24
Hogwarts (Meg)
Mi applico il rossetto sulle labbra, per darmi un po' di colore, poi mi affretto ad entrare in classe per la lezione di Incantesimi, nonostante io sia in anticipo di un'ora.
Non ho fame e non ho bisogno di nutrirmi, quindi per oggi risparmio a me e a i miei compagni questa farsa della colazione.
Ho ancora per la testa il discorso fatto con Ron, insomma... si parlava di sentimenti e di amicizia. Ricordo che intraprendevo anch'io tali discussioni...ma con un'altra persona.
Sono sulla soglia della porta, ma qualcuno mi afferra per la spalla, delicatamente forse, non lo so. La percezione non è nei miei canoni, forse lo è proprio perché non ci può più essere?
«Potter.»
«Che fai già qui?»domanda senza cordialità.
«Potrei farti la stessa domanda.»osservo.
«Beh...»inizia leggermente imbarazzato.«Ti stavo... cercando.»
Sorrido e inclino la testa da un lato fissandolo intensamente.
«Seguendo, mi stavi seguendo.»lo correggo.
Harry rimane interdetto.
«Cosa vuoi, Potter?»chiedo rompendo il suo silenzio.
«Voglio restituirti questa.»fruga per vari minuti nella sua borsa, tirando fuori un paio di libri, finché non mi porge la mia stola nera.
«Oh, grazie.»esclamo riappropriandomi della stola.
Mi stupisco persino io della calma con cui sto affrontando questa situazione sconveniente.
Harry non parla, si aspetta che io gli dica qualcosa, così da potermi fare una ramanzina, perché ovviamente ha scoperto della mia visita notturna.
«C'è altro?»domando.
«C'è. Non capisco cosa vuoi da Ron.»risponde tenendo le braccia conserte.
Inizio a giocare con alcune ciocche dei miei capelli e sorrido nuovamente.
«Nulla, siamo amici.»
«Beh, stai lontana da lui, Meg.»
«E perché? Io non ti chiedo di stare lontano da Hermione.»rispondo avvicinandomi.
«Non c'entra, stai girando la frittata, quello che intendo è che non devi illuderlo.»e l'ultima parola la sussurra, perché, ahimè, i quadri sentono qualsiasi sibilo, non devono per forza rivelarlo ma in ogni caso alcuni non sono molto affidabili.
«Stai insinuando qualcosa?»
«Che? Voglio solo che non soffra...»
«Bene, lascia che ti dica una cosa, giusto per iniziare quest'anno con il piede giusto. Io faccio quello che mi pare, non devo stare certo a sentire un adolescente in piena crisi che si fa paladino della giustizia per il povero cuore debole dell'amichetto. Sono stata chiara, Potter?»alzo la voce.
Povero sciocco! Io faccio di tutto per tenerlo d'occhio, per assicurarmi che stia bene!
«Sei anche tu ado...non importa!» continua ad allontanarsi.
«E fammi vedere la mano, per Salazar e Godric, fondatori ammirevolissimi!»gli prendo bruscamente la mano e ne tasto il dorso, è come se fosse bruciato, una grossa e lunga cicatrice dove si possono distinguere proprio le parole che mi ha riferito Ron.
Harry la ritira altrettanto bruscamente e si allontana.
«Cosa fai?! Non sono affari tuoi!»urla adirato.
«Sì! Sono affari miei! Lascia che ti aiuti!»gli corro dietro e lo afferro per il braccio.
«E perché sarebbero affari tuoi, eh?»
La pioggia infuria contro le vetrate del castello, allo stesso modo in cui vedo infuriare la rabbia negli occhi di Harry.
Gli prendo la mano e la accarezzo facendo in modo che le sue iridi siano fissate nelle mie.
«Va meglio?»chiedo liberandolo.
Harry si guarda il dorso della mano, è intonsa.
Sembra stupito ma poi scuote la testa.
Non mi chiede come abbia fatto e la cosa è sospetta, come se sapesse...
«Perché sono affari tuoi?»Insiste come qualcuno che voglia farsi confessare qualcosa che sa già.
Non rispondo e rimango immobile mentre si allontana verso la Sala Grande molto probabilmente per la colazione.
Tu sei affari miei, tu sei il figlio della mia migliore amica, mi importa eccome piccolo disgraziato!
Ficco la stola nella mia borsa ed entro in classe, nonostante sia vuota.
Il professore di incantesimi entra dopo una buona mezz'ora e alza lo sguardo avendomi notato.
«Cooper, sei in anticipo!»
Gli sorrido e annuisco.
«Cooper! Volevo informarla che ho notato qualcosa nell'ultima settimana. La scuola è appena iniziata, eppure lei sta dando il massimo come fosse già pronta per gli esami finali.»
«Ed è una cosa buona, professore?»domando accendendomi una sigaretta.
Inizialmente apre la bocca per sgridarmi, ormai conosco quelle espressioni di disappunto.
«Certo.»dice infine.
«Bene.» approvo, tirando fuori il fumo.
«Ma la prego, spenga quell'affare.»
«Stavo davvero contando i secondi che separavano la mia persona da questa richiesta, professore. Più rapido della McGranitt, e più persuasivo di Piton.»
«Professoressa e professore, Cooper, non sono tuoi compagni di classe.»
Tipico spirito Corvonero, no che sciocca!
Non c'entra Corvonero o Cervoviola!
Qui si tratta di educazione e di rispetto verso gli adulti.
«Ma certo.»
Flashback
Sirius Black aveva paura.
Per la prima volta nella sua vita aveva paura.
Era passata qualche settimana e non si era più trasformato da quel giorno in cui James l'aveva dichiarato suo animale domestico.
Aveva paura per Megan, la notte, da sola con i suoi incubi e i suoi urli.
Avrebbe voluto sgattaiolare dal suo letto e diventare Felpato per starle vicino.
Ma James e gli altri, una volta scoperto tutto erano in disaccordo.
E Peter? Peter li aveva già avvertiti a riguardo, quando sotto forma di topo un giorno aveva trovato Sirius e Meg sotto un albero.
Sirius lo aveva minacciato, e Peter per timore e per omertà non aveva confessato subito agli altri due ciò che aveva visto. Ma in quel momento era diventato troppo per loro.
La mappa l'avevano creata loro, secondo le idee di Sirius, d'altra parte l'aveva disegnata lui, e aveva intitolato il suo lavoro "Mappa del Malandrino", perché sì, da quando un giorno Meg li aveva rimproverati chiamandoli malandrini aveva deciso di chiamarla così.
Ma non gli bastava, non era giusto che lui potesse tenerla d'occhio sempre, anche sotto forma di cane, e lei no.
Così stava approntando una mappa per lei, con la stessa parola di apertura e di chiusura, ma l'aveva persa...per poi scoprire che proprio Peter l'aveva infilata nel libro di pozioni di Megan, e adesso chissà cosa sarà accaduto nella testa della ragazza! Avrebbe scoperto tutto! Sulla mappa originale non aveva scritto i soprannomi dei malandrini, no. Ma su quella di Meg avrebbe voluto. Si sarebbe chiamato Felpato, come lo aveva chiamato lei più volte.
Ma adesso come spiegarle tutto? James si era arrabbiato perché temeva che Lily avesse capito tutto, e forse aveva ragione.
Sirius aveva paura.
Quando era Felpato lei non si vergognava di nulla, non c'erano sguardi di imbarazzo o timore, le classiche cerimonie da adolescenti impacciati.
No, quando era Felpato Megan era se stessa al cento per cento.
Se avesse scoperto tutto non avrebbe più confidato a Sirius nulla, e quella magia così sottile sarebbe scomparsa per sempre.
E Sirius non voleva perderla, perché era l'unica luce, l'unica speranza di salvare se stesso dal mondo circostante.
Non voleva diventare un arrogante, zotico, stronzo... lui non voleva essere una nullità per lei. Come lo era diventato per sua madre, ma del resto lo era sempre stato per quest'ultima.
Per punirlo, Walburga Black utilizzava un bastone molto spesso ricoperto di punteruoli: diceva "Sirius Orion Black, chinati sul letto, e alzati la veste."
E colpiva sempre più forte, fino a quando sulla schiena del figlio non si formavano grossi buchi e tagli che schizzavano sangue ovunque.
La prima volta che Sirius ricevette una punizione aveva quattro anni.
Suo fratello Regulus non voleva finire il cibo nel suo piatto, e faceva i capricci.
Orion Black, il loro padre, sbatteva più volte il pugno sul tavolo, e urlava che suo figlio doveva smetterla di frignare.
Sirius per aiutare il fratellino nonostante la sua tenera età, gettò il suo piatto a terra, sorridendo e scandendo "Non c'è più, non piangere!"
La madre che aveva seguito tutta la scena con disgusto e sdegno dapprima fulminò con lo sguardo il marito (il quale voleva già avventarsi contro il figlio), poi agitò le mani e l'elfo domestico accorse.
«Dica, Padrona venerabilissima Kreacher è qui per voi!»
«Portami la frusta, quella media affilata, svelto.»ordinò avvicinandosi minacciosamente a Sirius.
Kreacher fece una corsa tornando con ciò che gli era stato chiesto porgendolo alle sua padrona.
Da quell'istante, Sirius iniziò a detestare l'elfo: era odio reciproco.
«Sirius, allontanati dalla tavola e tendi le mani.»
Sirius non capendo rimase al tavolo immobile sulla sedia.
Orion aveva gli occhi iniettati di sangue e spinse il bambino giù, ma quest'ultimo evitò una brutta caduta.
Fece come aveva detto la madre e se ne pentì subito.
Sentiva i dorsi delle mani sanguinare e bruciare sotto i colpi pesanti che la donna sferrava.
Pianse tantissimo, e si accucciò a terra stremato portandosi le mani al petto. «Come hai osato fare quello che hai fatto? Spero che con questo d'ora in poi non ti azzarderai più!»urlava sua madre facendolo piangere ancora di più.
Non trovò conforto in nessuno, quella notte... non certo dai suoi genitori e nemmeno poteva aspettarselo da Regulus.
A otto anni le punizioni erano peggiorate, la maggior parte delle volte le prendeva per salvare Regulus.
Come quella sera in cui Reg bucò una tenda che era appartenuta a qualche avo e giaceva nella camera che condividevano.
Walburga aveva scelto una punizione più efficace, secondo lei...
«Regulus, inginocchiati e chiedi perdono, poi tirati giù i pantaloni e piegati sul letto.»
Regulus aveva molta paura, infatti qualche anno prima se l'era fatta nel letto per il timore della madre, la sentiva urlarle mentre malmenava il fratello. Sirius si mise davanti al più piccolo, con sguardo di sfida. Regulus gli stringeva un braccio talmente forte da non farglielo sentire più.
«Bene, Crucio.»sentenziò a Sirius che si piegò in due su se stesso e finì al suolo in preda alle convulsioni.
Fu la prima di tante volte che venne colpito da una maledizione senza perdono dai suoi genitori.
Sirius rimase a terra per un bel po', momenti che gli sembravano ore e ore che sembrano pomeriggi interi.
Aveva solo otto anni e già portava una marea di cicatrici ovunque.
Suo padre a dieci anni lo beccò a guardare una immagine di ragazza babbana su una rivista pescata chissà dove, così non aspettò sua moglie; prese l'attizzatoio, lo infiammò fino a farlo diventare incandescente e lo conficcò accanto all'inguine di Sirius.
Sirius non aveva nessuno da cui correre al riparo, qualcuno da cui trovare conforto neanche quella notte.
Si sentiva solo e impaurito, gli bruciava la ferita, che sua madre gli tolse con un incantesimo giorni dopo per non farla infettare, dopotutto lui era il suo primogenito e doveva esibirlo a dovere, le altre cicatrici erano segno di una buona educazione.
Ma Sirius quella notte giurò a se stesso che non avrebbe mai permesso che qualcuno si sentisse solo, che non trovasse conforto in nessuno, e si promise di aiutare sempre e comunque chiunque soffrisse.
Quel qualcuno adesso era Meg.
Per cui aldilà delle proteste dei suoi amici, si trasformò e andò dalla ragazza a cui teneva più di qualsiasi altra persona al mondo e le tenne compagnia tutta la notte, vegliando su di lei.
Del resto Megan aveva lasciato la porta semiaperta nella speranza che Felpato venisse una di quelle notti.
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