CAPITOLO 7 - A COME ALDILÀ


Pentagram City, Pride Ring – da qualche parte nel passato


"Buonasera Alastor. Il solito?"

"𝔾𝕣𝕒𝕫𝕚𝕖, 𝕞𝕠𝕟 𝕒𝕞𝕚."

Alastor si appoggiò al bancone dando le spalle al demone barman dai lunghi tentacoli blu, il suo sguardo attento che vagava inquieto per la sala.

Sul palco, un quartetto di demoni-capra stava eseguendo un nuovo pezzo appena uscito. O meglio, lo era poco prima che lui morisse. Fortunatamente all'Inferno il tempo e le mode sembravano seguire delle regole particolari, specialmente per quanto riguardava la musica. Il gradimento dei dannati e dei demoni era soggetto al potere di chi proponeva loro quel pezzo specifico, e per fortuna il Mimzy's era ancora un locale 'di grido' – in più di un senso – che riusciva a restare sempre sulla cresta dell'onda grazie al fiuto per gli affari della proprietaria nonché al suo incredibile talento.

Era una perfetta riproduzione dell'omonimo locale a New Orleans, quantomeno per come era allestito nel 1933; Mimzy aveva infatti aggiunto anche la saletta per il gioco d'azzardo su indicazione di Alastor quando questi l'aveva finalmente raggiunta all'Inferno, e la novità aveva portato al locale ancora più dannati.

"Ecco a te Alastor."

Il Demone della Radio prese il bicchiere e fece roteare il suo contenuto, i cubetti di ghiaccio che tintinnavano allegramente contro al cristallo sfaccettato.

"ℂ𝕙𝕚 𝕖̀ 𝕚𝕝 𝕕𝕖𝕞𝕠𝕟𝕖 𝕔𝕙𝕖 𝕤𝕥𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕝𝕒𝕟𝕕𝕠 𝕔𝕠𝕟 𝕄𝕚𝕞𝕫𝕪?" chiese dopo aver assaggiato il primo sorso del suo whisky di segale, e aver fatto schioccare le labbra con apprezzamento.

"Mai visto prima..." rispose asciutto il barista con un'alzata di tentacoli mentre continuava a lavare i bicchieri e contemporaneamente li asciugava e preparava altri drink.

Alastor dedicò ancora una lunga occhiata al demone che si intravedeva attraverso la calca di persone che stavano ballando in pista.

Non riusciva a vederlo bene ma quegli scorci che gli venivano offerti di tanto in tanto, avevano qualcosa di famigliare.

Una strana sensazione lo prese alla bocca dello stomaco, forse Niffty aveva messo troppo peperone nella Jambalaya di quella sera.

Appoggiò il bicchiere ormai vuoto sul bancone e fece il giro della sala a passi lenti, senza attraversare la pista da ballo ma passandole intorno, il suo fedele microfono ben stretto tra le mani intrecciate dietro la schiena. Quando fu abbastanza vicino, la scena che gli si parò davanti agli occhi gli fece provare una strana e inquietante sensazione di déjà-vu.

Mimzy rideva, la testa gettata indietro e una mano posata sui seni abbondanti in una posa falsamente pudica mentre l'altra era trattenuta da uno strano demone che la stava baciando. Il demone indossava un completo scuro sopra a una camicia bianca senza colletto e lasciava intravedere un fisico alto e slanciato. La grande testa aveva la forma di un ingombrante televisore a tubo catodico sopra al quale capeggiava un piccolo cappello sovrastato da due antenne rosse.

Alastor si fermò all'istante.

Non era possibile che fosse...

Fece ancora due passi verso di loro entrando finalmente nella visuale di Mimzy che lo accolse con la sua voce squillante riuscendo perfino a sovrastare la musica.

"Alastor! Carissimo! Che piacere vederti..."

Il demone con la testa a televisore si pietrificò, il suo schermo si fece completamente grigio per un'istante mostrando la classica nebbiolina che denotava l'assenza di segnale. Dopo una frazione di secondo l'immagine sullo schermo tornò, un fondo blu con due grandi occhi rossi e la bocca spalancata in un'espressione di puro e genuino stupore.

Si alzò lentamente in piedi ma le gambe gli cedettero e il demone-televisore si ritrovò di nuovo seduto a fissare dal basso la figura di Alastor che si avvicinava lentamente.

"Lascia che ti presenti, mio caro. Lui è Vox. Vox, questo è il mio carissimo amico Alastor. Il mio più caro amico, oserei dire. Ci conosciamo da quando eravamo in vita..." ridacchiò.

I due demoni restarono a fissarsi per un istante, fino a che, lentamente, senza proferire una parola, Alastor allungò la mano davanti a sé cercando in qualche modo di nascondere il tremore che minacciava di scuotergli il braccio su fino alla spalla.

Il cuore gli batteva forte nel petto, forse per la prima volta da che era all'Inferno lo sentiva di nuovo pulsare come quando era in vita, e non poteva negare che in qualche modo fosse una sensazione esaltante, nonostante il motivo che l'aveva generata. O più probabilmente, esattamente per quello, come la sua vicina interiore gli aveva subito bisbigliato.

Vox riuscì finalmente a mettersi in piedi; fece un passo nella sua direzione e gli prese la mano davanti al volto sorridente di Mimzy.

Un lampo azzurro squarciò la penombra della sala partendo dal contatto delle loro mani ed espandendosi rapido nel grande ambiente rumoroso. E come colpiva una lampada o un qualsiasi dispositivo elettrico – compresi i microfoni e le stesse luci del palco – ecco che questo si spegneva.

In pochi attimi l'intera sala era piombata in una oscurità silenziosa.

Tutti i presenti cominciarono a gridare, lanciando insulti e parolacce un po' a casaccio.

"Oh cazzo!" imprecò Mimzy mentre accendeva velocemente un accendino che aveva tirato fuori da chissà dove "Scusatemi ragazzi, vado a capire chi devo ri-ammazzare per questo casino e torno! Voi... accomodatevi e fate amicizia!"

Mimzy sparì mentre qua e là nella sala cominciavano ad accendersi alcune fiammelle insieme alle parti fluorescenti di alcuni demoni vagamente imparentati con dei pesci abissali. Il barman-polpo fu svelto a preparare dei graziosi bicchieri di vetro rosso contenenti dei tea-light che accese a una velocità disumana e mandò un gruppo di camerieri a posarli su tutti i tavoli.

Alastor era ancora fermo, in piedi, la mano stretta a quella di Vox, assolutamente grato che l'oscurità celasse la sua espressione. Perché era certo che quel contatto elettrizzante avesse in qualche modo incrinato il suo sorriso: aveva sentito la scossa risalire lungo il braccio ad una velocità incredibile, con una violenza cento volte superiore al tenue pizzicore che aveva provato stringendo la mano a Vogel quando erano ancora in vita.

L'onda elettrica era arrivata fino al suo cuore come un elettroshock e, se non fosse stato certo che fosse oggettivamente impossibile, avrebbe creduto di essere ri-morto e poi tornato in non-vita per la seconda volta.

Lo schermo di Vox sembrava essere ancora l'unico dispositivo funzionante in tutto il locale, e l'espressione devastata che trasmetteva raccontava tutto il suo sconvolgimento interiore.

"𝔹𝕖𝕙, 𝕞𝕠𝕟 𝕒𝕞𝕚. 𝕋𝕚 𝕕𝕚𝕤𝕡𝕚𝕒𝕔𝕖 𝕤𝕖 𝕞𝕚 𝕤𝕚𝕖𝕕𝕠?" chiese Alastor di nuovo padrone di sé.

Non aspettò una risposta e, quando il cameriere posò il tea-light sul loro tavolino, era già seduto rilassato, la gamba accavallata e il gomito sul bracciolo.

"𝔻𝕦𝕟𝕢𝕦𝕖... '𝕍𝕠𝕩', 𝕙𝕒𝕚 𝕕𝕖𝕥𝕥𝕠? '𝕍𝕠' 𝕔𝕠𝕞𝕖 𝕍𝕠𝕘𝕖𝕝 𝕖 '𝕏' 𝕔𝕠𝕞𝕖 𝕏𝕒𝕟𝕕𝕖𝕣? 𝔾𝕖𝕟𝕚𝕒𝕝𝕖, 𝕕𝕖𝕧𝕠 𝕕𝕚𝕣𝕖!" lo canzonò.

"A-Alastor!" riuscì finalmente a balbettare "Cazzo io..."

"𝔻𝕒 𝕢𝕦𝕒𝕟𝕥𝕠 𝕤𝕖𝕚 𝕒𝕝𝕝'𝕀𝕟𝕗𝕖𝕣𝕟𝕠?"

"Beh... non molto... una decina di giorni, più o meno..." e poi aggiunse "Ti sto cercando da quando sono arrivato... poi ieri qualcuno mi ha consigliato di fare un salto al Mimzy's per trovare nuovi talenti, e mi si è sbloccato subito il ricordo. Non sapevo che ci fosse un Mimzy's anche all'Inferno, e ho davvero sperato di trovarti qua! Anche se... cazzo! Mi rendo conto adesso che non ero davvero pronto a rivederti." terminò la frase in un piagnucolio sottile mentre lo osservava ancora con gli occhi sgranati e scintillanti "Sei così..."

"𝕄𝕚 𝕤𝕥𝕒𝕧𝕚 𝕔𝕖𝕣𝕔𝕒𝕟𝕕𝕠, 𝕙𝕒𝕚 𝕕𝕖𝕥𝕥𝕠? 𝔼 𝕡𝕖𝕣𝕔𝕙𝕖́ 𝕞𝕒𝕚...?"

"Come perché? Eravamo d'accordo che ci saremmo incontrati di nuovo all'Inferno..." mormorò con un tono insicuro e titubante.

"ℕ𝕠𝕟 𝕤𝕠 𝕕𝕚 𝕔𝕠𝕤𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕝𝕚."

Vox restò a fissarlo per un lungo istante, l'immagine sullo schermo completamente bloccata in un'espressione stupita e un leggero ronzio piagnucoloso che usciva dal piccolo altoparlante che correva sotto allo schermo.

"Cazzo Al..." mormorò infine, sconsolato "Non puoi davvero aver dimenticato tutto..."

"ℂ𝕠𝕤𝕚̀ 𝕤𝕖𝕞𝕓𝕣𝕒..."

"Dopo che me ne sono andato da New Orleans non ho più avuto tue notizie." Vox riprese a parlare, sperando forse di aiutarlo a ricordare quello che lui evidentemente non aveva mai dimenticato "Ti ho scritto ma non mi hai mai risposto. Ho anche cercato di telefonarti ma sia alla stazione radio che al Mimzy's mi dicevano sempre che non c'eri e che ti avrebbero riferito il messaggio."

Vox sembrava sul punto di scoppiare a piangere sul serio. L'occhio sinistro traballava fuori controllo, il tono delle sue parole che si faceva sempre più isterico, una nota stridula nella sua voce che corrispondeva a una leggera interferenza sulla parte bassa dello schermo.

"Alla fine sono tornato a New Orleans." fece una pausa "Era la primavera del '34. Lo ricordo come se fosse ieri anche se sono passati più di vent'anni..."

Vox restò ancora per un istante perso nei ricordi prima di riprendere a parlare con un tono sempre più mesto "Mi hanno detto che eri morto. Un incidente di caccia, poco prima di Natale."

"𝕊𝕚̀... 𝕡𝕦𝕠̀ 𝕕𝕒𝕣𝕤𝕚... 𝕟𝕠𝕟 𝕣𝕚𝕔𝕠𝕣𝕕𝕠... 𝔼̀ 𝕡𝕒𝕤𝕤𝕒𝕥𝕠 𝕥𝕒𝕟𝕥𝕠 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕠 𝕕𝕒 𝕒𝕝𝕝𝕠𝕣𝕒. 𝕊𝕠𝕟𝕠 𝕤𝕦𝕔𝕔𝕖𝕤𝕤𝕖 𝕥𝕒𝕟𝕥𝕖 𝕔𝕠𝕤𝕖... 𝕖 𝕚𝕝 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕠 𝕢𝕦𝕚 𝕒𝕝𝕝'𝕀𝕟𝕗𝕖𝕣𝕟𝕠 𝕤𝕔𝕠𝕣𝕣𝕖 𝕕𝕚𝕧𝕖𝕣𝕤𝕒𝕞𝕖𝕟𝕥𝕖 𝕔𝕙𝕖 𝕤𝕦𝕝𝕝𝕒 𝕥𝕖𝕣𝕣𝕒." fece un gesto con la mano per accompagnare le sue parole "𝔸 𝕡𝕣𝕠𝕡𝕠𝕤𝕚𝕥𝕠... 𝕔𝕙𝕖 𝕒𝕟𝕟𝕠 𝕖𝕣𝕒 𝕢𝕦𝕒𝕟𝕕𝕠 𝕤𝕖𝕚 𝕞𝕠𝕣𝕥𝕠?"

"Il 1955."

"𝔼 𝕤𝕖𝕚 𝕣𝕚𝕦𝕤𝕔𝕚𝕥𝕠..."

Alastor non riuscì a terminare la frase. La luce tornò proprio in quel momento illuminando di nuovo il palco, il bar e le piccole lampade rosse con le frange che erano posizionate su tutti i tavolini.

Un istante dopo tornò anche Mimzy, mentre i demoni-capra riprendevano a suonare un motivetto di soft jazz.

"Beh, eccomi qua! Si era fuso un fusibile. Ora l'ho sostituito, credo che il demone-tostapane a cui l'ho preso non ne avrà comunque più bisogno..." Mimzy rise mentre si metteva a sedere dall'altro lato del tavolo rispetto a loro "Allora... avete fatto amicizia voi due? Vox mi stava giusto raccontando del suo progetto, scommetto che ha chiesto anche a te di farne parte, eh, Al?"

"ℕ𝕠𝕟 𝕔𝕣𝕖𝕕𝕠 𝕡𝕣𝕠𝕡𝕣𝕚𝕠." rispose Alastor, sulla fiducia.

Perché, ovviamente, aveva una mezza idea di cosa si trattasse, visti i corsi e ricorsi della non-vita. E l'aspetto che aveva assunto Vox nella sua nuova esistenza ultraterrena era perfettamente coerente con la sua vita precedente. Se avesse davvero provato a immaginarsi come sarebbe stato Vogel una volta arrivato – cosa che sicuramente Alastor non aveva fatto, così come aveva bloccato la sua fastidiosa vocina interiore ogni volta che aveva provato a sollevare l'argomento negli anni passati – sarebbe stato esattamente così.

"Immaginavo." Mimzy ridacchiò "Anch'io gli stavo spiegando che sono felice qui al Mimzy's, non sono interessata alla televisione. Tuttavia, potrei fare qualche intervento in qualche spettacolo, o trasmettere qualche show direttamente qui dal locale, se il compenso fosse sufficientemente succulento..." Mimzy fece oscillare le sopracciglia con fare accattivante.

"Beh... certo... Ti farò avere una proposta scritta così potrai fare le tue valutazioni con calma." Vox rispose sbrigativo per poi voltarsi di nuovo verso Alastor "Quindi tu... fai ancora radio?"

"𝕆𝕧𝕧𝕚𝕒𝕞𝕖𝕟𝕥𝕖."

"Al partirà a breve con le trasmissioni." intervenne ancora Mimzy "Ha appena finito di allestire la sua stazione radio, forse non hai ancora avuto modo di notare la grande antenna che è stata costruita poco fuori città..."

Volse la testa verso Alastor.

"Sai, Vox è qui da poco, eppure ha già ingaggiato diversi talenti e sta per avviare la sua stazione televisiva."

Tornò quindi a rivolgersi a Vox.

"Il nostro Al qui era davvero bravo come conduttore radiofonico, se tu riuscissi a ingaggiarlo sono sicura che spaccherebbe anche in video..."

Mimzy continuava a parlare rivolgendosi ora a all'uno e ora all'altro come se fosse lei stessa la pallina di quella strana partita a ping pong, aggiornando entrambi sulle reciproche attività e non mancando di far notare come una mutua collaborazione sarebbe stata un vantaggio per ciascuno di loro.

Conosceva infatti il talento di Alastor quando era in vita e sembrava ben informata sulle recenti attività del Demone della Radio; e la nuova stazione televisiva di Vox prometteva di scavallare anche i limiti tra i Gironi Infernali grazie alla nuova tecnologia che consentiva trasmissioni a colori su vasta scala.

Entrambi ne avrebbero tratto innumerevoli vantaggi.

"𝕊𝕚 𝕖̀ 𝕗𝕒𝕥𝕥𝕠 𝕥𝕒𝕣𝕕𝕚." Alastor si alzò interrompendola a metà di una frase "𝔼𝕣𝕠 𝕡𝕒𝕤𝕤𝕒𝕥𝕠 𝕤𝕠𝕝𝕠 𝕒 𝕗𝕒𝕣𝕥𝕚 𝕦𝕟 𝕤𝕒𝕝𝕦𝕥𝕚𝕟𝕠, 𝕄𝕚𝕞𝕫𝕪 𝕔𝕒𝕣𝕒. 𝕊𝕥𝕒𝕞𝕞𝕚 𝕓𝕖𝕟𝕖." si inchinò per farle il baciamano.

"Ma non ho nemmeno finito di..."

"𝔾𝕣𝕒𝕫𝕚𝕖 𝕞𝕒 𝕟𝕠𝕟 𝕤𝕠𝕟𝕠 𝕚𝕟𝕥𝕖𝕣𝕖𝕤𝕤𝕒𝕥𝕠. 𝕍𝕠𝕘... 𝕍𝕠𝕩 𝕝𝕠 𝕤𝕒 𝕓𝕖𝕟𝕖." concluse criptico.

"𝕆𝕣𝕒, 𝕤𝕖 𝕧𝕠𝕝𝕖𝕥𝕖 𝕤𝕔𝕦𝕤𝕒𝕣𝕞𝕚, 𝕒𝕦𝕘𝕦𝕣𝕠 𝕒 𝕖𝕟𝕥𝕣𝕒𝕞𝕓𝕚 𝕝𝕒 𝕓𝕦𝕠𝕟𝕒 𝕟𝕠𝕥𝕥𝕖."

In un istante era già sparito tra le ombre.


⇝⇜


Vox dovette mandare almeno quattro suoi sottoposti con un messaggio in cui chiedeva ad Alastor un incontro, prima che quest'ultimo si decidesse a rimandare indietro il quarto, vivo, con un messaggio di risposta.

Aveva scritto il biglietto con la sua migliore grafia, nonostante l'inchiostro carminio fosse risultato alla fine sbavato in più punti. Il dannato si era anche lamentato per l'utilizzo improprio che il Demone della Radio aveva fatto del suo stesso sangue ma, quando aveva visto i corpi dei suoi tre predecessori smembrati nel vicolo sul retro della stazione radio, aveva finalmente realizzato di essere stato, tutto sommato, fortunato.

Il messaggio riportava solo un luogo, una caffetteria a Cannibal Town, e l'indicazione di giorno e orario in cui si sarebbero incontrati.

Alastor aveva riflettuto a lungo sull'eventualità di riprendere i rapporti con Vogel/Vox sul loro nuovo piano di esistenza.

Era titubante.

Aveva dei progetti. Negli ultimi vent'anni aveva faticato per acquisire quel potere che, goccia dopo goccia versata, sentiva ora scorrere inebriante nelle vene. Stava per manifestarsi a tutti gli effetti come un Signore Supremo, ed era assolutamente certo che, una volta partite le trasmissioni della stazione radio, la sua influenza si sarebbe estesa a tutta Pentagram City, se non all'intero Pride Ring.

E quindi l'arrivo di Vox gli faceva assolutamente paura.

Poteva mettere a repentaglio la buona riuscita del piano a cui stava lavorando ormai da anni; sicuramente la stazione televisiva era una minaccia che avrebbe potuto oscurare le sue trasmissioni radio.

Ma soprattutto, Alastor non poteva negarlo, era spaventato da quello che sarebbe potuto succedergli da un punto di vista personale.

Mai come con Vogel si era sentito esposto, fragile e vulnerabile. E per quanto nella sua vita precedente avesse sentito di potersi fidare che Vogel avrebbe mantenuto il suo segreto e non lo avrebbe mai danneggiato volontariamente, non poteva dire lo stesso della situazione attuale.

Chissà cosa aveva combinato Vogel in quei vent'anni prima di morire. Quali altre nefandezze aveva commesso per finire anche lui all'Inferno, già così potente da poter avviare la sua stazione televisiva subito dopo il suo arrivo.

C'era solo un modo per scoprirlo.

Suo padre gli aveva sempre detto di tenere vicino gli amici, ma ancora di più i nemici. E se Vox facesse parte dell'una o dell'altra schiera ancora non gli era dato di saperlo, ma avrebbe dovuto cercare di scoprirlo velocemente.

Vox si era presentato all'appuntamento con largo anticipo, Alastor lo trovò che passeggiava nervosamente fuori dal locale. Quel giorno aveva indossato un completo grigio scuro e una maglia color crema a collo alto con coste verticali. Al collo portava una lunga sciarpa di seta bianca che Alastor ricordava bene, e non poté fare a meno di chiedersi se la indossasse sempre o se fosse stata aggiunta al suo outfit solo per lui.

Il Demone della Radio salutò i camerieri con la sua solita amichevole cortesia, e si addentrò tra i tavoli con la consueta famigliarità dato che frequentava spesso il locale con la sua nuova amica Rosie. Lo condusse a un tavolo in fondo alla sala, in un angolo piuttosto isolato e, quando arrivò il cameriere, ordinò due tazze di caffè nero, una amara e l'altra zuccherata.

Lo sguardo che Vox gli dedicò quando ordinò anche per lui, fu il primo segnale a confermargli che era sulla buona strada per conquistare la sua fiducia anche lì. Evidentemente non si aspettava che Alastor ricordasse il modo in cui preferiva bere il caffè.

In realtà Alastor ricordava ogni cosa dei loro pochi giorni insieme. Ogni parola che si erano scambiati, ogni emozione che aveva provato. Quel bisogno inspiegabile di stare insieme a lui, la brama insaziabile di riempirsi gli occhi con i meravigliosi particolari del suo corpo, la voglia di sperimentare anche qualcosa che non gli era gradito, come il sesso, solo perché piaceva a lui. Quelle emozioni lo avevano tormentato ancora per settimane dopo la sua partenza, ma non aveva mai potuto scoprire se sarebbero in qualche modo passate o se avrebbe provato le stesse sensazioni con qualcun altro perché... beh, era morto.

"𝔹𝕖𝕟𝕖, 𝕞𝕠𝕟 𝕒𝕞𝕚." cominciò Alastor dopo aver assaggiato il suo caffè "𝕍𝕖𝕕𝕠 𝕔𝕙𝕖 𝕟𝕠𝕟 𝕤𝕖𝕚 𝕔𝕒𝕞𝕓𝕚𝕒𝕥𝕠 𝕒𝕗𝕗𝕒𝕥𝕥𝕠. 𝔸𝕟𝕔𝕠𝕣𝕒 𝕗𝕒𝕤𝕥𝕚𝕕𝕚𝕠𝕤𝕒𝕞𝕖𝕟𝕥𝕖 𝕚𝕟𝕤𝕚𝕤𝕥𝕖𝕟𝕥𝕖..."

Vox sorrise sul grande schermo al fosforo.

"Anche tu sei rimasto lo stesso stronzo arrogante che eri in vita."

Anche Alastor sorrise.

"𝟙𝟡𝟝𝟝 𝕙𝕒𝕚 𝕕𝕖𝕥𝕥𝕠... 𝕢𝕦𝕒𝕟𝕥𝕚 𝕒𝕟𝕟𝕚 𝕒𝕧𝕖𝕧𝕚? ℚ𝕦𝕒𝕣𝕒𝕟𝕥𝕒𝕔𝕚𝕟𝕢𝕦𝕖, 𝕕𝕚𝕔𝕠 𝕓𝕖𝕟𝕖?"

"Sì. Dici bene." confermò, la voce strozzata per l'emozione che Alastor ricordasse il suo anno di nascita, oltre che quello di morte.

"𝔼...? 𝕊𝕖𝕚 𝕣𝕚𝕦𝕤𝕔𝕚𝕥𝕠 𝕒 𝕣𝕖𝕒𝕝𝕚𝕫𝕫𝕒𝕣𝕖 𝕥𝕦𝕥𝕥𝕚 𝕚 𝕡𝕣𝕠𝕘𝕖𝕥𝕥𝕚 𝕔𝕙𝕖 𝕥𝕚 𝕖𝕣𝕚 𝕡𝕣𝕖𝕗𝕚𝕤𝕤𝕒𝕥𝕠?"

Sembrava sinceramente curioso e Vox cominciò subito a parlare, raccontandogli di aver fatto una carriera brillante, di aver scoperto molte star e prodotto innumerevoli film e spettacoli televisivi.

Non si soffermò sui dettagli delle modalità con cui aveva raggiunto i suoi traguardi, eppure Alastor riuscì a leggere tra le righe; era lo stesso squalo che aveva conosciuto in vita, forse ancora più famelico e aggressivo con i pesci più piccoli, sempre disposto a tutto pur di raggiungere i risultati che si era prefissato. Era ovvio che anche all'Inferno non si sarebbe fermato davanti a niente e a nessuno.

"Ed è per questo motivo che voglio portare anche qui all'Inferno un po' di quella magia." Vox concluse il suo racconto, gli occhi che scintillavano sullo schermo.

Alastor non ci aveva fatto caso nella penombra del Mimzy's ma si accorse in quell'istante che, come in vita, i suoi occhi erano uno diverso dall'altro. In maniera non così evidente, ma le grandi sclere rosse di quegli occhi così espressivi, erano contornate di azzurro in un occhio e di nero nell'altro.

Gli erano sempre piaciuti i suoi occhi e forse fu per quello che, anziché indagare ancora sulle modalità con cui aveva eseguito la sua scalata verso il successo, la domanda che uscì dalle labbra fintamente sorridenti di Alastor fu un'altra, e stupì lui stesso per primo.

"𝕋𝕚 𝕤𝕖𝕚 𝕞𝕒𝕚 𝕤𝕡𝕠𝕤𝕒𝕥𝕠?"

Anche Vox restò per un instante pietrificato dalla domanda così diretta, gli occhi fissi nei suoi dallo schermo congelato per un lungo istante prima di abbassarli al suo caffè.

"Sì." ammise "Ma non ha funzionato."

"𝔼 𝕡𝕖𝕣𝕔𝕙𝕖́?"

"Vuoi davvero saperlo?" domandò sporgendosi un po' in avanti sul tavolino con un'espressione speranzosa.

Alastor alzò le spalle con aria indifferente ma evidentemente Vox lo interpretò come una conferma perché proseguì con un tono più intenso e accalorato.

"Non ha funzionato perché ero ancora innamorato di qualcun altro!" ammise.

"Quando ho saputo che eri morto, ho cercato di andare avanti. Lei era una brava ragazza. Ma non era te..."

Alastor prese un altro sorso di caffè, cercando di tenere ben saldo il sorriso sulle labbra.

Non poteva negare che sentir parlare Vogel – Vox, si corresse mentalmente – con tutta quella naturalità dei suoi sentimenti per lui, gli faceva ancora un certo effetto. Eppure, era passato tanto tempo...

"Non ho mai smesso di pensare a te, Alastor. E adesso siamo davvero qui all'Inferno, come avevamo detto, cazzo! Se ci siamo reincontrati non può essere un caso. Noi siamo destinati a stare insieme!"

"ℝ𝕚𝕔𝕠𝕟𝕗𝕖𝕣𝕞𝕠. ℕ𝕠𝕟 𝕤𝕖𝕚 𝕔𝕒𝕞𝕓𝕚𝕒𝕥𝕠 𝕒𝕗𝕗𝕒𝕥𝕥𝕠." Alastor lo interruppe e poi prese un altro sorso di caffè. Doveva cercare di smorzare subito sul nascere quella conversazione che sembrava andare in una direzione totalmente diversa da quella che aveva pianificato "𝕀𝕠 𝕡𝕖𝕣𝕠̀ 𝕤𝕠𝕟𝕠 𝕔𝕒𝕞𝕓𝕚𝕒𝕥𝕠. 𝕊𝕠𝕟𝕠 𝕢𝕦𝕚 𝕕𝕒 𝕡𝕚𝕦̀ 𝕕𝕚 𝕧𝕖𝕟𝕥'𝕒𝕟𝕟𝕚, 𝕞𝕠𝕟 𝕒𝕞𝕚, 𝕖 𝕤𝕠𝕟𝕠 𝕤𝕦𝕔𝕔𝕖𝕤𝕤𝕖 𝕥𝕒𝕟𝕥𝕖 𝕔𝕠𝕤𝕖."

E poi continuò senza lasciargli il tempo di obiettare.

"𝔼̀ 𝕡𝕖𝕣 𝕢𝕦𝕖𝕤𝕥𝕠 𝕔𝕙𝕖 𝕧𝕠𝕘𝕝𝕚𝕠 𝕕𝕚𝕣𝕥𝕚 𝕤𝕚𝕟𝕔𝕖𝕣𝕒𝕞𝕖𝕟𝕥𝕖 𝕖 𝕚𝕟 𝕞𝕒𝕟𝕚𝕖𝕣𝕒 𝕥𝕠𝕥𝕒𝕝𝕞𝕖𝕟𝕥𝕖 𝕕𝕚𝕤𝕚𝕟𝕥𝕖𝕣𝕖𝕤𝕤𝕒𝕥𝕒, 𝕔𝕙𝕖 𝕗𝕒𝕣𝕖𝕤𝕥𝕚 𝕞𝕖𝕘𝕝𝕚𝕠 𝕒 𝕕𝕚𝕞𝕖𝕟𝕥𝕚𝕔𝕒𝕣𝕞𝕚. 𝔻𝕒𝕧𝕧𝕖𝕣𝕠. 𝕀𝕟 𝕟𝕠𝕞𝕖 𝕕𝕖𝕚 𝕧𝕖𝕔𝕔𝕙𝕚 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕚 𝕖 𝕕𝕚 𝕢𝕦𝕖𝕝𝕝𝕠 𝕔𝕙𝕖... 𝕓𝕖𝕙... 𝕔'𝕖̀ 𝕤𝕥𝕒𝕥𝕠 𝕥𝕣𝕒 𝕟𝕠𝕚..."

Anche con il suo nuovo aspetto, Alastor non riuscì a nascondere una punta di imbarazzo su quella maschera sfacciata e sorridente.

"No!" lo interruppe secco "Alastor, ti prego. Non allontanarmi una seconda volta."

Alastor soffiò fuori l'aria dai polmoni con fare sconsolato.

"𝕊𝕖𝕞𝕡𝕣𝕖 𝕚𝕟𝕤𝕚𝕤𝕥𝕖𝕟𝕥𝕖, 𝕞𝕙?"

"Sì. Cazzo! Insisto. Non buttare via tutto. Ti prego!"

Si accorse che diversi avventori del bar si erano voltati a guardarli; si sporse sul tavolino e abbassò il volume così che solo Alastor potesse sentirlo.

"Tu non sai quanto ho sofferto quando ho scoperto che eri morto. Ero tornato per te..." mormorò senza mai distogliere lo sguardo "Mi eri mancato ogni singolo giorno da quando ero partito da New Orleans. Ho lasciato volutamente passare un po' di tempo, per darti modo di capire i tuoi sentimenti per me, e quando poi mi sono deciso a venirti a cercare e ho scoperto che eri morto... io mi sono maledetto ogni giorno della mia vita per aver aspettato troppo!"

Vox sembrò prendere un profondo respiro.

"Quindi scusami ma non ho intenzione di perderti una seconda volta..."

Alastor era oggettivamente in difficoltà.

Si era presentato all'appuntamento con il solo scopo di scoprire i piani e le intenzioni di Vox, e non era quindi preparato a una dichiarazione d'amore rediviva in piena regola.

Per una volta si pentì di non aver voluto ascoltare la sua vocina interiore, che continuava a sussurrare inutili patetici bisbigli sulle emozioni e altre stupidaggini, che lo distraevano dall'obiettivo principale di scoprire le intenzioni di Vox. Perché se invece le avesse dato retta, quantomeno sarebbe stato preparato e avrebbe saputo già cosa rispondere, così da non fornire a Vox nemmeno uno spiraglio.

"Senti. Proviamo a frequentarci. Da amici..." stava dicendo Vox, avendo forse interpretato il silenzio di Alastor come uno squarcio nella sua determinazione, e cercando – ora come allora – di scoprire il suo prezzo o il suo punto debole "Andiamo a bere qualcosa. A sentire Mimzy cantare. Passiamo del tempo insieme e... beh. Vediamo come va."

Alastor prese fiato ma Vox non gli lasciò il tempo di rispondere.

"Ti prego. Concedimi questa possibilità..."

Il Demone della Radio restò ancora per un istante a guardare il grande schermo dall'espressione implorante; in qualche modo sembrava armonizzarsi col suo fisico tutt'ora prestante e slanciato, e Alastor dovette ricordare a sé stesso che arrivando all'Inferno anche i canoni di bellezza si modificavano. E in qualche modo strano e inspiegabile, anche in questa nuova forma Vox sembrava attrarlo come una calamita.

Doveva stare ben attento a non lasciarsi trascinare dalle emozioni, così come non doveva lasciarsi ingannare dall'interesse palese e sfacciato che Vox continuava a dimostrare nei suoi confronti.

Poteva esserci sotto un piano ancora più grande del suo e non poteva permettersi di vedere i suoi progetti fallire miseramente solo perché quella persona, tra tutte, era mai riuscita a fargli sentire qualcosa.

"𝕀𝕠... 𝕝𝕒𝕤𝕔𝕚𝕒𝕞𝕚 𝕢𝕦𝕒𝕝𝕔𝕙𝕖 𝕘𝕚𝕠𝕣𝕟𝕠 𝕡𝕖𝕣 𝕡𝕖𝕟𝕤𝕒𝕣𝕔𝕚."

Vox annuì. Era un uomo d'affari dopotutto, aveva capito che, per il momento, aveva già portato a casa un risultato soddisfacente.

"𝕆𝕣𝕒 𝕤𝕖 𝕧𝕦𝕠𝕚 𝕤𝕔𝕦𝕤𝕒𝕣𝕞𝕚 𝕕𝕖𝕧𝕠 𝕡𝕒𝕤𝕤𝕒𝕣𝕖 𝕒 𝕥𝕣𝕠𝕧𝕒𝕣𝕖 𝕦𝕟'𝕒𝕞𝕚𝕔𝕒 𝕔𝕙𝕖 𝕞𝕚 𝕒𝕤𝕡𝕖𝕥𝕥𝕒 𝕢𝕦𝕚 𝕧𝕚𝕔𝕚𝕟𝕠."

Alastor si alzò e si diresse verso l'uscita del locale.

Vox restò ancora per un istante a fissare il posto vuoto davanti a lui; quindi, si alzò e si diresse a sua volta all'uscita.

Trovò Alastor davanti alla porta d'ingresso che osservava una pioggia fitta e insistente che cadeva dal cielo di un rosso cupo e denso.

"ℙ𝕚𝕠𝕘𝕘𝕚𝕒 𝕒𝕔𝕚𝕕𝕒..." mormorò Alastor, che aveva percepito Vox fermo dietro alle sue spalle "𝕞𝕚 𝕗𝕒 𝕤𝕖𝕞𝕡𝕣𝕖 𝕒𝕣𝕣𝕦𝕗𝕗𝕒𝕣𝕖 𝕚 𝕔𝕒𝕡𝕖𝕝𝕝𝕚 𝕖 𝕡𝕣𝕦𝕕𝕖𝕣𝕖 𝕝𝕒 𝕥𝕖𝕤𝕥𝕒..."

Vox fu svelto a sfilarsi la giacca e la drappeggiò con un gesto sicuro sopra le loro teste.

"Dimmi dove devi andare. Ti accompagno."

Alastor si arrese con un sospiro.

"𝔸𝕝𝕝'𝕖𝕞𝕡𝕠𝕣𝕚𝕠 𝕕𝕚 ℝ𝕠𝕤𝕚𝕖, 𝕖̀ 𝕡𝕣𝕠𝕡𝕣𝕚𝕠 𝕢𝕦𝕚, 𝕕𝕚𝕖𝕥𝕣𝕠 𝕝'𝕒𝕟𝕘𝕠𝕝𝕠."

Iniziarono a correre sotto la pioggia, la giacca di Vox sopra le loro teste mentre nessuno dei due demoni sotto di essa riusciva a trattenere il sorriso spontaneo e sincero che si allargava sui loro visi.

Cosa ne sarebbe stato della loro relazione, nessuno dei due ancora poteva averne un'idea, ma quello che era certo e che entrambi sentivano, era che sarebbero rimasti in qualche modo profondamente legati l'uno all'altro per il resto dell'eternità.


[Scusate ma non sapevo decidermi tra la fanart che ho messo a inizio capitolo e questa, e così ho deciso di metterle entrambe visto che entrambe sembrano perfette per questa storia. 😇]


⇝⇜





Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top