Capitolo trentadue
Joseph scosse la testa evitando di rispondere alla domanda del barista, portando la bottiglia alle labbra.
Il sapore amaro accompagnato alla punta di acidità del limone, accarezzò la gola del giovane spingendolo a volerne di più.
Avrebbe voluto ubriacarsi, e poi farsi passare la sbornia prima di rientrare nella casa temporanea in cui abitava, ma qualcuno strappò la bottiglia dalle sue mani.
Per quanto lo facesse incazzare, sapeva che Zeno aveva di lui l'immagine che egli stesso si forniva. Un malato.
-"Sono le otto di mattina"- pagò Malik per lui, trascinandolo fuori dal locale da cui era stanziato da circa due ore.
-"Lo so"- biascicò il ragazzo.
Le nuvole coprivano il cielo di quella nuova giornata, donandogli un colore grigio e cupo.
-"Perché sei venuto qui?"- gli chiese accendendo una sigaretta.
-"Per bere"- mormorò sentendo gli occhi inumidirsi.
Malik sollevò la mano e gli accarezzò con delicatezza la guancia destra.
-"È successo qualcosa?"- gli chiese proseguendo quella dolce carezza.
-"Sei venuto a piedi?"- chiese Joseph.
-"Si, stavo andando in centrale, poi fermandomi al semaforo ti ho visto dentro a quel locale. Non cambiare discorso però"- lo rimproverò.
L'atro sospirò passando una mano tra i capelli, mettendo poi le mani nelle tasche del giubbotto azzurro.
-"Non ti ha detto niente Zeno?"- lo guardò socchiudendo gli occhi.
-"Con la situazione di Abel non ho avuto il tempo di parlargli."-
Annuì distrattamente.
Il freddo pungente lo fece stringere attorno al giubbotto.
-"Ti fa ancora male?"- gli chiese accennando alla gamba.
-"Non molto"- sussurrò.
La ferita stava guarendo anche se il dolore era talvolta persistente.
Attraversarono la strada principale fermandosi difronte ad un supermercato.
-"Quindi?"-
-"Quindi cosa...?"-
-"Cos'è successo?"-
Sospirò.
-"Ho cercato di baciarlo"-
-"Perché ho la sensazione che non sia questo il problema?"- gettò la sigaretta nel cestino accanto a lui.
-"Perché siamo davanti ad un supermercato?"-
Evitò la domanda iniziale.
-"Per fare la spesa...ma dove vai?"-
Malik lo seguì.
Entrarono nel negozio venendo travolti dal calore dei forni che sfornavano delle pagnotte di pane. Joseph sentendo il profumo inconfondibile del pane si leccó le labbra.
-"Malik"- lo richiamó.
Alzò lo sguardo accennando un sorriso distogliendo l'attenzione dal post-it su cui vi era scritta la lista della spesa che gli aveva dato Joel.
-"Cosa ne sarà di me?"-
-"Come?"- chiese alzando un sopracciglio.
-"Dopo che sarò guarito mi consegnerai alla polizia? Mi..."-
-"Fermo, fermo... Scherzi?"-
-"Non ti lasceremo certamente in mezzo alla strada"- aggiunse.
-"Perché no?"-
-"Perché ormai fai parte della nostra famiglia"-
Afferrò un barattolo di fagioli poggiandolo all'interno del piccolo carrellino.
Joseph abbassò lo sguardo sentendo una lacrima sfuggire al suo controllo.
-"Vado a prendere il pane"- mormorò cercando di evitare lo sguardo dell'altro.
Malik, infine, si voltò verso la corsia numero cinque, sorridendo a Zeno che avvicinandosi lo ringraziò con un bacio sulla guancia.
-"Vai e risolvi i tuoi casini"- lo spinse dolcemente.
Joseph prestò attenzione ad ogni tipologia di pane appena sfornato.
Ciò che più lo attirava erano la rosetta, la ciabatta e il cafone, caratterizzato da una molicca morbida ed una crosta croccante.
Appuntò alla mente il nome del pane, cercando il panettiere.
Suonò il campanello attendendo.
Abbassò lo sguardo per qualche secondo passando una mano sulla gamba che doleva.
Quando rialzò gli occhi, incontrò le iridi di Zeno che sorrideva, mentre lui aggrottò la fronte.
-"Cosa ti servo?"- chiese professionalmente.
-"Perché sei qui?"- la sua voce si fece più sottile.
-"Ci lavoro"- disse allacciandosi il grembiule bianco alla vita.
Calò un silenzio pesante, spezzato solamente dal rumore del sacchetto che afferrò Zeno aspettando l'ordine.
-"Due ciabatte, tre rosette e un cafone"- marcò l'ultima parola.
Zeno trattenne a stento una risata.
-"Era riferito a me?"- domandò riempiendo il sacchetto.
Joseph arrossì alzando le spalle.
-"Sei tu che lo pensi"-
Zeno fece il giro del bancone avvicinandosi al giovane.
Alzò la mano accarezzandogli i capelli morbidi e scuri.
-"Tieni"- sussurrò porgendogli il pane.
Il riccio si aggrappò alla sua maglietta alzandosi sulle punte dei piedi cercando le labbra del compagno.
Quest'ultimo sorrise facendo un passo indietro.
-"Hai troppa fretta"- poggiò la fronte sulla sua sfiorandogli le labbra con le sue senza toccarle troppo.
Sentì un calore al petto inconfondibile.
-"Stasera ti vengo a prendere"- si staccò accarezzandogli le labbra.
-"Fatti trovare pronto per le sette"-
-"Perché? Cos'è cambiato?"- chiese dando voce ai suoi pensieri.
Zeno sorrise.
-"Io sono cambiato"- si allontanò.
Poggiò le spalle alla parete accanto sentendo il cuore battere all'impazzata.
-"Tutto bene?"-
-"Cristo!"- sussultò alla voce improvvisa di Malik.
-"Ti eri dimenticato di me?"- sorrise beffardo.
-"Si!"- lo superò.
-"È andata bene vedo"- disse riferendosi al sorriso sul suo volto.
-"Come se tu non ne sapevi nulla"- uscì dal negozio.
-"In effetti... Ma dove vai?"- chiese per la seconda volta in quella giornata.
-"A casa!"- urlò inziando a correre avendo un unico pensiero in testa.
"Che diavolo indosserò?"
A pomeriggio inoltrato, Camillo sistemò le medicine non utilizzate contando poi quelle rimanenti all'interno del magazzino. Apportò una firma alla fine del foglio per poi recarsi alla reception.
Infilò il camice passando a controllare i vari pazienti.
-"È permesso?"- domandò
-"Entra"- sorrise Abel mentre l'infermiere portò un piatto con delle fette biscottate e marmellata.
-"Non c'era altro?"- gli chiese sbuffando.
Camillo rise scuotendo la testa.
-"È il meglio che possiamo offrire"- si sedette sul letto accanto a lui.
-"Come ti senti?"-
-"Bene, quando potrò tornare a casa?"- chiese spostando il piatto al lato destro del vassoio.
-"Quando avrai terminato di mangiare quelle"-
-"Non ho fame"-
-"Devi mangiare"-
-"Ho pur pranzato!"-
-"Sì con una gelatina"- ironizzò l'altro.
Abel strinse le mani attorno al petto, serrando gli occhi a causa di una fitta dolorosa alla testa.
-"Ti fa male?"-
-"Alcune volte"-
-"Aspetta, controlliamo"-
Prese una piccola lucetta puntandogliela agli occhi notando che le iridi reagivano in modo corretto.
-"Sembra essere tutto a posto"-
-"Comunque..."- riprese.
-"Tra qualche giorno potrai tornare a casa"- sorrise indicandogli il piatto.
Si alzò dal letto quando vide entrare Nolan nella stanza.
-"È permesso?"- bussò lievemente alla porta aperta.
-"Vieni, vieni"- Camillo si avvicinò sussurrando un "Fallo mangiare" prima di baciarlo sulla tempia ed uscire dalla stanza.
Abel puntò gli occhi in quelli del compagno.
Nolan li trovò freddi e cupi.
-"Come stai?"- si sedette sulla sedia accanto al letto.
-"Bene"- rispose senza distogliere lo sguardo.
Intimidito abbassò gli occhi nelle sue mani.
Il pigiama che indossava gli stava largo e i medicinali che prendeva gli facevano perdere la cognizione del tempo.
-"Perché sei venuto?"-
Nolan sentì una fitta al petto.
Aveva pronunciato quelle parole con rabbia e disprezzo.
-"Volevo vederti"-
-"Non avevi nient'altro di meglio da fare?"- sorrise amaramente fissando il soffitto bianco di quella stanza invasa dall'odore di disinfettante.
-"Scusa per l'altra volta. Mi hai preso alla sprovvista"-
-"Dicendoti la verità?"-
-"Non riuscivo a crederci"- mormorò.
Non proferì parola. Chiuse gli occhi cerando di leviare il mal di testa perenne.
Nolan sospirò prendendo una mano tra le sue.
-"Ti amo lo sai?"-
-"Non so più a cosa pensare"-
Le mani presero a tremare.
Il veterinario si sporse verso di lui che teneva ancora gli occhi chiusi.
Abel sentì delle labbra calde sulle sue.
Spalancò gli occhi lasciandosi travolgere da quel sapore così intenso e malinconico.
Si cercarono, si esplorarono e si assaggiarono.
-"Non voglio più litigare"- sussurrò il minore sulle sue labbra.
-"È inevitabile in una coppia"- sorrise l'altro sfiorando le sue labbra rosse con le dita.
I capelli di Nolan solleticarono il mento di Abel.
Quest'ultimo afferrò il suo piccolo ciuffo tirandolo leggermente indietro.
-"Sei bellissimo"-
-"Sì o no?"-
-"Come?"- domandò Abel accigliandosi.
-"Scegli: sì o no"- accarezzò la coscia nuda sotto al lenzuolo procurandogli mille brividi.
-"Sì"- sospirò.
-"Promettilo"-
Si avvicinò pericolosamente alle parti intime dell'altro che inarcò la schiena leggermente.
-"Lo prometto"- strinse con forza i capelli di Noaln.
-"Mangia"- sorrise staccandosi dal compagno evidentemente accaldato.
-"Cosa?!"- esclamò infastidito.
-"Me lo hai promesso. Ora mangia"-
-"Ma io..."- gli occhi lucidi di desiderio si trasformano in piccole scintille di rabbia e frustrazione.
-"Sei un piccolo stronzo"- si imbronciò iniziando a mangiare quelle "maledette", così come le aveva soprannominate lui, fette biscottate.
-"No, invece. Sono un bravo fidanzato"- disse accarezzandogli la gamba.
-"E togli quella mano!"- scoppiò a ridere con la bocca piena prima di bere un sorso d'acqua a causa di un piccolo pezzettino andato di traverso.
ANGOLO AUTRICE: Buonasera a tutti! In questo capitolo troviamo un bel po' di zucchero! Cosa ne pensate? Godetevi questo capitolo di serenità perché presto arriveranno delle sorprese!
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento.
Al prossimo aggiornamento.
Un abbraccio.
GIULI.
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