Gonçalo. Vendetta

Giovedì 19 luglio

Venti passi per ogni lato, ottanta in totale, avevo calcolato così il perimetro della cella.

Camminavo di continuo, non riuscivo a stare fermo, mi sentivo come un leone in gabbia, affamato di vendetta.

Quella pazza pensava di avermi fottuto.
Gonçalo Llanos incastrato da una puttana e da un paralitico?

La cosa mi faceva parecchio ridere.

Si erano scavati la fossa da soli, ed io avrei goduto come un matto dopo averceli seppelliti.

Era già tutto pronto, tutto pianificato.

Il girono prima Ryan era venuto a sputarmi in faccia il suo odio, mi aveva accusato della morte della sua donna e della sua bambina, come sempre aveva creduto alle parole di quella pazza squilibrata.

Avrei potuto difendermi, dire che le cose non erano andate in quel modo, ma a che sarebbe servito?
A Ryan serviva un colpevole ed io ero l’uomo perfetto.
I deboli ragionano così, hanno sempre bisogno di incolpare qualcun'altro per le proprie disgrazie.

Credeva che mandarmi in prigione sarebbe servito a qualcosa?
Avrebbe dovuto uccidermi per liberarsi di me ed io stavo per servigli il movente ideale.

Un rumore metallico mi destò dai miei pensieri.

«Llanos hai visite.»

La porta venne aperta da una delle guardie.

«I polsi.»

Lo guardai beffardo.
«Fottiti.»

«Devo ammanettarti.»

«Devo ammanettarti», scimmiottai la sua voce. «Sei convinto che valga la pena morire per la divisa che indossi?»

Mi guardò stranito.

«Se non impari a portare rispetto, è con quella divisa addosso che inalerai il tuo ultimo respiro.»

«Dopo di te.»

Sorrisi compiaciuto.
«Mi piaci, impari in fretta.»
Mi incamminai soddisfatto nel corridoio.

La guardia mi fece entrare in una delle stanze dove si svolgevano i colloqui, era vuota.

«Attendi qui.»

Non mi presi neanche il disturbo di rispondergli.
Dentro me speravo che fosse venuta Kay a farmi visita.
Erano passati ormai quattro giorni, ed ancora non l’avevo vista, sapevo tramite Iris, il mio avvocato, che stava facendo di tutto per aiutarmi, ma doveva anche pensare ad Arleen.
Ed in questo momento era lei quella che ne aveva più bisogno.

Mi accomodai in una delle sedie, poggia la testa sui pugni chiusi, ero mentalmente esausto.

«Llanos, la prigionia non ti dona.»

Sorrisi, senza sollevare lo sguardo.
Era qui, era venuta.

Mi decisi finalmente a guardarla.

Indossa una gonna a vita alta nera, le arrivava al ginocchio, era stretta sui fianchi, le modellava alla perfezione le gambe.
Il suo décolleté era messo in risalto dallo scollo della canotta bianca.

Erano giorni che non scopavo e vederla lì con quell’aria sexy aveva risvegliato il mio amico dentro i pantaloni.

«Devo dire che giova a te la mia assenza.»

«Credevo avessi perso la lingua.»

«Ero impegnato a godermi lo spettacolo.»

Mi sorrise furba.
«Magari potresti godere anche con altro.»

«Cazzo, bambolina, è meglio se taci! Se non vuoi essere fottuta su questo tavolo.»

«Magari è quello che voglio.»

Si avvicinò a me, prese posto sulla sedia di fronte a me.
Mi porse un fascicolo, che non avevo neanche notato avesse con lei.

«Neanche un bacio prima?»

«Prima il dovere e dopo il piacere.»

Sfogliai i  fogli, c’era tutto quello che avevo chiesto ad Iris.
«Gonçalo, questi fogli bastano per scagionarti, sei sicuro di voler proseguire?»

Guardai Kay, era turbata.
«So che non sei d’accordo, ma non ho più nessuna intenzione di farmi fottere da quella pazza.»

«Come vuoi, lei è già con Iris. A breve dovrebbe arrivare il tuo ordine di scarcerazione.»

«Adesso puoi baciarmi?»

Sorrise prima dirigersi verso la telecamera presente nella stanza, la ruotò verso la finestra.

«Sanno che non devono disturbarci.»

Ruotai la sedia nella sua direzione, ma rimasi fermo, stavo impazzendo dalla voglia che avevo di lei, ma volevo che fosse suo il primo passo.

Si avvicinò a me, ondeggiando sui suoi tacchi, prese posto fra le mie gambe.

Poggiò le mani sulle mie spalle, inarcando il suo meraviglioso sedere.

Avvicinò la sua bocca alla mia, sentivo il suo fiato solleticarmi le labbra.

«Mi sei mancato da impazzire.»

Non le lasciai aggiungere altro, mi gettai sulle sue labbra, cercai subito la sua lingua, mi impossessai della sua bocca, mentre  le mie mani risalirono le sue gambe.

Le strizzai il sedere con forza.

«Sei Mia.»

Mi staccai dalla sua bocca, solo il tempo necessario per dirle questo. Non avevamo tempo per parlare, volevo averla sopra di me, volevo perdermi dentro di lei.

Le sollevai la gonna sui fianchi, strappai via quel misero perizoma che indossava, prima di allontanarla da me.

Mi godetti la vista che avevo di fronte.

Kay era lì, le labbra arrossate dai mie baci, nuda dalla vita in giù.

«Siediti sul tavolo e spalanca le gambe.»

Il suo sguardo da prima turbato, si accese di lussuria.

Con un salto, prese posto davanti a me.

Il mio piatto preferito mi era stato appena servito.

Iniziai gustandomi la sua pelle.

Leccai e morsi le sue cosce, prima di dedicarmi al nocciolo in mezzo alle sua intimità.

Amavo il suo sapore, amavo come stringeva i miei capelli, spingendomi il viso ancora più vicino.

Sapevo bene quali punti toccare per farla impazzire, le dita entravano ed uscivano facilmente dalla sua fessura, mentre con la lingua leccavo i suoi umori.

«Gonçalo.»

Ero al limite anche io.

Mi allontanai di poco, il giusto necessario per riuscire a tirare fuori il mio pene dalla tuta arancione.

Tirava da far male.

Afferrai Kay dalle gambe, senza delicatezza entrai dentro lei.

Restammo entrambi immobili.

Mi guardò, non era arrabbiata.

Le lasciai le redini.

Si mosse su di me, come più le piaceva, mi stava scopando, ed io ne ero fottutamente felice.

Solo dopo che raggiunse il piacere afferrai con forza i suoi fianchi.

Era il mio turno.

Le diedi colpi forti, secchi, mi spinsi ancora di più dentro lei. Sentii il piacere crescere in me, impossessarsi di ogni mia cellula, prima di riversarlo dentro il suo corpo.

Kaylee mi strinse forte.

Ricambiai la stretta.

«Mi sei mancata anche tu.»

Le baciai le labbra, questa volta con calma, la passione aveva lasciato posto all’affetto.

Poggiai la testa sul suo petto.

Inalai il suo profumo, era mischiato al mio.

Sarebbe stato il momento perfetto per dirle che l’amavo, se solo io non fossi stato Gonçalo Llanos.

«Kay devi sistemarti, prima che entri qualcuno.»

«Hai ragione.»

Si sollevò dal mio corpo, il mio pene protestò per la decisione, ma avrei rischiato l’ergastolo se qualcuno l’avesse vista in quel modo.

Raccolse il tanga da terra, lo usò per asciugare il mio seme che colava sulle sue gambe.

Sistemò la gonna, riportandola al suo posto.

Dalla borsa tirò fuori il suo beauty.

Ero affascinato dai suoi movimenti.

«Hai deciso cosa fare con Kat?»

Mi chiese da dietro il suo specchietto.

Ecco come farmi ammosciare tutto.

Rimisi il mio amico dentro i pantaloni.

«Non farò nulla.»

«Come non farai nulla? Stai per rovinare Veronika e Ryan, mentre lei la passerà liscia?»

«Davvero vuoi parlare di lei adesso?»

«Per te non è mai il momento quando si tratta di lei.»

Sistemai la telecamera di nuovo al suo posto.

«Non farò nulla, perché non voglio più avere a che a fare con lei. Per me Vanille non esiste più. E dopo oggi lo stesso varrà per quei due.»

Stava per rispondermi quando la porta venne aperta.

Guardai l’uomo sulla soglia, avrà avuto una sessantina d’anni.

«Zio ciao.»

Ora avevo capito come aveva fatto ad ottenere del tempo in più.

«Ciao tesoro.»

Li guardai salutarsi, prima di avere l’occasione di presentarmi.

«Il caso è stato affidato a mio zio.»

Guardai con gratitudine Kay.

«Signor Llanos, un paio d’ore e potrà essere fuori, mi scuso per il mio uomo, questi ragazzi vogliono fare strada e credono sempre di aver trovato il caso del secolo. Le prove fornite dal suo avvocato sono state sufficienti per smontare la tesi della Signorina Daniélsson.
Per quanto riguarda il club invece le spiegherà tutto mia nipote.»

Gli porsi la mano.

«La ringrazio per quello che ha fatto. Posso stare tranquillo per quanto riguarda la Signorina?»

«Verrà presa in custodia oggi stesso.»

«Perfetto.»

Lo zio di Kay ci lasciò qualche minuto da soli.

Salutai la mia bambolina, sarebbe venuta nel pomeriggio per portarmi fuori da qui..

Giovedì sera

Non ero voluto tornare nel mio Hotel, andammo a casa di suo padre, erano fuori città.

Kay mi aveva informato su la situazione al Parco dei principi, Il club era stato chiuso, ma gli avvocati se ne stavo occupando.

Fuori però era pieno di giornalisti, avrei dovuto fare al più presto un comunicato stampa, dove avrei annunciato anche la vendita dell’hotel, volevo partire, andare via da li,ma a questo avrei pensato dopo.

Ero preoccupato per Matt, così come lo era Kaylee, non eravamo riusciti a rintracciarlo e non avevamo più sue notizie dal giorno prima.

Mi guardai allo specchio, avevo la barba in colta e le occhiai di uno che non aveva chiuso occhio.

«Gonçalo sei sicuro?»

«Si e sono anche pronto.»

«Ok.»

Il tono di voce di Kay sembrava quello di un condannato a morte.

Mi voltai verso di lei.

«Non sei obbligata a venire con me, ma Kaylee io sono questo. Io sono un uomo cattivo, vendicativo, non mi lascio pestare i piedi da nessuno. Se vuoi stare con me devi accettare anche questo. Non mi trasformerò nell’uomo meraviglioso che trovi nei romanzi, non ho bisogno di essere salvato da me stesso. Io ti voglio al mio fianco, ma non posso obbligarti a rimanerci.»

Il cellulare mi vibrò nella tasca, era un messaggio di Iris. “Sono tutti qui compreso Ryan.”

«Kay devo andare.»

«Vengo con te.»

Intreccia la mano con la sua, prima di uscire da casa.

Quando arrivammo davanti casa di Ryan erano tutti lì fuori.

Lui, sua sorella, persino Jona, ed infine Veronika ammanettata.

Vedevo Il paralitico disperarsi, non ne capiva il motivo.

Mi feci spazio fra la folla, fino ad arrivare alle sue spalle.

«Davvero non sai cosa succede?»

Ruotò su se stesso appena sentì la mia voce.

«Che cazzo ci fai qui?»

«Sono venuto a godermi la scena.»

«Sei un bastardo, l’hai fatta arrestare!»

«No, piccolo ingenuo Ryan, io non sono come te. Io non mando la gente in prigione. Io ho fatto rinchiudere la tua bella, in un centro di igiene mentale.»

Il suo sguardo spaventato, fu gioia per i miei occhi.

«Non sapevi che fosse malata? Al mio avvocato è bastato indagare nel suo passato per trovare le prove.»

«Sei un figlio di puttana.»

Mi sputò addosso la sua rabbia, prima che Jona venisse a chiamarlo, Veronika voleva salutarlo.

Patetici.

«Non finisce qui Llanos!»

«Certo che non finisce qui Fratellino.»

Il suo sguardo mi fece ridere di gusto.

«Ah non sapevi neanche questo? Il tuo caro papà aveva il tuo stesso vizio, gli piaceva andare a puttane.»

Solo l’urlo che lanciò Veronika lo distrasse da me, lo chiamava disperata, mentre tentavano di farla salire in auto.

Il piccolo Ryan, corse, per quanto possibile, verso la sua amata.

Mi stavo godendo la scena, quando Kay venne vicino a  me, era molto agitata.

«Mi ha chiamato Matt, lui ed Arleen sono nei guai, dobbiamo andare.»




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