Gonçalo. Proposte indecenti

Sabato, 14 luglio

Avevo come l’impressione che tutto mi stesse sfuggendo via dalle mani.

Guardavo Kaylee fare le valigie in silenzio, non parlavo, troppo orgoglioso per tornare sui miei passi e rimangiarmi le parole di prima, troppo spaventato dall’idea che dentro lei stesse crescendo, qualcosa di mio, di nostro.

Come potevo io creare qualcosa di buono, quando io stesso non lo ero?

Ero stato a letto con Kat, per poi pentirmene la mattina dopo, avevo guidato come un folle da uno Stato ad un altro per raggiungere Kaylee ed adesso mi stava lasciando anche lei.

«Ho finito.»

Le sue parole mi destarono dai miei pensieri.

«La porta la conosci.»

Mi guardò delusa.
«Addio Llanos.»

Mi passò al fianco, il suo odore mi arrivò forte, intenso, come era stata lei nel poco tempo passato insieme.

Strinsi i pugni fino a far diventare bianche le nocche, aspettai di sentire il rumore della porta che si chiudeva prima di spaccare tutto.

Perché cazzo dovevo essere così sbagliato?
Perché non potevo essere un uomo normale?

Lasciai che la rabbia accecasse la mia mente. Mi fermai solo quando non ci fu più nulla da distruggere, la camera era diventato lo specchio che rifletteva me stesso.

Un uomo vuoto.

Pulii il sangue dalle mani, indossai il mio completo elegante, prima di chiudere la suite alle mie spalle.

Ero tornato il freddo calcolatore.

Ordinai di far sistemare la mia camera, entro un’ora doveva essere tutto di nuovo perfetto o qualcuno avrebbe perso il posto di lavoro.

Mi incamminai verso il mio ufficio, quando vidi davanti a me Jona, la cosa mi avrebbe lasciato anche indifferente se non avessi scorso oltre lui, Marie.

Pronunciai il suo nome, ma non fui l’unico a farlo, evidentemente anche il fotografo da quattro soldi la conosceva.

Restammo tutti sorpresi, come in un perfetto triangolo amoroso. Eravamo io, lei e lui. Come sempre la storia si ripeteva.

Marie si avvicinò a noi. Dovetti ammettere che era divenuta ancora più bella. Fisico da modella, capelli neri ed occhi verdi. Era una di quelle donne che non potevi non notare.
Avevamo avuto una storia ed era rimasta qualcosa di simile ad un’amica per me.

La vidi salutare Jona, prima di fare lo stesso con me. A differenza mia, il fotografo sembrava paralizzato, quasi avesse visto un fantasma.

Una lampadina si accese nella mia mente, doveva essere il misterioso uomo di cui mi parlava Marie.

«Sei un incanto, tesoro»le dissi con annesso baciamano.

«Non ti ricordavo cosi galante.»

In realtà volevo solo farmi beffe del fotografo.

«Non lo è fidati» rispose il cavaliere dall’armatura scintillante.

Sorrisi alla mia amica. «Bellezza, ti lascio in compagnia del tuo ex, ma non prendere impegni per cena, sei mia ospite.»

Marie sorrise. «Sono venuta qui apposta per te.»

La lasciai in compagnia del fumante Jona, prima di ritirarmi nel mio ufficio.

...

Uscii da lì, che era quasi ora di cena, a breve Marie sarebbe arrivata.
Avevo fatto sistemare un tavolo nella terrazza, riservandola solo per noi.

Tolsi la giacca ed aprii i primi bottoni della camicia, sentivo addosso tutta la tensione accumulata in questi giorni.
Poggiai i gomiti sul parapetto, perdendomi nello spettacolo della città.

Due mani massaggiarono le mie spalle, erano dita delicate, eleganti.

«Sei molto teso.»

«Non è un bel periodo.»

Mi beai dei benefici del suo tocco.

«Non lo è mai per te.»

«Mi conosci Marie, non so cosa sia la calma.»

«Se vuoi posso farti rilassare.»

Le sue mani si fecero audaci sul mio petto, con le unghie graffiava la mia pelle.

Tolsi le sua mani dal mio corpo e mi voltai verso di lei. Indossava un abito rosso, aderente come una seconda pelle, era sexy da far paura.
Il mio cazzo se avesse potuto parlare mi avrebbe preso per coglione e non avrebbe avuto neanche torto a farlo, ma non potevo farmi anche lei.

«Voglio sapere perché sei qui.»

Rimase sorpresa persino lei.
«Sono venuta per informarti che qualcuno ha messo gli occhi su di te.»

«Di chi parli?»

«Kevin, il magnate, ha una catena di Hotel.»

La interruppi subito. «So di chi parli, ma non capisco cosa voglia da me.»

«Diciamo che sei stato un effetto collaterale, non ho capito bene, ma lui vuole vendicarsi di qualcuno che è collegato a te.»

Un solo nome mi venne in mente: Matthew.

«Come hai saputo queste cose?»

«Il mio uomo è un suo amico, ho ascoltato una loro conversazione.»

«E tu stai tradendo la sua fiducia per me?»

«Siamo amici no?»

La guardai, non mi fidavo, ma non potevo farglielo capire.

«Brindiamo alla nostra amicizia allora.»

Stappai una bottiglia, versai lo spumante nei calici e gliene porsi uno.
Avrei voluto parlarne con Kaylee, ma lei non era più con me.

«Tutto bene?»

«Sì.»

«Sembravi, non so, triste.»

«No, non è cosi, faccio portare la cena.»

La serata trascorse tranquilla, niente di particolare, non toccammo più l’argomento Kevin, anche se in me erano sorti molti dubbi.

Dopo cena l’accompagnai nella hall, aveva un appuntamento con Jona. La lascia lì, mentre io invece decisi di uscire.

Domenica, 15 luglio

Arrivai in ospedale prima dell’orario di visita, bastò ricordare all’infermiera di turno il mio ultimo bonifico nei confronti dell’ente, per farmi dare il lasciapassare ed il numero della camera di Arleen.

Camera 119, terzo piano.
Per fortuna era reparto degenza, nulla di grave.

Aprii la porta della sua camera, era stesa su un fianco, i capelli rossi sparsi sul cuscino, sembrava quasi una bambina, non aveva l’aria da dominante che ero abituato a vederle addosso.

Dal suo modo di respirare, capii che non stava dormendo.

«La prossima volta prendi una bicicletta, o non sai guidare neanche quella?»

Si voltò verso di me, aveva un cerotto sul sopracciglio destro ed il polso fasciato.
«Pensavo fosse più facile guidare una moto.»

Mi fece sorridere la sua espressione imbronciata. «Forse se guidi una vespa, non se scegli una MV Augusta F4 da 100.000 euro.»

La vidi sgranare gli occhi.

«Sì hai scelto la più costosa della collezione.»

«Io non posso ripagartela.»

«Non mi importa della moto, l’importante è che stai bene tu, quella vedremo se riusciamo a sistemarla. Però faremo scuola guida prima che tu ci risalga su.»

«Grazie.» Gli occhi le diventarono lucidi.

Mi avvicinai al suo letto. «Ti ho portato un cappuccino corretto.»

«Capo, che ti hanno fatto?»

«E a te che hanno fatto?»

Prese il bicchiere di Starbucks dalle mie mani.

«Parlerò solo dopo che lo farai tu.»

«Avevo dimenticato quanto fossi brava nelle contrattazioni.»

Mi sedetti sulla sedia, accavallai le gambe. Avevo bisogno di parlare e sapevo di poterlo fare con lei.

«Non so cosa fare, ho combinato un casino dietro l’altro. Sono andato a letto con Kat.»

«Che stronzo.»

«I commenti possiamo riservarli alla fine?»

«Li terrò per me allora.»

Buttai fuori il fiato. «Da ragazzo ero innamorato di lei, ma suo fratello non mi permise di starle vicino. L’ho sempre protetta da lontano, ma da quando è tornata io non ci ho capito più un cazzo! Vederla con Jona mi rendeva geloso, ma quando sono stato a letto con lei, non è stato come immaginavo. È stato bello, attenzione, ma è come se avessi fatto sesso con mia sorella. La cosa assurda che anche lei è venuta con me per capire che vuole il fotografo. Mentre io ho capito di volere Kaylee. Torno per parlare, ma qualcuno le ha inviato le foto di me con Kat, ho guidato tutta la notte per raggiungerla, visto che ha deciso di scappare, arrivo da lei e sorpresa: ha ben deciso di essere, forse, incinta! Ti rendi conto? Io padre! Cosa assurda!» Mi sollevai dalla sedia. «Solo a dirlo mi sento soffocare.»

Ci furono attimi di silenzio.
Guardai Arleen.
«Perché non parli?»

«Perché pensavo che la mia vita fosse un casino, ma boss, tu mi batti.»

«A te che è successo?»

«Penso di provare qualcosa per un certo barman, o forse sarebbe meglio dire amante professionista o qualcosa del genere, che ha invece deciso di non voler avere a che fare con me, poi ho incontrato Jona nel tuo bel club e ci sono andata a letto. Più o meno qualcosa di simile alla tua storia, senza figli di mezzo.»

Nell’ultima parte la sua voce si era inclinata.

«Gonçalo posso dirti una cosa?»

«Certo.»

«Mentre tu sei qui a dire di non volere un figlio, lì fuori c’è una ragazza che sta soffrendo e che probabilmente ha più paura di te. Perché è lei che è incinta, ed è lei che è stata abbandonata per qualcosa che avete fatto insieme! Lei che probabilmente è anche innamorata di te. Devi smettere di pensare solo a te stesso.»

«Io non posso amare né essere amato! Cosa potrei mai dare a lei ed al bambino?»

«Questa è una cosa che devi capire tu.»

«Devo parlare con lei.»

«È già qualcosa.»

«Tu che pensi di fare?»

«Ancora non lo so.»

Baciai Arleen sulla fronte.
Stavo per andare via quando mi fermò.
«Gonçalo, non so se ha importanza, ma anche io ho ricevuto delle foto.»

«Di cosa?»

«Io e Matt a letto insieme, ma non c’era mittente, le ho trovate sul letto della mia camera.»

«Ci penso io, tu riprenditi presto.»

Dovevo parlare con Matthew.
Lasciai Arleen ed andai in cerca del barman da strapazzo.
Un messaggio dal mio uomo mi informò su dove si trovasse, l’indirizzo era quello di casa di Jona.

Io, la persona più asociale del mondo, mi ritrovavo ancora una volta a tentare di parare il culo a qualcuno.

Invitai senza poche cerimonie Matthew a salire in auto con me, anche se leggermente confuso decise di seguirmi.

«Non hai deciso di uccidermi vero?»

«Quello lo faccio la notte, non in pieno giorno.»

«Stai scherzando vero?»

«No.»

Vidi Matt muoversi sul sedile.

«Evans respira, sono qui per aiutarti.»

Posteggiai l’auto in un posto isolato, poco lontano dalla città.
«Dobbiamo scendere.»

Ci allontanammo dalla macchina.

«Non potevamo andare nel tuo ufficio?»

«Non so se è un posto sicuro, in realtà dopo quello che ho scoperto, non so bene come muovermi, ma ci lavorerò su.»

Mi resi conto che stavo parlando più con me stesso, che con lui.

«Llanos, mi fai capire?»

«Avevi ragione, dietro il sequestro di Eleanor c’è Kevin. Il problema è che adesso siamo entrambi nel suo mirino, e qualcosa mi dice che non si fermerà tanto facilmente. Ha mandato delle foto anche ad Arleen.»

«Che cosa ha fatto?» mi urlò contro.

«Sì, me ne ha parlato poco prima Arleen, sono foto che ritraggono voi due. Ha fatto la stessa cosa con Kaylee. Matthew, dobbiamo lavorare di astuzia, dobbiamo riuscire a prenderlo.»

«E come dovremmo fare?»

«Per prima cosa dobbiamo proteggere le persone a noi care.»

«Le chiudiamo tutte nel tuo Hotel?»

Era un’ottima idea.

«Mi piace quando ragioni.»

«Era una battuta Llanos.»

«No, invece è l’ideale, se sappiamo dove sono potremmo controllarli tutti, e nel mentre noi potremmo lavorare ad un piano senza avere problemi.»

«Tu sei pazzo, ma forse hai ragione.»

Il telefono di Matt squillò, lesse il messaggio.

«È Ryan, devo andare da lui.»

«Ti accompagno, però domani ti aspetto in Hotel.»

«D’accordo.»

Lasciai Matthew davanti casa di Ryan ed imboccai la strada che mi avrebbe portato da Kaylee.

Aveva ragione Arleen, per quanto non fossi pronto ad essere padre, dovevo assumermi le mie responsabilità, dovevo quanto meno provarci.

Tutti i miei buoni propositi andarono a farsi fottere quando vidi Kaylee con un altro uomo.

Guardai mentre lei sorrideva alle sue attenzioni, prima di salire in auto con lui.

Sarei potuto scendere, urlarle che era una puttana, che andava con un altro quando in grembo aveva mio figlio, ma non avrebbe avuto senso.
Avevo avuto l’ennesima dimostrazione di come non ci si potesse fidare delle donne.

Vagai per tutto il pomeriggio, girai per la città come un normale turista.
Solo quando calò il buio, tornai in me o quasi.
Andai in spiaggia, con due bottiglie di bourbon fra le mani.
Le scolai seduto sulla battigia, in memoria dei vecchi tempi.
Brindai a me, alla mia vita di merda ed al bambino che non avrei avuto.

Nel pomeriggio Kay, mi aveva gentilmente avvisato tramite messaggio: “Non diventerai padre, razza di stronzo!”. Testuali parole citava il testo.
Adesso ognuno avrebbe potuto prendere la propria strada.

«Scusi signore.»

Mi voltai verso la voce che aveva parlato.

Un essere alto poco più di un metro, comunemente chiamato bambino, mi fissava in attesa di una risposta.

«Che cosa vuoi?» risposi infastidito ed anche un po’ ubriaco.

«Non trovo la mia mamma.»

Scoppiai a ridere. «Non hai perso nulla, solo una puttana in meno.»

L’esserino iniziò a frignare.
«Ho paura.»

«Passerà, vuoi da bere?»

«Llanos, non puoi offrire alcol ad un bambino!»

Alzai gli occhi al cielo. «L’alcol aiuta sempre!» bevvi un sorso dalla bottiglia, prima di guardare il bambino. «Stai tranquillo adesso, è arrivato Jona il principe azzurro che ti salverà dal lupo cattivo. Ti condurrà dalla tua mamma e probabilmente se la scoperà, ma quelli sono dettagli.»

Tentati di sollevarmi dalla sabbia, ma senza riuscirci.

«Iris, puoi pensare al bambino per favore?» sentii dire, non mi era accorto della ragazza.

«Certo.»
Iris prese per mano il moccioso e si allontanò insieme a lui.

«Gonçalo ubriaco, allora sei umano.»

«Lo sono molto più di te, stronzo!»

«Modera il linguaggio.»

«Perché, hai paura di perdere la tua raffinatezza? Indossi solo una gran bella maschera, che prima o poi cadrà, rivelando l’essere imperfetto che nascondi.»

«Sei tu che sei convinto che io sia perfetto.»

Provai nuovamente a sollevarmi, questa volta riuscendoci.
«Sai, Jona, oggi riflettevo su una cosa, le donne sono un vero casino!» Continuai a bere dal collo della bottiglia, il fotografo tentò di toglierla dalle mie mani.

Mi allontanai da lui. «Eh no, questa è mia. E non te la do! Ti ho già dato Kat e tu hai preso anche Kay. La bottiglia resta a me! Abbiamo già condiviso troppo.»

«Io non ho mai preso Kaylee, anche perché quella ragazza ha occhi solo per te.»

«Sì, come tutte le donne, mi guardano, mi vogliono, le scopo e poi vengono da te. Però potremmo cambiare le cose noi due.»

Vidi Jona confuso.

«Dato che io e te infiliamo il cazzo sempre nello stesso buco, alternando solo chi va prima o dopo, potremmo semplificare le cose. Sì, è un’ottima idea.»

«Ma di che diavolo parli?»

«Semplice, scopiamocele direttamente insieme! Basta che poi non ti innamori di me, perché io il mio sedere non te lo darei, anche se in realtà tu hai un bel sedere, se ti facessi crescere il seno si potrebbe fare.»

Scoppiai a ridere l’idea di Jona col seno era troppo comica.

«Gonçalo, mi spiace, ma non sei il mio tipo» rispose Jona ridendo.

«Non puoi saperlo fino a quando non provi.»

«Dai, andiamo, ti porto in Hotel.»

Afferrò il mio braccio.

«Andiamo a scopare?»

«NO.»

«Allora non vengo!» Spinsi la sua mano, non calcolando la mia poca stabilità, finii nuovamente col culo sulla sabbia, «voglio Kay, e non mi muoverò da qui fino a quando non verrà.»

«Llanos, sto per lasciarti qui da solo.»

«Non lo farai, non ne saresti capace. I cavalieri aiutano sempre i compagni in difficoltà o erano i soldati a farlo?»

«Fanculo Llanos!»

Mi distesi del tutto sulla sabbia.
Sentii la voce di Jona, stava parlando al telefono con Kay.
Chiuse la telefonata e prese posto al mio fianco.
«Il tempo della strada e sarà qui.»

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