Gonçalo. Game over

Lunedì 16 luglio, sera

Fino a poco tempo fa, non sapevo cosa si provasse a tornare a casa e trovare qualcuno che ti attende.

Avevo sempre vissuto da solo, poi grazie a Kay era tutto cambiato, il nostro stupido accordo si era rivelato la mia scelta migliore.

Un uomo sbagliato come me, aveva trovato una donna che lo accettava, o almeno credevo che fosse così, ma da bastardo quale sono avevo rovinato tutto anche con lei.

Non riuscivo più a stare in Hotel, la suite era diventata soffocante, per questa ragione avevo deciso di tornare nella casa vicino alla scogliera.

Da bravo masochista ero tornato nel luogo dove avevo rovinato tutto.

Avevo perso entrambe.

Non sentivo Kat da giorni oramai, sapevo che era entrata nel mio ufficio in cerca di qualcosa, ma ne era uscita a mani vuote.

Come facevo a saperlo?

Semplice, non sarei stato Gonçalo LLanos, se chiunque avesse potuto accedere nel mio mondo senza che io lo sapessi, il mio intero Hotel era pieno di telecamere.

Entrai nella grande camera da letto, il letto era ancora disfatto, mi sedetti sul bordo, accarezzai in modo distratto le lenzuola.

Mi sentivo in colpa, avevo tradito la memoria di Emilie, avevo tradito Kay ed avevo ferito anche Fiore.

Aveva ragione il mio amico quando mi ripeteva che non meritavo l'amore.

Mi lasciai cadere sul letto, chiusi gli occhi.

Qualche ora prima avevo ricevuto un'email, il mittente come sempre era sconosciuto.

"Piano piano, il terreno sotto i tuoi piedi inizierà a cedere.

La caduta del grande Gonçalo LLanos, sarà uno spettacolo imperdibile.

Starò in prima fila a godermi la scena.

La cosa più eclatante e che a tradirti sarà chi hai sempre protetto.

L'amore rende ciechi, ma l'odio ancora di più.

Non dovresti lasciare lettere incustodite.

Chi proteggerà tutti quando non ci sarai più?"

Avevo cercato per tutto il giorno la lettera di Emilie, non l'avevo trovata in nessun posto. Dopo la visita di Kat nel mio ufficio non mi fu difficile capire che l'avesse lei.

Dovevo parlare, se era vero che a breve mi sarebbe successo qualcosa, lei doveva sapere la verità.

Mi sollevai dal letto, uscii fuori sul balcone.

Composi il suo numero, ma a rispondere fu la segreteria telefonica.

Alla trentesima chiamata senza risposta decisi di lasciarle un messaggio.

"Sto cercando di mantenere la calma, sto cercando di non venirti a cercare per tutta San Diego. Come sempre non mi hai dato la possibilità di spiegarti, hai tratto le tue conclusioni. Vanille sono stanco, stanco di rincorrerti. Io non ti ho tradito, e non ho tradito soprattutto il mio migliore amico. Quella sera sono stato contattato, se non fossi venuti a prenderti ti avrebbero fatto del male. Per l'ennesima volta avevo solo provato a salvarti. La lettera di Emilie la trovai solo giorni dopo, quando ormai era troppo tardi, tu eri al sicuro mentre Emilie non si trovava più.
So che non crederai ad una sola parola, ma le cose andarono realmente cosi. Ti chiedo solo di stare attenta. Addio Fiore."

Martedì 17 luglio

Odiavo le serate di gala, ma ero obbligato a prendervene parte.

Per fortuna Arleen era lì con me, almeno fisicamente, perché la sua testa e soprattutto il suo cuore erano fissi su Matthew, ma anche lei come me non riusciva ad ammetterlo.

Arleen era una bellissima donna, un'ottima accompagnatrice, ma non riusciva a distrarmi da lei: Kay.

La mia bambolina era lì.

Come in uno strano scherzo del destino eravamo tutti e quattro lì.

Divisi, ma vicini.

Tutti troppo orgogliosi e stronzi per ammettere che avevamo scelto gli accompagnatori sbagliati.

Ci pensò Matt a rimetterci tutti in riga.

Un solo ballo, una sola occasione per convincere Kay che sapeva la risposta che non aveva voluto darmi domenica sera.

Un tango, il suo corpo vicino al mio, il suo cuore che batteva forte tanto quanto il mio.

Il suo profumo, la mia droga.

Non potevo più lasciarla andare, soprattutto adesso che non sapevo che ne sarebbe stato di me.

La convinsi a venire fuori con me.

Risi compiaciuto, quando fece una scenate di gelosia nei confronti di Marie, non aveva ancora capito che per me esisteva solo lei.

«Ti decidi a parlare?»

«Non sono andato a letto con Marie.»

«Una in più, una in meno, non avrebbe fatto la differenza.»

Provai ad avvicinarmi, ma si allontanò.

«Non mi metterò in ginocchio Kay, non implorerò il tuo perdono.»

«Non abbiamo altro da dirci allora.»

I suoi occhi erano lucidi, ma non per le lacrime, era delusa.

«Fammi parlare.»

Un gesto plateale della mano, fu la sua risposta.

«Domenica sono impazzito dalla gelosia quando ti ho visto con un altro uomo. Io non riesco neanche ad immaginare che qualcun altro, possa toccarti, baciarti. Tu sei mia Kay e lo sei dal primo momento che hai messo piede nel mio ufficio.»

Feci un grosso respiro.

«Io sono un casino e non so un cazzo di sentimenti, di relazioni.
Sono un fottuto coglione, che sbaglierà ancora, ma ho bisogno di sapere che mi accetti così per quello che sono. Ho bisogno di sapere che la sera quando torno in camera tu sarai li ad aspettarmi. Annoiata a morte, ma sarai li. Ho bisogno di sapere dove sei, di sapere che sei scappata illudendo la sicurezza per fare qualche pazzia, ho bisogno di sapere che ti troverò e che litigheremo come due pazzi, perché nessuno dei due sa quando fermarsi, ma ho bisogno di sapere che poi faremo pace. Te lo chiederò un'ultima volta Kay: cosa provi per me?»

Le lacrime bagnavano il suo volto.

Non riuscii a starle ancora lontano, le accarezzai il viso, asciugandolo con le dita.

«Kay.»

«Mi piace di più quando mi chiami bambolina.»

Sorridemmo entrambi.

«Mi hai ferito troppo, Gonçalo.»

«Lo so.»

«Non posso fare finta di nulla, non posso dimenticare in un giorno.»

«Dimmi solo che provi quello che provo io.»

«Davvero hai bisogno che te lo dica? davvero non hai capito che mi hai incatenato a te?»

«Ci siamo incatenati a vicenda.»

Bloccai ogni sua risposta, con le mie labbra.

La bacia con foga, le nostre lingue si rincorrevano, si sfidavano, era una lotta, come se dovessimo dimostrare quanto c'era mancato tutto questo.

Le mie mani scesero sulle sue curve, si soffermarono sul suo meraviglioso sedere che strizzai con forza.

Un'immagine però si fece spazio nella mia mente.

Scoppia a ridere sulle labbra di Kay, che mi guardò confusa.

«Ehi non faccio così schifo quando bacio.»

«Bambolina la tua bocca è fantastica, il problema è che il tuo sedere mi ha ricordato, che ho provato a sedurre Jona.»

Dopo quattro giorni, finalmente vidi ridere anche lei di gusto.

Le nostre risate vennero interrotte da Matt.

Era parecchio agitato.

«Che succede?»

Kay si staccò da me per avvicinarsi a lui.

«Avete visto Arleen?»

«No coglione era con te!»

Urlai agitato, non poteva averla lasciata da sola.

«Io mi sono allontanato da lei per seguire Kevin.»

«Non puoi essere stato così stupido!»

«Mi fate capire qualcosa?>>.

Kay si intromise nel discorso.

Guardai Matt, acconsentii con la testa, stava iniziando a spiegarle tutto quello che avevamo scoperto, quando arrivò ad entrambi un messaggio sul cellulare.

"Questa volta ho preso la donna giusta. Finalmente potremmo pareggiare i conti".

In allegato una foto di Arleen, era priva di sensi, legata ed imbavagliata.

«Cazzo!»

Matt diede di matto.

«Lo sapevo. Allontanarla da me non è bastato! Sono stato un coglione! Io lo uccido con le mie mani se le storce un solo capello!»

«Ragazzi andiamo a casa mia, mia madre può aiutarci, li abbiamo tutto quello che può servirci per aiutare Arleen.»

«Ottima idea, andiamo.»

«Signor Llanos lei non va da nessuna parte.»

Mi voltai verso la voce che aveva parlato.

Una decina di uomini teneva le pistole puntate su di me.

«Chi siete?»

«FBI. La dichiaro in arresto, per traffico illegale di denaro e prostituzione.»

«State commettendo un grave errore.»

«Alzi le mani.»

Ignorai l'ordine, mi avvicinai a Kay, feci in tempo a darle un ultimo bacio prima di ritrovarmi per terra con due agenti che mi tenevano bloccato.

«Ti tirerò fuori presto.»

Kay si inginocchiò al mio fianco, provarono a spostarla, ma urlai di non toccarla.

«Stai sempre con Matt e pensate prima di tutto ad Arleen.»

Mi sollevarono a malo modo dal pavimento.

Guardai un'ultima volta Kay, prima di rivolgermi a Matt.

«Pensa a tutto tu.»

Mi scortarono dentro una delle loro auto, prima di partire a tutta velocità, fra i flash dei fotografi.

Passarono ore, prima che qualcuno si decidesse ad entrare nella stanza, dove mi avevano rinchiuso.

Mi facevano male i polsi a causa delle manette.

Guardai l'uomo sedersi di fronte a me, era giovane, un pivello.

E se c'era una cosa che sapevo, era che quelli come lui erano i più duri da corrompere.

I giovani sono assetati di giustizia, vogliono fare carriera e credono che il sistema funzioni per davvero, ma tutti hanno un prezzo ed avrei trovato il suo.

«Gonçalo Llanos, quale onore averti qui.»

Gli mostrai le manette.

«Toglimele.»

«Non sei nel tuo Hotel, non puoi dare ordini qui.»

Mi rispose beffardo.

Mi sollevai leggermente dalla sedia.

«Tu non hai capito con chi cazzo stai parlando, se io dico che devi togliermi queste fottute manette, tu me le togli!»

Si sollevò anche lui dalla sedia, eravamo fronte contro fronte.

«Sei fottuto Llanos, arrenditi.»

Sorrisi.

«L'unica che sarà fottuta sarà tua moglie.»

Istintivamente guardò la sua fede, primo errore del pivello, mi aveva servito il suo punto debole.

Mi sedetti al mio posto.

«Parlerò solo in presenza del mio avvocato.»

«Arriverà a breve.»

Sistemò la sua giacca, stava per uscire quando si voltò a guardarmi.

«Ti salutano Ryan e Vanille.»

Strinsi i pugni.

Fiore mi aveva tradito insieme al paralitico.

Finalmente il caro Ryan aveva trovato il modo per farmela pagare, ma non aveva capito che anche per lui sarebbe arrivato il momento di espiare i suoi peccati...

Sarei uscito di qui, non ne avevo dubbi, non mi spaventava l'idea di qualche giorno in galera, erano loro quelli che dovevano iniziare a tremare...

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