Capitolo trentaquattro
-"Cosa stavi facendo?"- domandò freddamente Malik.
Era così furioso che il suo corpo prese a tremare.
Joel lo guardò nervosamente, sentendo il cuore battere all'impazzata. Avrebbe dovuto essere più prudente.
-"Di cosa stai parlando..."- sorrise cercando di poggiargli una mano sulla spalla.
Lo allontanò spintonandolo talmente forte che barcollò cercando di non perdere l'equilibrio.
-"Te lo ripeterò un'ultima volta... Chi cazzo sei?"- strinse le braccia lungo i fianchi sentendo gli occhi punzecchiare.
Joel lo guardò intimorito.
Come poteva spiegargli di essersi completamente liberato dalle catene del passato? Doveva continuare quella vendetta oramai afinalistica?
Scelse la seconda opzione, perché si sa, la parte inconscia di noi stessi governa sulle nostre scelte.
-"Mi sono stufato di te"- una lama si conficcò nel suo piccolo cuore.
-"Cosa?"- lo guardò sbarrando gli occhi.
-"Sei stato solo un passatempo"- la durezza della sua voce venne tradita dai suoi occhi costellati da mille emozioni contrastanti.
Malik alzò un sopracciglio afferrandolo per il collo.
-"Ma ora mia hai stancato"- cercò di parlare.
-"Joel..."- la sua mente era alla disperata ricerca della parole giuste da dire.
-"Che stai dicendo?"- aggiunse guardandolo, pregandolo che fosse tutto uno scherzo. I suoi occhi ora erano stanchi e liquidi.
-"Ti riporta nulla alla mente il nome di Trent Cabrera, Azekel?"- chiese sprezzante.
Malik lasciò la presa come scottato.
-"Non è possibile"- la voce si fece incerta così come le sue gambe.
Joel si voltò verso la grande finestra delle stanza pronunciando le parole che avrebbero distrutto per sempre il compagno.
-"Non ti amo, non l'ho mai fatto. Ti meriti tutto questo. Ti meriteresti di peggio, ma questo è solo l'inizio..."- si voltò puntandogli un dito al petto.
-"Tu hai ucciso mio padre!"- urlò colpendolo con un pugno al mento.
Malik cercò di coprire il viso con le braccia.
-"Non è vero"- sussurrò impercettibile.
-"Ero lì! Hai sparato tu!"- iniziò a piangere.
-"Non ho commesso nessun omicidio"- l'afferrò per le spalle.
-"Sei solo un bastardo, un assassino!"-
A quelle parole, Malik crollò definitivamente accanto alla porta.
Si passò le dita lungo i capelli.
Si morse forte il labbro inferiore cercando di proteggersi dai taglienti pezzi del suo mondo che crollavano.
-"Non lo sono"- rispose ricordando quella sera di tanti anni fa.
-"Ti farò pentire di essere nato"- minacciò uscendo fuori dalla stanza mentre un singhiozzo liberò le sue labbra.
Il telefono vibrò.
-"Pronto?"- rispose Malik tremando.
La voce di Zeno gli arrivò dritta all'orecchio.
Aprì la bocca per parlare, ma le parole gli si bloccarono in gola.
-"Pronto? Malik?"- rimase in silenzio.
Poi Zeno parlò di nuovo.
-"Dove sei? Stai bene?"-
Chiuse la chiamata lanciando il telefono dall'altra parte della stanza.
Portò le ginocchia al petto, abbracciandole e chiudendo gli occhi.
-"Me lo meritavo"- sussurrò a sé stesso.
-"Joel Cabrera eh?"- sorrise tra le lacrime.
Si mise in piedi crollando sul letto.
Le mani gli coprivano il viso.
Tutti ne sarebbero venuti a conoscenza.
-"Ditemi che questo è solamente un incubo"-
Il corpo non rispondeva più ai suoi segnali.
La mente era spenta, il suo cuore ferito.
Perché doveva soffrire così?
Una lacrima salata gli rigò il volto.
Pianse perché si rese conto di quanto fosse debole. Malik aveva paura.
Una paura che lo stava divorando.
Paura e debolezza.
Non aveva mai tenuto conto di quelle sensazioni, ma quel giorno aveva capito cosa facevano provare.
Si sentiva una piccola barchetta in mezzo alle onde del mare che volevano trasportarlo negli abissi.
Nel frattempo sentì le sirene della polizia farsi sempre più vicine.
-"Malik Nguyen esca con le mani in alto!"-
Il suo cuore, se possibile, si fece ancora più piccolo.
Si alzò lentamente dal letto avvertendo il panico assalirlo.
Non riuscì a muoversi.
-"Esca o sfondiamo la porta d'ingresso"- sbloccandosi si affettò a scendere le scale sentendo il cuore vacillare.
Aprì la porta sbarrando gli occhi.
Le luci lo stordirono.
-"Capo, cosa..."-
-"Sto obbedendo a degli ordini superiori, mi dispiace ragazzo"-
-"Sei in arresto"- aggiunse ammanettandolo.
-"Mi arrestate senza prove?"- sussurrò incredulo.
-"Le prove arriveranno, ma l'ordine è stato questo"-
-"Non possono farlo"-
-"Lo so, ma risolveremo"- disse il suo capo incamminandosi alla macchina.
-"Era questo ciò che volevi da me?"- chiese Malik.
-"È la mia vendetta"- non credette nemmeno lui alle sue parole.
-"Ti senti meglio ora?"- gridò a pieni polmoni liberandosi dall'agente che lo teneva stretto raggiungendo il giovane e bloccandolo a terra.
Joel cercò invano di liberarsi.
-"Dopo tutto questo tempo? Sei caduto così in basso!"- urlò avvicinando il viso al suo.
-"Vuoi farmi credere che ti sono indifferente?"- amaramente si sollevò leggermente.
Joel sentì il respiro accelerare.
-"Non ti ho mai amato e mai ti amerò"- ripetè quelle parole forse perché sapeva che erano le uniche che potessero distruggere il suo ex compagno.
-"Andiamo"- lo sollevarono facendolo entrare nell'auto della polizia.
Joel sospirò abbassando gli occhi.
Aveva portato a termine la sua vendetta, ma perché ora si sentiva così... distrutto?
Perché perderlo sembrava fare così male?
Perché i suoi demoni ritornarono più potenti di prima?
Perché la sua coscienza iniziò a ripetere quanto fosse sbagliato ciò che aveva fatto?
Tutto ciò lo faceva sentire impotente.
Ed era la sensazione più brutta del mondo.
Perché le persone che dicono di volerti aiutare a stare bene sono quelle che poi ti distruggono?
Pensò Malik appoggiando il capo sul finestrino guardando il cielo farsi sempre più scuro.
ANGOLO AUTRICE: Ed eccoci arrivati al punto cruciale della nostra storia. Non vi svelerò nulla.
Ora fatemi sapere cosa ne pensate! Come vedete Joel ha fatto la sua scelta, ma avrà fatto bene?
Esprimete la vostra opinione.
Un bacio.
Al prossimo aggiornamento.
GIULI.
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