Capitolo uno
Per i vecchi lettori!!
Nei primi due capitoli non è cambiato molto, solo un piccolo dettaglio: Kendra non vive con Eileen nello stesso appartamento.
Non è da me porre domande tanto drammatiche, ma se il cielo dovesse precipitare addosso a te da un momento all'altro, avresti qualcuno pronto a darti una mano a metterti in salvo?
Se la risposta è no, benvenuta nella mia vita. Se c'è una cosa che ho imparato nei miei - non così tanti - anni di vita, è che ogni volta che aspetti di essere salvata da qualcuno, arriva sempre l'inculata mostruosa che ti butta a terra per giorni (se sei una che si rialza in fretta), per settimane (se ti prendi del tempo per rimuginare su tutti i tuoi sbagli e inizi a crogiolarti nel tuo stesso dolore), oppure per mesi (se continui a pensare che viviamo tutte in una favola dove il principe azzurro, prima o poi, deve per forza salvarci, a costo di piangerci addosso per il resto della nostra miserabile vita).
Bene, dopo aver capito di quale categoria tu faccia parte, fai un bel respiro e ripeti a te stessa come se fosse un mantra: "Io sono il mio unico Superman e smetterò di aspettare che qualche altro essere umano mi salvi".
Prima o poi ci crederò anche io alle mie parole, ma non è questo il giorno fortunato.
Attualmente non so di quale categoria io faccia parte, però so per certo che tornare a casa dal lavoro e scoppiare in lacrime non appena varcata la soglia della porta, non è esattamente ciò che mi aspettavo di fare.
Mi preparo un bicchiere di latte con del miele, tra un singhiozzo e un fiume di lacrime, mentre attendo l'arrivo della mia migliore amica. Le ho mandato un messaggio, dovrebbe arrivare qui a momenti. Purtroppo è l'unica persona che potrebbe darmi un po' di sollievo.
Mi siedo sul divano e sorseggio la mia bevanda, guardando di tanto in tanto la schermata del cellulare.
Poco dopo sento il campanello suonare e mi precipito ad aprire, abbracciandola non appena mi si presenta davanti.
«Calmati, sono qui. Dimmi cos'è successo», mi stringe a sé mentre ci dirigiamo verso il divano.
Tra i singulti che cerco vanamente di soffocare, riesco a dire: «M-mi ha t-tradita», e tiro su con il naso come una bambina.
«In che senso il tuo ragazzo stronzo ti ha tradita?», chiede spalancando gli occhi.
Non riesco a rispondere, così mi esorta a sedermi sul divano. Fiotti di lacrime calde continuano a scendere sulle mie guance. Lei aspetta pazientemente che io smetta, reprimendo la voglia di andare da Cole e spaccargli la faccia.
Faccio un bel respiro e sventolo una mano davanti al viso alla ricerca d'un po' d'aria. La mia amica mi passa un fazzoletto e mi pulisco il naso e le guance.
«Allora?», solleva le sopracciglia, impaziente.
«Non c'è molto da dire. L'ho visto baciarsi in macchina con un'altra. Mi è arrivata una foto su Instagram da un profilo fake», mi stringo nelle spalle e poi scoppio a piangere di nuovo, seppellendo la faccia tra le mani. «È-è forse perché quando facciamo sesso dopo il mio turno puzzo ancora di Mc chicken?», le chiedo, stropicciandomi gli occhi.
Un lampo di confusione balena nei sui occhi, ma poi si affretta a scuotere la testa. «Certo che no! È un pezzo di merda e io te l'ho sempre detto. Quel tizio è marcio dentro, marcio», marca l'ultima parola, come se volesse assicurarsi che io abbia capito.
«Sì, ma-», provo a dire, ma lei mi interrompe.
«Hai soltanto ventisei anni, sei bella, talentuosa, quindi fanculo lui!», grida alzandosi in piedi.
«Così talentuosa che uso la mia laurea per lavorare al McDonald's», dico con un sorriso autoironico, poi scoppio a ridere per la disperazione.
«Oh, ma ti prego! Sei soltanto un pochino sfigata, ma vedrai che ti arriverà un colpo di fortuna quando meno te lo aspetterai», cerca di consolarmi, sorridendomi e guardandomi in un modo che mi fa accapponare la pelle.
Non oso contraddirla, perché potrei fare la stessa fine di Maria Antonietta. Ce la sta mettendo tutta a nascondere la furia omicida che la sta logorando dentro, e io apprezzo davvero tanto il suo autocontrollo in questo momento.
Eileen ha un piccolo problema a gestire la rabbia. Sì, ecco, l'ultima volta stava per cavare un occhio con una penna ad un tizio che ha conosciuto in un bar, quindi è meglio non farla arrabbiare. Inoltre, le ho proibito categoricamente di interessarsi troppo attivamente ai miei affari, alla mia vita e, in particolare, alle mie relazioni (per quanto disastrose esse siano).
«Ti va un bicchiere di vino?», cambia discorso, dirigendosi in cucina e tornando da me subito dopo con due bicchieri e una bottiglia già aperta.
«Non so, sono un po'-», mi blocco non appena mi riempie il bicchiere e me lo passa, sorridendo in modo inquietante. Più che a me, penso serva a lei per calmarsi.
Intimidita dalla sua clemenza e pazienza, decido di rimanere in silenzio mentre mi appoggio allo schienale del divano e mando giù un sorso di vino. Combinato al latte che ho bevuto precedentemente, non so quanto faccia piacere al mio stomaco.
«Quel bastardo col cazzo piccolo», mormora tra i denti, riempiendosi per la seconda volta il bicchiere.
«Non è proprio piccolo», ribatto guardando un punto indefinito della stanza.
«Ne ho visti di cazzi grossi, e il suo non lo è», la rabbia che brucia nei suoi occhi mi fa paura.
«Come fai a saperlo?»
«Ho visto le foto che ti mandava. Niente di che», si stringe nelle spalle e si siede accanto a me, appoggiando una mano sulla mia coscia.
«Ah, giusto.»
Cole aveva un brutto tempismo quando si trattava di mandare nudes. Cosa avrei dovuto farmene io della foto del suo pene eretto mentre ero impegnata a servire panini e patatine fritte? Era il tipo di salsiccia sbagliato, nel posto sbagliato.
Eileen stringe la mia coscia ancora di più e rimaniamo in silenzio per un bel po' di tempo, fino a quando non mi alzo ed esclamo: «Vado a farmi una doccia e poi vado a dormire.»
Lei si acciglia. «So benissimo che piangerai tutta la notte.»
«No. Ti porti ancora appresso i sonniferi, vero?», le chiedo, guardando la sua borsa.
Eileen alza gli occhi al cielo, esasperata. «Resterò a dormire qui. Cerca di non pensarci! Sai che odio quel tizio, ma magari non ti ha tradita. Insomma, oggi perfino i neonati usano Photoshop. Oppure qualcuno sta cercando di fargli un torto.»
«Beh, intanto mi ritrovo con il cuore spezzato», le dico, poi la liquido con un cenno della mano e mi rifugio nella mia stanza.
Ha ragione, non dovrei piangere. Anche se vorrei farlo. Ma no, non gli darò la soddisfazione di sapermi sofferente e con il cuore rotto in mille pezzi.
Ma non riesco a fare a meno di chiedermi: perché l'ha fatto? Cosa c'è che non va in me? Perché non mi ha lasciata prima? Perché mi ha fatto questo?
Le risposte le ha lui, ma in questo momento non riesco nemmeno a leggere il suo nome tra le ultime chiamate perse.
Sì, mi ha chiamato. Di solito dopo lavoro ci vediamo e a volte dorme da me. A quanto pare adesso dovrò fare un po' di ordine nel mio armadio. E dovrei iniziare adesso.
Alzo le maniche della maglietta fino ai gomiti, vado in cucina a prendere un sacco abbastanza grande e poi ritorno nella mia stanza, con lo sguardo confuso di Eileen che mi segue finché non mi chiudo la porta alle spalle.
Inizio a staccare tutte le foto dalla parete. Prendo tutte le cose che mi ha regalato, tra cui un vibratore. Sì, esatto. Me l'ha regalato l'anno scorso, dicendomi scherzosamente "Pensami quando io non potrò soddisfarti", come se l'avesse mai fatto davvero!
Stop! Stop! Stop!
È la verità oppure sono soltanto arrabbiata con lui?
Butto il vibratore dentro il sacco e poi passo in rassegna il mio armadio, tirando fuori tutti i suoi vestiti.
Mi avvicino alla scrivania e prendo la nostra foto tra le mani, quella che ci hanno scattato a Parigi, a Disneyland.
«Ha ragione Eileen. Probabilmente anche topolino ce l'ha più grosso di te, stronzo.»
Sorrido per i primi secondi, provando quasi una sensazione gratificante dentro di me, ma dopo poco torno in me e scuoto la testa. Ho davvero paragonato il suo gioiello a quello di Topolino. Oh, mio dio!
Dopo aver raccolto tutte le sue cose, faccio un bel nodo al sacco e lo metto vicino alla porta, così domani mattina avrà l'opportunità di raccogliere la sua merda. Anzi, forse gli farò un favore e lo butterò direttamente nel bidone della spazzatura.
Prendo il mio beauty case e il pigiama e vado in bagno a darmi una ripulita prima di andare a dormire.
Quando finisco ed esco dal bagno, nel piccolo e stretto corridoio incontro Eileen con il bicchiere mezzo pieno in mano e gli occhi sbarrati.
«Domani porto fuori io la spazzatura», mi dice sorridendo con malizia.
«Oh, va bene. Il sacco lo lascio vicino alla porta», la informo, poi faccio per andare via.
«No, no. Intendevo l'altra spazzatura. So che verrà a cercarti», emette una risata acuta ma poi si tappa la bocca.
«Oh», sussurro. «Beh, grazie.»
«Meriti di meglio, te l'ho sempre detto», ripete, come se non l'avessi già capito dalla prima volta che ha pronunciato questa frase.
Mi limito a sorriderle e allungo la mano per prendere il bicchiere, ma muove un dito davanti al mio viso in segno di negazione e si tira indietro. «Sto bene, ora vado a dormire. Domani staremo meglio e supereremo questa rottura», mette una mano sulla mia spalla e mi guarda dritto negli occhi.
Quando le ho detto di non intromettersi troppo nelle mie relazioni personali, intendevo proprio questo. A quanto pare deve soffrire insieme a me, come se fosse stata tradita lei.
«Va bene, vai a letto anche tu», borbotto dandole le spalle e chiudendomi nuovamente nella mia stanza.
Mi metto a letto e spengo le luci, lasciando accesa soltanto l'abat-jour sul comò.
Ma poi ricordo che anche questa è un regalo da parte sua, quindi la prendo in mano e la lancio contro il muro.
«Sì, cazzo, rompi tutto! Quel bastardo deve soffrire», grida Eileen da dietro la porta.
Alzo gli occhi al cielo e mi copro con la trapunta fin sotto al naso. All'improvviso sento un calore strano sulle guance e poi sento un singhiozzo.
Sto piangendo di nuovo, fantastico.
Avevo riposto la mia totale fiducia in lui. Era perfetto. Era il ragazzo dei miei sogni e adesso è diventato l'antagonista della mia storia d'amore.
Batto il pugno sul cuscino e faccio un bel respiro, poi chiudo gli occhi e cerco di dormire.
Va bene avere il cuore spezzato, ma al lavoro mi vogliono ben sveglia e in forze.
Il mattino dopo mi siedo in cucina con una tazza di caffè tra le mani e lo sguardo perso nel vuoto. All'ingresso sento all'improvviso delle grida e una porta che viene chiusa con forza.
«Prendi la tua merda e datti fuoco, cretino, pezzo di merda, bastardo!», grida Eileen.
Ah, lui è qui.
Respiro profondamente e mi porto la tazza alle labbra.
«Smettila di fare la pazza e bevi di meno! Sono venuto a vedere la mia ragazza, sparisci.»
Poi entra in cucina con Eileen alle calcagna pronta a lanciargli in testa una sedia.
Lo guardo inespressiva.
Lui inclina il capo e mi fissa come se fossi un dobermann pronto a saltargli addosso.
«Buongiorno, tesoro», dice cercando di avvicinarsi con cautela.
Con tutta la tranquillità del mondo mi alzo, prendo la tazza tra le mani e poi sorrido, versandogli il caffè bollente addosso.
«Ahìa, brutta stronza!», grida afferrando subito uno straccio che trova sul bancone.
«Porta il tuo culo ridicolo fuori dalla mia abitazione e non tornarci mai più», mi limito a dire. Gli passo accanto, dandogli una spallata e vedo Eileen trattenersi dal fare i gridolini di gioia.
Afferro la borsa e le chiavi e vado verso la mia macchina. Lui non intende assolutamente seguirmi e io mi sento quasi sollevata.
Certo, so che starò ancora male per colpa di questo stronzo, ma cercherò di farmelo passare. Lui non merita il mio dolore. Rettifico: nessun uomo merita il mio dolore.
Salgo in macchina e fletto le dita sul volante, come se mi stessi preparando per gareggiare ma in realtà sto soltanto cercando di ritrovare ancora almeno un briciolo della mia sicurezza.
Accendo il motore e parto, dando uno sguardo veloce nello specchietto retrovisore. Vedo Cole uscire fuori e Eileen gli lancia in testa la sua ciabatta.
Rido e alzo il volume della musica, canticchiando finché non arrivo al lavoro.
Ero convinta che niente sarebbe stato in grado di rendere questa giornata ancora più brutta.
Dopo aver servito la colazione a ragazzini e famiglie che si sono recati qui già dalle nove del mattino, non poteva di certo mancare Cole a pranzo.
E il mondo si ferma, anzi io mi fermo di colpo, quando vedo accanto a lui la ragazza che c'era anche in foto. Oh no, non l'ha fatto davvero!
Digrigno i denti e porto il vassoio al tavolo accanto al suo.
Metto su un bel sorriso e guardo l'uomo seduto da solo e impegnato ad armeggiare con il cellulare.
Indossa un completo elegante, sembra piuttosto giovane e, come direbbe Eileen, arrapante. Uno di quei ragazzi belli che vedi sulle copertine di Vogue: gli intoccabili e inarrivabili, li chiamiamo.
Cravatta blu navy, camicia bianca, giacca e pantaloni grigi. Capelli castani curati, mani grandi e labbra perfette.
«Le sue gambe hanno per caso smesso di funzionare?», mi chiede all'improvviso e io per poco non mi piego per raccogliere la mia dignità appena persa.
Inizio a boccheggiare come un pesce, ma i miei occhi si posano sulle sue mani e noto i gemelli da polso con le iniziali K. H.
Muove una mano davanti al mio viso e finalmente scendo dalle nuvole.
«Oddio, mi scusi. Ero... Stavo solo...», non so nemmeno cosa dire. Lui alza un sopracciglio e mi fissa con quegli occhi verdi che sembrano i più belli che io abbia mai visto.
«Sì?»
«Scusi, è che mi sembra strano che un uomo vestito così... Venga a mangiare qui. Ero sorpresa, non accade spesso». Sto dicendo la verità.
Aggrotta le sopracciglia per un secondo, poi dice: «Non amo molto questi posti, ma mia sorella sì. Infatti, sto aspettando proprio lei», dà uno sguardo veloce al Rolex che ha al polso e deglutisco. Probabilmente questo qui sguazza nei soldi. Non vorrei giudicare subito, ma di certo povero non è.
«C-capisco. Mangia da solo?», chiedo.
Ma perché sono ancora qui a parlare? Dallo sguardo che mi sta riservando, capisco che probabilmente non vede l'ora che io mi levi di torno. «Buon pranzo», mi affretto ad aggiungere poi me la do a gambe levate, imprecando mentalmente per tutto il tempo.
Prendo il secondo vassoio e appena leggo il numero del tavolo per poco non rimetto sulle sue patatine, ma non posso permettermi di perdere il lavoro.
«Forza, ce la puoi fare», mi incoraggio da sola.
Alzo il mento e vado verso di loro. Poso il vassoio e poi giro sui tacchi per andarmene.
«Grazie», dice lei.
«Sì, Kendra. Grazie. Dopo avermi versato il caffè addosso, questo è l'unico modo in cui tu possa scusarti: servendomi», sputa con rancore Cole.
«Non essere così duro, avrà avuto le sue ragioni...», la ragazza cerca di farlo calmare. Ma davvero? Fa finta di non conoscermi oppure fanno finta di essere amici e basta?
«Spero ti strozzi con il panino», sussurro con un sorriso angelico.
«E spero che tu rimanga sola a vita», ribatte con più odio di prima.
E all'improvviso mi balena l'idea più stupida, folle e assurda di sempre.
Metto su un sorriso trionfante e dico: «In realtà, io mi vedo già con un tipo.»
Getta le braccia in aria. «Wow, tu sì che non perdi tempo. Non sapevo mi avessi già lasciato.»
Ancora una volta mi chiedo se sia serio o meno.
Poso la mano sulla spalla del tizio di prima e dico: «Ora lo sai, e lui è molto più fico di te. E sai cosa? Ha il cazzo più grosso del tuo.» Appena finisco la frase, alla mia presunta nuova fiamma va di traverso una patatina e al mio ex ragazzo va di traverso la coca cola.
Sorrido vittoriosa, ma smetto di colpo non appena sento lo sconosciuto dire: «Che cosa hai detto?»
«Cosa?», sbotta Cole.
«Devo lavorare», mi tiro fuori, spalancando gli occhi e facendo marcia indietro.
Lo sconosciuto mi afferra per il polso e mi guarda di traverso. Dal modo in cui contrae la mascella capisco quanto sia infastidito in questo momento.
«Vuoi davvero farmi credere che questo qui è il tuo nuovo ragazzo?», chiede Cole, alzandosi in piedi.
Probabilmente sto per collassare davanti a tutti. Come diavolo ho fatto a mettermi in ridicolo nell'arco di due minuti?
Lo sconosciuto si alza pure e devo sul serio sollevare la testa per guardarlo, visto che probabilmente sfiora il metro e novanta.
Si schiarisce la gola e poi si gira verso il mio ex. «Hai qualche problema a riguardo?», gli domanda e la mia bocca si spalanca.
No, non era questa la reazione che mi aspettavo da parte sua.
Cole si passa una mano sul collo in modo frustrato e mormora qualcosa di incomprensibile.
«Fanculo, tanto a letto sei scarsa», mi sotterra così e io non faccio niente per difendermi.
«Be'», lo sconosciuto continua a serbare quell'espressione infastidita di poco fa. «Dalla frase di prima mi pare di capire che tu non sia poi così dotato, quindi forse il problema sei davvero tu e non lei. Ma mi assicurerò di scoprirlo io stesso». E gli fa l'occhiolino. Lo sta davvero provocando. Anzi no, mi sta davvero aiutando.
Ed è uno sconosciuto.
Che sicuramente non vedrò mai più.
Cole afferra la sua roba e va via su tutte le furie, accompagnato dalla sua amante. Io sto per scappare pure, fingendomi invisibile.
«Non farlo mai più», è l'unica cosa che mi dice lo sconosciuto, poi si rimette seduto e continua a fare quello che stava facendo prima.
Mi allontano, ma poi torno indietro e bisbiglio: «La ringrazio tanto per l'aiuto.»
«Ti dispiace lasciarmi in pace adesso?», la sua voce roca mi trapassa come una spada.
«È stato davvero molto carino da parte sua», continuo a dire, ma lui non mi degna più di uno sguardo.
Prende il cellulare tra le mani e dice: «Vattene.»
«Dice a me o al cellulare? Tra i due, sono io ad avere le gambe», dico, ridendo nervosamente. Alza piano lo sguardo e i suoi occhi sono a tanto così dal ridurmi in cenere. Ho recepito il messaggio. «Si goda il pranzo», sorrido, poi faccio cenno al mio collega di coprirmi un secondo e corro in bagno.
Cosa. Diavolo. È. Appena. Successo?
Ecco il primo capitolo :) spero vi sia piaciuto, fatemi sapere 🥺❤️ in caso lasciata una stellina per supportarmi
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