla velocità della luce, prendo la borsetta e mi alzo per andare in bagno.
Poco dopo vedo il suo corpo snello e avvolto da un tubino nero aderente stagliarsi davanti a me. Mi guarda dalla testa ai piedi e poi esclama: «Sei venuta davvero».
Mi stringo nelle spalle, con fare indifferente. «Già, anche tu a quanto pare».
«Non mi hai scritto più», mi accusa mentre cerca di mantenere il tono di voce calmo.
«Mi hai detto tu di non farlo», mi difendo.
«Non pensavo che mi avresti presa alla lettera», i suoi occhi si riempiono di lacrime, ma cerco di non cedere. Anche io sto male e nessuno è venuto da me ad abbracciarmi a parte Arnold.
«Nemmeno tu mi hai scritto».
Alza lo sguardo verso l'alto per un paio di secondi e poi dice: «Sì, perché non avevo coraggio di farlo. Sono stata una stronza anche io».
«Fa niente», mi giro e inizio a lavarmi le mani in modo compulsivo soltanto per non guardarla ancora negli occhi.
«Come stai?», chiede avvicinandosi a me con cautela.
«Sto bene», rispondo monocorde.
Eileen posa la mano sul mio braccio, ma io mi sottraggo al suo tocco.
«Sei qui con il ragazzo con cui ho fatto la stronza e la sua ex. Lo stesso ragazzo che non era pronto ad aprirsi con. Ma con le altre ragazze non ha affatto questo problema, desumo. Sei qui con la persona che mi ha spezzato il cuore e a cui io ho spezzato il suo, Eileen!», continuo a lavarmi le mani in modo più aggressivo e lei mi afferra per il polso, fermandomi.
«Non lo giustifico, Kendra. Cody non voleva lasciarlo da solo a casa a deprimersi, quindi-»
«Taci, cazzo», digrigno i denti. «Tu sei ancora la mia migliore amica», le punto il dito contro. «Ma la mia Eileen non mi avrebbe fatto questo, quindi non osare mai più dirmi che sono una stronza».
Prendo un pezzo di carta e mi asciuga le lacrime agli angoli degli occhi.
«Lo so, non avrei dovuto-»
«Io tornerò di là, mi godrò la mia cazzo di cena da sola e forse domani ne riparleremo. Fino ad allora non osare rivolgermi lo sguardo, hai capito?», getto la carta nel cestino della spazzatura. «Questo è peggio di un tradimento», prendo la borsetta ed esco dal bagno con gli occhi ancora appannati.
Mi siedo al mio posto e inizio a consumare la cena, nonostante il nodo alla gola che mi soffoca.
Non pensavo che il mio Natale sarebbe andato finito così.
Per tutta la durata della mia cena non ho trangugiato nemmeno una goccia d'alcool e non ho rivolto nemmeno una mezza occhiata verso il loro tavolo.
Sono fiera di me? Cazzo se lo sono! E so che lo sarà anche Arnold quando lo saprà. Almeno lui non mi giudica.
Guardo le luminarie natalizie e sollevo lo sguardo, abbassando in seguito le palpebre. I fiocchi di neve si posano dolcemente sul mio viso e sorrido.
«Non sei più venuta da me», la voce profonda di Kenneth rovina il mio attimo di pace.
«Avevo da fare», mento.
«Io ho sempre da fare. Più di quanto tu possa immaginare, ma ho sempre trovato tempo per te», il modo in cui lo dice, sua voce spezzata, mi fa storcere il naso. Non voglio piangere di nuovo.
«Verrò in settimana», dico, mordendomi il labbro per placare la tensione. Non posso lasciarmi prendere dall'ansia proprio adesso.
Lo sento avvicinarsi.
È alle mie spalle.
«Sei qui da sola? O con il tuo fantomatico ragazzo?», chiede quasi in tono derisorio.
Faccio un bel respiro e mi giro verso di lui, perché ho bisogno di guardarlo negli occhi mentre lo dico. «Sono da sola. Io a differenza tua non mi porto gli ex in giro come se fossero dei cagnolini. Qualcuno qui ha paura di restare da solo e non sto parlando di me».
Lui arriccia il naso e distoglie lo sguardo, ma annuisce.
«Perché mio fratello e il mio migliore amico pensano che stare da soli sia da persone depresse e che per dimenticare ciò che hai fatto debba uscire dal mio guscio. Ma sono un uomo d’affari, ho tenuto testa a persone ben più stronze, quindi se pensi che una stupida notizia faccia crollare ciò che ho costruito, ti sbagli».
Oh, quindi vuoi giocare?
«Però è diverso quando devi tenere testa alla persona di cui ti sei innamorato, non è vero?», esibisco un sorriso malizioso, lasciandolo senza parole.
Colpito e affondato.
«Sei veramente-»
«Cosa? Stronza? Cattiva? Ipocrita?», chiedo con una risata nervosa. «Sì, forse lo sono, ma almeno con te sono coerente. Tu non lo sei mai stato. Ho fatto una cosa orrenda perché mi sono sentita presa in giro, non sono giustificata e merito di essere messa da parte, ma almeno tu cerca di fare pace col cervello, Harrison!».
«Quindi è questo che vuoi fare? Litigare con me anche il giorno di Natale?», sbuffa una risata.
«Mi hai seguito tu qui fuori. Sei patetico, Kenneth», dico mentre tutto dentro di me va a pezzi. Lo perderai completamente, sussurra la mia coscienza. E va bene così, l'obiettivo è proprio questo. «Sei patetico perché non riesci a dirmi davvero addio. Continui a cercarmi, continui a voler fare parte della mia vita, ma non hai le palle di ammetterlo. Tu mi vuoi, cazzo», rido di nuovo, ma non sono per nulla divertita. «Tu mi vuoi anche adesso. Guardati. Mi stai tenendo testa? O mi stai spogliando con gli occhi?».
Fa un altro passo in avanti, gli occhi sono accesi dal desiderio. No, no, non doveva andare esattamente così.
«Continua», sussurra mentre io indietreggio.
«Tu vuoi sentirmi», bisbiglio, ma inizia a mancarmi l'aria. Lui è troppo vicino. «Non riesci mai a staccarmi gli occhi di dosso. Non sei in grado di nasconderlo».
«Se avessi voluto nasconderlo, l'avrei fatto, Collins», ghigna per pochi secondi. «Ma in realtà ti ho sempre spogliata con gli occhi ogni dannata volta, in qualsiasi posto. C’è una cosa che non sai, Kendra: io amo far capire agli altri quando voglio qualcosa. Oh, e ti assicuro che l’hanno capito in tanti che io voglio te».
Appena lo dice il mio cervello va in cortocircuito. Dio, il mio piano non sta funzionando per niente, perché adesso sono io a desiderarlo con ogni fibra del mio corpo.
«Non hai idea di quante volte ti ho immaginata sulla mia scrivania, a gambe aperte».
Deve aver bevuto, perché un lezzo di alcool mi impregna le narici.
«Lo dici soltanto perché hai bevuto un po' troppo».
«Lo dico perché è così», asserisce facendo scivolare lo sguardo sul mio corpo. «Lo immagino anche adesso».
Deglutisco. Ho la gola secca.
Indietreggio finché non sento il mio sedere scontrarsi con la carrozzeria di un'auto.
«E dal modo in cui mi guardi, deduco tu stia immaginando la stessa cosa», si lecca le labbra. «Se la mia assistente non avesse rovinato il momento quel giorno, quando eri seduta sulla sua scrivania, sarebbe successo davvero».
«Stai giocando sporco, Harrison», gli lancio un'occhiataccia tagliente.
Il suo corpo torreggia su di me e io sollevo il petto, mettendogli ancora di più il mio seno sotto gli occhi.
«Oh, io? Oppure tu?», affonda i denti nel suo labbro inferiore e sento il suo corpo comprimere il mio con una tale lentezza da farmi mancare il respiro.
La sua erezione preme contro il mio inguine e io istintivamente allungo il collo, supplicandolo con gli occhi di baciarmi.
«Ti odio quando fai così!», mormorò, completamente in lotta contro me stessa.
Sento il suo respiro solleticarmi l'orecchio, poi sussurra: «Torna a casa con me stasera e fammi vedere quanto mi odi».
E io come una perfetta idiota annuisco.
Mi prende per mano, un gesto spontaneo che non lo caratterizza affatto, e mi guida verso la sua auto.
«Non puoi guidare, hai bevuto», mi oppongo, incrociando le braccia sotto il seno.
«Voglio arrivare a casa sano e salvo tanto quanto te. Soprattutto perché so che ti avrò sopra di me tra pochi minuti. È un motivo abbastanza valido per restare in vita, non credi?», e anche in un momento così, non rinuncia al suo essere gentile e mi apre la portiera, facendomi accomodare sul sedile anteriore.
Le sue parole mi fanno tremendamente arrossire, eppure non sono così innocente.
Sale alla guida, le sue dita sfiorano il mio sedile. Sembra quasi timido. Mi sta chiedendo il permesso di toccarmi.
Sposto delicatamente il cappotto e gli rivolgo un'occhiata, dandogli silenziosamente il consenso.
«Oh, cristo», dice non appena vede il vestito che indosso. Ammiro il suo autocontrollo in questo momento.
Mantiene lo sguardo fisso sulla strada, ma le sue dita salgono lentamente sulla mia coscia, facendomi chiudere gli occhi.
Dio, quando mi mancava averlo così vicino.
Mi accarezza con movimenti dolci e lenti l'interno coscia e io sono tentata di stringere le gambe.
Lui mi rivolge un sorriso peccaminoso e io serro gli occhi mentre due dita si fanno spazio tra le mie gambe, toccando la stoffa dei miei slip già bagnati.
«Sto cercando di restare lucido», toglie la mano e accelera. Guardo il suo profilo e sorrido. Probabilmente una parte di me non smetterà mai di andare in visibilio per lui.
Quando arriviamo, mi prende per mano e mi guida velocemente verso la porta.
Pensavo che ci saremmo spogliati entro due secondi, eppure cerca ancora di essere un gentiluomo armato di tanto autocontrollo. Mi fa accomodare sul divano.
«Vuoi bere qualcosa?»
Scuoto piano la testa.
Dio, spogliami prima che l'imbarazzo prenda di nuovo il sopravvento!
Mi aiuta a togliere il cappotto e poi ritorna da me con la camicia nera leggermente sbottonata e gli occhi pieni di lussuria. Mi si siede accanto e batte il palmo sulla sua coscia. Allungo le gambe sulle sue e lui appoggia una mano sul mio ginocchio e con l'altra inizia ad abbassare la cerniera prima di uno stivale e poi dell'altro. Li lascia cadere a terra e mi guarda.
Le sue dita salgono lentamente sui polpacci. Deglutisco rumorosamente. Ho lo sguardo inchiodato sulla sua mano, che continua a muoversi delicatamente.
«Kenneth», sussurro, mandando al diavolo il mio autocontrollo.
«Mmh?», dice lui, girandosi verso di me.
Metto su un sorriso da statuetta, non sapendo cosa dire ora che ho la sua attenzione.
«Sì, Kendra?», sul suo viso il divertimento danza indisturbato, fino a posarsi sul suo sorriso malizioso.
«Mi stai...», ansimo, nemmeno avessi corso per dieci chilometri.
Rimaniamo a fissarci in silenzio per un tempo indeterminato, come due leoni che stanno per sbranarsi, poi all'improvviso il suo corpo slanciato e tonico si allunga verso di me.
Mi divarica le gambe, facendosi spazio, e le sue labbra si fiondano voracemente sulle mie.
Non mi dà il tempo di elaborare ciò che sta succedendo. Mi sta baciando. Anzi, mi sta divorando.
«Maledizione», mormora contro le mie labbra, poi le sue dita raggiungono la zip del vestito e l'abbassa lentamente.
Trova il gancetto del reggiseno e lo apre in una sola mossa.
Vorrei dire qualcosa, ma lui pianta nuovamente la sua bocca sulla mia e io inarco la schiena mentre lui cerca di abbassarmi il vestito con una mano.
Infila il ginocchio tra le mie gambe per trovare sostegno e poi con l'altra mi solleva una gamba e se la mette intorno alla schiena, mentre il palmo scivola lungo la coscia, fino ad arrivare al mio sedere. Stringe in modo deciso la mia natica e la sua bocca scende a baciarmi il collo.
La sua mano sinistra mi abbassa una bretella del reggiseno e con il polpastrello sfiora il mio capezzolo, strappandomi un gemito.
Nell'udire il mio verso, si tira leggermente all'indietro soltanto per guardarmi negli occhi e le sue mani mi abbassano di colpo il resto del vestito.
«Dimmi che lo vuoi, Kendra», nei suoi occhi ormai alberga un unico desiderio: quello di farmi sua. Annuisco, supplicandolo con lo sguardo di non fermarsi o perdersi in chiacchiere inutili. Si toglie la camicia, gettandola per terra insieme ai suoi pantaloni, e poi ritorna su di me. Le sue dita scavano nelle mie cosce e con un colpo deciso mi fa scivolare ancora di più verso di lui.
Osservo i suoi muscoli cesellati che potrebbero far invidia anche all'essere più perfetto sulla terra e schiudo la bocca nel momento in cui il suo pollice accarezza dolcemente il mio punto più sensibile tra le gambe, e lo sfrega lentamente sul tessuto bagnato.
Racchiude con il palmo della mano la mia intimità e continua a muovere in modo circolare le dita, mentre con l'altro pollice e indice pizzica il mio capezzolo.
«Dillo, Collins», sussurra. «Dimmi cosa vuoi».
«Voglio te», ansimo. «Oddio», ansimo, affondando la testa nel cuscinetto.
«Ti farò venire, Kendra», sentenzia con voce roca, dopodiché getta via il reggiseno e rimango quasi nuda davanti a lui.
Fallo, vorrei dirgli, ma ho la bocca serrata. Non riesco a pronunciare nemmeno una parola. Mi lascio trasportare da questa meravigliosa sensazione e sorrido dentro di me, ricordando la prima volta che ci siamo conosciuti e il riferimento al suo...membro, in poche parole.
I suoi occhi indugiano su di me e per un attimo si acciglia. Lo afferro per la nuca e spingo la sua testa verso di me, ma anziché baciarmi sulle labbra, sento la sua lingua scivolare sul mio seno, mentre con una mano stringe l'altro.
Infilo le dita nei suoi capelli stringendo piano le punte, lui continua a baciare e leccare il mio capezzolo; la sua mano scivola nelle mie mutande.
Mi sprona a divaricare ancora di più le gambe e io lo faccio. Smette di baciarmi il seno e mi guarda negli occhi; mi infila due dita in bocca mentre fa scivolare altre due dita tra le pieghe bagnate tra le mie gambe, fino a raggiungere la mia fessura. La mia lingua gioca con le sue dita per un breve istante, poi le toglie e continua a muovere le altre due dentro di me, inizialmente piano e poi più veloce.
«Adesso mi sdraio e tu metterai le ginocchia qui», indica i lati della sua testa.
«Kenneth, io-», sto per dire, ma lui si sdraia e mi afferra per i fianchi, mettendomi sopra di lui e spingendomi in avanti.
«Voglio farti venire», mi afferra per i glutei e mi spinge finché la sua bocca non mi fa chiudere di colpo gli occhi e sono costretta ad aggrapparmi al bracciolo del divano. «Oh, merda!».
Sento le gambe tremare e i muscoli contrarsi; Kenneth mi stringe di più il sedere e non mi lascia nemmeno quando grido e mi affloscio sfinita sopra di lui.
Mi distendo lungo il suo corpo e appoggio la fronte contro la sua spalla.
«Ora tocca a me», dico con affanno. Guardo il suo viso soddisfatto e il suo sorriso peccaminoso mi fa venire voglia di provare di nuovo ciò che lui ha fatto poco fa.
Tuttavia, mi circonda la vita con un braccio, mentre con l'altro si dà una spinta in avanti e si mette a sedere, facendo sdraiare me. «Ricambierai in un secondo momento», dice.
Se ci sarà, un secondo momento.
«Quindi cosa...?», lo guardo confusa. Le sue mani mi afferrano per il busto e all'improvviso mi ritrovo prona sul divano, lui è dietro di me. La sua mano mi accarezza il sedere, poi scende fino a stuzzicare di nuovo la mia fessura.
Inizia a baciarmi la schiena fino ad arrivare al mio collo. Mi sposta i capelli di lato e sussurra: «Quindi adesso ti scopo, Kendra.»
Mi piego di più in avanti schiudendo di poco le labbra e la sua mano preme piano sulla mia nuca. Si posiziona dietro di me, sento il suo membro premere contro i miei glutei.
«Il preservativo», gli ricordo.
«Il preservativo», ripete come un robot. Si alza e va ad aprire un cassetto accanto alla TV, poi ritorna da me.
Mi mordo il labbro per non ridacchiare, ma quando lo sento entrare dentro di me smetto di sorridere e dico: «Cazzo!»
«Proprio quello, bellissima», risponde lui attorcigliandosi intorno alle dita i miei capelli mentre mi dà la prima spinta.
È come lo immaginavo.
Viene prima di me, ma pochi secondi dopo raggiungo l'orgasmo anche io. Crolla accanto al mio corpo, siamo entrambi sudati e sfiniti. Preme la bocca sul mio collo e mi lascia un bacio.
«È stato dannatamente fantastico», bisbiglia al mio orecchio.
Annuisco imbarazzata. Come faccio a dirgli che al momento sento le gambe come se fossero fatte di gelatina e non riesco nemmeno ad alzarmi?
«Buon Natale», sfrega il naso contro la mia guancia arrossata.
«Buon Natale», rispondo con affanno e sento una morsa improvvisa allo stomaco.
Scende dal divano, nudo come mamma l'ha fatto, e va a buttare il preservativo.
Mi alzo e ripesco i miei indumenti, cercando di vestirmi prima che lui torni da me, ma riesco ad infilarmi soltanto le mutande.
Batto velocemente le palpebre e lo osservo dalla testa ai piedi mentre mi sorride e si infila i boxer. Mi fa cenno di avvicinarmi e lo faccio. La sua mano preme sul mio fondoschiena e mi fa avvicinare fino a quando il mio petto nudo non è a contatto con il suo.
«Dormi con me. Così. Voglio sentire la tua pelle contro la mia», la sua voce profonda mi fa chiudere gli occhi. Strofina il suo naso contro il mio e le due dita calde scendono ad accarezzarmi le costole.
«Va bene», riesco a dire. Kenneth si abbassa e mi afferra per le cosce, poi mi guarda negli occhi. C'è così tanta bellezza in una sola persona...
«Non ho fatto altro che pensarti, Collins. Nonostante tutto ciò che è successo, sei stata nei miei pensieri ogni dannato minuto».
È sincero. Il suo sguardo parla al posto suo.
«E cazzo, sei bellissima», pronuncia ad un soffio dalle mie labbra.
«Grazie».
Sono anche una persona orribile, non te lo dimenticare.
«Vuoi farti una doccia prima? Oppure preferisci andare a dormire?», chiede.
Non intende parlare davvero di ciò che è successo tra di noi. Nemmeno un accenno. Nemmeno una parola.
È brillo ed eccitato, ma domani, quando sarà di nuovo sobrio e lucido, proverà di nuovo disgusto per te.
Lo so. Lo so che sarà così. Era a cena con la sua fottuta ex.
Sono di nuovo nella sua stanza, sotto le sue coperte. Mi chiedo quante altre ragazze siano state qui, esattamente come me.
Solo perché ti ha scopata, non significa che tu sia speciale. Lo volevate entrambi, ma ciò non cancella quello che hai fatto.
Kenneth allunga il braccio verso di me e mi attira a sé. «Mi è mancato perfino il tuo profumo», affonda il naso tra i miei capelli e sorrido mesta.
Provo soltanto tanto disgusto. Non ho fatto nulla per farmi davvero perdonare da lui. Nulla. Sono ancora una persona orribile.
«Sono pazzo di te, Collins. Davvero pazzo», biascica al mio orecchio, lasciandomi un bacio sul collo.
Crolla in un sonno profondo poco dopo, io invece fisso la prete davanti a me.
Gli occhi iniziano a bruciarmi di nuovo e quella stupida voce non mi dà pace. I sensi di colpa continuano a divorarmi.
Scivolo lentamente giù dal letto e mi muovo senza fare alcun rumore.
Esco dalla sua stanza e vado a rivestirmi.
Chiamo un Uber e me ne vado, sperando di non rivederlo più.
Te lo meriti. Meriti di stare da sola.
Spero vi sia piaciuto ❤️ forse è arrivata l’ora che Kenneth apra gli occhi e anche il suo cuore, prima che sia troppo tardi. O forse lo è…? Voi che dite? 👀
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