Kaylee. Washington DC

Giovedì 12 luglio

Mio padre mi aveva appena dato il cambio all'ospedale quando Matthew mi chiamò. Ero distrutta emotivamente, dato che oltre alle condizioni di mia madre quella notte avevo ricevuto una foto da un numero sconosciuto.

Era piuttosto scura, quindi avevo dovuto alzare l'illuminazione al massimo per capirci qualcosa, ed ero rimasta scioccata nel vedere Gonçalo e Kat sul balcone di una casa a me sconosciuta, praticamente nudi, che si baciavano.

Era stato il mio sesto senso, che solitamente non mentiva, o il fatto che sapevo che tra quei due c’era qualcosa, ma ci avrei messo la mano sul fuoco che fossero andati a letto insieme. Venni pervasa da un immenso senso di delusione e c’erano le lacrime agli angoli degli occhi che minacciavano di uscire. Avevo deciso, però, di darmi un contegno e aspettare di uscire dall’ospedale per sfogarmi.

Matthew mi chiese di tenere Arleen impegnata e avevo trovato la maniera perfetta. Mentre lei distraeva Gonçalo facendogli un massaggio, io avrei raccattato tutte le mie cose dalla suite e me ne sarei andata.

Le telefonai e mi inventai una bugia perché mi aiutasse, poi le feci recapitare uno dei miei completi. Una quindicina di minuti dopo, quando oramai ero sicura che fosse da Gonçalo, disattivai le telecamere di sicurezza per potermi muovere indisturbata e corsi alla suite.

Infilai le mie cose nelle valigie alla rinfusa, sperando di non scordarmi nulla, e con l’aiuto di alcuni facchini le portai alla mia aiuto e mi allontanai.

Senza che neanche me ne rendessi conto le lacrime avevano iniziato a scendere copiose sulle mie guance.
Accostai e mi diedi della cretina da sola, perché mi permettevo di piangere per un uomo.

La cosa che più mi infastidiva era che non fossimo davvero fidanzati e, quindi, non avrei dovuto farmi tanti problemi. Mi dissi che era il mio orgoglio che semplicemente non accettava che avesse preferito un'altra donna a me.

Avrei potuto vendicarmi se avessi voluto. Il fatto che fossimo una coppia era oramai su tutti i giornali: avrei potuto tradirlo, mandare una foto a qualche giornalista e l'avvenimento avrebbe fatto scandalo pubblico. Già immaginavo la prima pagina di People: "Gonçalo Llanos tradito. Non saprà soddisfarla abbastanza?"

Decisi che, anche se sarebbe stato piuttosto soddisfacente vedere la sua reazione, era un'ipotesi da scartare. Sarei passata dalla parte del torto anch'io andando con qualcun'altro solo per ripicca. Saremmo stati pari e poi avremmo probabilmente continuato a scannarci all'infinito.

In quel momento l'unica soluzione che mi pareva plausibile era risistemarmi il trucco ed andare ad affogare i miei dispiaceri nell'alcool. Mi diressi quindi al bar più vicino e, badando bene che non ci fossero persone che conoscevo, mi diressi subito al bancone. Il barman, un uomo sulla sessantina, mi rivolse un sorriso caloroso.

«Una vodka liscia, per favore.»

«Ma una bella ragazza come te non dovrebbe bere qualcosa di più delicato prima dell’orario di pranzo?» chiese lui.

Sollevai gli occhi al cielo.
«Può darmi tutta la bottiglia?»

«Non posso» rispose.

«Le pago un'extra. Venti dollari bastano?» chiesi, ben sapendo che quella vodka non li valeva nemmeno.

Gli occhi dell'uomo sembrarono illuminarsi. Mi passò una delle bottiglie, dopo che io ebbi pagato, e si mise a leggere un giornale.

La stappai e riempii il primo bicchiere. Lo mandai giù il più in fretta possibile. La gola mi bruciava come l'inferno e delle lacrime si formarono agli angoli degli occhi, ma non ci badai molto e ne riempii altri due. Li bevvi e iniziai a sentirmi più leggera.

Venerdì 13 luglio

Quando aprii gli occhi, mi ritrovai totalmente spaesata. O stavo sognando o la camera in cui mi ero svegliata era quella nella casa di mia madre a Washington. Il problema era che non avevo la più pallida idea di come ci fossi arrivata.

Avevo la testa che mi martellava, il viso sporco e non avevo più il mio vestito di Alexander Wang addosso. Come se non bastasse, delle esili braccia mi cingevano i fianchi. Cosa diamine avevo combinato?

Presi un respiro profondo e mi girai, per vedere il volto di chi era con me.

Con mia grandissima sorpresa trovai Veronika.

Non ci stavo capendo nulla. Perché eravamo lì? Come ci eravamo arrivate? Dove ci eravamo incontrate noi due? Non ricordavo nulla. Avevo bevuto decisamente troppo.

Tutta la confusione che avevo in testa non fece altro che peggiorare le mie condizioni e oltretutto la nausea mi pervase. Corsi in bagno, mi inginocchiai davanti al water e riversai anche l'anima. Non vomitavo da anni, mi ero scordata quanto facesse schifo.

Subito dopo mi lavai i denti ed entrai in doccia. Avevo la sensazione di aver combinato un disastro la notte prima.

Controllai il telefono. Tredici chiamate perse da Gonçalo e numerosi messaggi. Non avevo in mente di sentirlo, né tantomeno di rispondergli. Che chiamasse pure all'infinito se aveva voglia.

Dopo essermi asciugata i capelli, svegliai Veronika. Avevo bisogno di spiegazioni, avevo aspettato fin troppo.

«Veronika, alzati» dissi scuotendola leggermente.

«Mmh, altri cinque minuti.»

«Svegliati ora!»

Lei mi tirò una cuscinata in faccia.
«Ma ti sembra il modo?» gridò stralunata.

«Mi scusi principessa, voleva forse un cubano muscoloso che le portasse la colazione a letto?»

Veronika sorrise e pensai che la scena fosse perfettamente vivida nella sua testa.

«Anche se fosse, non me ne frega nulla perché non conosco cubani» aggiunsi acida.

«Ma cos'hai mangiato stamattina, yogurt scaduto?»

Dovevo calmarmi se volevo mi desse delle risposte.
«Mi spiace, sono molto stressata ultimamente.»

«Lo so Kay, mi hai detto tutto ieri notte.»

Cos'avevo fatto?!

«Per favore raccontami tutti i danni che ho combinato» dissi sospirando e accomodandomi sul letto.

Lei già rideva sotto i baffi.
«Allora, tieniti forte! Ti ho incontrata al locale e stavi raccontando al barman tutte le tue disgrazie piangendo. Avevi bevuto quasi tutta la bottiglia di vodka da sola e quando mi sono seduta accanto a te l’uomo se n’è andato sollevato. Mi hai detto che Gonçalo ti ha tradita e che volevi divertirti. Per questo sei salita sul bancone non appena la canzone Candy shop è partita e hai improvvisato uno strip.»

La bloccai. «Dimmi che non l'ho fatto davvero, per favore.»

Lei fece spallucce e annuì.
«L'hai fatto e c'è anche il video che lo dimostra» disse indicando il mio cellulare.

Rifiutai l'invito di vedere il video, dato che il ricordo di quella cretinata era tornato nella mia memoria anche se sbiadito.

«Quasi tutti gli uomini presenti si sono avvicinati e hanno iniziato a lanciarti dei soldi, che ho avuto la premura di raccogliere per te. Siamo uscite dal bar insieme, tu eri ancora in intimo dato che ti sei rifiutata categoricamente di rimetterti il vestito. Mi hai detto: "Se metà della popolazione mondiale ha visto il toro di Gonçalo, credo che se qualcuno vedrà le mie grazie non succederà nulla".»

Non mi ricordavo una parola di tutto ciò.

«Stavamo girando per San Diego, tu ballavi e cantavi a squarciagola, quando ti ho detto che io e Ryan abbiamo litigato e tu mi hai proposto di venire qui con il tuo jet per allontanarci un po’ da tutto. Prima che il tuo autista venisse a prenderci per portarci all'aeroporto, hai regalato il tuo vestito firmato ad un senzatetto dichiarando che valeva minimo quattromila dollari e che poteva ricavarne dei soldi con cui fare ciò che voleva. Ti sei messa a fare il karaoke sul jet e ho dovuto cantare anch’io perché mi hai minacciata di lanciarmi giù altrimenti. Sono state cinque ore di viaggio con la persona più psicopatica di sempre. Quando siamo arrivate un altro autista ci ha accompagnate in questa mega villa. Non appena abbiamo messo piede in casa tu ti sei addormentata e ho dovuto portarti a letto con la forza.»

Rimasi a bocca aperta.
«Per quale strano motivo mi hai permesso di fare quelle cose prive di contegno?» dissi con una vocina quasi isterica.

«Perché non era compito mio bloccarti dal fare quello che vuoi, sei maggiorenne, e inoltre ti stavi divertendo.»

...

Passare del tempo con Veronika era stato divertente, anche se complicato. Il suo bipolarismo la portava ad essere oltremodo irritabile e non dovevo dire nemmeno una parola che fosse fuoriluogo.

Avevamo indossato degli abiti dall'armadio di Eleanor ed eravamo andate a fare shopping quella mattina. Nessuna delle due aveva vestiti da poter indossare, dato che andare a Washington era stata una decisione a sorpresa. Pagai tutto io e lei mi disse che si sarebbe sdebitata in qualche maniera, nonostante io le avessi detto più volte che non ce n’era bisogno. Era testarda come un mulo, quella ragazza!

Andammo a pranzare fuori, ma lei praticamente non toccò il suo piatto. Smise di parlare e anche se tentavo di tirare fuori un qualche argomento che poteva essere di suo interesse, lei non faceva altro che scrutarmi con i suoi occhioni scuri e storcere le labbra in una strana smorfia.

Il pranzo andò avanti così, con me che mangiavo e parlavo e Veronika che era oramai in una fase vegetativa; fino a quando il mio cellulare non squillò. Lo tirai fuori e lessi il nome sul display.

«È Ryan» le dissi.

«Rispondi pure, fai quello che vuoi, ma non dirgli che sono con te.»

Declinai la chiamata.
«Niente uomini, avevamo deciso di rilassarci» le dissi sorridente.

Io e Veronika tornammo a casa verso le sette, dopo essere state in un centro benessere per prepararci dato che lei era tornata di colpo energica e voleva uscire. Non ero davvero in vena di bere e divertirmi come la sera prima, ma lei mi aveva pregata e ora mi ritrovavo ad acconciarle i capelli solo per farla felice.

«Vedrai che sarà fantastico» disse entusiasta.

Mi chiedevo se il voler andare a qualche festa per Veronika fosse solo una maniera per dimenticare Ryan o se lei se lo fosse già scordato.

Fatto sta che a me Gonçalo mancava da morire, nonostante fossi incazzata con lui. Ero in preda a sentimenti contrastanti. Se mi si fosse parato davanti in quel momento non so se l'avrei preso a schiaffi o l'avrei baciato.

Mi sembrava fossero passati mesi dall'ultima volta in cui ci eravamo visti. Non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che mi avesse tradita. Era stata una cosa inaspettata, un fulmine a ciel sereno ed io non ero preparata per la tempesta che ne sarebbe potuta derivare.

Io e Veronika stavamo ballando, quando sentii qualcuno picchiettare sulla mia spalla. Mi girai e... sorpresa! C'era James, uno delle nostre spie.

«James, tesoro! Come stai?»

«Bene. Allora, la nuova fidanzata di Llanos eh?» disse ammiccando.

Io tossicchiai e mi finsi estremamente felice. «Sì, stiamo ufficialmente insieme!»

«Vi siete innamorati in due settimane? Me lo presenterai un giorno? Ma non è con te ora? Perché?»

Fatti una padellata di cavoli tuoi.

«No, aveva troppo lavoro da fare in questi giorni.»

Veronika si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: «Chi è 'sto gnocco?»

Sorrisi. Sapevo come levarmi James di torno.

«James, lei è Veronika! Fate un po’ di conversazione mentre io vado a prendere qualcosa da bere» dissi ai due e me ne andai.

Controllai il cellulare. Gonçalo non chiamava più dalle dieci oramai e pensai che forse si era rassegnato, anche se mi sembrava troppo assurdo per essere vero.

Quando tornai dal bar, con la mia bottiglietta d'acqua dato che non avevo ancora digerito l'alcool del giorno prima, vidi da lontano Veronika e James ballare insieme. Erano le due, io ero a pezzi e volevo tornare a casa. Mi avvicinai ai piccioncini e chiesi a Veronika se potevamo andarcene..

Lei mise su il broncio.
«Ma Kay, è presto» si aggiunse anche James.

«Io sono distrutta, ho bisogno di dormire.»

«Se Veronika vuole, la posso riportare io più tardi» disse lui.

Guardai Veronika e lei annuì felice.

«James, portala a casa intera. Se ha un solo capello fuori posto, giuro che ti uccido con le mie stesse mani. Sai che non scherzo.»

Lui fece il saluto militare.
«Sissignora, agli ordini!»

Li salutai e poi andai verso la mia auto, pronta ad andare a casa e mettermi a letto.

...

Mi ero appena cambiata, quando sentii suonare il campanello. Non poteva essere Veronika, era troppo presto. Chi diamine era allora?

Non potevo aprire la porta ad uno sconosciuto alle tre di notte. Il campanello suonò ancora. Era impossibile che a casa di mia madre non ci fosse nulla per proteggersi!

Agguantai un coltello da cucina e mi diressi alla porta, mi sentivo estremamente psicopatica.

Sentii di nuovo il familiare drin.

«Arrivo, santo cielo, un attimo!»

Aprii la porta e mai mi sarei aspettata di trovarlo lì. Era bello, come sempre, anzi non vederlo quei giorni lo faceva sembrare ancora più splendido del solito. Si passò una mano fra i capelli, lo faceva sempre quando era agitato, e la sua foto con Kat fu come un flash nella mia mente.

«Cosa diavolo ci fai qui?» chiesi alterata.

«Bambolina, voglio solo parlare.»

Oh no, no.

«E io non voglio.»

«Fai la persona matura per favore.»

Scoppiai in una risata isterica.
«Tu mi tradisci e io dovrei essere matura? Mi prendi in giro, non è possibile!»

Lui fece per aprir bocca, ma lo interruppi.

«Sparisci! Vattene! Non ti voglio qui!»

Gli chiusi la porta in faccia, ma lui non sembrò prenderla bene dato che si mise a prenderla a pugni.

«Apri la porta, dobbiamo chiarire questa cosa!» urlò.

«Mi hai tradita, non c'è nulla da chiarire, anzi non era nemmeno tradimento dato che noi non stiamo insieme» dissi calcando volutamente sul non.

«Kaylee Reese, apri la porta o giuro che la sfondo.»

«Provaci pure, quando ti romperai qualche osso dato che è blindata non contare su di me» lo sfottei.

«Fai come vuoi, ma dovrai uscire prima o poi e io sarò qui.»

«Divertiti» risposi piccata e tornai in camera da letto.

Sabato 15 luglio, mattina

Mi svegliai solo quattro ore dopo, sentendomi in colpa per aver lasciato Gonçalo fuori.

Era brutto dover sempre aver qualcuno su cui contare. Mi serviva sempre qualcuno che fosse la mia ancora, qualcuno a cui aggrapparmi e poi diventavo indistruttibile. Riuscivo a fingermi la spia cinica e fredda, la donna indipendente e menefreghista che tutti credevano. In realtà altro non ero che un essere umano: una donna addestrata ad essere priva di sentimenti, che in realtà aveva bisogno di concentrarli tutti su una persona altrimenti non sarebbe riuscita a fare bene il suo lavoro.
C'era stata mia madre fino ai quattordici anni, poi il nostro rapporto si era raffreddato, e a quel punto avevo trovato Clare e anni dopo Gabriel. Loro due erano stati i miei principali sostenitori. Mi avevano aiutata a rimettere insieme alcuni pezzi di me e poi mi avevano distrutta di nuovo.

Gonçalo aveva preso il loro posto. In quelle due settimane avevo dato forse troppo ad un uomo che conoscevo da troppo poco, non pensando alle conseguenze, e ora mi ero ritrovata a scoprirle. Non riuscivo ad odiarlo per ciò che mi aveva fatto, neanche un pochino.

Mi alzai dal letto e andai verso la porta. Una parte di me sperava che se ne fosse andato e che non avesse più voglia di occuparsi di me, ma un’altra che prevaleva voleva che fosse rimasto lì. E infatti lo trovai seduto sullo stipite che dormiva.

Mi abbassai e lo scossi leggermente.

«Svegliati e vieni dentro.»

Lui mugolò qualcosa di incomprensibile e aprì gli occhi.
«Cos'hai detto?» chiese sorridendo.

«Vieni dentro.»

Lui si alzò e io con lui.
Entrai in casa e ci dirigemmo in salone.

«Prova anche solo ad avvicinarti a me mentre parliamo, vedrai che ti stacco le palle e le appendo alla porta» dissi glaciale. Gonçalo tossicchiò.

Uomo avvisato, mezzo salvato.

«Cos'hai da dire, ho un appuntamento di lavoro tra due ore e devo prepararmi» mentii.

Lo vidi serrare la mascella. Centro!

«Come fai a sapere di mercoledì?»

«Non ti riguarda.»

«Ti avrei detto di me e lei non appena ci fossimo visti.»

«Questo non cambia nulla. Ci sei andato a letto e volevi anche l'esclusiva da parte mia. Chi credi di essere?» chiesi infastidita.

«È stato un errore, Kay. Non volevo ferirti.»

«E chi ti ha detto che sono ferita, scusami?»

«Credi che io non ti conosca? Hai appena drizzato la schiena e sollevato il mento, stai tentando di passare per la donna che è impossibile da scalfire. Mi stai mentendo spudoratamente.»

«Stronzo» sussurrai guardandolo negli occhi.

«Mercoledì è stato tutto un errore. Stavo ripensando al mio passato e mi sono ritrovato incasinato come non mai.»

«Iniziamo a ripensare tutti al nostro passato allora. Richiamo quelli con cui sono andata a letto e faccio una rimpatriata, giusto per ricordare» dissi velenosa.

Gonçalo sbuffò.

Ero così esasperante?

«La mia storia con Kat è diversa. Tu non sai cosa c'è stato» disse abbassando la voce, come se qualcuno avesse potuto sentirci.

Come potevo sapere se non me ne aveva mai parlato?

«Poi avevo scoperto che uscivi dall'hotel di nascosto, tramavi alle mie spalle con Jona» disse amareggiato.

Ma cosa stava dicendo?!

Mi alzai in piedi e lui seguì le mie mosse con lo sguardo. Mi piazzai davanti a lui con le mani sui fianchi e mi trattenni dall'ucciderlo.

«Vuoi sapere cosa tramavamo? Eh, lo vuoi sapere?» dissi livida di rabbia.
Non poteva scaricare le sue colpe su di me. «Come evitare che tu e Kat finiste per fare sesso. E tu mi dici che è stato il fatto che io e lui parlassimo a spingerti a farlo? Ah, perché non stavi aspettando quel momento da una vita, scommetto. Ora che ti sei tolto la curiosità puoi tornare da lei!»

Gridai tutto ad un passo da lui che era ancora seduto. Non sembrò per nulla stupito della mia sfuriata e quando io finii di parlare mi guardò quasi scocciato.

«Vedo che hai terminato» disse fingendo di sbadigliare.

Quella era la volta buona in cui si sarebbe preso un pugno sul naso.

Ma non mi diede nemmeno la possibilità di muovermi, che mi agguantò le cosce e mi trascinò verso di sé. Essendo stata presa alla sprovvista mi ritrovai sulle sue gambe e con le mani bloccate dietro la schiena.

«Così evito di morire» furono le sue parole.

«Lasciami andare, chissà cosa hai fatto alla tua amica con quelle mani» dissi sprezzante.

«Ascoltami un attimo.»

«Lasciami immediatamente, non lo ripeterò ancora.»

«Kaylee, cazzo, sto tentando di parlare. Chiudi la bocca e smettila di dimenarti seduta sulle mie gambe» sbottò Gonçalo.

«Altrimenti?» lo provocai.

«Ma devi sempre ribattere? Impara a tacere ogni tanto che è più conveniente per tutti.»

Lo fulminai con lo sguardo, ma decisi di ascoltarlo. Prima finiva e prima spariva.

«Non voglio tornare da lei, non voglio stare con Kat. Credi che mi sarei fatto cinque ore di viaggio per scusarmi se l'avessi voluta?»

Era una domanda a trabocchetto o dovevo rispondere?

«Magari i sensi di colpa ti divoravano e basta» sussurrai.

«O non capisci o fingi di non farlo. Io voglio te.»

La sua dichiarazione mi lasciò totalmente spiazzata e mi sentii il cuore in gola.

«Ho bisogno di tempo, Gonçalo.»

Lui parve rabbuiarsi, ma annuì.

«Torneremo a San Diego oggi stesso» disse in un tono che non ammetteva repliche.

Io annuii e sospirai.

O la va o la spacca.

«Però devo dirti un’altra cosa prima. Potremmo avere un problema...»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top