CAPITOLO 6 - V COME VENERAZIONE
New Orleans, Louisiana – 29 Ottobre 1933
L'alba sul lago aveva qualcosa di magico.
Lo specchio d'acqua era ricoperto da una sottile nebbiolina, che diventava sempre più leggera e impalpabile man mano che il sole si alzava all'orizzonte.
Il silenzio era quasi totale, l'aria immobile, come se la natura stesse trattenendo il fiato in attesa del nuovo giorno.
Vogel stesso sembrava essersi dimenticato come si faceva a respirare, perso in un mondo che si tingeva lentamente di colore e acquistava profondità e consistenza.
La presenza di Alastor accanto a lui era un'altra fonte di stupore e meraviglia.
Ancora una volta si riempì gli occhi e il cuore del suo profilo delicato, la sua bocca carnosa, il colore brunito della sua pelle.
Non avevano ancora scambiato parola dalla sera precedente, ma il silenzio era confortevole, ancora più rilassante del giorno prima.
Vogel si era svegliato rannicchiato sul divano. Aveva una coperta sulle spalle e nelle narici l'odore del caffè appena fatto.
In un istante i ricordi della sera prima erano piombati su di lui. La sensazione appagante di essere riuscito a fare breccia nella corazza di Alastor. Le sue dita delicate tra i capelli. Il calore del suo corpo sotto la guancia.
Gli era stato fatto un dono, era consapevole di essere riuscito a vedere, a vivere Alastor come nessuno mai aveva fatto prima di lui.
Era andato lì con l'intenzione di scoprire il suo punto debole per affondarci la lama del suo opportunismo ma, ora che aveva visto la sua anima in tutta la sua meravigliosa e intrigante complessità, non voleva fare altro che proteggerlo.
Non in senso letterale – Alastor non aveva nessun bisogno di essere protetto – quanto piuttosto emotivo. Vogel voleva proteggere il suo segreto. Voleva proteggere la sua anima oscura che, anche dopo tutte le rivelazioni della sera prima – o forse proprio grazie a loro – sentiva attrarlo come non gli era mai capitato con nessuno.
Sapeva razionalmente quanto Alastor fosse oggettivamente pericoloso ma inspiegabilmente si era sentito al sicuro con lui; in una maniera folle e assolutamente incosciente, ma nemmeno per un istante aveva pensato di essere davvero in pericolo.
Loro due erano anime affini. Vogel lo aveva intuito da subito. E per quanto fosse difficile e incredibilmente doloroso pensare che Alastor non avrebbe mai voluto condividere con lui lo stesso tipo di intimità che Vogel desiderava, era comunque disposto ad accettare qualsiasi compromesso per poter stare insieme a lui.
Quando si era alzato dal divano con un leggero mal di schiena, aveva scorto attraverso la piccola finestra la sagoma di Alastor che si stagliava nella luce fioca e lattiginosa che precede l'alba. Lo aveva raggiunto sotto al portico e Alastor gli aveva sorriso porgendogli una tazza di caffè. Era bollente e dolce, Alastor lo aveva zuccherato per lui, e solo quel gesto gli aveva acceso il cuore di una strana e immotivata speranza.
"Mi stai fissando..." gli fece notare Alastor senza distogliere lo sguardo dal lago davanti a sé.
"Sì, beh... sei davvero bellissimo alla luce dell'alba."
Aveva deciso di essere diretto, non aveva più senso nascondere i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Doveva solo stare attento a non superare quei confini che sapeva per certo esistere attorno alla sua anima e soprattutto alla sua persona, ma di cui non aveva ancora identificato esattamente il perimetro.
"Grazie." rispose Alastor "Anche io ti ho fissato per un po' questa mattina mentre ancora dormivi sul divano."
"Detto così è un po' inquietante."
"Io sono inquietante." Alastor fece un mezzo sorriso e si voltò finalmente a guardarlo.
"Oh, sì, senz'ombra di dubbio." ammise Vogel rispondendo al sorriso.
E forse fu perché Alastor non accennava a voler distogliere gli occhi dai suoi, che Vogel si decise nuovamente a parlare.
"Domani mattina torno a Los Angeles. Immagino che non verrai con me. Il tuo posto è qui, questo l'ho capito. Solo..." Vogel sembrò riflettere per un istante fino a che punto spingersi.
"Mi piaci, Alastor. In qualche modo forse malato e contorto ma mi piaci davvero. Credo di essere innamorato di te, e ti confesso che non mi era mai capitato. Non così. Non ad un livello così profondo e totalizzante."
"Io..." Alastor balbettò, per la prima volta nella sua vita sembrava oggettivamente a corto di parole.
"Non mi devi dire niente, non ti preoccupare. Volevo semplicemente dirtelo. E volevo dirti che mi piacerebbe rivederti. Potrei tornare a trovarti di tanto in tanto. Oppure potresti venire tu a Los Angeles. Anche lì abbiamo spacciatori e trafficanti di minori..." gli fece l'occhiolino mentre gli sorrideva con dolcezza.
"Xander..." Alastor prese un respiro profondo e Vogel fu grato per questo, voleva godersi ancora per un istante il suo nome pronunciato da quella voce così calda e morbida.
"Io non mi sono mai innamorato nella mia vita e non credo che mi innamorerò mai. Onestamente non so nemmeno bene che cosa significa, è un concetto per me totalmente alieno. Se dovessi stare ai racconti di Maggie e delle ragazze giù al locale, ti direi che quella cosa delle 'farfalle nello stomaco', il cuore che batte forte e la testa leggera... beh, io provo quelle sensazioni quando riesco ad ammazzare un criminale."
Alastor tornò a prestare attenzione al lago davanti a sé, la superficie cosparsa di un milione di scintille dorate al riflesso del sole che si alzava piano nel cielo.
"Però..."
Vogel trattenne il respiro.
In quella sospensione dopo il 'però' erano contenute tutte le sue speranze, e il cuore sanguinante di Xander Vogel sarebbe ritornato a quel momento un milione di volte negli anni futuri chiedendosi cos'altro avrebbe potuto dire Alastor, invece delle parole che realmente uscirono dalle sue labbra.
"Io sono un mostro, lo sono per davvero, e non credo che tu dovresti perdere il tuo tempo con me. Hai detto che anche tu sei un peccatore: sei ambizioso, spietato e disposto a venderti per i tuoi fini. Ma l'omicidio è tutta un'altra cosa. E non è solo quello. È il piacere che io provo quando lo faccio. Ho imparato ad accettarlo perché altrimenti sarei impazzito. Ma non posso e non voglio chiedere anche a te di farlo."
Alastor prese un altro respiro profondo prima di concludere "Non voglio trascinanti nel mio mondo oscuro."
Vogel attese un istante prima di rispondere, ma quando fu certo che Alastor non avrebbe aggiunto altro, provò a parlare con il cuore in mano.
"Innamorarsi non è qualcosa che puoi decidere, Alastor. Semplicemente succede. Quando incontri una persona che cattura e monopolizza la tua attenzione come nessun'altra ha mai fatto. Quando vuoi passare del tempo con quella persona, e non importa a fare cosa. Semplicemente, ti basta starci insieme. Respirare la stessa aria. Guardare la stessa alba e sapere che anche lei la vede meravigliosa così come la vedi tu."
Alastor aveva gli occhi lucidi prima di abbassarli sulle sue stesse dita, ma non rispose, restò zitto a fissare le sue mani strette in grembo una all'altra, e Vogel capì che il loro momento insieme era terminato.
Poteva solo sperare che le parole che aveva pronunciato, in qualche modo fossero affondate nell'oscurità della sua anima contorta e che gli avessero reso più chiari almeno i suoi sentimenti.
Ripartirono verso New Orleans in mattinata, accompagnati dalla musica della stazione radio di Alastor e dai pensieri incessanti che si agitavano nelle loro teste. Sicuramente in quella di Vogel, che si arrovellava su cos'altro avrebbe potuto dirgli per spingerlo quantomeno ad una risposta sulle sue intenzioni di proseguire in qualche modo una relazione a distanza, ma senza farlo richiudere a riccio o scappare definitivamente da qualcosa che, non solo non gli era famigliare, ma probabilmente nemmeno gradito.
Ma non ottenne nessuna illuminazione né dalle canzoni che li accompagnarono nel viaggio di ritorno, né dal profilo perfetto di Alastor, che continuava nonostante tutto a sbirciare di tanto in tanto. Quantomeno per crearsi una serie di immagini mentali ad alta definizione, per poterle portare con sé nella vita che lo aspettava una volta rientrato a casa, e che per la prima volta da sempre percepiva come triste e vuota.
Si congedarono davanti al Mimzy's senza scambiarsi una parola; Vogel recuperò la sua borsa dal sedile posteriore e fece un gesto di saluto con la mano mentre l'auto ripartiva.
Alastor non si presentò al locale quella sera, con sommo dispiacere di Maggie che sperava di poter salutare il suo amico e mentore prima della partenza la mattina dopo.
Sembrava essersi come volatilizzato, forse tappato dentro la sua stazione radio a preparare il palinsesto della settimana, oppure giù al porto, a recuperare agganci e informazioni per la sua prossima 'vendetta'.
Vogel era ormai rassegnato a non rivederlo più, e restò quindi oggettivamente sorpreso quando sentì bussare alla sua porta nel cuore della notte.
Alastor era lì nel corridoio, la mano con cui aveva bussato ancora sollevata, e un sorriso timido sulle sue bellissime labbra.
Vogel non si aspettava davvero di rivederlo e dovette prendere un respiro profondo per calmare il battito del suo cuore che sembrava come impazzito. Registrò distrattamente quanto il suo stomaco sembrasse invaso da uno sciame di farfalle e la sua testa stesse fluttuando leggera, e sorrise ripensando alla loro conversazione di quella stessa mattina.
Cazzo, era innamorato per davvero!
"Posso entrare o vuoi stare tutta la notte lì a fissarmi con quell'espressione inquietante?"
Vogel fece un passo indietro e lo fece accomodare. Richiuse la porta e ci si appoggiò contro con la schiena. Aveva paura che le gambe non lo avrebbero sorretto e che si sarebbe sciolto sul pavimento come neve in agosto.
Alastor si guardò distrattamente intorno, la valigia aperta con i vestiti piegati con cura, il leggero disordine degli ultimi effetti personali che avrebbe messo via all'ultimo minuto.
La stanza era illuminata solo dalla abat-jour sul comodino, il letto era sfatto e c'era appoggiato sopra un libro aperto a faccia in giù per non perdere il segno. Vogel stava evidentemente leggendo quando Alastor aveva bussato.
"Vengo subito al punto." disse Alastor tornando a dedicare tutta la sua attenzione all'uomo che aveva davanti.
Vogel lo guardava infatti trattenendo il fiato, in attesa di scoprire il motivo della sua visita. Non voleva concedersi di sperare ma allo stesso tempo non riusciva a trovare nessun'altra motivazione per cui Alastor sarebbe dovuto andare nella sua camera a notte fonda.
Aveva aperto la porta con la biancheria che indossava per dormire: un paio di boxer blu notte e una t-shirt dello stesso colore, e lo sguardo di Alastor indugiò forse un istante di troppo sulle sue clavicole che sporgevano appena dal collo della maglietta.
A dispetto del suo sguardo invadente, era evidentemente nervoso e dovette deglutire un paio di volte prima di riuscire a pronunciare le parole seguenti.
"Voglio fare sesso con te."
Vogel sbatté le lunghe ciglia, ancora incredulo che Alastor fosse davvero in piedi davanti a lui nel cuore della notte e che avesse detto... quello che aveva detto.
"Porca troia, Alastor! ...stai scherzando?"
"Io non scherzo mai."
Vogel cominciò a passeggiare nervosamente nella stanza e, come ogni volta che era nervoso, la sua lingua se ne andò per conto suo.
"Cos'è, hai finalmente leccato il culo a una mucca e hai scoperto che ti piace?"
Alastor sorrise e non rispose.
Vogel si fermò di nuovo davanti a lui e lo guardò a lungo negli occhi.
"Ok. Davvero. Sei serio?"
"Sì."
"Perché dovresti farlo? Voglio dire, non che mi dispiacerebbe, ma non voglio nemmeno che tu faccia qualcosa che non ti va."
"Chi può dirlo? Forse, come dici tu, se provo con un uomo, magari mi piace."
Sapevano entrambi che era una bugia, eppure quell'offerta rappresentava così tanto da parte di Alastor che Vogel si trovò costretto a considerarla per davvero. In quei pochi giorni aveva conosciuto Alastor intimamente e profondamente, e se c'era una cosa che aveva capito era che non faceva davvero nulla che non volesse.
Quindi sì, forse si stava sforzando di provarci per lui, e accettare la sua offerta era il minimo che potesse fare.
"Ok..."
Vogel fece un passo verso di lui senza mai perdere il contatto visivo.
"Possiamo fermarci in qualunque momento." mormorò mentre allungava le mani verso di lui, lentamente, per dargli modo di fermarlo o di spostarsi quando avesse voluto.
Ma lui non si spostò né lo fermò.
Vogel sbottonò il cappotto, glielo fece scivolare dalle spalle e lo attaccò all'appendino dietro la porta.
Era ancora voltato dandogli le spalle quando lo sentì prendere un profondo respiro.
"Ho delle condizioni..." mormorò Alastor.
Vogel si girò concedendogli tutta la sua attenzione. Lui si schiarì la voce e unì le mani giunte davanti a sé.
"Scusami. Sono nervoso. Ok, non sono 'condizioni', lo fa sembrare così..."
Vogel mise lentamente le mani sulle spalle di Alastor, consapevole che lo stesso contatto fisico era qualcosa che faceva fatica a gestire ma che riteneva in qualche modo necessario se dovevano davvero... beh, fare sesso.
"Ok. Rilassati Al. Davvero. Possiamo lasciar perdere e scendere a saccheggiare le bottiglie speciali di whisky di segale che di sicuro Raoul tiene nascoste sotto al bancone, e poi ubriacarci fino a vomitare."
Alastor rise e prese un altro profondo respiro.
"Ti chiedo solo di lasciar fare a me..." mormorò invece abbassando gli occhi.
"Non toccarmi, non baciarmi, devi solo lasciarmi fare. Se qualcosa che faccio non ti piace, devi dirmelo, e se vuoi che faccia qualcosa di particolare me lo puoi chiedere, ma posso anche dirti di no. Pensi che possa andare?"
"D'accordo..."
La voce di Vogel tremava e fu lui, questa volta, a cercare di respirare normalmente. Ma era più difficile di quello che pensava, il suo cuore continuava a correre come un forsennato, l'aspettativa lo stava uccidendo. Sapeva che stava per vivere un'esperienza unica nel suo genere e aveva già la certezza che ne sarebbe uscito cambiato.
Forse devastato.
Sicuramente non sarebbe stato mai più lo stesso di prima.
Fu Alastor a sciogliersi per primo da quella impasse.
Sbottonò lentamente il panciotto nero che aveva indossato sopra a una camicia bordeaux e a un paio di eleganti pantaloni neri. Lo appese insieme al cappotto e si arrotolò lentamente le maniche fino ai gomiti.
Vogel non riusciva a staccare gli occhi da lui, dai suoi movimenti eleganti, lo sguardo concentrato, il labbro inferiore stretto tra i denti in un gesto che palesava tutto il suo nervosismo.
Quindi si avvicinò e posò lentamente le mani sulle spalle di Vogel, per poi cominciare a scendere lungo le sue braccia in una carezza leggera.
Vogel trasalì quando i suoi polpastrelli passarono dal tessuto delle maniche alla pelle dei suoi avambracci.
Ancora quella scossa. Calda e vibrante, come se i loro corpi fossero sempre carichi con polarità invertite e ogni volta che anche solo si sfioravano, generavano scintille.
Vogel chiuse gli occhi e la sensazione si amplificò fino a fargli girare la testa.
Alastor arrivò fino al palmo delle sue mani e poi si spostò al bordo della t-shirt che cominciò a sollevare lentamente fino a sfilargliela dalla testa.
"Stai tremando..." mormorò quando posò nuovamente i polpastrelli sulla pelle nuda delle sue spalle "Hai freddo?"
"No..." rispose tornando ad aprire gli occhi.
Perché, cazzo, Alastor lo stava toccando, e lui non voleva perdersi nemmeno un frame di quel momento incredibile.
Le dita di Alastor erano inspiegabilmente calde e assurdamente morbide; scivolarono fino al palmo delle sue mani ancora una volta e poi indietro, e ancora su verso il collo, arrivando ad accarezzare l'osso duro delle clavicole attraverso la pelle morbida.
"Mi piace, qui..." mormorò "è bello. Sei bello."
Così come era bello sentire le sue dita scivolare sulla pelle con una sicurezza sempre maggiore. Ascoltare la sua voce bassa e roca che elogiava quelle parti del corpo di Vogel che gli piacevano di più; la curva asciutta dei suoi bicipiti, il reticolo di vene che sporgevano dai suoi avambracci, gli avvallamenti dei suoi addominali.
Mani delicate lo esploravano, curiose e adoranti, facendo seguire ad ogni gesto un apprezzamento, o anche solo un sottile mugugno soddisfatto.
Vogel scoprì che c'era qualcosa di incredibilmente appagante nel sentirsi oggetto di tutte quelle attenzioni, il suo corpo che veniva venerato in quel modo così unico e speciale, era davvero inebriante.
E guardare quel viso bellissimo era altrettanto meraviglioso che sentire le sue mani sul proprio corpo; i suoi occhi di miele fuso lo osservavano attenti, la pupilla dilatata e il labbro ancora tormentato sotto a quella chiostra di denti candidi.
Alastor era quando ti più bello avesse mai visto in tutta la sua vita, e Vogel sapeva che non avrebbe mai più dimenticato quella notte finché avesse avuto vita. E anche oltre.
Era davvero un'esperienza unica e, per quanto fosse ancora ben lontana da quello che avrebbe definito come 'fare sesso', era inebriante.
E il fatto di non poterlo toccare a sua volta, di non poterlo baciare, accarezzare, accendeva il suo petto di una frustrazione profonda e dolorosa ma, allo stesso tempo, lo rendeva ancora più eccitato.
La macchia sui suoi boxer era visibile anche alla luce fioca dell'abat-jour, e si allargava sempre di più sulla evidente protuberanza della sua eccitazione, rendendolo tanto imbarazzato quanto voglioso di sentire quelle dita abili e letali infilarsi nei suoi boxer.
Alastor sembrò percepire il suo bisogno, abbassò l'elastico con delicatezza trascinandolo giù fino alle caviglie, e decretando così per Vogel la fine del suo autocontrollo e il tracollo della sua sanità mentale.
"Alastor.... Cazzo!" gemette portandosi il pugno tra i denti e mordendolo forte.
"Shhhh..." rispose soltanto prima di avvolgere le lunghe dita attorno alla sua erezione.
Vogel non riuscì a tenere gli occhi aperti, gettò indietro la testa e conficcò le unghie nei palmi delle sue stesse mani, le gambe che tremavano visibilmente.
"Dio..." sibilò ancora mentre Alastor scivolava lentamente avanti e indietro.
"Non credo..." rispose soltanto prima di aumentare la stretta e la velocità.
Vogel ancora una volta si impose di aprire gli occhi e di obbligarsi a guardare.
Lunghe dita scure, eleganti e bellissime, circondavano la sua erezione, la pelle più chiara e arrossata, turgida, sul punto di esplodere. Si sentiva esattamente così, ad appena un soffio dal frantumarsi in un milione di pezzi.
Ma quello che lo colpì fu lo sguardo di Alastor. I suoi occhi spalancati che osservavano come affascinati il punto in cui le sue dita lo avvolgevano, la testa appena inclinata di lato, il labbro inferiore ancora stretto tra i denti. Non c'era disgusto quanto piuttosto curiosità, voglia sincera di comprendere un mistero che doveva risultargli davvero così alieno e indecifrabile, mentre la sua mano accelerava in colpi lunghi e profondi.
L'orgasmo lo colpì con la violenza di quello sparo che aveva tanto atteso nel silenzio della foresta, il calore lo avviluppò incendiandolo in ogni sua fibra, un gemito profondo e vibrante che eruppe dalle sue labbra mentre veniva assalito dai brividi. Si riversò sul parquet lucido, lunghi fiotti candidi a tratti intercettati dal movimento inesperto ma efficace di quelle dita bellissime.
Immediatamente si sentì svuotato, le gambe che si tramutavano finalmente in gelatina come avevano minacciato di fare da quando lo aveva accolto sulla soglia della sua stanza.
Alastor lo intercettò prima che cadesse e lo accompagnò a sdraiarsi sul letto dietro di lui. E mentre Vogel respirava affannosamente e cercava di fermare il mondo che girava intorno a lui, ecco che Alastor osservava affascinato le sue stesse dita macchiate di bianco, il labbro inferiore martoriato dai denti bianchissimi.
"Dio..." ansimò ancora Vogel.
"Continui a ripeterlo. Non ti facevo così credente."
Vogel ridacchiò e prese un paio di respiri profondi prima di rimettersi seduto accanto ad Alastor sul fondo del letto.
"Se c'è un Inferno..." ansimò ancora "dove ti ricordo che ci ritroveremo..." ansimò di nuovo "c'è anche un Paradiso... E quindi, Dio..."
"Opinabile." commentò Alastor "Ma non credo di voler discutere di questo, ora."
Vogel sorrise e allungò la mano a prendere quella di Alastor ancora sporca del suo stesso seme. Lo fece adagio, con cautela, come se avesse a che fare con una bestia ferita, per non correre il rischio che potesse spaventarsi e scappare oppure, più probabilmente, attaccarlo.
Ma ancora una volta Alastor si lasciò toccare.
Il primo istinto di Vogel fu di portarsi quelle dita bellissime alle labbra e succhiarle fino a farle scintillare di saliva, eliminando ogni traccia del suo stesso sperma. Ma qualcosa nella sua coscienza lo ammonì di evitare un gesto che di sicuro avrebbe turbato Alastor. Così recuperò la sua maglietta che aveva gettato in mezzo al letto e ripulì con cura prima le dita di Alastor e poi sé stesso, prima di gettarla definitivamente a terra.
Quindi si alzò lentamente, le gambe ancora tremanti con le quali raggiunse finalmente la valigia. Prese una maglietta pulita e un paio di boxer e li indossò, per poi tornare a sedersi sul bordo del letto.
Non avrebbe definito quello che era successo come 'fare sesso', ma non era sicuro che Alastor avrebbe gradito quella puntualizzazione.
E soprattutto, avrebbe voluto restituirgli il favore. Avrebbe voluto fare molto di più, in verità.
Ma l'espressione smarrita sul volto di Alastor, il rossore che riusciva comunque a intravedere sulle sue guance, gli dicevano che per lui fosse stato già abbastanza, se non decisamente troppo.
"Ti è... piaciuto?" chiese infatti Alastor, in una manifestazione davvero adorabile di insicurezza e fragilità.
"Sei stato fantastico. Io... wow, cazzo, ci ho messo pochissimo... hai visto..."
"Sì... beh. Sono contento."
"E tu, stai bene?"
"Sì." disse sinceramente appoggiandosi sul letto con i palmi delle mani dietro di sé "Insomma... non è stato poi così terribile." ridacchiò "Ma sono contento se a te è piaciuto. Davvero. Sono sincero."
"Lo so." mormorò.
Avrebbe voluto stringerlo tra le braccia. Aveva la sensazione di non avere davvero colto l'enormità di quello che Alastor aveva fatto per lui, ma già soltanto quel poco che aveva capito, lo lasciava senza fiato.
"Vorrei abbracciarti." disse infatti.
"Io... beh, e se ti abbracciassi io?" propose.
Strisciò all'indietro sul letto fino ad appoggiarsi con la schiena sui cuscini che Vogel aveva sollevato per leggere. Chiuse il libro che era rimasto aperto sulle lenzuola e lo posò sul comodino, quindi spalancò le braccia.
Vogel gattonò sul letto e posò la testa sulla sua spalla, circondando il suo torace con un braccio.
Si lasciò andare ad un sospiro così lungo e profondo che doveva aver buttato davvero fuori tutta l'aria dai polmoni.
"Mi dispiace. Ti ho perso il segno..." mormorò Alastor dopo qualche istante.
Riprese il libro e lo sollevò davanti al viso. Era un'edizione di lusso de 'Il Ritratto di Dorian Gray' di Oscar Wilde, le scritte dorate che rilucevano appena sull'elegante copertina di pelle blu.
"Non ti preoccupare, l'ho già letto almeno dieci volte. È uno dei miei libri preferiti. Il piacere, la gioventù e la bellezza, alla modica cifra della tua anima... chi non accetterebbe di fare un patto col demonio per così poco?" ridacchiò "Non so perché ma è un tema che mi affascina..."
Alastor sorrise "Avrei dovuto immaginarlo. Anche io adoro Oscar Wilde, anche se preferisco le commedie."
Vogel sorrise con lui. Non era particolarmente stupito della rivelazione, la dialettica arguta e sottile di Alastor gli aveva sempre dato una sensazione di déjà-vu, e in quel momento capì il perché. E il fatto che condividessero anche uno dei suoi autori preferiti era un altro segnale che Vogel non aveva nessuna intenzione di ignorare.
"Al... hai voglia di accarezzarmi ancora i capelli?"
Alastor posò il libro sorridendo a quella ammissione – come aveva sospettato, Vogel non stava davvero dormendo la sera prima – e infilò le dita nella sua chioma, cominciando a scivolare lentamente avanti e indietro.
"Sai..." Vogel sospirò ancora una volta mentre i brividi percorrevano senza sosta la sua spina dorsale "mi avevano detto di stare attento ad alloggiare a Bourbon Street, che è un luogo pericoloso, un luogo di perdizione... Beh, cazzo, avevano ragione!"
Alastor ridacchiò ma non fermò le sue dita che continuarono ad accarezzargli il cuio capelluto strappando altri piccoli gemiti di piacere dalle labbra di Vogel.
"Non riuscirò mai più a sentir nominare Bourbon Street senza pensare a te." mormorò ancora, gli occhi chiusi e un'espressione di totale beatitudine sul viso.
"Sarà la nostra parola segreta." aggiunse poi, in un impeto di entusiasmo che lasciava trasparire le sue speranze per quella che avrebbe potuto essere una loro relazione futura.
"Bourbon street..." mormorò Alastor con un filo di voce.
"Bourbon Street." confermò Vogel.
Non dissero altro, e lentamente le carezze di Alastor tra i suoi capelli fecero ancora una volta la magia, trascinando Vogel nel mondo dei sogni.
Quando si risvegliò, Alastor se n'era già andato.
Quella fu l'ultima volta che lo vide. Vivo.
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Pentagram City, Pride Ring – il presente
Sprofondato nella sua poltrona girevole, Vox è come ogni giorno intento a scansionare le immagini che provengono dalle telecamere che ha disseminato un po' ovunque a Pentagram City. Ha mandato anche quattro droni, ma stranamente sembra che Alastor non sia da nessuna parte. Forse è rimasto tutto il giorno rinchiuso nella sua stazione radio, quella mostruosità che svetta dall'ala Est del nuovo Hazbin Hotel, il pacchiano obbrobrio che Lucifero e i suoi amichetti hanno ricostruito dopo la battaglia con gli angeli.
Quantomeno non è insieme ad Angel, che sta giusto terminando le ultime riprese del nuovo film di Valentino. E siccome Husk è presente in studio, può stare tranquillo che Valentino non tenterà nessun approccio con la pornostar in nome dei vecchi tempi.
Non ha mentito dicendo a Val di essere geloso di Angel. Aveva forse calcato un po' la mano su quanto si sarebbe sentito più tranquillo se avesse distrutto il suo contratto come dimostrazione del suo amore per lui, dando quindi ad Alastor quello che gli aveva chiesto.
In realtà è sempre stato tollerante verso la malsana passione di Valentino nei confronti di Angel. La sua relazione con Val è sempre stata 'aperta', non esclusiva, anche se non ha potuto fare a meno di notare quanto quella di Valentino verso Angel sia sempre stata a tutti gli effetti un'ossessione anomala e decisamente più intensa e duratura rispetto alle tante scappatelle che ha tollerato negli anni.
Ma lui per primo non si sente di giudicarlo, visto che sta vivendo un'ossessione altrettanto potente e destabilizzante verso il Demone della Radio.
La cosa grottesca è che sia ancora una volta Angel a fare da filo conduttore al gioco delle parti, collegando loro quattro in una sorta di carosello macabro e vizioso. Cosa avrà mai di tanto speciale quella puttana dalla pelliccia bianca e rosa, da calamitare l'attenzione incondizionata delle uniche due persone per le quali Vox ha mai provato interesse?
Per l'ennesima volta si chiede perché continui ad arrovellarsi così su qualcosa che con buona probabilità è frutto di un malfunzionamento nella sua testa, e non torni invece a dedicarsi ai suoi affari.
È uno dei Signori Supremi più potenti dell'Inferno, detiene il controllo sull'informazione, può plasmare la gente a credere e a fare quello che vuole lui. Grazie al suo sodalizio con Velvette e Valentino ha le mani in pasta anche nella moda, nei social media e in tutto il settore del porno, e solo Lucifero sa se all'Inferno non è uno dei business che tira di più.
E la sua relazione con Valentino è stabile e solida a dispetto di tutto. Negli anni hanno trovato il loro equilibrio, fatto di furiose litigate e bollenti rappacificazioni; e ovviamente, anche il sesso è strepitoso.
E quindi, perché cazzo sente ancora quella strana e inquietante instabilità, la sensazione che potrebbe andare in overflow da un momento all'altro e ritrovarsi di punto in bianco in arresto forzato?
Sta giusto per inviare la chiamata al reparto informatico della VoxTek per sollecitare l'intervento di manutenzione che ha chiesto già da qualche giorno, quando la porta del suo ufficio viene scossa da due colpi sommessi.
Conosce quel modo di bussare.
"Avanti Jimmy. Cosa cazzo vuoi?"
"Mi dispiace disturbarla, signor Vox. È arrivato un pacco per lei."
Jimmy gli porge un anonimo pacchetto, il suo nome che spicca in un rosso scuro sopra alla carta da pacco; è stato scritto a mano, tracciato in bella grafia con un pennino intinto in quello che a tutti gli effetti sembra essere sangue.
"Jimmy, aspetta!" Vox blocca la guardia che, una volta consegnato il pacchetto, stava tornando alla reception "Chi lo ha portato?"
"Non lo so, signore. Il telefono ha squillato, mi sono girato per rispondere ma dall'altro capo della linea non c'era nessuno. Quando mi sono voltato di nuovo, il pacco era lì, sul bancone."
"Grazie Jimmy." ringhia Vox "Ricordami di dire a Val che può venire da te la prossima volta che avrà un problema. Sono sicuro che ti farai in quattro per aiutarlo a risolverlo."
"Sì, certo signore. Grazie signore."
Vox scuote la testa davanti all'enorme stupidità di Jimmy, e torna a dedicare la sua attenzione al misterioso pacchetto.
Il cuore gli martella forte contro al petto da quando ha visto il suo nome sulla carta. Ha riconosciuto quella grafia antiquata e pretenziosa. I suoi circuiti sono in fibrillazione per un misto di curiosità e apprensione mentre scioglie lo spago infiocchettato con cura e scosta i lembi del pacchetto per scoprire finalmente cosa contiene.
Fortunatamente non si era allontanato dalla sua postazione così si ritrova a piombare seduto sulla sua poltrona girevole quando le gambe si fanno di gelatina e non riescono più a sorreggerlo.
È ancora incredulo mentre si rigira tra le mani una copia de 'Il ritratto di Dorian Gray' nell'edizione del 1929, i caratteri dorati che scintillano sulla pelle blu alla luce della lampada sopra la scrivania.
Il ricordo che lo investe è così vivido da fare male.
Sul suo schermo passa rapido un glitch nei toni del rosso e magenta, e poi si stabilizza nuovamente in un'espressione sconvolta.
E il suo sconvolgimento diventa totale quando apre la copertina e legge il biglietto contenuto al suo interno.
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