Capitolo ventiquattro
Joseph non vide gli ultimi due gradini delle scale e volò a terra.
La gamba ferita era piegata sotto di lui, mentre il peso del suo corpo schiacciava la caviglia.
Il dolore acuto gli fece mancare l'aria.
Rimase immobile. Non riusciva ad alzarsi a causa del dolore.
-"Cazzo"- mormorò sentendo gli angoli degli occhi pizzicare.
Si aggrappò al corrimano riuscendo lentamente ad alzarsi.
-"Ehy, ehy! Aspetta"- Malik corse giù per le scale notando il più piccolo in difficoltà.
-"Che hai fatto?"-
Afferrò saldamente il suo gracile corpo sorreggendolo.
-"La caviglia"-
-"Ti fa male?"-
Lo fece stendere sul divano, recandosi in cucina afferrando una borsa per il ghiaccio per poi posizionarla sul piede del giovane.
-"È una piccola slogatura"-
Affermò notando il leggero gonfiore.
Annuì timidamente.
In quel momento, Joel scese le scale stoppicciandosi gli occhi.
Malik sorrise, mentre Joseph lo guardava attentamente.
-"Amore"- lo raggiunse prendendo il suo viso tra le mani baciandolo poi sulle labbra.
-"Giorno"- sorrise Joel staccandosi avviandosi in cucina per bere del succo d'arancia.
Il compagno lo raggiunse afferrandolo dolcemente per i fianchi.
Baciò la pelle sensibile del collo più volte lasciando qualche morso qua e là.
-"Smettila"- sorrise girandosi e allacciando le braccia attorno al collo del maggiore.
-"Domani sarà Natale"- sussurrò Malik posando la fronte sulla sua.
-"Domani sarà Natale"- affermò.
-"Joseph rimarrebbe solo"-
Joel capì immediatamente dove voleva giungere il compagno con quelle parole, così lo bloccò con una semplice parola.
-"No"-
-"Si"-
-"Malik, no"-
-"Chiediamolo a lui"- l'afferrò per il polso sentendolo sbuffare.
Raggiunsero il riccio nel soggiorno attirandone l'attenzione.
-"Joseph, ci chiedevamo.."-
-"Tu.."- borbottò Joel ricevendo un pizzicotto nel sedere.
-"Mi chiedevo se ti andasse di festeggiare il Natale con noi"-
Spalancò gli occhi a quella proposta, poi abbassando lo sguardo, sospirò.
-"No, ma grazie comunque"-
Rimasero senza parole.
-"Ma come?"-
-"Non mi piace il Natale. Non l'ho mai festeggiato"-
-"Oh"-
-"Joel?"- lo richiamó Joseph.
-"Si?"-
-"Mi dispiace essere partiti con il piede sbagliato. Non voglio ci siano incomprensioni, puoi stare tranquillo, Malik è solamente tuo"-
Imbarazzato abbassò lo sguardo sentendo quello del compagno bruciargli il corpo.
-"Ricominciamo?"- chiese infine il moro.
-"D'accordo"- sorrise Joel porgendogli la mano destra.
-"Joel Cabrera"-
-"Joseph Campbell"-
Era una calda mattinata, quando Camillo, con i capelli ancora sconvolti dalla nottata e in tuta, si affacciò sul pianerottolo di casa con la solita tazzina di caffè.
Nonostante fossero le nove e mezza del mattino, il sole era già splendente e l'infermiere, ancora assonnato, gustava il suo caffè.
Si avviò verso il portico godendo della brezza leggera.
Dall'altra parte del cortile, apparentemente deserto, un signore con i capelli schiariti dall'età si sedette su una panchina.
Decise di scendere i gradini in marmo bianco, per indagare sulla presenza di quella figura nel giardino di proprietà privata del piccolo condominio.
Lo raggiunse e rimase qualche secondo ad osservarlo.
Il giovane accennò ad un sospiro senza distogliere la sua attenzione dalle sfumature celesti del cielo.
-"Chi è lei?"- gli chiese l'uomo rimanendo seduto.
-"Lo sa che è proprietà privata?"-
-"Allora mi scusi"- rispose pacatamente continuando a non degnare di uno sguardo il suo interlocutore.
-"E perché è qui?"-
L'uomo si voltò guardandolo negli occhi e con un sorriso stanco lo invitò a sedersi.
Colpito dalla curiosità si adagiò lentamente.
L'uomo fece un respiro profondo assaporando l'aria prima di aprire bocca.
-"Sai.. è da molto che non tornavo in questa cittadina.."- dopo una breve pausa riprese.
-"C'è stato un periodo in cui anche io vivevo qui e sono sicuro che un tempo tornerò a viverci"-
Le maniche ordinatamente arrotolate e i bottoni aperti della camicia, facevano sì che la lieve brezza accarezzasse la pelle dell'uomo.
-"Passi un Buon Natale giovanotto"- lo salutò con un mezzo sorriso allontanandosi sempre di più.
Camillo rimase stordito per qualche istante.
Quelle parole l'avevano colpito nel profondo, erano state una doccia fredda.
Aveva ragione lui.
Il posto in cui si nasce, potrà essere differente da quello in cui si cresce, ma rimarranno comunque impresse nel tuo cuore.
-"Cami!"- lo richiamó Nolan.
-"Ehy!"- si voltò.
-"Che ci fai lì?"-
-"Niente, arrivo!"-
Lanciò un ultimo sguardo lungo il viale per poi rientrare in casa.
Assomigliava molto a Carter.
L'anziano signore morto qualche giorno fa.
Era stata un'illusione?
Quell'incontro, però, lo rese incredibilmente felice.
ANGOLO AUTRICE: Buonasera a tutti! Eccoci questa settimana con il seguente aggiornamento.
Questo capitolo è una sorta di passaggio per il prossimo.
La parte di Camillo era una conclusione alla sofferenza che aveva provato una volta che l'anziano signore se ne era andato.
Spero vi possa piacere.
E niente fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!
Domanda: Pensate che l'anziano signore possa essere davvero "un'incarnazione" del paziente morto in ospedale?
Al prossimo aggiornamento.
GIULI.
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