Gonçalo. Diamo il via alle danze

Mercoledì 27 Giugno

Un’altra alba è sorta, un’altra giornata piena di impegni sta per iniziare, ed io come ogni mattina ho
solo voglia di arrivare presto alla fine della serata. Ma le mie finanze non girano da sole, c’è bisogno di me e della mia costante presenza.
Non delego, nessuno sa niente, nessuno fa niente, solo Eduard mi aiuta nel lavoro sporco, ma anche
lui come gli altri esegue senza domandare.

Spingo con un calcio via le lenzuola dal mio corpo nudo e afferro il pacchetto di sigarette poggiato sul
comodino alla mia destra.

«Non capirò mai come cazzo tu faccia a fumare appena sveglio, neanche a pisciare vai.»
«Io a differenza tua controllo anche la mia vescica, decido io per lei.»
«Sei solo un arrogante cazzone.»

Stringo il pacco di sigarette fra le dita.
Odio i ricordi, odio ricordare.

Il cellulare che squilla mi riporta alla realtà. Guardo il display, numero sconosciuto. Sai che novità.
Apro la chiamata, senza rispondere.

«Toro, sono Thomas Cleveland.»

«Che cosa vuoi?»

«Ho bisogno di parlati di persona.»

«Di che si tratta?»

«È una cosa privata.»

«Giovedì sera davanti all’università.»

Chiudo la telefonata senza aspettare la sua risposta. Sfilo la sigaretta dal pacchetto e la porto alle
labbra. Apro le ante della finestra, il vento solletica il mio viso mentre il sapore di tabacco mi invade
la bocca.

Ogni tanto mi sorprendo anche io di quello che sono riuscito ad ottenere nella mia vita. Guardo il mio hotel da qua su ed è qualcosa di straordinario.

I miei occhi finiscono su una ragazzina che mi fissa dalla strada. Il suo sguardo è insistente, curioso. Il
mio automaticamente diviene di ghiaccio.

Getto il mozzicone ai suoi piedi. Lei finalmente abbassa lo sguardo, interrompe il contatto, e stringe la
mano a Trevor; non avevo neanche notato la sua presenza.
Ha già capito come deve comportarsi.

Giovedì 28 giugno

«Quindi terremo qui le audizioni per il casting?»

Guardo Eduard, siamo nel mio ufficio, lo sto aggiornando sulle ultime novità.

«Sì, dev'essere tutto perfetto, tutto quello di cui hanno bisogno sarà messo a loro disposizione. Voglio i migliori camerieri, i migliori cuochi, le migliori stanze, il meglio del meglio.»

«Sarà fatto. Posso sapere solo come mai ti sei deciso?»

«Non faccio niente per niente. Devo ripulire un po’ di soldi, il caro Alfred mi aiuterà. Sarò il finanziatore del film di questo famoso regista. Christopher Roberts magari troverà di suo gradimento il nostro night.»

«Mi occuperò io personalmente dell’organizzazione.»

«Se qualcosa va storto la tua testa salta. Hai una settimana di tempo. Adesso fai preparare la mia
auto, devo uscire.»

Indosso la giacca, controllo l’ora sul Rolex al mio polso; sette meno cinque, la puntualità prima di tutto. Salgo sulla mia R8. Voglio capire cosa vuole da me l'illustre professore universitario.

Lo trovo ad attendermi davanti all’ingresso dell’università. Mi viene incontro, scendo dall’auto. Ci
stringiamo la mano.

«Grazie per essere venuto.»

«Di cosa dovevi parlarmi?»

«Ho saputo che Iris, la mia sottomessa, alloggia nel tuo Hotel. Ho bisogno che tu la tenga d’occhio.
Ho in mente un piano ben preciso per lei e non vorrei che finisse nel tuo circolo notturno.»

«Mi hai scambiato per un baby-sitter?»

«Quando hai avuto bisogno per Fiore, io ti ho aiutato.»

Risposta errata!
Afferro i baveri della sua giacca, lo sbatto di peso sulla carrozzeria della mia auto e parlo ad un palmo
dalla sua faccia. «Non provare mai più a ricattarmi! Ti sei appena scavato la fossa da solo.»
Lo spingo lontano dalla macchina e lo guardo un’ultima volta prima di ripartire verso l’Hotel.

Fisso il pc, anche se la mia testa è altrove. Non sono un’idiota, Thomas mi ha detto quelle cose perché sapeva che avrei fatto esattamente l’opposto di quello che mi chiedeva. Ora c’è solo da capire che cosa ha in mente per questa pseudo sottomessa.

Il telefono sulla scrivania suona, è la reception. «Spero che stia andando a fuoco l’Hotel per aver chiamato.»

«Ehm no, ho dei problemi con una ragazza, vuole informazioni che non posso dare e ha chiesto di
lei.»

Controllo dalle telecamere di sicurezza; alla reception una ragazza con un abito nero in pizzo sbuffa
infastidita. La faccio calmare io.
«Falla entrare.»

Due tocchi alla porta. Accendo una sigaretta, prima di darle il permesso di entrare.
Devo ammettere che di presenza rende di più. Squadro il suo corpo mentre si avvicina, ha l’aria da
seduttrice. Capelli neri, occhi verdi, forme al posto giusto, sembra quasi una di quelle bambole che vendono nei negozi. Peccato che questo sia il mio campo. Le sorrido in modo malizioso, prima di invitarla ad
accomodarsi.

Guardo ogni suo movimento, non so perché ma la vedrei bene con il mio cazzo fra le labbra.
Tossicchio a causa dei miei pensieri, mi ero quasi affogato.
Vuole il numero della stanza della madre, dice che ha il suo cellulare.
«Come si chiama tua madre, bambolina?» Voglio indispettirla, le affibbierò questo soprannome. Le
guardo il seno, voglio vederla arrabbiata, se ho capito il tipo cadrà subito nella mia trappola.

Schiocca le dita, mi avvisa che i suoi occhi sono più in su, prima di dirmi il nome della madre. Non può vedere il mio sorriso vittorioso dietro il monitor del pc; sono sempre cosi prevedibili le donne.

«La signora Eleanor non è nella sua stanza.»

«E dov’è allora?»

Ma oggi è la giornata “facciamo fare a Gonçalo la balia”? Già il suo tempo è scaduto. Dopo averle specificato il concetto che non seguo i miei clienti, la invito gentilmente ad andare.

«Puoi almeno lasciarle un messaggio e dirle di portarmelo domani mattina?» mi chiede mentre si avvicina alla porta.

Mi alzo dal mio posto, mi posiziono davanti a lei, la sovrasto con la mia altezza. Mi avvicino alle sue
labbra, sono carnose, peccaminose, mi piacciono.Vari scenari si formano nella mia mente.

«Sì, dirò alla receptionist di provvedere.» Il mio fiato è sulla sua bocca.

Si allontana come scottata.

Mi siedo di nuovo alla mia scrivania, alzo il telefono, compongo il numero, mentre dalle telecamere
seguo i suoi movimenti, o dovrei dire scontri; ha appena atterrato quella che dovrebbe essere Iris.

«Quando Eleanor ha finito giù mandala nel mio ufficio.»

«Sarà fatto.»

Poggio il telefono al suo posto. Ci rivedremo presto bambolina.

...

La porta del mio ufficio viene spalancata. «Volevi vedermi?»

«Non sapevo che questa stanza fosse diventata tua!»

«Andiamo Gonçalo, dopo tutti questi anni ancora alle formalità pensiamo?»

«Sì, quindi adesso esci, bussi alla porta e dopo entri!»

«Cristo!»

«Sto aspettando, Eleanor.»

Gira sui suoi tacchi ed esegue alla lettera quanto chiesto. Sento il rumore delle sue nocche che
sbattono sulla porta. Rido soddisfatto. «Avanti.»

Apre la porta, sul suo viso un sorriso infastidito, le faccio segno di accomodarsi. Si siede sulla
poltrona di fronte a me, sul suo collo noto dei segni rossi, qualcuno le ha stretto le gola.
«Hai fatto incazzare il tuo gigolò?»

Istintivamente porta le mani al collo. «Fatti miei! Dobbiamo parlare di cose serie. Ho bisogno del tuo aiuto.»

Sammaritano parte due.

«Cosa ti serve?»

«Devi aiutarmi ad incastrare Mike.»

«Ed io cosa ci guadagno, scusa?»

«Avrò un debito con te.»

Ripenso all’uomo in questione, un gran pezzo di merda, uno che gestisce la “prostituzione su strada”.
«Come dovrei fare?»

«Ti ricordi di Veronika?»

«Sì, devo ammettere che le scopate che Mike mi regalava con lei non erano male.»

Sbuffa, come se lei fosse una santa. «Scopate a parte, è riuscita a scappare da lui. Da quello che sappiamo, sta facendo il pazzo per riaverla. Chiamalo e fallo venire qui domenica mattina. Farò in modo che anche lei sia qui.» Mi spiega il suo piano. «Posso contare sul tuo aiuto?»

«Ho due condizioni: il mio Hotel ed il mio nome non devono essere scalfiti in nessun modo da questa
faccenda, nessun ospite deve accorgersi di nulla. La seconda condizione è che adesso mi consegni il cellulare di tua figlia. A te la scelta.»

Non risponde, mi porge direttamente il cellulare di Kaylee.
«Domenica dopo che li avrai chiusi dentro, consegna direttamente la chiave della camera a me.»

«Sarà fatto.»

Mi consegna una busta da recapitare a Matthew Evans. La fermo prima che esca dalla stanza. «Dopo domenica non voglio vederti più.»

Va via senza aggiungere altro, io prendo il cellulare fra le mani. Compongo il messaggio per Mike:

Ho quello che cerchi, ti aspetto domenica mattina in Hotel.

La risposta non tarda ad arrivare.

Non ti sfugge mai nulla toro.

Lancio il cellulare sulla scrivania. Conobbi Mike quando arrivai qui a San Diego, mi ospitò per un
periodo, amici in comune mi misero in contato con lui. Ricordo Veronika, anche se è passato qualche
anno ormai dall’ultima volta che l’ho vista, mi fa strano pensare che sia scappata da lui. Anche se in
fin dei conti non me ne fotte più di tanto.

Non ci sono amici nel mio mondo, solo persone che possono essere utili. Oggi sono utile io, domani lo sei tu.

Spengo il pc, ho bisogno di rilassarmi. Controllo che sia tutto in ordine prima di uscire dal mio ufficio.
Mi incammino nel corridoio, a quest’ora della notte questa parte dell’Hotel è isolata ed è il momento
che più amo in assoluto. Entro dentro l’ascensore, schiaccio il pulsante per l’ultimo piano. Le porte si
aprono, davanti a me la piscina illuminata da delle deboli luci soffuse.

C’è silenzio, buio; per qualcuno potrebbe essere inquietante, per è me linfa vitale.

Tolgo le scarpe, sbottono lentamente la camicia, la lascio cadere per terra, la stessa fine fanno i pantaloni. Raccolgo i vestiti da terra, li sistemo in modo ordinato su una delle sdraio. Nudo, mi avvicino al bordo della piscina, guardo il mio riflesso prima di tuffarmici dentro.

Svuoto tutti i pensieri nello stesso istante in cui il mio corpo entra in contatto con l’acqua. Riemergo
con la testa per prendere fiato. Una sagoma di donna mi fissa dal bordo. Nuotando mi avvicino a lei, i
contorni si delineano, la sua figura diventa più chiara.

Iris è davanti a me. I suoi occhi mi scrutano mentre i miei si sono incatenati a lei. Non distoglie lo
sguardo neanche quando faccio forze sulle braccia per issarmi fuori dall’acqua. Voglio vedere la sua
reazione, sono davanti a lei completamente nudo.

I suoi occhi percorrono il mio corpo, si fermano sulla mia vita. «Un toro?» La sua voce è un sussurro,
se non fossi stato così vicino dubito che l’avrei sentita.

«Indovina il perché.»

Il suo viso si colora di rosso.
Prima che il mio corpo mi tradisca, mi allontano da lei, la sua innocenza mi eccita. Mi avvicino alla
sdraio e indosso i pantaloni sotto il suo sguardo vigile.

«Cosa ci fai qua su?» le domando senza voltarmi.

«Non riuscivo a dormire. Tu perché sei qui?» Si è avvicinata a me, sento il suo fiato sulla schiena.

Mi volto, sovrastandola con la mia altezza, mi avvicino al suo viso. «Non sono affari tuoi.»

Fissa le mie labbra. Mi allontano da lei, lascio il resto degli indumenti li, mi volto un’ultima volta.«Iris,
stai lontana da me.»

«Come sai il mio nome?»

Vado via senza risponderle. Mando un messaggio ad Eduard.

Mandami una puttana in camera.

Domenica 1 Luglio

Un bussare incessante e fastidioso alla porta interrompe la mia doccia rilassante. Esco dal box,
annodo il telo sulla vita. Vorrei capire chi cazzo mi viene a disturbare nella mia camera, di domenica
sera.

Apro la porta abbastanza scocciato, ma resto piacevolmente sorpreso. Kaylee si è decisa a venire.
«Vuoi accomodarti?»

Si riprende dallo shock. «No, vorrei solo il mio cellulare.»

«Immaginavo, prego.»
Mi sposto per farla passare. Tentenna prima di decidersi ad entrare. Ne approfitto per guardarle il
culo stretto in quei pantaloni neri che glielo fasciano alla perfezione.

Si volta infastidita. «Il cellulare.»
Mi avvicino lentamente, indietreggia, ma la sua corsa viene fermata dal tavolino. I nostri corpi sono
attaccati, la mia erezione preme sulla sua pancia, con il naso sfioro il suo collo.

«Hai un buon profumo» sussurro al suo orecchio, prima di lambirle il lobo con la lingua.

Deglutisce, le sue mani afferrano la mia vita, conficca le unghia nella mia pelle. Si avvicina alle mie
labbra. «Il mio telefono» sussurra sopra di esse.

Sorrido, mi sporgo per prendere il cellulare dietro di lei. Il mio cazzo finisce in mezzo alle sue gambe,
ansimiamo entrambi.
Le porgo il cellulare lasciandole via di scampo, lo prende fra le sue mani, mi guarda un’ultima volta prima di scappare via dalla mia camera.

Arrivo alla mostra in ritardo, il piccolo giochetto di prima mi ha rubato tempo prezioso.
Il buttafuori all’ingresso vuole vedere il mio invito.
«Il mio nome è il mio invito, testa di cazzo. Dì semplicemente a Jona che Llanos è qui.»

Guardo il mio orologio; due minuti esatti e sono dentro.
Jona mi viene incontro. «Gonçalo, mancavi solo tu!»

«Non me la sarei mai persa questa serata.»

«Grazie per aver dato il tuo contributo.»

«Non è un problema per me e lo sai. Ho saputo che un regista ti sta cercando; sappi solo che il
film lo finanzio io.»

«Non ti assicuro nulla.»

«Ti chiedo solo di parlarci.»

«Va bene, adesso però devo lasciarti.»

«Certo, vai tranquillo.»

Prendo un calice di vino da uno dei vassoio presente nella sala e lo porto alle labbra. I miei occhi
vengono catturati da una delle donne presenti; alzo il calice nella sua direzione. Lei resta stupita dal
mio gesto.

Un pensiero si fa spazio nella mia testa: farà quello che le ho consigliato?

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