Il destino di Artemis

Inginocchiata, Artemis posò un incarto ai piedi della statua di Paneo; conteneva un artiglio d'orso conficcato in viscere di agnello.
«Vi porgo questo dono, o divino, per conoscere il mio futuro lavorativo.»
Un tuono rimbombò nella giornata limpida; Artemis svenne.
Una voce le sussurrò nella mente: «Alla mezzanotte di Ognissanti, quando gli dèi sfiorano gli uomini, diverrai l'oracolo di Artemide.»
Artemis si destò ed ebbe un mancamento.
«Non... non può essere.»
Guardò Paneo; una lacrima argentea scorreva sul marmo bianco.
Artemis indietreggiò.
"Sarò una statua cosciente per l'eternità." Inspirò ingoiando la paura.
«Pensa» si disse con voce tremante. «Pensa, cacchio.» Si colpì la testa con la mano.
"Incantesimi, testi antichi..."
Dapprima incespicò con gambe dure come marmo, poi corse a perdifiato. Il cuore sembrava volerle esplodere nel petto.

Il volto della ragazza si tramutò in una maschera di orrore quando vide il suo riflesso nel vetro del portone della biblioteca: aveva due gigantesche corna ramificate.
Artemis balzò indietro, urlando, quando la bibliotecaria aprì.
«Ragazza mia, che succede?»
Artemis si toccò la testa. Solo capelli.
Con la bocca impastata, biascicò: «devo... oracolo.»
«Vieni, cara.»
Mentre seguiva la donna, Artemis vide due ali dorate sbocciare dai suoi piedi. Chiuse e riaprì gli occhi. Le ali erano sparite.
"Miei dei, sta succedendo."
«In fondo a destra, cara.»

Artemis sbiancò davanti agli scaffali stracolmi di libri.
"Quattro ore."
Deglutì e cadde in ginocchio, asfissiata da un attacco claustrofobico: si immaginò imprigionata nella statua, gli urli le rimbalzavano addosso.
«Sta bene?»
Una bimbetta accanto a lei reggeva un tomo: Diventare un oracolo.
Artemis glielo strappò dalle mani. «L'hai letto?»
La bambina fece cenno di sì. «Dice come non diventarlo?»
«Sì, ma...»
Artemis corse via e si nascose. Sfogliò spasmodicamente le pagine e lesse con avidità.
Un'ombra di morte le oscurò gli occhi.
Una sola possibilità, oltretutto incerta.

Legare il filo rosso al polso per scoraggiare gli Dei, recitava il libro.
Prese il filo dalla piega tra le pagine e lo indossò, poi si nascose sotto un tavolone. Con le gambe strette in un abbraccio e il respiro singhiozzante, immaginò il nulla e il silenzio. Tremava, ma tutto era meglio di quel futuro.
Tutto.

Quando fu sola, ispezionò la sala.
«Dove diavolo trovo una fune
Guardò il grande pendolo all'ingresso. Mancava poco, troppo poco.
Vagava avanti e indietro, veloce, quando posò lo sguardo sulla tenda alla finestra: eccola, la sua corda.
Con mani tremanti, faticò a creare il cappio che infilò al collo, poi salì al piano superiore e legò la fune alla ringhiera.
«La morte interrompe l'eternità» disse, composta e decisa. E si buttò.

La corda le segava il collo. Il dolore era rosso, come il sangue.
Dal basso, un cane e un leone la fissavano, muti.
Poi la corda si spezzò.
Uno scorpione penzolava con la cuspide infilzata nel moncone di corda.

In biblioteca apparve una statua.
La fanciulla puntava un grande arco verso l'alto, pronta a ricevere le risposte dalla sua Dea.
Al polso, un filo rosso spiccava sul candore bianco del marmo. 

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