Gita al vascello fantasma

"Eccolo, guardate!"
La barchetta di Martin, Oscar e Jason avanzava nel silenzio della notte accompagnata dal rumore solitario dell'acqua.
Il vascello fantasma, grigio e imponente, si fece largo attraverso la nebbia.
Oscar, avvolto in una improvvisata tunica bianca per somigliare a uno spettro, fischiò. "Ma... siamo sicuri?"
Jason guardò Martin sogghignando. "Oscar, te la fai sotto?"
"Chi? Io? Spaventerò qualunque fantasma."
Gli amici risero. Martin lanciò la corda e ruppe il vetro di un oblò con l'arpione.
"Ehi, attento!"
Oscar era bianco come la tunica.
Jason gli urlò in un orecchio: "Buh!"
Oscar sobbalzò facendo traballare la barchetta. "Coglione!"
"Buoni voi! Allora, andiamo?"
Jason si arrampicò sulla corda seguito dagli altri.
Arrivati all'oblò Oscar, impacciato dalla tunica, rischiò di cadere nel tentativo di salire sul ponte.
Martin prese un sigaro dalla tasca, lo portò alle labbra e indicò agli altri di seguirlo.
Sul ponte si muovevano solo stralci di vela sbattuti dal vento.
Raggiunta la porta per le cabine, Oscar sbatté contro Martin che si era bloccato illuminando con la torcia una chiazza rossa.
"Dite che è...?"
Martin e Jason annuirono.
Un cigolio avvolse il silenzio quando Jason aprì.
I loro passi risuonavano nello scafo, poi Oscar inciampò.
I tre abbassarono sguardi e torcia su una tagliola; aveva catturato qualcosa che... non era un topo.
"Sono... dita umane?"
Oscar deglutì. "Non mi piace."
"Che fifone! Sta cosa è deserta, chissà da quanto sono lì."
"Ma quel sangue sembra..."
"Oscar, muoviti, o ti lasciamo qui."
"No, no, vengo! Aspettatemi!"


La grande porta in fondo al corridoio conduceva alla stiva.
Le assi scricchiolavano e alcuni vetri si frantumavano sotto le loro suole. Nell'aria aleggiava odore di marcio e ferro.
La torcia illuminò una strana costruzione: casse e assi di legno formavano una torre alla cui sommità spiccava un coltellaccio da cucina.
Oscar sussurrò: "Quella cosa somiglia..."
"A una ghigliottina."
I tre indietreggiarono, veloci e goffi, fino al ponte, quando un rumore alle loro spalle li fece arrestare. Si girarono.
Un insetto mutante li osservava. Aveva dimensioni umane, zampe di mantide religiosa, corpo di vespa e pungiglione di scorpione.
I tre urlarono e scattarono per allontanarsi. Martin pestò la tunica di Oscar che, scappando, lo fece cadere. I due si buttarono in mare mentre, in un battito d'ali di falena, la creatura fu su di lui. L'unica antenna della testa di mosca lo studiò indugiando sul sigaro che Martin serrava tra le labbra. L'uomo lo porse a quella "cosa" che gli alitava odore di palude addosso. La creatura la afferrò tra le fauci. Martin prese l'accendino e, con mani tremanti, glielo accese. Infastidito dal fumo, l'insetto retrocedette quel tanto che bastò a Martin per divincolarsi e gettarsi in mare.
Sulla barchetta, Oscar e Jason recuperarono l'amico.
L'essere si sporse dalla prua col sigaro in bocca, cercò di afferrarlo ma le zampe da mantide lo tranciarono. Un grido gutturale riecheggiò mentre la barchetta si allontanava.
Il vascello scomparve nuovamente nella nebbia.

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