capitolo 8 : tra sogno e realtà

Sarei stupido se vi dicessi che non l'aspettavo, sarei un idiota se vi dicessi che non ci speravo, sarei davvero meschino se non ammettessi che ancora la immaginavo bella come poche ma sole come tante.

Riuscivo a intravedere la sua ombra e se affinavo i sensi riuscivo ancora a sentire il suo profumo, in quella stanza buia dove la realtà vacilla e l'immaginazione prende il sopravvento la follia balla sulla ragione e voi non sapete quante volte avrei voluto ballare con lei e correre a a cercare Celeste, senza un appiglio, senza un soldo, senza una speranza.
Ma la paura abbassa il volume della musica e mi ricorda che non vivo in un film o in un romanzetto scritto da una adolescente, che la vita reale è ben altro, che non puoi correre fuori da quella porta se non hai il coraggio di prendere in mano il film della tua vita e cambiarne il finale; la stessa paura che non mi spinse a fare domande a nessuno a scuola per paura della risposta, cercavo di allontanare quel pensiero il più possibile, urlavo a quella vocina di tacere, che non può, non può essere così "Celeste è viva e mi sta aspettando" false speranze alle quale tutti crediamo per un attimo di felicità contraffatta ma che in qualche modo ci da qualcosa in cui credere in attesa di altro.

Ma prima di dare in pasto la mia vita, prima di distruggerla fino all'ultimo centimetro, prima di divorarla fino all'ultima briciola, prima di abbandonarmi definitivamente all'idea che, qualunque cosa io faccia, la vita mi remerà sempre contro portandomi allo sfinimento; vorrei essere certo che ho qualcos'altro da dare, che la partita non è finita, che il mondo ha ancora qualche alba, per me, da qui ripartire e forse chissà Celeste davvero mi starà aspettando un attimo prima del sorgere del sole per ripartire insieme, magari ci spera anche lei.

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