Capitolo due
Quindici anni prima
Marzo 2002
-"Azekel! La colazione è pronta!"-
Il piccolo scese le scale della baracchetta in cui ormai viveva da quattro anni.
-"Buongiorno mamma"-
Rispose il piccolo bimbo di dodici anni lasciandosi abbracciare dalla madre.
Lei passò una mano tra i capelli troppo lunghi del figlio posando le dolci labbra sulla piccola, ma larga fronte.
-"Tesoro, dovremmo tagliargli un giorno"-
Sorrise lei. Un sorriso pieno di tenerezza.
Era così bella.
I suoi occhi ormai spenti, ma non il suo sorriso.
I capelli ondulati ricadevano dolcemente sulle spalle magre.
Il viso smunto e scavato fecero spezzare il cuoricino di Azekel.
-"Dai siediti e mangia"-
Gli porse una tazza di latte con tre fettine di pane.
Bevve un sorso della bevanda guardando di sottecchi il piatto vuoto della madre.
Mangiò una fetta di pane poi chiese.
-"Mamma, dov'è papà?"-
-"Al lavoro"-
Il piccolo annuì.
-"Mamma, non ho più fame"-
-"Azekel devi mangiare. Non so per quanto tempo papà riuscirà a procurarci del cibo"-
-"Mamma tu hai mangiato?"-
-"Certo"- sorrise prendendo la piccola mano del figlio tra le sue.
-"Forza finisci il pane"-
-"Mamma"-
-"Azek- "-
-"Mangia il pane"-
Il piccolo si alzò uscendo dal cucinino.
La donna guardò il suo piatto vuoto posando poi gli occhi tra le fette di pane morbido.
Afferrò il pane timidamente e con le lacrime agli occhi addentò un piccolo pezzetto.
-"Grazie"- sussurrò
-"Grazie figlio mio"-
I fischi delle granate, le esplosioni, il sangue, la morte delle persone. Tutto questo era la guerra.
Ormai i prodotti vendibili nei supermercati erano pochi. L'acqua scarseggiava.
Quando era iniziata la guerra Azekel faceva la quinta elementare.
I soldati avevano invaso Soacha imponendo il loro potere.
Avevano seminato distruzioni e massacri.
Le strade non erano più come prima, vivaci , gremite di persone.
Ora i marciapiedi rimanevano vuoti.
Le metropolitane passavano ogni mezz'ora nonostante l'ora di punta.
I soldati armati circolavano in città e le loro macchine la perquisivano.
Azekel aveva paura.
La tristezza però non era di casa nel piccolo cuore del bimbo. Non disperava perché la guerra sarebbe finita.
La parola che più volte risuonava come un coro pronunciato era ' pace '.
Azekel sperava e sognava di tornare a giocare all'aperto, sperava di poter andare a scuola senza il terrore di essere colpito da un proiettile.
Aveva imparato ad ascoltare il silenzio e ad aspettare la pace.
Una pace che non sarebbe mai arrivata.
Settembre 2002
Pioveva, pioveva e fuori, lampi e tuoni producevano luce ed innumerevoli suoni.
La notte faceva paura.
Ondate di fuoco venivano respinte dagli avversari.
Tutti erano in allerta.
Gli occhi avrebbero voluto vedere di più.
Percepire maggiormente.
Azekel vedeva ombre che non esistevano.
Ormai la notte si svegliava tra le urla strazianti e le lacrime abbondanti.
Scriveva lettere straripanti di nostalgia, all'incirca ogni dieci giorni quando sua madre riusciva a procurargli una penna e un piccolo foglio di carta.
Un altro urlo.
La notte non era mai stata limpida.
Il bimbo si alzò dal piccolo letto mentre i pantaloncini del pigiama cadevano leggermente.
Raggiunse la camera dei suoi genitori.
-"Mamma, papà"-
Sussurrò con voce incrinata.
-"Tesoro"-
Il padre si sciolse nella visione di suo figlio con i lacrimoni agli occhi.
-"Ho paura"-
L'uomo tese le braccia prendendo il piccolo in braccio.
Poggiò il capo sul suo petto ascoltando il ritmo del cuore del padre.
Pochi minuti dopo un'esplosione fece vibrare le pareti in legno della baracca.
Frantumi di oggetti e travi in legno cominciarono a cadere.
-"Giù! Giù!"- urlò la madre
L'uomo sollevò il figlio prendendo la mano piccola e calda.
-"Papà!"- la voce implorante del bimbo risuonava tra le grida dei presenti.
-"Tieni duro!"-
Scesero velocemente in cantina mentre i bombardamenti proseguivano.
La disperazione ed il dolore erano i sentimenti che si ripetevano costantemente nei pensieri di Azekel.
Questa era la conseguenza degli errori del mondo dei grandi.
Raggiunsero la stanzetta buia e fredda avvicinandosi tra di loro per scaldarsi il più possibile.
La madre del bimbo portò le mani in grembo cercando di proteggere il feto che cresceva dentro di lei.
Un dolore indescrivibile si stava creando dentro di loro.
La paura impediva di parlare.
Non riuscivano a muoversi.
Il tempo scorreva lentamente, ma inesorabile.
Gennaio 2003
Una mattina due soldati andati in perlustrazione raggiunsero la scuola media di Soacha.
Nessuno capiva cosa stesse succedendo, poi improvvisamente sentirono degli spari provenire dalle aule accanto.
Le urla dei nemici pietrificarono insegnanti ed alunni.
Tranne una.
-"Bimbi forza nascondetevi dentro agli armadi, svelti!"-
Sussurrò con dolcezza la maestra di Azekel.
Il bimbo seguì le istruzioni chiudendosi dentro l'armadio dei pennarelli colorati.
-"Non uscite finché il silenzio non giungerà alle vostre orecchie. Chiaro?"-
I bimbi annuirono.
Nascosero la testa tra le gambe.
Era buio li dentro.
Inaspettatamente i soldati fecero irruzione nella piccola aula.
Azekel trattenne il respiro.
Tappò le orecchie con le mani avvolte dai guanti di lana creati da sua madre.
Un uomo alto ed ostile parlò una lingua a loro sconosciuta rivolgendosi all'insegnante.
Dal piccolo spiraglio, gli occhi azzurri di Azekel videro la canna del fucile poggiarsi sul petto della sua maestra poi sentí uno sparo.
La donna cadde a terra priva di vita.
Cercò di trattenere l'urlo disperato che dalla sua gola cercava di emergere.
Singhiozzò cadendo sulle ginocchia.
I soldati cominciarono a colpire armadi, tavoli e lavagne.
Uccisero alcuni bimbi che avevano cercato di scappare.
Doveva rimanere in silenzio.
Poteva vedere due scarponi verde militare avvicinarsi pian piano, ma non arrivarono mai a lui.
Verso sera uscì dal nascondiglio che gli aveva salvato la vita.
Non guardò a terra, puntò lo sguardo verso la porta correndo alla disperata ricerca dei suoi genitori.
Sulle strade si era innalzata una nube di fumo.
Correva, correva velocemente.
Spalancò la porta della casetta trovandola buia e fredda.
-"Mamma!"- chiamò con voce affannata.
-"Papà!"-
Questa volta l'urlo fu spezzato dalla visione di due corpi che giacevano a terra.
-"No. Per favore"-
Azekel cominciò a tremare. Le gambe non ressero.
Si accovacciò a terra.
Portò la mano destra sul volto della donna.
Le accarezzò i capelli poi il petto infine dolcemente poggiò una mano sul piccolo fratellino che sarebbe dovuto nascere quattro mesi dopo.
La disperazione era troppa.
Il padre giaceva seduto accanto al divano.
Si ritrasse vedendo un proiettile sul volto sfigurato dell'uomo.
-"Svegliatevi!"- urlò non osando avvicinarsi.
-"Svegliatevi!"- urlò piangendo sotto shock.
Un conato di vomito attraversò la gola di Azekel che rimise sul pavimento in legno.
I rumori si placarono a poco a poco.
L'ultima cosa che il piccolo percepì prima di perdere i sensi fu un rumore assordante mentre rivedeva la sua vita intera trascorsa con la sua famiglia passargli davanti in un lampo e infine allontanarsi.
Non sentiva più niente, sommerso nel buio.
ANGOLO AUTRICE: Ed eccoci qui con il secondo capitolo! Uno spruzzo del passato di Malik.
Siete curiosi di sapere come continuerà questa avventura? Non vi resta che seguirmi.
Al prossimo aggiornamento!
GIULI.
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