Capitolo quaranta
Quando il mattino dopo Malik giunse in centrale per parlare con Fox, non perse tempo a lanciare uno sguardo verso l'ufficio di Joel, trovandolo seduto al suo posto, con la testa appoggiata su un palmo della mano e lo sguardo fisso su computer.
Lo fissò con maggior attenzione: aveva l'aria stanca, di chi non dorme da giorni.
I capelli arruffati e quei splendidi occhi tristi e circondati da delle occhiaie spaventose.
Come se si sentisse osservato, Joel volse lo sguardo verso Malik ed incontrò i suoi occhi azzurri.
Di fronte a quella situazione, il più piccolo, distolse immediatamente lo sguardo guardando a terra e provando un dispiacere immenso.
Strinse il blocco di fogli che aveva tra le mani sospirando.
Malik sorrise amaramente decidendo di affrontarlo.
Entrò nell'ufficio del compagno chiudendosi la porta alle spalle.
Joel corrugò la fronte non capendo, poi lo notò e il mondo sembrò combattergli contro.
-"C'è qualcosa di cui devo scusarmi"- sostanziò Malik avvicinandosi lentamente.
-"Non voglio parlare di nulla adesso"- strinse gli occhi sembrando esausto.
-"Starai zitto ed ascolterai, chiaro?"- il tono di voce del colombiano cambiò drasticamente, da pacato a furioso.
Sbattè la mano sulla scrivania dell'ufficio e Joel sobbalzò arretrando con la sedia girevole.
Si passò una mano tra i capelli leccandosi le labbra screpolate.
-"Mi dispiace di essere stato solamente un stupida vendetta per te"- sfiorò l'indice della mano del ragazzo.
-"Mi dispiace così tanto di essermi innamorato di te"- le dita percorsero la gola dell'altro che, paralizzato non riuscì a muoversi.
Deglutí quando la mano di Malik accarezzò la sua guancia. Gli erano mancate quelle carezze.
-"Mi dispiace di non essere morto al posto di tuo padre quel giorno"- sussurrò incontrando gli occhi liquidi del compagno.
-"Se è questo che hai sempre voluto, sparirò per sempre dalla tua vita"- concluse girando le spalle avviandosi all'uscita.
-"Ti ho illuso"- affermò Joel.
-"Sono abituato a questo"- sorrise amaramente alzando leggermente la testa per non permettere alle lacrime di uscire.
-"Mi disp..."-
-"Non dirlo!"- lo interruppe stringendo i pugni lungo i fianchi.
-"Non dirlo se non lo pensi realmente"-
-"Ho bisogno di sapere"-
-"Pensavo sapessi già tutto o sbaglio? Mi hai accusato senza motivo ed ora sono distrutto lo capisci?!"- si voltò affrontandolo faccia a faccia.
-"Saresti stato più uomo ad ammazzarmi, a denunciarmi direttamente, vendicandoti subito, ma non giocando con i sentimenti di una persona, trattandola come immondizia perché lui..."- indicò il petto -"tutto ciò che abbiamo provato non lo scorderà. Mai."- concluse.
-"Ti prego"- sussurrò Joel.
-"Che succede ora? Ti senti in colpa?"- rise fintamente -"Hai capito di aver trascorso i tuoi vent'anni di vita alla ricerca di qualcosa che non esiste?"-
Si avvicinò alla scrivania.
-"Benvenuto nella vita reale Joel"-
Fece per aprire bocca, ma l'altro lo anticipò.
-"Da qui capirai tutto. Saprai ciò che vuoi capire. Sii felice, da solo"-
Uscì lasciandogli una busta bianca con all'interno una lettera ripiegata in quattro parti.
Malik si avviò verso l'ufficio del capo che lo ricevette immediatamente.
"Come dovrò comportarmi ora?"- gli chiese.
-"Mi dispiace per quelle false accuse..."-
-"Non si preoccupi..."- rispose con tono fermo e freddo.
Fox notò il cambiamento dell'agente, ma riprese comunque a parlare sospirando.
-"Abbiamo deciso di sospenderti dal servizio per qualche mese"-
-"Perché?"-
-"Devi riprenderti, ne hai bisogno"-
Non riuscì a crederci.
-"Me ne vado"- uscì velocemente sentendo la rabbia salire.
Stava per soffocare.
L'aria mancava.
Perché la vita ti remava sempre contro? Sembrava andare tutto per il meglio, ma ora? Come poteva definire la sua vita? Un'immensa illusione.
Seduto al bancone in un bar, Malik, con un bicchierino di rum tra le mani, sentiva la testa accaldata.
L'alcool l'aveva disinibito e aveva alleviato momentaneamente il malessere esistenziale.
Affrontava le difficoltà della vita sempre con l'ausilio di stampelle chimiche, ed era peggio che essere sé stessi.
Sorseggiò il decimo bicchierino prima di richiamare l'attenzione del barista richiedendo un altro giro.
-"Sei sicuro?"- gli chiese il barman.
-"Faccia come vuole lui"- una voce alle sue spalle acconsentì alla richiesta dell'amico.
-"Stai da schifo"-
Malik alzò lo sguardo incontrando gli occhi di Abel che sorrise poggiandogli una mano sulla spalla.
-"Lo so"- borbottò lasciandosi scappare un singulto.
-"Cos'è successo?"- chiese l'altro ordinando una birra media che gli fu subito servita.
-"Niente"- bevve d'un fiato il liquido ambrato che gli bruciò la gola.
-"Direi che per oggi può bastare"- disse allontando il bicchiere da Malik.
-"Dai spara..."- sorseggiò la bibita fresca.
-"Pum..."- fece finta di sparargli con le dita per poi scoppiare a ridere.
Abel arcuò un sopracciglio mentre l'atro continuava a ridere.
-"Sei scemo o ubriaco?"-
-"Forse tutti e due"- biascicò.
-"È meglio se andiamo"-
Lo afferrò per le braccia aiutandolo ad alzarsi.
Passarono tra i corpi sudati e appiccicati della gente riuscendo ad uscire all'esterno per poter respirare dell'aria fresca.
-"Perché la vita fa così schifo?"- sussurrò poggiando il capo sulla spalla dell'amico.
-"Non è la vita, sono le persone"- rispose Abel aiutandolo a sedersi in auto.
Gli allacciò la cintura, poi fece il giro per potersi accomodare al posto del guidatore.
-"Passerà mai?"-
"Cosa?"- inserì la chiave.
-"Il dolore"-
Abel volse lo sguardo intenerito verso l'amico e gli accarezzò una guancia.
-"Piano piano"-
-"Lo sento lacerarsi"-
-"Ti aiuteremo a tenerlo compatto"- posò una mano sul suo cuore.
-"Grazie di tutto Abel"-
-"Ci sarò sempre per te"-
Fece partire la macchina accelerando.
-"Posso dirti una cosa?"-
-"Mmm..."- annuì Malik chiudendo gli occhi.
-"Quando arriviamo a casa fatti la barba"- sorrise vendendo comparire un leggero sorriso sulle labbra dell'amico.
ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti! Dopo molto tempo di attesa ecco a voi il quarantesimo capitolo! Malik è tornato tra noi!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio.
Al prossimo aggiornamento.
GIULI.
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