Kaylee. Giochiamo
Lunedì 2 luglio
Quando rientrai in camera, dopo la mia breve e piacevole avventura con Gonçalo, trovai Iris sveglia. Era seduta sul bordo del letto e mi fissava.
«Come stai, tesoro?» le chiesi, sedendomi accanto a lei.
«Bene.»
Tentava di essere fredda e mascherare le sue emozioni, ma non attaccava con me. Le si leggeva tutto negli occhi.
«Non stai bene. C'è qualcosa che ti turba?»
Non mi rispose. Odiavo essere insistente, ma avevo bisogno di sapere cos'era successo.
«So che non è stata una bella esperienza quella di prima, ma se riuscissi a farmi una descrizione della persona che ha tentato di rubarmi l'auto potremmo trovarla» dissi, appoggiando la mia mano sulla sua.
Lei si alzò in piedi e, dopo avermi fulminato con lo sguardo, mi disse:
«Senti, ora sono molto scossa dall'accaduto. Ho bisogno di riprendermi, ne riparliamo in un secondo momento.»
Io annuii. Non era per nulla brava a mentire, ma feci finta di crederle.
Se era solo scossa, perché mi aveva rivolto quello sguardo furioso? Lei non me la raccontava giusta, era arrabbiata per qualcosa e non voleva semplicemente farmela sapere.
«Puoi accompagnarmi all'hotel? Ho bisogno di prepararmi per l'università.»
«Dammi qualche minuto per cambiarmi e arrivo.»
Arrivammo all'hotel e io seguii Iris anche in stanza. Ero perfettamente cosciente di sembrare un cagnolino, e stare appiccicata ad una persona era una cosa che non facevo mai, ma dovevo arrivare a capo di quella faccenda.
Lei entrò in bagno per farsi una doccia, quando il mio telefono squillò
Lessi il nome sul display: Christopher.
Non appena risposi, lui iniziò a gridare.
Era arrabbiato e potevo capirlo, ma anche io ero totalmente snervata. Non avevo dormito tutta la notte e tutto quel discutere mi stava uccidendo.
Non capivo la storia del furto. Era stato premeditato e questo era palese, ma non avendo altri dettagli cosa avrei potuto fare?
Comunque, tutta quella voglia di sapere il movente di quel furto con restituzione mi suggeriva che lui non mi stesse dicendo tutto. Era importante per lui, troppo, e dovevo sapere perché.
Dovevo vederlo e fargli delle domande, avrei capito se era sincero o meno.
«Ti chiamo io non appena ho un attimo di tempo» disse lui, alla mia proposta di incontrarci.
Speravo davvero il prima possibile.
Una volta conclusa la breve chiamata con Christopher mi buttai sul letto. Ero distrutta e volevo solo poter dormire in pace.
Non appena chiusi gli occhi, però, bussarono alla porta. Mi alzai, anche se controvoglia, e andai ad aprire.
Vidi un uomo sulla quarantina che mi guardava confuso.
«Scusi, lei chi è?» chiesi.
Lui ci pensò su, come se stesse cercando la cosa più giusta da dire, e poi rispose.
«Sono il professore di Iris. Lei è qui?»
Da quando i professori venivano a farti visita? Un'altra persona che mentiva.
Quella era sicuramente la giornata raccontiamo balle a Kaylee.
«Sì, si sta facendo una doccia. Deve dirle qualcosa? Le riferisco io.»
«Lasciamo stare, la incontrerò un'altra volta» disse infastidito e andò via.
Che tipo strano.
Seguii Iris anche all'università. Ero praticamente diventata la sua ombra.
Mentre giravamo per la facoltà mi ricordai dell'uomo che era venuto a fare visita alla stanza di Iris.
«Comunque, mentre ti facevi la doccia hanno bussato. Io ho aperto la porta e c'era un uomo che ha detto di essere il tuo professore» dissi tutto d'un fiato.
Lei si fermò di colpo e quasi le andai addosso.
Si girò e mi rivolse uno sguardo tra l'infastidito e il preoccupato.
«Cosa ti ha detto?»
«Nulla, che ti avrebbe incontrata in un secondo momento.»
Si passò una mano sul viso e sbuffò.
Riprese a camminare con ancora più fretta di prima.
«Per quale motivo hai dovuto aprire la porta senza dirmi nulla prima?»
«Non pensavo fosse un professore sexy che bussava alla porta. Non è che voi due...» dissi scherzando.
Lei impallidì.
Ah, io stavo solo scherzando.
«Ascoltami, siamo amiche e tutto, ma ora devi lasciarmi sola. Ho delle lezioni e non posso portarti con me.»
Finalmente si fermò davanti ad un'aula.
«Ciao Kay, ci sentiamo.»
La salutai con la mano e me ne andai.
Sarei arrivata a capo di quella storia che lei volesse o meno e sapevo chi poteva aiutarmi.
Lunedì 2 luglio, ore 23
Non appena ci sedemmo al bar, lui mi sembrò perso. Non era concentrato su di me e controllava continuamente il cellulare, era distratto. Questa cosa mi infastidiva e non poco, quindi decisi di fare qualcosa per attirare la sua attenzione.
«Grazie, per essere venuto» dissi maliziosa, accarezzandogli il braccio.
Lui sembrò riprendersi e mi sorrise scaltro.
«Di nulla, bambolina. Sembravi così ansiosa di vedermi al telefono, ti sono mancato?»
«Non lo nego...» dissi sorseggiando il mio martini.
Gonçalo fece un'espressione soddisfatta, gustandosi quella che per lui era una vittoria.
La verità era che ora che lo avevo davanti, non potevo fare a meno di pensare a quello che era successo quella mattina. Lui era così attraente e io mi ero lasciata andare come un'adolescente alle prime armi: un errore fatale. Fatto sta che era davvero bravo e non mi ero pentita assolutamente di ciò che avevo fatto.
Lui mi poggiò una mano sulla coscia scoperta e fece un sorrisino.
«Quindi come mai mi hai chiamato?» chiese.
«Ho bisogno di un favore» deglutii.
«Che tipo di favore?»
«Ho bisogno della registrazione delle telecamere di sicurezza vicino alla stanza di Iris di stamattina.»
Lui si staccò da me e parve stupito dalla mia richiesta. «E perché ti servono?»
«Stamattina ero da lei e un uomo ha bussato alla porta, voglio solo sapere chi è» sputai subito il rospo.
Calò un silenzio imbarazzante e fissai la porta per evitare lo sguardo inquisitorio del bruno davanti a me.
Con mia grande sorpresa vidi Matt entrare insieme ad un uomo in carrozzina. Li seguii con lo sguardo e si posizionarono ad un tavolo dove li vedevo perfettamente.
Osservai meglio i due ed ero sicura di aver già visto l'amico del barman.
«Sai che non puoi avere quelle informazioni, è questione di privacy» disse dopo un silenzio che sembrò infinito.
«Lo so, ma potresti fare una piccola eccezione solo per me...»
Passai le unghie laccate di rosso sulle sue labbra, poi passai alla mandibola e ancora più giù sul collo. Feci tutto lentamente, senza fretta. Stavo giocando sporco e lo sapevo, ma era quello il mio talento.
«È solo un piccolo piacere per la tua bambolina.» Continuai il mio piccolo flirt, passando ad accarezzargli il petto muscoloso fasciato dalla camicia bianca. Giochicchiai con i bottoncini e ne aprii uno o due.
Gonçalo sembrò gustarsi ogni attimo di seduzione e chiuse gli occhi quando arrivai alla sua vita.
«Che ne dici di giocarcela in qualche maniera?» sussurrò improvvisamente.
«Che tipo di gioco?»
«Dimmi qualcosa in cui credi di essere brava.»
Quindi il suo piano era battermi nel mio stesso campo? Non sarebbe successo.
«Sono brava nello shopping» dissi, poggiando la mano sulla sua gamba con molta nonchalance.
«Su bambolina, sono sicuro che tu abbia qualche talento più interessante.»
Feci finta di pensarci su, anche se sapevo già cosa rispondergli.
«Non sono male nello sparare» risposi infine.
Lui sgranò gli occhi. «Lo sapevo che eri una donna piena di sorprese, ma non pensavo di questo genere.»
Sorseggiai il mio martini e ne approfittai per guardare oltre la spalla di Gonçalo.
Beccai sia Matt che il suo amico girati a fissarmi. Gli uomini erano sempre così privi di tattica!
Mi riconcentrai di nuovo sull'uomo davanti a me e pensai che mi sarei occupata dopo della situazione con il barman.
«Ci sono così tante cose che non sai di me, Gonçalo» sussurrai avvicinandomi.
«E le voglio scoprire tutte, bambolina.»
Gli avrei anche creduto, se non ci fosse stata una sfida aperta tra noi. Non dovevo credere a ciò che mi diceva, lui era un seduttore e io non volevo fare gli stessi errori che avevo fatto con Gabriel, non volevo essere ferita di nuovo.
Dovevo solo fare in modo che si innamorasse di me senza che accadesse il contrario, come avevo fatto con centinaia di altri uomini. Anche se con lui solo l'idea mi sembrava complessa.
«Saprai tutto, se avrai un po' di pazienza» dissi sorridente.
Non rimanemmo lì ancora per molto, perché Gonçalo ricevette un messaggio e scappò via. Ci saremo accordati per cellulare su quando andare al poligono.
Uscii anch'io dal bar e cercai di riflettere su cosa fare con tutta la situazione di Matthew.
Mi stava seguendo, lo vidi dal parcheggio, anche se era piuttosto prevedibile che l'avrebbe fatto.
Ero così concentrata sulle chiavi dell'auto che non mi accorsi nemmeno del ragazzo che sbucò dal nulla e mi assalì. Il suo unico obiettivo era la mia borsa, ma non gliel'avrei lasciata per nulla al mondo. Oltre al fatto che dentro c'erano i miei documenti, era un pezzo unico di Prada che mi era costato una fortuna. Lo immobilizzai con un movimento rapido: il braccio torto dietro la schiena, che era una mossa basilare comunque.
«Chiedi scusa, tesorino» dissi più come ordine, che come richiesta.
L'uomo lanciò un urlo e poi si scusò.
Lo mollai per terra e salì in auto noncurante delle sue condizioni, che gli fosse servito da lezione.
Quando sollevai lo sguardo, Matthew era già sparito dentro al locale.
Accesi il motore e posteggiai l'auto in un posto più nascosto, rientrai rapida nel bar e mi sedetti al tavolo di una ragazza sconosciuta.
«Ciao, io sono Sophie. Il mio ragazzo mi sta cercando, ma io non voglio parlargli posso stare qui con te un attimo?» mentii.
Lei non rispose, ma chi tace acconsente quindi rimasi lì.
Mi avvolsi un foulard attorno alla testa e mi nascosi dietro il menù.
Poco dopo Matthew ricevette una chiamata da una certa Penny, o almeno così lessi dal suo labiale, e dopo aver detto due parole a Ryan, speravo per scusarsi, sparì.
Mi ero ricordata di lui mentre uscivo dal bar. Era la mia cotta quando era un modello e avevo un poster gigante appeso in camera.
Fatto sta che poi era sparito dalle riviste e dalle televisioni e i miei sogni si erano frantumati. Avevo fatto ricerche per capire il perché di quell'abbandono improvviso e sapevo tutta la storia dell'incidente, ma pensai di dover fingere di non conoscerlo per non sembrare solo una fan.
Mi avvicinai cauta e gli chiesi subito cosa volesse Matt da me, senza fare troppi giri di parole.
Lui decise di scherzarci su. Non ero proprio dell'umore giusto dopo che Llanos mi aveva lasciata sola, ma mi strappò comunque una risata.
Inizialmente tutta la chiacchierata girò attorno al barman- volevo davvero sapere cosa stava combinando quel ragazzo - ma Ryan sembrava all'oscuro di tutto, quindi mi arresi.
Lui mi offrì da bere e, nonostante il mio restio iniziale, accettai e ordinai anch'io.
Gli dissi di Gonçalo, lui non lo conosceva e un parere esterno poteva essere utile.
«Forse se ne è accorto» disse Ryan.
Riflettei un secondo su quello che mi aveva detto e giunsi alla conclusione che era impossibile. Non avevo mai detto o fatto nulla che avesse potuto farlo dubitare, non avrebbe potuto capirlo.
Mi ero lasciata andare e iniziammo a conversare come due vecchi amici.
Lui era simpaticissimo, divertente e non aveva perso il fascino che aveva quando lo seguivo anni prima.
Ci soffermammo anche sulle sue gambe e gli parlai di una clinica esperta in riabilitazione, ma lui non sembrò voler considerare l'idea. Presi comunque un tovagliolo: da un lato scrissi il numero della clinica e dall'altro il mio, potevamo davvero diventare amici. Glielo porsi e lui lo cacciò in tasca arrabbiato, magari un giorno si sarebbe dato una seconda chance e li avrebbe chiamati.
Guardai l'ora e, notando che era tardi, mi offrii di accompagnare Ryan a casa. Lui accettò e durante il viaggio in auto continuammo a parlare.
Gli proposi anche di vederci qualche volta e lui sembrò davvero sorpreso dalla mia proposta. Non capivo il perché. Era un uomo divertente, pieno di carisma e in più era stato la mia cotta adolescenziale, non me lo sarei fatto scappare per nulla al mondo. Il fatto che non ci avesse provato con me era un punto a suo favore. Non mi ricordavo a quanti anni prima risalisse la mia ultima amicizia con un ragazzo, mi veniva naturale sedurli e loro cedevano sempre, poi tutto finiva lì.
Invece con lui c'era della sintonia e anche se stava sbagliando il mio nome per risultare uno stronzo, stava fallendo miseramente. Direi che in quel momento io risultavo perfida: mi ero poggiata sui braccioli della sua sedia e avevo avvicinato il mio viso al suo.
«Non ti lascio andare finché non proncunci il mio nome correttamente» soffiai a un palmo dalle sue labbra.
Abbassai lo sguardo e pensai a cosa fare. Avrei potuto baciarlo e approfittare della situazione, ma davvero non mi sembrava la cosa giusta da fare in quel momento.
«Kaylee» scandì lui.
Aveva rovinato il momento e anche il mio piano era andato in fumo.
Decisi di andare via, ma non prima di ricordargli ancora una volta di chiamarmi.
Mi diressi all'auto e poi mi diedi una pacca sulla fronte. Cosa diavolo stavo combinando!
Tornai di corsa sui miei passi e non appena fui davanti a Ryan, poggiai le mie labbra sulle sue.
Rimasi attaccata a lui pochi secondi e poi mi staccai, in quegli attimi lui non riuscì nemmeno a processare cosa stava succedendo.
«Grazie per non averci provato con me» sussurrai.
Ryan non ci aveva provato con me, ma io sì a differenza di quello che avevo promesso prima di salire in auto. Speravo solo che lui non si fosse già scordato della promessa.
Martedì 3 luglio
Quando Ryan mi scrisse per invitarmi alla cena a casa sua, ero con l'agente immobiliare che controllavo la mia futura casa.
Trovare un suo messaggio fu una piacevolissima sorpresa, anche perché arrivai a pensare che si fosse già scordato di me. Ero ben felice di andarci dato che non avevo altri impegni per la serata, ma il problema che si presentò puntuale come sempre fu "cosa mi metto?".
Liquidai l'agente immobiliare con la raccomandazione di presentarsi con le carte da firmare per la villetta il prima possibile e tornai alla casa di mio padre.
I miei dubbi aumentarono quando mi trovai davanti alle diciotto valigie contenenti vestiti, scarpe e accessori.
Mi sedetti sul letto e contemplai i bagagli in silenzio, senza avere idea di come muovermi. Poi tirai fuori il cellulare e mi persi sui vari social a ridere dei video dei gattini e controllare vare idee di makeup possibili per la serata.
Dopo aver perso non so quanto tempo controllai l'ora, erano già le quattro!
Avevo solo quattro ore per lavarmi, asciugarmi, scegliere i vestiti e truccarmi.
Perché la vita di noi donne è così difficile?
Prima di uscire di casa, pregai che nessuno che voleva preservare la sua sanità mentale entrasse nella mia stanza, dato che avevo svuotato tre valigie sul letto. Comunque, l'importante era che avessi trovato il mio abito Chanel in tulle. Era tra i miei preferiti e quella di oggi mi sembrava l'occasione perfetta per
indossarlo.
Alla fine riuscii ad arrivare alla cena in orario. Se c'era una cosa che detestavo era ritardare, meglio arrivare in anticipo piuttosto.
Suonai alla porta dell'appartamento e mi venne ad aprire una ragazza.
«Ciao, chi sei?» chiese allegra.
«Io sono Kaylee, un'amica di Ryan. È qui, vero?»
Lei parve basita un attimo, poi mi prese per un braccio e mi trascinò dentro casa. La seguii in salotto e mi fece accomodare.
«Ryan, vieni qui!» gridò a gran voce.
Lui arrivò pochi secondi dopo, incazzato nero.
«Quando pensavi di dirmi che hai una ragazza? La volevi nascondere per sempre?»
Lei iniziò a fare una serie di domande, fino a quando Ryan non la interruppe bruscamente. Non potei fare a meno di ridere per l'emozione della ragazza, si vedeva che l'ex modello non invitava molte ragazze da lui.
«Sunny, stai buona. Non è la mia fidanzata, ci siamo conosciuti solo ieri, siamo amici.»
«Già il fatto che la chiami tua amica mi fa commuovere» disse lei ironica.
Poi venne verso di me e si presentò come sua sorella.
Era una ragazza molto loquace ed esuberante, forse anche troppo. Iniziò subito a raccontarmi del film che riguardava il suo romanzo, di Christopher e dei provini. Era emozionatissima e si vedeva, parlava del film e le brillavano gli occhi. Chissà quanto doveva essere fiero di lei il fratello, diventare famosi non era una cosa semplice e lei ci era riuscita.
Sunny andò in cucina a sistemare le ultime pietanze, o almeno così disse, e mi lasciò chiacchierare con Ryan.
«Ho la tua bottiglia di vino» dissi facendogli l'occhiolino.
«Ti ho chiamato solo per quello in realtà.»
Mi posai una mano sul petto e feci la finta offesa. «E io che pensavo di aver fatto colpo, mannaggia!»
Ridemmo entrambi e poi gli passai la bottiglia. Lui lesse l'etichetta e mi guardò. «Quanto costava?» chiese subito.
«Non importa, l'ho presa dalla cantina di mio padre. Ne ha sette uguali, non se ne accorgerà nemmeno.»
Feci un sorriso per rassicurarlo e poi il campanello suonò.
«Vado io» disse Sunny.
Mi alzai in piedi e mi sistemai, pronta a conoscere questi ospiti misteriosi.
Posso dire che quando vidi una ragazza splendida entrare a braccetto con Gonçalo la mia mascella toccò terra. Ryan mi guardò e fece una faccia dispiaciuta, l'aveva riconosciuto anche lui.
Non riuscii nemmeno a fare finta di non essere stupita, mentre andavo verso di loro. Quanto a Gonçalo, oltre al fatto che non mi guardò neanche, lui fece finta di nulla. Sembrava si fosse scordato che il giorno prima eravamo usciti insieme.
Mi piazzai davanti ai due e diedi la mano prima alla ragazza, che si presentò come Kat, e poi a Gonçalo.
«Llanos» dissi fredda.
«Kaylee.»
Dov'era finita "bambolina"? Non faceva tanto lo sfacciato con la sua fidanzata lì.
«Vi conoscete?» chiese Sunny.
«Sì, questioni di affari» rispose lui.
Io tossicchiai leggermente nel tentativo di trattenere una risata.
Ma di quali affari parlava?
Quelli appoggiati alla carrozzeria della sua auto, per caso?
Gonçalo mi guardò malissimo e io sollevai gli occhi al cielo. Di sicuro non temevo i suoi sguardi minacciosi.
La tensione tra noi due si poteva tagliare con un coltello e fui grata a Ryan quando ci disse di andare verso la sala da pranzo.
Sunny ci invitò a sederci, mentre portava il vino. Prendemmo posto, quando arrivò una ragazza e si sedette a tavola con noi. Lei era bellissima, anche se non sembrava stesse molto bene dato che era pallidissima. La ragazza non sembrava intenzionata a parlare, quindi Ryan fece le presentazioni per lei.
«Lei è Veronika. Veronika, loro sono Kaylee e Goncalo.»
«Piacere, tesoro» sorrisi io.
«Piacere mio» rispose lei.
La cena iniziò e Sunny portò i primi. Una volta che lei si sedeva a tavola iniziava a parlare e poi non ce n'era davvero per nessuno. Faceva domande, battute, rideva ed era bravissima a mettere in imbarazzo tutti noi. Era il ritratto della simpatia, l'anima della festa.
Poi c'era Veronika. Sembrava che fosse lì solo per fare presenza. Parlò pochissimo nel corso della serata e mi guardava malissimo ogni volta che avevo una conversazione con Ryan.
Tra lei e Gonçalo non capivo chi mi rivolgeva sguardi più truci.
Lui in realtà non poteva permettersi avere voce in capitolo, dato che era qui con la sua ragazza. Davvero non so come riuscii a reprimere i miei istinti killer, ogni volta che Gonçalo parlava con la sua fidanzatina o le sussurrava cose all'orecchio e lei rideva.
Fu dopo una delle loro chiacchieratine segrete che "per sbaglio" rovesciai del vino sui pantaloni di Ryan.
«Oh, Gesù quanto sono sbadata! Aspetta che ti pulisco» dissi fintamente mortificata.
Nonostante Ryan avesse gentilmente declinato l'offerta, insistetti e alla fine afferrai un tovagliolo. Lo strofinai sulla macchia, anche se era logico che non sarebbe andata via, era solo una piccola provocazione per Llanos.
Lo vidi serrare la mascella. Cos'era, geloso?
«Scusami Sunny, avete un balcone? Ho bisogno di una sigaretta» disse lui.
«Sì, devi entrare in salotto e c'è una porta che dà sul balcone.»
Lui ringraziò e andò via.
Pochi secondi dopo mi arrivò un messaggio suo.
"Vieni subito qui, dobbiamo parlare."
Parlare con lui era l'ultima cosa che volevo fare momentaneamente, ma inventai comunque una scusa e andai.
Una volta in balcone, vidi Gonçalo poggiato alla ringhiera che fumava.
«Cosa vuoi?» chiesi acida.
Lui gettò la cicca di sotto e si girò verso di me. «Cosa cazzo stai facendo?» ringhiò.
«Non si risponde a una domanda con un'altra domanda, tesoro.»
Stavo giocando con la sua pazienza, ma lui più che urlarmi addosso e prendere a pugni qualche muro, non poteva fare.
«Kaylee, voglio sapere a che gioco stai giocando.»
«Guarda che io non sto giocando. Tu ti sei portato la tua fidanzata, mica io!»
«Anche se fosse, non ti dà il diritto di provarci con quel tipo.»
Quindi in base al suo punto di vista: lui poteva avere anche cento ragazze, mentre io dovevo donarmi anima e corpo a lui. Aveva proprio sbagliato donna se pensava che sarei rimasta lì seduta a farmi prendere in giro.
«Ti avverto che io posso fare ciò che voglio e se voglio flirtare con Ryan, io flirterò con Ryan» ribattei arrabbiata.
«Non ci arrivi proprio» disse passandosi una mano tra i capelli.
«Guarda che sei tu che non mi capisci. Se mi hai fatto avere un orgasmo, non significa che diventerò solo e per sempre tua.»
Gonçalo si avvicinò minaccioso e io indietreggiai d'istinto, fino a quando non mi trovai spiaccicata tra il muro e il suo corpo.
Lui si abbassò alla mia altezza e mi guardò negli occhi.
«Io non so cosa ti passa per la testa, ma ora devi ascoltarmi bene perché io non ripeto le cose due volte. Iniziamo dal fatto che io e Kat non stiamo insieme, non so cosa è sembrato a te ma hai sbagliato. Poi, quello che è successo tra me e te dopo la mostra ti è piaciuto, cerchi di mascherare il fatto che vuoi andare oltre, ma il tuo corpo ti tradisce. E infine io non voglio che tu diventi mia, perché lo sei già, semplicemente non lo sai.»
«Tu sei uno stronzo, Llanos» dissi, stringendo i pugni.
Lui sorrise seducente. Lo sapeva. Aveva capito l'effetto che mi faceva e stava sfruttando la cosa al meglio.
«Il punto è, bambolina, che non potrai resistere per sempre e quando cederai finirai dritta tra le mie braccia.»
Il mio respiro si era fatto pesante e si mischiava al suo.
Abbassai lo sguardo sulle sue labbra, erano così carnose e invitanti, sembrava chiamassero il mio nome.
«Cosa ti blocca? Ci siamo solo noi due, nessuno ti giudicherà.»
Chiusi gli occhi e mi spostai dall'angolino dove ero rimasta, lasciandolo a bocca asciutta.
Dopo essermi ripresa, cercai di fargli capire con che tipo di persona aveva a che fare.
«Finché continuerai a comportarti così, io non finirò tra le tue braccia. Non sono il tipo di persona che si fa prendere per il culo e questo devi capirlo, dopo che ne sarai consapevole potremmo riparlarne.»
Mi spostai una ciocca di capelli dal viso e mi risistemai il vestito.
«Ora se non ti dispiace io torno dentro» dissi sorridendo.
E me ne andai lasciandolo lì.
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