Capitolo quarantuno

"La cella era buia, insonorizzata, addobbata con una strettissima panca di legno, due letti e un pulsante per le necessità.
Non mi è mai stato concesso di chiamare un avvocato fino alle quattro del mattino di tre giorni dopo. Erano differenti gli abusi e le pressioni psicologiche esercitate in quel posto.
Alcuni sono stati chiamati in udienza senza che gli venisse concessa la presenza di un avvocato, presenza che, loro malgrado, si è rilevata inutile dinnanzi ai giudici, in cui unico interesse era sentire se ammettevano o no il loro reato.
Perché ti sto raccontando tutto questo?
Per un semplice motivo Joel.

Io avrei potuto essere il prossimo.
Il prossimo ad essere condannato per sempre a costo di un'ingiustizia. Il prossimo a subire abusi e violenze psicologiche.
No, non è un modo per farti sentire colpevole, ora siamo qui per la nostra verità.
Vuoi sapere cosa successo quel maledetto giorno?
Ti consiglio di sederti, respirare e cercare di controllare il battito cardiaco perché sicuramente starai tremando dall'ansia, perché la verità fa sempre male.
Se ora ti ho tagliato fuori dalla mia vita, fermati e pensaci, probabilmente le forbici per farlo me le hai date tu.


Quella mattina di fine giugno, sentivo la testa ribollire. Mi sentivo preso da una vaga inquietudine, avevo come il presentimento di una vicina catastrofe.
E fu con questi pensieri che varcai la soglia della tua piccola e accogliente casa.
Ero un adolescente diverso, figlio di un mondo crudele, di un destino spregevole incorniciato da un gigantesco punto interrogativo.
Ricordo il dolce profumo di waffle che emanava quell'appartamento.
Quei dolci che mio padre non aveva mai potuto preparami perché morto troppo precocemente.
Sai, Joel, tuo padre è stato un vero eroe.
Non è stato un padre solamente per te, ma ha fatto da padre anche a me.
Ha lottato, abbiamo lottato insieme.
I suoi occhi erano grandi quanto i tuoi.
Due gemme rispecchiatrici della purezza.

La pistola che tenevo stretto tra le mani traballava incerta. Le mie dita tremavano.
Ricordo gli occhi spalancati di tuo padre mentre arretrava contro il muro, ricordo la prima volta che ti vidi. Eri così piccolo e fragile quando da sotto il tavolo i tuoi occhi si erano riempiti di lacrime ed avevi iniziato a correre verso tuo padre. Magari perché avevi capito che quell'attimo sarebbe stato l'ultimo tra le braccia di tuo padre. Così piccolo, ma con il coraggio di un leone.
Quello stesso bambino che avrebbe dato la sua vita pur di proteggere la persona che più amava.
Joel, nei tuoi dieci anni, hai dimostrato una determinazione incredibile.

I tuoi capelli così spettinati, i lacrimoni che scendevano incuranti dai tuoi occhi supplichevoli.
-"Papà!"- avevi urlato.
Un urlo disperato il tuo.
Mi fece ricordare il momento in cui anch'io urlai quella parola per l'ultima volta.
Quella parola che non ho mai avuto il coraggio di ripetere.
-"Papà!"- avevo urlato quella mattina nel villaggio di Soacha. Capisco come ti sei sentito in quegli istanti.

Un'ingiustizia che ha strappato la vita a tuo padre e la felicità ad un bambino.
Hai sempre incolpato me per tutto, vorrei conoscerne la motivazione.
Mi sto dilungando troppo vero?

Ti ricordi di Sorf? Il capo del traffico?
È stato lui ad ucciderlo.
Sicuramente avrai aggrottato le sopracciglia stringendo con forza il foglio tra me mani.
Nell'istante in cui avrei dovuto sparare avevi chiuso gli occhi, lo ricordo perché quella fu la mia ultima visione prima di perdere lucidità.
Il mio corpo si era paralizzato, sapevo fin dal principio che non sarei riuscito ad uccidere Trent. Era l'unica persona che mi aveva fatto comprendere quanto sbagliato era ciò che stavo facendo.
Sorf a quel punto sparó. Il mio corpo si mosse istintivamente e cercai di fermarlo, volevo salvarvi, ma il proiettile mi colpì all'occhio destro, rimanendo impresso con una cicatrice che tu conosci molto bene.
Mi avevi chiesto il suo significato, ora lo conosci.
Dopo qualche istante oramai a terra sentì un ulteriore colpo, poi le tue urla, infine il corpo di Trent cedere.

Non voglio proseguire oltre, ricordare fa male ad entrambi.
Ora sai la verità.
Ma ascoltami, smettila di cercare vendetta, impara a vivere la tua vita.
Lui non ne sarebbe orgoglioso.
Mi parlava spesso di te sai?
Eri e sei la sua  unica ragione di vita.
Ricorda di tenerti stretto le persone che ti amano perché saranno coloro che ti accompagneranno per il resto della tua vita.
Joel io ti ho amato così tanto, ti amo tanto ancora ora.
Magari se avresti fatto più attenzione, avresti capito dallo sguardo attento sempre su di te che contavo la distanza tra il tuo corpo ed il mio, soffrivo quando non potevo averti.
Ora sei libero, hai portato a termine il tuo scopo. Forse in un'altra dimensione saremmo state due persone differenti, chissà magari un Malik ed un Joel diversi. Magari incontrati ad una festa imparando a conoscerti poco a poco sarebbe stato più semplice. Più semplice innamorarsi, più semplice e basta. Ma non rimpiango di averti incontrato, di averti amato e desiderato, mi hai mostrato una nuova faccia del mondo: la vendetta e credimi fa male."





Joel asciugò l'ennesima lacrima scesa lungo la guancia prima di aprire e richiudere subito la porta della sua stanza.
Ci appoggiò la fronte e chiuse gli occhi.
Accartocciò il foglio tra me mani lanciandolo dall'altra parte della camera.
Fuori dalla porta, Nolan parlò.
-"Piccolo che succede?"-
Battè un pugno sulla porta facendo sobbalzare l'amico.
-"Perché?"- sussurrò.
-"Cos'ho sbagliato?"-
-"Joel mi stai facendo preoccupare"-
-"Non è nulla"- disse sforzandosi di mantenere un tono calmo e rilassato.
-"Va via"-
-"Sei sicuro di..."-
-"Nolan, per favore"-
-"Chiama se hai bisogno"- sospirò scendendo in soggiorno.

Joel sedette sul letto abbandonandosi al torpore delle coperte.
Poteva far finta che nulla gli importava, ma continuava sempre a fare male.
I suoi occhi portavano dentro tanta paura, covavano rabbia.
La solitudine gli stringeva forte le mani.
Arrivò ad un punto in cui Joel capì di aver dato tutto, ma di non aver ricevuto nulla in cambio, ed in quel momento capí che nulla sarebbe tornato come prima.
Si arrese.
Si arrese totalmente.
Sapeva di aver fatto male a Malik, perché essere scaraventati a terra e calpestati da una persona che credevi tanto importante, ferisce.
E Joel ne era l'artefice.
Era l'artefice di quel dolore.








ANGOLO AUTRICE: Buonasera a tutti! Ecco a voi il capitolo nuovo. Abbiamo compreso maggiormente i sentimenti e le paure di Malik tramite questa lettera. Cosa ne pensate? Fatemelo sapere con un commento!
Un bacio.

Al prossimo aggiornamento.

GIULI.

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