Jona. Alleanza
Sabato 7 luglio
E ancora una volta come un coglione mi ero svegliato disorientato e brillo.
La testa che continuava a pulsare e l'ultimo ricordo, io in ginocchio davanti a Gonçalo nella camera di Kat, cioè, davanti a Kat nella camera di Gonçalo.
Sì, in effetti ero ancora un po' confuso.
Mi alzai dal letto attirato dell’odore del caffè, proprio quello che mi occorreva, bello forte.
Ma la domanda sorgeva spontanea, chi fosse nella mia cucina a prepararlo. Imprecai tra me e me, speravo davvero non ne avessi combinata un'altra delle mie, non me lo sarei mai perdonato e avrei, questa volta, lasciato definitivamente San Diego.
Mi osservai: portavo ancora i jeans della sera precedente, quindi avevo di sicuro tenuto il mio amico al suo posto. Un punto per me. E dalla puzza che emanavo, sfidavo qualunque donna ad avvicinarsi. Tutte tranne una.
Arleen era lì a smanettare tra i miei fornelli e seduto allo snack in lego vivo della cucina, Matt.
Ok, non stavo avendo le allucinazioni, vero?
Appresi poco dopo che erano stati loro a portarmi in "salvo" , nemmeno fossi stato un tossico.
Ero divertito ma incazzato a morte come me stesso.
Avevo sempre fatto di testa mia, sempre troppo impulsivo, sempre senza gestirmi, e sempre mi era andata bene.
Perché quando volevo fare le cose per bene ed essere normale, rovinavo tutto?!
Sta di fatto che la visione mattutina di Arleen modalità infermiera mi aveva già migliorato di un buon 30% la giornata e quella del mio amico, visibilmente infastidito e geloso, delle attenzioni della rossa a me, di un altro 20% .
Ancora stonato dal sonno e da tutto il resto, lasciai che la mia lingua si sciogliesse esponendo il mio problema ai due ospiti.
E fu lì che Arleen mi fece aprire gli occhi. Ah le donne, avevano qualcosa in più, sempre.
La sua non era una soluzione certa, ma era una speranza.
Avrei fatto in modo che le mie foto, quelle che le avevo lasciato scattare, arrivassero tra le mani di Kat e avevo già un idea.
Quanto a Gonçalo, beh ne avevo un'altra.
Dopo la sottintesa scenata di Matt e la sua uscita di scena, restammo ancora un po' soli, io ed Arleen. Era una sensazione bellissima averla lì accanto a me di primo mattino, qualcosa mi diceva che sarebbe stata una costante nella mia vita, anche se, ai miei occhi, era molto chiaro quale dovesse essere il mio posto. Purtroppo.
La luce ardente negli occhi di quella donna enigmatica si era affievolita nel momento esatto in cui il mio amico ci aveva lasciati soli.
Parlammo tanto e mi diede degli utili consigli su come comportarmi, sul da farsi, e mentre vedevo quelle corpose labbra muoversi ad ogni parola, mille pensieri si susseguirono nella mia testa.
«Mi ascolti?»
Le rughette espressive intorno alla sua bocca mi avevano ipnotizzato. Scossi il capo ritornando ai suoi occhi.
«Sì, scusami sono ancora fuori fase.»
«Jona! Ti ci vorrebbe proprio un mio massaggio ora.» Mi passò le mani unte dalla sua crema di bellezza sulle spalle nude. Il profumo particolare mi entrò nelle narici e chiusi per un attimo gli occhi.
«Peccato che abbiamo stabilito che non accadrà più.» Raccolse la sua borsa accanto al divano strizzandomi un occhio.
«Per ora!» apostrofai prima che mi lasciasse la sua ultima raccomandazione e andasse via.
Meno sfacciato e più onesto, aveva detto. Come se fosse facile, come se le due cose non andassero di pari passo. L'onestà, proprio quella non mi mancava. Il problema era mettermi a nudo. Capiamoci, dal punto di vista fisico mi risultava abbastanza facile. Ma da quello umano? Insomma c'era pure un motivo se io ero quello dall'altra parte dell'obiettivo.
Coraggio Jona!
Mi affrettai nel mio studio cercando in lungo ed in largo la piccola camera che mi aveva visto protagonista delle foto scattate da Arleen.
Caricai i file sul Mac e, facendo molta attenzione a non servirmi delle foto in cui eravamo entrambi, creai la cartella Destino.
Già, perchè dopo il loro invio, il mio destino sarebbe stato nelle mani di Kat.
Stampai ciò che mi serviva custodendo gelosamente le restanti.
Soddisfatto, tra me e me pensai che nonostante tutto Matt non avrebbe avuto nemmeno idea di quanta bellezza si nascondesse dietro ogni singola angolazione dell'impertinente massaggiatrice. Ero stato un uomo fortunato e chissà se lo sarei stato ancora.
Vederla così, semplicemente se stessa, senza maschere, mi procurava una sensazione piacevole. In quegli attimi lei era stata mia dentro e fuori.
Tornai alle questioni più urgenti abbandonando per un po' i ricordi. Erano capaci di ridurmi a uno straccio, quei bastardi.
Sistemai tutto in una busta bianca e cercai di unire il tutto a delle parole scritte.
Dio solo sa quanti fogli avevo accartocciato e lanciato in un cestino in meno di dieci minuti. Fin quando non ebbi un ispirazione. Sei parole e la decisione, nelle mani di Kat.
Mi lavai le mani e la faccia e mi rimisi nuovamente a letto.
...
Quel pomeriggio, tardo pomeriggio, lo presi per me. Non mi andava di farmi scarrozzare in giro così, senza pensarci troppo, diedi una rispolverata alla mia moto.
La mia BMW R60 era ancora pronta e scattante e mi lasciai guidare dal calore leggero dell'imbrunire.
Mi fermai lungo la costa ad osservare per qualche minuto il sole che immergeva la sua luce nel mare, il solito panorama ma sempre così perfetto ed intenso.
Che in fondo avessi un animo femminile? Stavo diventando troppo sensibile ultimamente.
Andai oltre e i miei occhi si fermarono su qualche altra cosa di già visto ma di altrettanto considerevole.
Tolsi il caso e scesi dalla moto, avvicinandomi a quella ragazzina. Portava i capelli sciolti ed un vestito leggero che rivelava le gambe ad ogni passo, per quanto fossero lunghi gli spacchi sulle cosce.
«Iris?»
Si voltò, anche nelle prime luci della sera i suoi occhi risultavano luminosi, era bella, fresca come un adolescente.
«Ehi, il fotografo! Sempre a seguire le ragazze tu?»
«Non tutte, solo quelle belle.»
Accettò il complimento e continuammo a parlare per un po'.
«Posso?» le chiesi, nonostante stessi già camminando al suo fianco. Fece un cenno con il capo e mi sorrise, era una bella sensazione per una volta non mi sentivo giudicato, mi sentivo semplicemente un uomo che chiacchierava con una donna.
Passeggiammo lungo il molo, poi andammo a sederci sulla spiaggia. Anche a quell'ora era gremita di gente.
Iris mi lasciò entrare nella sua vita, tralasciano dettagli oscuri ed informazioni troppo personali; parlammo del film, del provino e della sua voglia contraddittoria di lavorare con Christopher. Confermai la tesi, anche io con con quell'uomo avevo un rapporto di amore/odio, certamente emergeva più l'odio, ma non potevo non ammettere che era un genio della filmografia.
Ridemmo e chiacchierammo per molto tempo, tanto da non quantificarlo.
Mi allontanai solo quando andai a comprare due panini al camioncino più vicino.
La vidi mangiare con gusto, non era una di quelle ragazze da insalatina, le sorrisi mentre mi ripulvo la bocca, poi allungando un pollice sul suo viso ripulii la sua dalla salsa in eccesso. Ci guardammo per alcuni istanti.
Immaginai che le sue labbra fossero morbide e di certo un bacio con lei sarebbe stato innocuo, lungo e lento. Ma feci la cosa più giusta, staccai i miei occhi dai suoi.
«Ti accompagno a casa?» Mi alzai velocemente prendendo le mie Converse dalla sabbia.
«Ti ringrazio ma sono vicina.» Mi tese la mano e l'aiutai ad alzarsi.
«Ok, allora ci vediamo in giro. Sono stato bene, Iris.» Le baciai la mano e mi incamminai verso la moto.
«Ehi fotografo! Martedì c'è un party a casa mia, ti aspetto!» mi urlò il suo indirizzo e mi lanciò un bacio.
Decisamente una serata normale.
Domenica 8 luglio (mattina)
Anche se per Roberts mi ero eclissato, fui reclamato in hotel per gli aggiornamenti del party di quella sera. Ufficiosamente sarei rimasto fuori dai giochi ancora un po', ufficialmente dovevo fare la mia comparsa alla serata di annuncio del cast.
Ma il fatto che fossi al Parco dei Principi proprio in quel momento non poteva che essere qualcosa di decisamente vantaggioso per me.
Speravo di riuscire ad incontrare Kat e lasciarle la famosa busta.
Ma accadde qualcosa di molto meglio. Mi si accese una lampadina.
Vestita di tutto punto, seduta ad un tavolino in vimini che dava sul giardino del hotel, la ragazza di Llanos.
La raggiunsi accomodandomi, senza alcun invito.
«Spero non ti abbia fatto troppo male.»
Abbassò gli occhiali neri dalla montatura allungata sul naso.
«Nulla in confronto a quello che ti farebbe Gonçalo se ti vedesse seduto qui con me.»
Risi accavallando le gambe e guardando dritto di fronte a me.
«Non mi preoccupa a dire il vero. Siamo due bombe ad orologeria, prima o poi accadrà.»
Si portò i capelli corvini dietro l'orecchio e se la rise.
«Comunque non mi sembra che ti abbia invitato a sedere. Quindi...»
Gonçalo ha gusto, pensai, e questa donna gli darà filo da torcere.
«Volevo solo essere gentile, scusarmi e presentarmi ufficialmente.»
«...e dopo questo teatrino, cos'è che vuoi davvero?»
Bam! Forte la moretta. Intuito infallibile, se la metteva così avrei dovuto faticare meno del previsto.
«Volevo realmente scusarmi...»
«Kaylee, sono Kaylee.»
«Sì, e poi volevo proporti una collaborazione.»
Tolse completamente gli occhiali e si avvicinò. Poggiandosi con i gomiti sul tavolino.
«Spiacente non sono interessata, fotografo.»
Mi alzai rapidamente dandole le spalle. «Come vuoi. Buona fortuna, ne avrai bisogno, non sarà facile prendere il posto di Kat.»
Cominciai a camminare e contare. Uno, due, tre, quat... «Jona!»
Bingo! Mi voltai piuttosto lentamente.
«Allora conosci il mio nome.»
Mi raggiunse, aggrappandosi con entrambe le mani al mio braccio.
«Cosa avevi in mente?»
«Posso fidarmi?»
Fece nuovamente quel gesto con gli occhiali, notai in quel preciso momento, così attaccata a me, quanto fossero profondi i suoi occhi.
Pesai a quanto sarebbe apparsa sinuosa nei mie scatti, anche con i vestiti addosso. Era una donna pericolosamente sensuale.
«Certo che no.»
Esattamente la risposta giusta, le piaceva giocare ed anche a me.
Le raccontai ciò che mi era capitato, nei limiti di quello che volevo sapesse e le spiegai quando lei sarebbe dovuta entrare in azione. Le fu tutto molto semplice, come se da sempre avesse a che fare con complotti o roba del genere. Anche se questa era più una piccola vedetta da liceali.
Decidemmo insieme che il resto sarebbe venuto man mano, che con un certa discrezione avremmo agito di conseguenza. La miglior arma è l'improvvisazione, aveva detto lei.
Le lasciai la busta che in qualche modo, non mi interessava come, avrebbe fatto capitare tra le mani di Kat.
In fondo volevamo la stessa cosa, dividere Gonçalo dalla bella scrittrice.
«Mi piaci Heart!» Mi diede una pacca sulla spalla.
Mi lasciò nella hall, dirigendosi non so dove. Avevo una bella sensazione, iniziai a pensare che io e quella moretta tutte curve saremmo diventati ottimi alleati.
...
Ero seduto da circa un'ora al tavolo più in fondo e buio della sala, non mi andava di mescolarmi alla gente quella sera. Ero rimasto ad osservare per tutto il tempo Christopher che si pavoneggiava tra la folla, Llanos che faceva gli onori di casa e gli uomini di spessore che si erano presentati. Arleen e il suo bacio eccitante a Veronika.
Tutti a fare il Big Show. Notai anche Kay che stava discutendo con Ryan ma, di sicuro, non erano affari miei.
Ero diventato troppo riflessivo negli ultimi tempi quando mi mettevo a pensare, non riuscivo a salvare nulla di ciò che ero. Avevo perso la mia patina sofisticata, avevo perso il mio piglio mondano, ero destinato a sentirmi vulnerabile e colpevole costantemente. E non mi davo spiegazioni logiche; mentre gli uomini come Llanos, senza scrupoli, quelli che conoscevano ogni tipo di scorciatoia, quelli dormivano sogni tranquilli.
Posai il bicchiere ormai vuoto sul tavolo e decisi che era sprecato il mio smoking di Boss per starmene lì in un angolo.
Prima delle interviste non ci sarebbe stato bisogno di me e quindi perché no, nulla di meglio di un bel giro sulla mia moto. Nessuno si sarebbe accorto della mia assenza per un po'.
Scesi dall'attico e mi recai nel parco centrale, percorsi il viale frugando nelle tasche alla ricerca delle chiavi.
Una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
«Cosa significa, Jona?»
Mi voltai aggredito da quella voce sottile. Era splendida nel suo tailleur corallo e i boccoli messi da un lato. Si fermò e guardò oltre le mie spalle.
«Dove stavi andando?»
«Via, non si vede? Conviene andare anche a te, prima che Gonçalo ci veda insieme.»
Si avvicinò di qualche passo, il suo modo di ancheggiare era sublime, aveva quel fascino indescrivibile che solo ad alcune donne era stato concesso di avere. Era lì dinanzi a me, leggermente preoccupata. Eravamo molto vicini.
«Gonçalo non è mio padre! Io non vado fin quando non mi dai delle spiegazioni e nemmeno tu.» Scrutò il mio sguardo studiandomi. «Hai, tu hai...»
«Non sono ubriaco, Kat, se è questo che vuoi sapere, ho bevuto acqua tonica.»
Allungai una mano afferrandole una ciocca di capelli tra le dita e sfiorandola per tutta la lunghezza fino a scoprirle il viso.
«E vorrei che tu segua alla lettera quello che ti ho scritto. "Fai di me quello che vuoi" piccola Kat.»
Il sorriso che sfoggiò fu una rara interpretazione di prudenza e malizia. Bastò quello e il piccolo e il tocco delicato con cui l'avevo appena sfiorata a scuotermi.
Mi ricordai di quella sera alla mostra, quando era bloccata tra le mie braccia e le dissi che preferivo vivermi le mie emozioni. Ma in quel preciso momento avrei dato qualunque cosa per sentire le sue fluirmi addosso.
Ispirai affondo e mi allontanai da lei.
«Cosa vuoi dimostrare?»
«Nulla» le risposi mettendomi in sella alla mia moto. «Dai tu un senso a tutto questo, non volevo fregarti, Kat, ma tu sì, tu puoi farlo se vuoi.»
Allacciai il casco sotto al collo e con la visiera aperta infilai una sigaretta tra le labbra.
«Fais ce que dois.»
Scattai in avanti quasi arrabbiato per tutto quello che avremmo potuto fare in altre circostanze ed invece mi stavo perdendo per la mia scelleratezza.
Fui felice però che Kaylee in così poco tempo fosse riuscita a far arrivare Kat da me. Evidentemente la sua voglia di farla scendere dalla giostra di Llanos era alquanto impellente.
E quindi avrei cercato di ricambiare il favore quasi subito.
Lunedì 9 luglio
Ero seduto su una poltrona della hall vicino alla finestra, aspettando Matt e Kay sul divano con Llanos. La donna continuava a parlargli in modo animato mentre lui era intento a rivolgere le sue attenzioni altrove.
Si scusò con la donna, lasciandoli lì a sbuffare e si diresse fuori scortando due agenti. Non vorrei essere nei suoi panni, pensai, ma forse conoscendolo era solo un'altra copertura per i suoi loschi affari.
Mi avvicinai ad una Kaylee nervosa e fumante.
«Problemi in paradiso?»
Se avesse potuto mi avrebbe incenerito con lo sguardo. Non so come potesse sopportare tutto questo, non credevo fosse una donna remissiva.
«E che da quando ci siamo fidanzati...»
«Llanos, fidanzato?!»
Risi sonoramente, convito della battuta fatta da Kay, ma di nuovo quello sguardo sanguigno mi fece bloccare.
«Ok,ok. Perdonami.»
«Come procede con Kat?»
Scossi la testa. «Non saprei, ora sta a lei, ma piuttosto spiegami com'è possibile una cosa del genere?»
«Non sei tenuto a saperlo.»
Alzai le mani. «Ok capito, mi arrendo. Ero solo venuto per ricambiare il favore ed invitarti a una festa.»
Si mise dritta sulla sedia, ritrovando la sua compostezza. «Che festa?»
Le raccontai della festa in spiaggia organizzata da una delle protagoniste del film. Il risultato fu che, ovviamente, lei conosceva già Iris e alla festa era stata inviata prima di me.
«Bene. Allora che ne dici di andarci insieme?»
Adesso fu lei a ridere e prendersi gioco di me.
«Ti sembra possibile che io e il tuo cadavere. potremmo andare alla festa insieme?»
Indicò Llanos che rientrava e proseguiva dritto verso di noi.
«Hai ragione, no. Ma ti lascerai offrire almeno un dink.»
Ammiccai baciandole dolcemente la mano dalle unghie perfettamente laccate. Poi salutai Gonçalo con un cenno del capo. Voleva ammazzarmi e questo era già soddisfacente. Jona 1 Gonzalo 0.
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