Capitolo dodici

▶️Dotan, Numb

«Come se l'avessi creato tu», precisa Cole con una vena di sarcasmo nella voce. Appoggia il braccio con noncuranza sullo schienale della sedia e gira il busto verso mia madre, come se aspettasse un complimento da parte sua. «È stato suo padre a farlo, ma vuole decisamente prendersi il merito».

Mia madre inarca un sopracciglio e con fare altezzoso guarda con la coda dell'occhio Kenneth.

Il mio capo nel frattempo si concede una mezza risata nervosa. Stringe il pugno sotto il tavolo e io affondo i denti nel labbro inferiore, maledicendomi per il casino che ho appena creato.

«Amico, so che la verità fa male, ma cerca di contenere la tua rabbia», Cole continua a stuzzicarlo, poi alza una mano e fa cenno al cameriere di raggiungerci.

«Non sono tuo amico», sentenzia perentorio Kenneth. «E ti sbagli. La verità non mi fa male, ma ammetto che la tua presenza al nostro tavolo è alquanto inutile e irritante».

Kenneth mi guarda di sguincio e io cerco di pulirmi i palmi delle mani con il tovagliolo. Ogni centimetro della mia pelle sta sudando.

«È per questo motivo che ho sempre ammirato Cole!», confessa mia madre con un sorriso compiaciuto.

L'arrivo del cameriere interrompe il nostro discorso.

«Potresti portarmi qualcosa di molto forte? Grazie», Cole gli regala un finto sorriso.

«Nel frattempo io mi assenterò per qualche minuto. Ho bisogno di fumare», mia madre si alza e Cole si appresta a spostarle la sedia. «Ti accompagno».

Non appena restiamo da soli, Kenneth esclama: «Sei andata a letto con il tuo ex! Collins, ma cosa diamine ti è passato per la testa?»

Oh, no. Eccoci. Quel cretino ha rovinato tutto.

«Non è andata proprio così», cerco di spiegargli.

Lui alza gli occhi al cielo e incrocia le braccia al petto. «E com'è andata? Lui ti ha inseguito fino a casa tua come uno zombie ed è per puro caso scivolato tra le tue gambe?»

Sento le gote andare a fuoco, quindi distolgo lo sguardo e mi schiarisco la voce. «Ero arrabbiata. Insomma, ma perché ti importa così tanto?»

«Non puoi darmi del tu», asserisce guardandomi negli occhi. «Non puoi. Mi sono schierato dalla tua parte la prima volta che ti ho incontrata perché mi facevi pena. Ti ha umiliata davanti a tutti. Non è stato abbastanza per te? Avresti dovuto mandarlo a fanculo».

«Io l'ho fatto», alzo la voce.

«Oh, davvero? E come? Portandotelo a letto?»

La sua frase mi zittisce.

Lui cerca di darsi un contegno. Sospira profondamente e aggiunge, questa volta con più calma: «Semplicemente non capisco il mio ruolo in tutto ciò. Sono il tuo finto ragazzo, vai a letto con il tuo ex ragazzo e, come se non bastasse, ne hai pagato un altro che si è spacciato addirittura per me». Il suo braccio si allunga lentamente sullo schienale della mia sedia e si piega verso di me. «Ti sembra un gioco, Collins?»

«Non è niente di serio, quindi sì, è una specie di gioco», rispondo, cercando di tenergli testa.

Il suo respiro solletica il mio orecchio. «Allora lascia che sia io a farti vedere come si gioca», sento un brivido percorrere rapidamente la mia schiena. «Ti sei messa contro il giocatore sbagliato, Kendra».

Si tira indietro con uno strano ghigno che gli danza sulle labbra e io in tutto ciò penso soltanto ad una cosa: questa volta mi manderà a casa con un calcio nel sedere. Probabilmente sono la peggior dipendente che lui abbia mai avuto. E mi sono appena giocata il posto di lavoro.

Stupida, stupida, stupida!

Un gioco? Ti sembra un maledetto gioco? Non sei furba come Eileen, non puoi parlare come se avessi già tutti gli uomini ai tuoi piedi.

Dio, perché mi sento così ridicola quando provo ad avere un po' di autostima?

Cole e mia madre si scambiano un'occhiata complice e prendono di nuovo posto.

Inizio a giocare con il fazzoletto di carta fino a spezzettarlo.

La gonna nera che indosso adesso è costellata da piccoli puntini bianchi.

«Dio, queste sigarette», mormora mia madre schiarendosi più volte la gola. «Dovrei smettere di fumare, ma è impossibile», si lamenta.

«Ma io scommetto che ci riusciresti», Cole le sorride, mellifluo.

Guardo la scena disgustata e poi sento una mano calda posarsi sulla mia coscia. Sussulto e sgrano gli occhi.

«Cosa c'è? Perché fai quella faccia? Non ho mica detto di aver ucciso qualcuno», mia madre si acciglia e io sento sempre di più le guance andare a fuoco.

Abbasso per pochi secondi lo sguardo sulle mie cosce e poi sento Kenneth dire a bassa voce: «Tesoro, sto soltanto raccogliendo il casino che hai fatto», e mette su un sorriso malizioso mentre continua a raccogliere ciò che ne rimane del fazzoletto.

Cole si sporge leggermente, cercando di dare una sbirciatina, ma avendo la visuale bloccata, decide di guardare da sotto il tavolo, incontrando così il mio dito medio messo in bella mostra.

Lui diventa paonazzo e afferra il drink con una mano, portandoselo alle labbra.

Do una piccola gomitata al mio capo e sorrido a denti stretti.

«Dunque, Harrison...», mia madre si lecca le labbra e posa lo sguardo sul mio finto ragazzo. «Non è noioso lavorare soltanto tra centinaia di libri ogni giorno?», gli chiede.

«Carino da parte sua pensare che io lavori soltanto con i libri», Kenneth le sorride quasi come se fosse una presa in giro.

Mia madre e Cole si scambiano di nuovo un'occhiata complice. Questa volta, però, sono confusa anche io.

«Ho da poco aperto anche due agenzie di marketing. La più grande è ubicata a New York», apre il menù con un'eleganza fuori dal comune e io mi chiedo ancora una volta perché lui abbia deciso di aiutare una povera idiota come me.

Mia madre sembra alquanto sorpresa, ma il suo sguardo è scettico. Mi fissa come se sapesse già che un uomo del genere io non riuscirei a sfiorarlo neanche per sbaglio.

Abbasso lo sguardo sul tovagliolo di stoffa color avorio. All'improvviso è diventato interessante analizzare l'anello in acciaio che lo avvolge. Perfino lo stelo di lavanda posizionato sotto di esso appare più stimolante e bello rispetto allo scambio di sguardi tra me e mia madre.

«Beh, ti definisci un uomo di successo? Per caso hai intenzione di fare dei figli in futuro? In quali mani finirà questa tua ricchezza?», chiede mia madre senza peli sulla lingua.

L'imbarazzo mi avvolge dalla testa ai piedi.

Kenneth ride. «È un po' invadente, non trova?»

Lei smuove una mano davanti al viso. «Sciocchezze! Stai insieme a mia figlia, no? Ho bisogno di sapere che intenzioni hai con lei».

Mi porto la mano davanti alla bocca, nascondendo uno sbadiglio.

«Kendra, la conversazione per caso ti sta annoiando? Stiamo parlando di te», dice mia madre.

Penso a che tipo di risposta rifilarle. Sì, diamine, mi sta annoiando questo incontro. Mi sta annoiando la mia vita. La serata. Tutto quanto.

Gli occhi guizzano da un angolo all'altro nella sala. Tutto pur di non guardare in faccia lei.

«Sto parlando, Kendra!», mi rimprovera, facendomi quasi sussultare. «Hai accanto a te un uomo di questo calibro e ti stai comportando come se non ci fosse nessuno seduto a questo tavolo a parte te!»

«Non è da me inserirmi in questo modo in una conversazione e, la prego, non pensi che io lo faccia spesso, ma...», la voce di Kenneth mi fa deglutire.

«Ma penso capiti a tutti di astrarsi dalle cose circostanti per qualche secondo. La mente fabbrica pensieri sempre», punta l'indice sulla sua tempia. «Rimanere intrappolati tra le parole è una cosa che, prima o poi, accade ad ognuno di noi. Perfino a Kendra», il suo viso perennemente severo viene illuminato da un mezzo sorriso cordiale, che sparisce dopo due secondi.

«Scusa, mamma», mi mordo il labbro. «Stavo pensando a papà. Come sta?»

«Se lo chiamassi, forse lo sapresti», commenta acida.

Il cellulare inizia a squillare nella borsetta e mi scuso.

Guardo il nome che lampeggia sullo schermo e il mio cuore salta un battito.

«È urgente», dico, alzandomi in piedi. «Ehi, tesoro», esclamo, cercando di sembrare allegra.

Raggiungo l'ingresso ed esco fuori, battendo i denti per colpa del freddo.

«Ehi, Ken», grida mio fratello, facendomi sorridere. «Indovina cosa ho mangiato a cena».

«Fammi indovinare...», fingo di pensarci. «La zia ti ha preparato i pancakes con la nutella?»

«Sì, come hai fatto ad indovinare?»

Perché a quella domanda ho sempre dato la stessa risposta, vorrei dirgli.

«Non ti svelerò mai questo segreto», gli dico, immaginando i suoi occhioni felici.

«Quando vieni a trovarmi? Mi manchi», la sua frase mi fa sparire il sorriso dal volto.

«Presto, tesoro. Mi manchi tanto anche tu».

Dopo una breve pausa, dice: «La mamma mi sgrida sempre».

«Ascoltami... Cercherò di trovarmi qualche lavoretto extra così non appena avrò dei soldi da parte andremo a vivere insieme, ci stai? E saremo felicissimi, soltanto io e te».

«Non vedo l'ora, Ken», strilla e io trattengo le lacrime. «Devo andare, ti voglio bene».

«Anche io. Buonanotte».

Rimango a fissare il cielo per una manciata di secondi e sospiro. Se solo i miei genitori sapessero fare i genitori...

Rientro e non appena mi siedo, Kenneth dice: «Mi sono permesso di ordinare per te, tesoro».

Gli lancio un'occhiata torva. «Oh, va bene. Grazie».

«Allora, tutto a posto, tesoro?», il modo in cui continua a marcare quella parola inizia a darmi sui nervi.

«Sì, grazie di essere così premuroso, caro».

Perfino Cole ci guarda come se stessimo per metterci le mani al collo.

«Siete una coppia parecchio strana e non mi convincete affatto», brontola mia madre.

«Però noi non dobbiamo convincere nessuno», Kenneth appoggia il braccio sulle mie spalle. «Sono felice di averla al mio fianco», con l'altra mano mi accarezza lo zigomo. «Dove troverei un'altra donna che decide volontariamente di lavorare per me sia come editor e sia come assistente personale?».

Per poco la mia mascella non tocca terra. Ma che diamine sta blaterando?

«Mia figlia è la tua assistente personale?», mia madre è scioccata quanto me.

«Sua figlia è molto gelosa», Kenneth mi sorride velenoso e io lo fulmino con lo sguardo.

Il cameriere porta i nostri piatti e Kenneth continua a dire: «Per te ho ordinato cervello di maiale. La loro ricetta è semplicemente squisita. Ti leccherai i baffi».

Fisso quella cosa molliccia nel mio piatto e mi alzo in fretta, cercando il bagno delle signore.

Kenneth mi raggiunge a grandi falcate. Riesco a trovare il bagno e mi piego sulla tazza del water, vomitando tutto ciò che ho ingerito nelle ultime ore.

«Dio, quanto mi dispiace!», esclama alle mie spalle.

Prendo la carta igienica e mi pulisco la bocca poi mi rimetto in piedi.

«Ma che ti prende?», grido. Ho ancora lo stomaco sottosopra.

«Cosa mi prende? Pensavo avessi bisogno di qualche lavoretto extra. Saresti perfetta come assistente», l'espressione severa svanisce lasciando spazio ad una più divertita.

«Hai origliato la mia telefonata?»

Lui si stringe nelle spalle. «Non direi».

«Esci fuori! È il bagno delle donne».

Lui inarca lentamente un sopracciglio. «In privato non sono il tuo ragazzo, sono il tuo capo e non ti è permesso trattarmi da amico. Dammi del lei».

Indietreggio verso il muro e giro lo sguardo verso lo specchio. Ho ancora un aspetto sobrio. Bene.

«Mi scusi», il cuore inizia a martellarmi nel petto. «Non volevo essere scortese».

Lui si avvicina e si passa una mano tra i capelli. È di fronte a me. Gira lo sguardo verso lo specchio e io pure. Mi guarda e io guardo lui. La sua mano si posa sul mio fianco e scende lentamente lungo la mia coscia. «Si è strappata la calza», mi fa sapere, poi si allontana bruscamente, uscendo dal bagno e lasciandomi con il fiatone.

Dio, perché sembra che mi sia appena fatta una corsa di dieci chilometri?

Quando finalmente prendo di nuovo posto al tavolo, trovo davanti a me un'altra portata dall'aspetto più invitante.

«Se mi permette, la prossima volta sceglierò io il ristorante», dice Kenneth tagliando la sua bistecca. Schiocca le dita in aria, richiamando l'attenzione del cameriere. «Potrebbe versare da bere a me e alla mia ragazza?».

«Il McDonald's andrebbe bene. Vero, Kendra?», chiede Cole, ridendo. «Almeno lì nessuno deve versarvi da bere».

Frecciatina ricevuta.

Vorrei dire a Kenneth che il suo atteggiamento mi sta mettendo in imbarazzo. Dopotutto io sono abituata a servire panini e a bere coca cola in lattina non di certo ad avere un cameriere che mi riempie il calice.

«Non porterei mai la mia donna a mangiare in un posto così squallido», replica il mio capo con calma.

«Avrei dei dubbi... Kendra ama alla follia quel posto. Ci lavorerebbe, se solo avesse l'opportunità», continua a dire Cole con perfidia.

«Ma ti prego, caro! Kendra non lavorerebbe mai in un porcile simile!», dichiara mia madre.

«Judy, devi sapere che-».

Kenneth prende il menù tra le mani e inizia a sfogliarlo lentamente. E, sempre con la solita eleganza e clemenza, dice: «Cole», si schiarisce la gola, senza nemmeno sollevare lo sguardo. «Ci sono barriere che si abbassano e si rialzano continuamente, senza alcuna difficoltà. Altre, invece, a volte si abbassano e rimangono bloccate. Kendra non ha desiderato risollevarla per lasciarti entrare nuovamente nella sua vita. Nemmeno per un misero istante.»

I due si lanciano occhiate colme di odio. «Quindi, per quale motivo non riesci ad accettare il suo rifiuto? Lei non ti vuole.»

Cole sbuffa una risata nervosa. «Non penso sia come dici tu, amico

Mi massaggio le tempie, cercando di mantenere la calma.

«Vuoi davvero sapere il perché?». No, ma io vorrei fargli sparire dal viso quel ghigno insopportabile.

Kenneth si acciglia e continua a guardare il menù. «Non sono tuo amico. Inoltre, dovresti credermi sulla parola. Lei potrebbe alzare la barriera e lasciarti nuovamente passare, ma a volte il treno potrebbe prenderti in pieno quando meno te lo aspetti», chiude il menù e rivolge un sorriso glaciale al mio ex. «E quel treno potrei essere io.»

«Mi stai sul serio minacciando davanti a sua madre?», chiede lui, indignato.

«No, assolutamente».

Mi porto il bicchiere alle labbra e guardo verso la finestra, osservando le macchine e i passanti che camminano lentamente e sorridono.

E tra un pensiero e un sorso di vino, mi alieno completamente nella mia mente finché non sento le dita di Kenneth posarsi sulle mie, mentre stringo rigidamente il bicchiere.

«Bevilo lentamente. Così rischi di ubriacarti. È forte», sussurra al mio orecchio. «Ordino qualcos'altro da mangiare? Non hai toccato il cibo».

«Beh, sai che ti dico...», ridacchio. «Lo bevo come mi pare», bisbiglio in modo che mi senta soltanto lui.

«Allora, giovanotto. Oltre all'amore , c'è qualcos'altro che ha spinto mia figlia a imbattersi in te?»

«Sua figlia aveva bisogno di-»

«Cazzo», esclamo non appena noto la macchina di vino rosso sulla camicetta.

«Potresti evitare di essere così esplicita?», mi redarguisce lei.

«Okay, va bene così», dice Kenneth mentre cerca di prendermi il bicchiere dalle mani.

«Non so come fai, ma riesci sempre a metterti in ridicolo», mia madre mi lancia il tovagliolo in modo che mi pulisca. «Se solo avessi la maturità di Martha... Riusciresti a fare tante cose. Lei è già indipendente, ha una sua azienda, ha una macchina nuova di zecca, si è appena comprata la casa. E tu?»

«Diamine, ho una macchia enorme sulle tette», scoppio a ridere e mando giù un altro sorso di vino, poi mi alzo e prendo il tovagliolo tra le mani. «Devo pulirmi. Non vorrai mica cenare con me in queste condizioni, giusto?»

Mi dirigo di nuovo verso il bagno. Qualcuno mi segue.

Apro il rubinetto e metto il tovagliolo sotto l'acqua corrente, poi inizio a strofinarlo sulla macchia, bagnandomi maggiormente.

«Quella macchia non andrà via», dice alle mie spalle Kenneth.

Non gli do retta, quindi continuo a strofinare il tovagliolo finché non mi guardo allo specchio e vedo in che condizioni versa la mia camicetta. Si intravedono perfino i capezzoli attraverso il reggiseno di pizzo.

«Meraviglioso», brontolo appoggiandomi al lavello.

«È arrivata l'ora di abbandonare la nave, Collins », si appoggia con la spalla al muro e mi fissa.

«Quale nave? Sei più ubriaco di me?», mi acciglio.

«Sì, è decisamente arrivata l'ora». Si toglie la giacca e me la mette sulle spalle. Il suo profumo costoso mi inebria le narici e io chiudo gli occhi per un paio di secondi, godendomi questa sensazione di calore che mi avvolge.

«Andiamo», mi afferra per il braccio, ma appena ci avviciniamo al tavolo fa scivolare la mano verso la mia. Afferra la mia borsa e poi si rivolge a mia madre: «È stato un piacere, ma noi adesso dobbiamo proprio andare. Spero di rivederla presto».

Sì, come no!

Mia madre si alza di scatto. «Cole ti darà un passaggio!».

«Certo, mi farebbe piacere. Dopotutto, ho vissuto in quella casa con lei, quindi si sentirà sicuramente più al sicuro con me».

«Mi dispiace deluderti, ma lei questa sera riscalderà il mio letto», risponde Kenneth, poi mi trascina delicatamente verso l'uscita.

«Devo andare a casa», resto immobile sul marciapiede. Il mio capo sta per avere un esaurimento nervoso.

«Hai bevuto e quel tizio sicuramente verrà a cercarti. Hai intenzione di andare a letto con lui di nuovo? Non ti ami per niente?».

Incrocio le braccia sotto il seno. «Io voglio andare a casa mia».

Apre le braccia e sbuffa sonoramente. «Andremo a casa tua allora».

«Andremo?», gli chiedo spalancando poi la bocca.

Kenneth alza gli occhi al cielo. «Siamo in due su questa maledetta nave al momento».

«Continuo a non vedere la nave», faccio spallucce.

«Finirò per affondare insieme ad essa», borbotta e mi guida verso la sua auto.

«Non c'è nemmeno l'acqua», mi guardo intorno e mi stropiccio gli occhi.

«Dio! Sali in macchina e non toccare niente», mi apre la portiera e io prendo posto.

Mi mette la cintura di sicurezza e poi mi passa un sacchetto di carta. «Sai, è già successo».

Si siede al posto del conducente e accende il motore.

Mentre ci allontaniamo nell'abitacolo regna il silenzio. Lui sembra pensieroso.

«Domani mi licenzierai?», chiedo mentre sbadiglio.

«No. Ti aspetterà una meravigliosa giornata di lavoro», il sarcasmo nella sua voce mi fa venire i brividi. «E non darmi del tu».

Quando arriviamo a casa mia, lui mi aiuta a salire le scale e apre la porta per me. Appoggia una mano sulla mia schiena e mi guida verso la mia camera da letto.

«Bene, ora dormi», ordina.

Mi tolgo le scarpe e mi sdraio. «Grazie per il passaggio, buonanotte», gli faccio ciao ciao con la mano e abbraccio il cuscino. Lui spegne la luce e io poco dopo cado in un sonno profondo.

Qualcosa mi dice che Kenneth non andrà via e a Kendra, quando si sveglierà, verrà un colpo al cuore. 😂
Ho deciso di riprendere la storia piano piano, infatti spero di essere costante perché voglio finirla ❤️ grazie di aspettare con ansia i miei aggiornamenti e vi ringrazio per la pazienza che avete nei miei confronti. Lo apprezzo molto❤️

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