Capitolo trentasei

Joel si girò su un fianco e grugnì frustrato mentre i numeri sull'orologio cambiavano.
-"Dannazione"- disse mettendosi seduto e liberandosi dalle coperte.
Accese la luce della lampada sul comodino accanto a lui, e mise un po' di musica per spezzare il silenzio. Mormorò le parole della canzone che stava ascoltando.

-"Buy i did it because he lied because he took you for a ride and because time was on his side and because I want you. I want you, I want you so bad honey I want you"-

-"Sei già sveglio"- borbottò Camillo entrando nella stanza.
-"Già"- sospirò indossando una maglietta larga.
-"Ti va un caffè?"-
-"Lo accetto volentieri"- si passò una mano fra i fili leggeri dei suoi capelli, guardandosi allo specchio.
Le occhiaie erano fin troppo evidenti, non si riconosceva più.
-"Ti aspetto giù"- gli disse Camillo.

Nel frattempo, l'infermiere, decise di preparare dei semplici waffle e di farcirli con del cioccolato bianco e della marmellata alle fragole.
Posizionò il tutto su un piccolo piatto e lo sistemò al centro del tavolo.
Versò il caffè in due tazze aggiungendo del miele nella sua.
Lo porse a Joel e si sedette a tavola.

La luce del sole accarezzava le nuvole, mentre il cielo era solcato da delle scie bianche degli aerei che lo attraversavano.
Joel si perse tra il turchese, il celeste e il bianco panna dei colori del cielo.
Il cielo per lui era il sinonimo più palese della voglia di evadere dal mondo intero di ogni persona.
È un oceano intangibile che si protrae all'infinito.
È un qualcosa che ci attrae fatalmente perché lo puoi solamente annusare tentando di riconoscerne l'odore.
Il cielo è sopra di tutti, però anche se sta sopra di tutti quanti c'è ben altro, non chiede nulla, eppure ci sopporta da milioni di anni.
È la tela in cui si intessono i pensieri dei sognatori, che si nutre dei nostri sguardi.

-"Cosa dovrò fare una volta che sarà tornato in libertà?"- sussurrò stringendo con forza il pugno sotto al tavolo, fino a fare diventare le nocche bianche.
-"Ignoralo"- rispose Camillo assaggiando i dolci appena serviti.

Joel fece correre una mano tra i capelli.
-"Non ne sarò capace"- rilasciò un sospiro rumoroso.
-"Mi spieghi perché l'hai fatto?"- tentò di chiedere l'altro.
Gli occhi del minore di abbassarono per poi portare lo sguardo nuovamente sull'amico.
-"È lui l'assassino"-
-"Sono solamente false convinzioni Joel. I fatti concreti sono assenti"-
-"Lo ricordo!"- urlò con le lacrime agli occhi.
-"Eri troppo piccolo per ricordare"-
-"I-io..."-
-"Joel devi renderti conto della cazzata che hai fatto. Hai coinvolto tutti noi ed ora non sappiamo come agire"-
-"Non volevo..."- si alzò cercando di raggiungere le scale, ma venne fermato dalla voce di Camillo.
-"È così che fai ogni volta? Scappi?"-
Strinse il corrimano cercando di reprimere la voglia di urlare.
-"Esatto, scappo"- salì in camera per cambiarsi per poi riscendere le scale e uscire di casa senza salutare l'amico.

Da quel giorno nulla era come prima.
I suoi amici lo evitavano, ma cosa sperava?
Aveva passato la vita intera a cercare e scovare l'assassino di suo padre. Aveva trovato molte informazioni, ogni dettaglio riguardava Malik, ma ora cosa gli restava? Aveva passato la sua vita a cercare un uomo che non era il vero assassino? Cosa aveva sbagliato?
Poteva essersi sbagliato? No, non poteva. Non riusciva a crederci.
Ricordava quegli occhi così profondi e azzurri nella stanza buia di molti anni prima.
Ricordava il terrore nello sguardo di suo padre.

-"Io...non lo so..."- sussurrò rifugiandosi in macchina.
-"Cosa sto facendo papà?"-

Posò il capo sul volante.

Sentì un ticchettio sul finestrino, così alzò lo sguardo riconoscendo le figure di Zeno e Joseph.
Abbassò il vetro tentando di sorridere.
-"Ciao..."-
-"Joel dobbiamo sapere una cosa"-
Corrugò la fronte.
-"C'era qualcun'altro quel giorno?"-
-"Cosa?"-
-"Il giorno in cui hanno ucciso tuo padre"-






















Abel chiuse lo sportello di cristallo della doccia e si infilò sotto l'ampio getto caldo chiudendo gli occhi, lasciando che l'acqua gli accarezzasse il corpo.
La pelle era accarezzata dai rivoli d'acqua che scivolavano lentamente verso il basso.
Versò un po' di shampoo sul palmo della mano e lavò i capelli, per poi infilare la testa sotto l'acqua, sentendo la schiuma scivolare sulle spalle.

Uscì dalla doccia vestendosi e raggiungendo la camera da letto. Si infilò nuovamente nel letto cercando di essere silenzioso e non svegliare Nolan.
Affondò la testa nel cuscino e si tirò su le coperte fino al collo.
Prese il telecomando accendendo la televisione tenendo il volume basso.









"Ci sono io Nolan, ci sarò sempre"
"Ma ora non sei qui"

La neve era caduta lenta, ogni fiocco si distingueva dal resto dei suoni.

Faceva male, faceva paura.

L'aereo era in fiamme.

Non respirava, non parlava.
Pensava di essere in un incubo.

"È solo un incubo"- si ripeteva.
"Papà!"-
L'aereo era caduto.
Il rumore dello schianto era impresso nelle sue orecchie.
Un peso era schiacciato sulle gambe di suo padre.
"Nolan...resisti" diceva.

Iniziò a sentire l'odore del fumo, del bruciato, era sempre quell'odore.

Le urla erano strazianti.
"Il comandante riceve... Il comandante riceve..." Era una sinfonia ripetitiva.

"Papà"-
Sorrise, il sangue coprì gran parte del suo volto.
"Ci sarò sempre"
Quelle erano state le ultime parole del padre di Nolan prima di chiudere gli occhi.




-"Nooo!!"-
Nolan svegliatosi iniziò a respirare faticosamente.
Si mise a sedere accendendo la luce del comodino.
Tremava, sapeva di tremare, ma non gli importava.
Chiuse gli occhi stringendo le gambe al petto.
-"Noo!!"- gridò ancora prima di sentire una voce differente.
Riaprì gli occhi sentendo il cuore andare a mille.
Incontrò gli occhi chiari e preoccupati, ma allo stesso tempo rassicuranti di Abel.
-"Va tutto bene, amore. Andrà tutto bene"- gli sussurrò all'orecchio inginocchiandosi davanti a lui.
-"Va tutto bene"- lo abbracciò e si lasciò andare.
Abel lo stringeva mentre Nolan si sistemò tra le sue gambe.
Deglutí sentendo le dita del compagno sul suo viso che gli spostavano delle ciocche di capelli dalla fronte.

-"Stai meglio?"-
Negò con il capo.
Abel annuì.
-"Rimani con me"- chiese disperatamente Nolan lasciandosi stringere da quelle braccia forti.
Si perse tra i pensieri cominciando a raccontare ciò che teneva sempre dentro, aggrappandosi alla schiena del compagno e affondando il viso nell'incavo del suo collo.
-"Mio padre è morto in un incidente aereo... Io ero lì"-
Abel iniziò ad accarezzare delicatamente le spalle del giovane.
-"Mio padre era il pilota. Ci fu una turbolenza che gli fece perdere il controllo del mezzo. Durò tutto qualche minuto. Quando riaprii gli occhi vidi il corpo di mio padre sul mio. Lui morí, io no"-

Singhiozzò.
-"Shh..."-
-"Se solo io..."-
-"È stato un eroe"-
Gli afferrò dolcemente il volto rigato di lacrime. Accarezzò le sue guance poggiando un bacio sulle sue labbra.
-"È grazie a tuo padre se ho avuto la possibilità di incontrati"-
Asciugò le sue lacrime.
-"È grazie a lui se oggi posso dire di avere trovato la mia anima gemella"-









ANGOLO AUTRICE: Ed eccoci qui. Avete conosciuto il passato e la morte del padre di Nolan. Cosa ne pensate? Siete curiosi di scoprire ciò che Zeno e Joseph dovranno dire a Joel?
Vi aspetto prossimamente.

Al prossimo aggiornamento.
Un abbraccio.

GIULI.

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