3.19

Flashback
Un nuovo anno stava per cominciare, il sesto anno di Meg a Hogwarts.
Megan era molto nervosa, e i suoi amici l'avevano accompagnata alla stazione di King's Cross.
«Non vado in guerra eh!»
Lily aveva le lacrime agli occhi e Sirius l'aveva abbracciata almeno una decina di volte, James l'aveva salutata imitando Lily e Remus se ne stava in disparte guardando i passanti e trattenendo una lacrima.
«Remus, non mi saluti?»
Remus impallidì e poi si fece coraggio.
«Vieni qui!»la strinse forte a sé, e poi le stampò un bacio in testa.
Megan sorrise radiosa, e iniziò a radunare i bauli, e Grattastinchi si dimenava irrequieto nel suo cesto di paglia.
Megan aveva un nodo in gola, e la mattina stessa aveva controllato le sue tonsille: erano già molto grandi e rosse, quasi pulsanti ma non vi erano placche.
Meg si sistemò la gonna lunga e poi legò i capelli in una treccia disordinata.
«Devo andare.»sentenziò malinconica.
Sirius le diede un bacio a fior di labbra, ma non disse nulla: Meg rimase un po' spiazzata, ma del resto neanche lei gli aveva detto qualcosa.
Caricò i bagagli sul treno, osservando un'ultima volta i suoi amici.
«Fai la brava, piccola Gold.» le urlò James.
Meg si fece strada tra gli studenti, cercando un posto libero, ma non fece in tempo a trovarlo, perché un gran baccano la distrasse.
«Non puoi salire! Che fai! SIRIUS?!»le voci di Remus e Lily avevano attirato l'attenzione degli astanti.
Meg lasciò per un attimo i bagagli accanto a una ragazza Tassorosso del quarto anno e si avvicinò all'uscio.
Sirius era davanti a lei, con i capelli spettinati e la giacca di pelle nera che gli fasciava il fisico in modo perfetto.
«Ma che hai fatto?!»Megan arrossì violentemente, e poi Sirius si avvicinò a lei baciandola appassionatamente, senza dar conto a chi gridava di scendere.
«Tu sei la mia Bohemian Rhapsody.»
(N/A: in italiano suonava male)
Ed era quella frase, quell'unica frase che superò di gran lunga tutti i "Ti amo" detto in precedenza, Meg era dell'idea che non ci fosse dichiarazione più bella e più sincera.
«E tu sei L'amore della mia vita»
(Love of my life, altra canzone dei Queen)
Era quello il loro modo di amarsi, attraverso la musica, Megan avrebbe sempre cercato altri modi per dire "Ti amo" perché esiste molto di più per esprimere tale sentimento.
I due giovani si salutarono, e per poco Sirius rischiò di rimanere bloccato sul treno.

Meg trovò posto vicino a Pandora, e le venne una fitta al petto ricordando ciò che era successo alla sua amica mesi prima.
«Ciao, Meg.»
Il volto di Pandora era più paffuto del solito e il suo sorriso era spezzato... triste.
«Ciao, come... che mi racconti?»
Megan sentì la terra mancarle sotto i piedi: non riusciva a non pensare al sangue che scorreva tra le gambe e al viso atterrito di Pandora.
«Oh, intendi dopo lo stupro? Non guardarmi così Meg. Ti prego, è successo anche ad altre ragazze qui, e la cosa che odiamo di più è la gente che ci compatisce: ci è capitato. E ciò ha un nome: non è aggressione, è stupro.»
Meg dovette trattenere le lacrime e mordersi il labbro per non piangere.
«Scusami.»
«Tu che mi racconti?» un occhio era più chiuso dell'altro e il naso di Pandora pendeva leggermente a destra.
«Nulla di che.»e ripiombarono nel silenzio più totale.
Durante il viaggio schiamazzi troppo forti risuonavano per il vagone, e Meg si alzò per la curiosità: nel corridoio c'era Regulus, a terra e intorno a lui alcuni serpeverde che ridevano invece di aiutarlo.
Meg non ci pensò due volte e si precipitò da Regulus.
«Sto bene.»disse acido, tentando di rimettersi in piedi, ma la gamba destra rigida non collaborava.
«Lasciati aiutare.»insistette Megan, aiutandolo a mettersi in piedi.
Regulus zoppicava: la protesi si era spostata.
«Maledizione.»
«Faccio io, tranquillo.»
Ma Meg non aveva idea di come aggiustarla, nonostante ciò risvoltò il pantalone e poté constatare che un pezzo di legno non riusciva a fungere da guarnizione tra il moncone e la protesi.
Spinse il pezzo tanto da farlo combaciare tra le due parti e in questo modo Regulus poté tenersi stabilmente in piedi.
«Devo sostituirla.»borbottò prendendo posto accanto a Pandora.
«Già.»convenne Meg sedendosi di nuovo.

Remus & Tonks
Nymphadora è depressa e sconsolata. I suoi capelli sono di un color grigio e fanno contrasto con la giacca color milza.
Vuole tornare nell'appartamento di Remus, parlare con lui, spiegarsi o pretendere una spiegazione: le sembra umiliante, ma non può farne a meno.
Remus Lupin non è solo, Molly e Arthur Weasley siedono al tavolo e conversano con il padrone di casa.
È Molly ad aprire la porta.
«Oh! Dora cara! Accomodati!»
Nymphadora ha un tuffo al cuore vedendo Remus, il quale sorride appena.
Arthur e Molly, ignari dell'imbarazzo generale, continuano a parlare con Remus.
«Approfitto un attimo del bagno.»borbotta Tonks, rendendosi conto all'improvviso di non ricordare dove si trovi il bagno nonostante la casa sia piccola: Dora è troppo agitata.
«Tesoro, accanto alla... ehm stanza da letto.»le sorride Molly mentre è intenta a preparare del tè.
Nymphadora entra in bagno, che paradossalmente sembra più grande della cucina.
È di color cianosi e ha una piccola vasca rotonda con doccia inclusa.
Tonks apre il rubinetto del lavandino e si lava le mani con forza, come per voler far scorrere via quella sensazione di disagio dovuta alla situazione presente.
I minuti passano troppo in fretta...
Dora sente bussare alla porta del bagno.
«Occupato.»
«Nymphadora, il tè è pronto.»
La voce di Remus è come uno scossone.
Dora chiude il rubinetto, apre la porta e tira Remus nel bagno, richiudendo la porta a chiave.
«Hai perso il diritto di chiamarmi così quando mi hai lasciata in quel letto, dopo avermi scopata tutta la notte.
Come puoi anche solo rimanere calmo e pacato? Sei un ipocrita, uno stronzo e un immaturo.»la mano della ragazza stringe forte il braccio di Remus.«Come puoi comportarti così? Credi che io non abbia mai avuto un uomo? Un ragazzo? Sarò anche più giovane ma non sono una ragazzina di quindici anni alle prese con la prima cotta. Ho avuto altri ragazzi, e ho forse anche amato altri, e tu mi hai trattata come un'avventura, una botta e via, una squallida donnaccia: potevi lasciarmi i soldi se la mettiamo così, perché è come se l'avessi fatto scrivendomi quel dannato biglietto.»
Dora lascia Remus, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Remus rimane in bagno, siede sul water e si prende la testa tra le mani.
Poco dopo sente la porta di entrata sbattere e la voce di Molly confusa.

Hogwarts
«La tua punizione inizia stasera, e niente scuse. Consegnami la bacchetta, prego.»Severus porge la mano tesa a Meg che senza fare storie gli consegna la bacchetta, con un ghigno stampato in faccia: l'oggetto non è indispensabile per lei, molti incantesimi li può fare anche senza.
«Se usi altri mezzi lo saprò, e le settimane diventeranno mesi. Inoltre verrai controllata da un prefetto.»
«Draco Malfoy?»chiede Meg con un altro ghigno di soddisfazione mentre si accende una sigaretta.
«Pansy Parkinson.»risponde Piton strappandole la sigaretta dalle labbra e rivolgendole lo stesso ghigno che a lei è appena scomparso.
Megan vorrebbe uccidere Severus all'istante, vorrebbe urlargli che non è il caso di comportarsi così.
Le viene da sorridere a un certo punto, ripensando che tempo prima ha trovato la lettera scritta da lui per lei durante i loro anni passati ad Hogwarts... quando erano ancora amici.
«Oh, eccola qui. Il prefetto Parkinson controllerà tutto il tuo lavoro. Beh il coprifuoco è alle dieci, ora sono le otto. In due ore devi aver finito tutto, altrimenti rimarrai fuori dal dormitorio.»
«Rimarrà anche il prefetto Carlino- Ehm Parkinson.»Megan si corregge con finta riverenza e incrocia le braccia.
«No. Lei è autorizzata ad andar via al termine delle due ore. Allora Cooper, vuoi dormire tra pentole e piatti sporchi?»
Detto questo le due ragazze accedono alle cucine: in quel preciso istante Meg ha un languore allo stomaco, ha fame, ma non c'è più cibo.
«Allora, inizi dalle pentole o preferisci pulire le posate? Ho sentito che ti piacciono gli oggetti di forma allungata.»
«Lo squallore di questa battuta ti fa perdere ancora più dignità di quanto tu ne abbia mai avuta. Spostati, non complicarmi il lavoro più del dovuto, stronza.»Meg la spinge via, e si piazza davanti la prima fila di piatti lerci.
Sirius, io e Sirius durante la nostra punizione per essere sgattaiolati di notte... quanto vorrei che lui fosse qui.
Ma Sirius non è qui, e Meg si trova con Pansy che si tortura le pellicine delle dita guardando l'orologio affisso alla parete.

Quell'orologio è così simile a quello che si trova nello studio del dottor Ysteron, dove fa il trattamento di elettroshock.
Le lancette sono nere e appuntite, un po' storte, uguali a quelle nella stanza del trattamento.
Pansy trema al solo pensiero di sentire di nuovo il proprio cervello muoversi nel cranio.
Si aggiusta la frangetta in modo da non far vedere la cicatrice in corrispondenza dell'attaccatura dei capelli: l'anno prima le stavano per praticare un intervento quasi permanente al lobo frontale per "migliorare" la gestione dell'attenzione e degli impulsi.
Secondo i suoi genitori avrebbe ottenuto voti migliori e avrebbe potuto anche smettere con le "scosse di energia elettrica".
Ma i guaritori del San Mungo non hanno mai portato a termine l'intervento ritenendolo "inadatto e di improbabile riuscita".
Pansy Parkinson ha rischiato una ulteriore violenza fisica e almeno per ora, l'ha scampata.

La punizione non è ancora finita: Megan strofina via con forza la sporcizia e le macchie di grasso dalle padelle e dalle pentole, chiedendosi come mai non ha ucciso Piton quando ne aveva l'opportunità.
«Posso toglierti punti per come mi hai chiamato.»
«Hai fatto la spia, posso dirti di peggio.»ribatte Meg lucidando l'ultima padella color azzurro mare.
Se le lanciassi una padella sui denti?
Pansy ha pensato la stessa cosa nello stesso momento.
«Chissà cosa facevi in altri dormitori.»
«Non sono affari tuoi. E poi perché eri in infermeria?»
Pansy non può dirle del trattamento e non vuole sopratutto.
«Grazie al tuo scherzetto.»
«Oh, il naso? Povera te. Ma non preoccuparti compensi in cattiveria.»
Pansy si avvicina a Meg, che è un po' più bassa di lei, e con un calcio getta una pila intera di bicchieri a terra, facendo rimbalzare i vetri ovunque.
«Pulisci, stronza.»
Megan ragiona sul da farsi: se reagisce la punizione crescerà, se non reagisce Pansy ne approfitterà ancora di più e farà peggio, ma almeno in due settimane il tormento sarà finito.
Meg non dice una parola, e con immenso stupore di Pansy, raccoglie i pezzi di vetro, gettandoli nella pattumiera, e tagliandosi un dito.
Stranamente la ferita ci mette più di un quarto d'ora per rimarginarsi.
«Finito, possiamo andare?»
Pansy ghigna e si avvicina di nuovo a Meg.
«20 punti in meno a Serpeverde, per turpiloquio. Ora possiamo andare.»

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