Gonçalo. Compromesso
Venerdì 6 luglio
Continuavo a guardare le foto sparse sulla mia scrivania, l’aver preso a pugni il fotografo non aveva saziato la mia sete di vendetta.
Non riuscivo a sopportare il suo atteggiamento. Si era divertito a mandarmi le fotografie, come se avesse voluto dimostrarmi che poteva prendersi beffa di me.
Ieri mattina avevo trovato la busta sulla scrivania del mio ufficio, un corriere l’aveva lasciata alla mia segretaria, sul retro un messaggio scritto a penna.
“Fotografia. Un’austera e sfolgorante poesia del vero”.
L’immagine che avevo di Fiore, si mischiò a quelle che tenevo fra le mani.
Ero furioso anche con lei, non la credevo capace di andare a letto con uno sconosciuto.
Dovevo ammettere che era cambiata, non era più la bambina che ero abituato a proteggere, non era più la ragazzina pura che avevo conosciuto.
Oramai era divenuta una donna.
Dovevo imparare ad accettarla per quello che era.
Non era più Fiore.
Adesso era Kat.
Questo però non significava che avrei lasciato correre che un fotografo da quattro soldi la immortalasse seminuda.
A tutto c’era un limite e lui l’aveva ampiamente superato.
Solo Kaylee era riuscita a distrarmi, stare con lei mi aveva aiutato ad accantonare il mio istinto omicida nei confronti di Jona.
La serata al poligono era stata un successo, non tanto per la sfida vinta, ma quanto per aver avuto la possibilità di avere Kay tutta per me.
Sapevo che sarebbe potuta finire in parità, avevo giocato sporco pur di essere sicuro che lei perdesse.
Non avrei potuto mantenere la mia promessa, non potevo raccontarle di Kat, forse un giorno l’avrei fatto, ma prima Kaylee avrebbe dovuto dimostrarmi di essere diversa dalle altre donne.
Intanto mi pregustavo la scena di vederla entrare nel mio ufficio come una furia.
L’avevo cercata per tutta la mattina, ma la signorina non aveva risposto a nessuna delle mie chiamate, era uscita senza dirmi nulla, doveva capire che non funzionava così con me.
I miei uomini avevano l’ordine di non farla uscire dall’Hotel.
Risi fra me e me, la piccola bambolina era in trappola.
In realtà lo era dal primo momento che avevo posato gli occhi su di lei.
Ma dopo ieri sera una cosa era sicura, non le avrei più permesso di allontanarsi da me.
Stare insieme a lei era stata una dell’esperienza più appaganti della mia vita. Ne avevo avute donne, ma con lei era diverso.
Quando tornammo da casa sua, si addormentò subito. Fu strano dormire con una donna che non fosse Kat, ma stranamente non mi diede fastidio averla lì. Non mi infastidì quando durante la notte si strinse al mio corpo.
Soprattutto non mi infastidì svegliarmi con la sua bocca sul mio pene.
Chiusi gli occhi, massaggiai le mie tempie, giusto un secondo.
Non appena li riaprii, notai con disappunto che il mio ufficio si era trasformato in un punto di incontro per donne arrabbiate.
La prima ad arrivare era stata Iris, con una motivazione alquanto strana, per giustificare il suo comportamento dell’altra sera. Avrei dovuto credere che fosse gelosa di me? Non ero nato ieri. Se pensava che fosse così semplice sbarazzarsi di me, non aveva capito proprio nulla della vita.
La seconda era stata Kay,; finalmente la mia bambolina si era resa conto del piccolo divieto che le avevo imposto.
E, come da copione, non l’aveva presa bene. Già mi pregustavo tutti i modi in cui l’avrei scopata, non appena l’avessi raggiunta in camera.
Stavo per uscire, quando entrò Kat.
Aveva una faccia strana, sembrava triste. Mi avvicinai a lei, accarezzai il suo viso. Poggiò la faccia sulla mia mano.
«Cosa succede?»
Mi guardava con gli occhi lucidi.
«Gonçalo, devo dirti una cosa.»
Pensavo volesse parlarmi delle foto, il sangue mi si gelò nelle vene, quando mi disse invece che aveva sorpreso Kaylee a seguirla.
«Ne sei sicura?»
Si allontanò arrabbiata da me.
«Mi stai dando della bugiarda?»
«No Kat, volevo solo sapere se eri sicura o se avessi avuto l’impressione che si trattasse di lei.»
«Era lei! È successo questa mattina, se non mi credi puoi chiederglielo. Le ho anche fatto sapere di averla vista.»
Ero stato solo uno stupido, avevo abbassato la guardia e questo era il risultato.
«Ci penso io a lei, non ti darà più fastidio.»
Lo sguardo di Kat, mutò, sembrava quasi soddisfatta delle mie parole.
«Stai attento Gonçalo.»
Le sorrisi. «Adesso sei tu a preoccuparti per me?»
«Ci tengo troppo a te.»
«Anche io piccola.»
Mi abbracciò forte, prima di andare via.
Ero incazzato nero.
Volevo solo capire perché cazzo Kay avesse tradito la mia fiducia.
Andai subito nella mia suite, affrontai Kaylee, ma non ero pronto alle sue parole.
Sapere che era una femme fatale fu la cosa che mi fece infuriare più di tutto.
Non era diversa dalle altre donne, anche lei usava il suo corpo per lavoro.
Le parole scivolarono via dalla mia bocca.
“Prostituta”. Così l’avevo chiamata.
Sapevo di averla ferita, l’avevo visto nei suoi occhi. Anche questa volta eravamo pari, stavamo provando le stesse emozioni.
Non reagii al suo schiaffo, ma questo non significava che le avrei permesso di andare via.
Ero intenzionato ad uscire io, volevo lasciare ad entrambi la possibilità di ragionare, ma un pensiero si insinuò nella mia testa.
Come una secchiata d’acqua gelida, l’idea che Kay fosse stata pagata per fottermi si faceva strada nella mia mente.
Mi bloccai davanti la porta che ormai avevo aperto. La richiusi.
Ero così arrabbiato che non avevo minimamente pensato a quell’ipotesi.
Mi sedetti sulla poltrona vicino all’ingresso.
Kaylee non si accorse della mia presenza quando tentò di scappare via.
Nonostante le avessi espressamente detto di non provare a farlo.
Restò immobile quando udì la mia voce. Sì voltò lentamente verso di me.
Eravamo uno di fronte all’altro.
L’avevo raggiunta senza che se ne accorgesse, allungai una mano dietro di lei, girai la chiave nella serratura.
Eravamo chiusi entrambi in quella stanza.
«Gonçalo.» La voce le tremava.
«Volevi fottermi.»
«Di cosa stai parlando?»
«Chi ti ha incaricato di sedurmi?» le urlai addosso.
«Nessuno.»
«E secondo te io ti credo? Pensi che sia così stupido?»
«Non ho mai pensato che tu lo fossi.»
Un sorriso sarcastico si formò sul mio viso. «Anche tua madre aveva provato a fregarmi, ma sai com'è finita?»
«No.» Il suo sguardo si era acceso, era tornata combattiva.
«Non è riuscita a fregarmi, è solo stata fottuta a dovere ed intendo in tutti i sensi!»
Capii il suo intento, le bloccai la mano prima che riuscisse a colpirmi.
Portai il suo polso dietro la sua schiena.
Riuscì a bloccarle entrambe le mani.
«Non obbligarmi ad usare le maniere forti.»
«Lasciami!» Tentava di divincolarsi.
La trascinai vicino a letto, volevo farle capire che non doveva mettersi contro di me.
Aveva paura, lo vedevo, l’unica cosa che mi chiedevo era il perché.
Una spia non dovrebbe averne.
Capii cosa la tormentava solo nel momento in cui incatenai i suoi polsi alla sbarra del letto.
Ero il doppio di lei, non aveva avuto modo di liberarsi dalla mia stretta.
L’angoscia prese il sopravvento su di lei. Era diventata una bambola fra le mie mani. Non opponeva più resistenza.
Il suo respiro era accelerato.
Lo sguardo perso nel vuoto.
«Kaylee.» Provai a chiamarla, ma era come se non mi sentisse.
Le sfiorai il viso. «Kay, torna da me.»
Mi guardava senza parlare.
«Bambolina» sussurrai.
Le lacrime bagnarono il suo viso.
Le liberai i polsi, tenuti su da una semplice corda.
Le sua braccia scivolarono sui cuscini, la sollevai di peso, portandola sul mio corpo.
Passò un attimo prima che il rumore dei suoi singhiozzi riempisse la stanza.
La strinsi al mio corpo.
«Mi dispiace.»
Non faceva altro che ripetere questa frase, ma non si riferiva a me, Kaylee era ancora lontana con la mente.
Sollevai la sua testa dal mio petto, non riuscivo a vederla stare così.
Non volli però indagare sulla mia reazione.
«Bambolina torna da me.»
Mi sentivo in colpa e non era un sentimento che ero abituato a provare.
«Non ti ho tradito.»
Provai a fermarla, ma non me lo permise.
«Sono stata con te perché volevo farlo.»
Baciai piano le sue labbra. «Perché hai reagito così?»
«Io entro in panico quando non ho il controllo delle mie azioni.»
«Ho notato.»
Restammo in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
Fu lei a rompere il silenzio.
«Ho seguito Kat, perché volevo capire cosa vi unisse. Volevo sapere perché tieni tanto a lei.»
«Vorresti dirmi che è stata la gelosia a spingerti a farlo?»
«Sì.»
Guardai Kaylee, non le credevo. O meglio credevo al fatto che fosse gelosa, ma pensavo anche che continuasse a nascondermi qualcosa.
C’era solo un modo per tenerla sempre sotto controllo, un modo che sarebbe risultato vantaggioso per entrambi.
Dovevo solo fare in modo che accettasse.
Dovevo giocare d’astuzia.
«Dimostrami che quello che hai detto è la verità.»
«Sentiamo, come dovrei fare Llanos?»
La sua indole da guerriera era tornata.
«Lavorando per me.»
«Dovrei sedurre gli uomini...»
Le tappai la bocca con la mia mano, prima che potesse aggiungere altre stronzate.
«Kay cancella la parola seduzione dal tuo vocabolario! Farai la spia per me, ti pagherò il doppio di quanto sei abituata a percepire.»
«Vorresti farmi credere che basterebbe questo per convincerti?»
«Ti voglio al mio servizio ventiquattr'ore su ventiquattro.»
«Dovrei venire a vivere qui?»
«Non essere così scandalizzata, è lavoro no? Faremo credere di essere una normale coppia, ma in realtà avremo un rapporto lavorativo con benefit.»
«Quali sarebbero questi benefit?»
«Te lo dimostro subito.»
Mi avventai sulle sue labbra, la sua bocca era la mia droga, in qualsiasi parte del mio corpo la usasse riusciva a farmi impazzire.
L’aiutai a stendersi sul letto.
«Perché ti ostini a vestirti?» sbuffai.
Afferrai i bordi della maglia che indossava, la sollevai piano.
Kay si muoveva impaziente sotto di me.
La liberai anche dal reggiseno.
Strinsi il suo seno con le mie mani, con la lingua lambii i suoi capezzoli. Continuai a dedicarmi con la bocca a quella parte del suo corpo, mentre le mie mani scesero a sfibbiarle il bottone dei jeans.
Sollevò i fianchi per aiutarmi a tirarglieli giù. La sua eccitazione brillava, il suo profumo inebriava i miei sensi. Lasciai stare il suo seno per dedicarmi alla sua intimità. Percorsi con la lingua il tragitto che portava al suo bocciolo. Lo leccai piano, volevo assaporarla lentamente.
Kay mi incitava a continuare, le sue cosce stringevano la mia faccia, le mie dita dentro la sua fessura scivolavano con facilità.
Mi fermai prima che raggiungesse il piacere.
«No!»
Quasi risi. «Godrai con il mio cazzo.»
Sbottonai in fretta i pantaloni, non persi neanche tempo a spogliarmi.
Mi massaggiai il pene, sotto il suo sguardo attento.
«Gonçalo ti voglio! Ora!»
Entrai in lei in un unico colpo.
Sgranammo gli occhi entrambi, nonostante non fosse vergine era ancora molto stretta.
Strinsi i denti.
«Tieniti alle sbarre del letto.»
Fece come le avevo chiesto.
Inizia a prenderla con la forza, stavo possedendo il suo corpo.
Era mia, Kay.
Non staccai mai gli occhi dai suoi.
Le sue unghie graffiavano la mia schiena; a modo suo mi stava marchiando anche lei.
Ancora una volta riversai il mio piacere dentro di lei. Morsi il suo collo, prima di invertire le posizioni, adesso era lei sopra di me.
«Non è ancora finita la dimostrazione.»
Kay sorrise soddisfatta.
Venerdì sera
«Non riesco ancora a credere di aver accettato.»
«Bambolina, non devi prendere mai decisioni quando stai godendo.»
Mi fulminò con gli occhi.
Avevo appena parcheggiato l’auto nel vialetto di casa di suo padre.
L’avevo obbligata a chiamare la sua famiglia, avremmo dovuto dare la lieta notizia del nostro “fidanzamento”.
Kay aveva accettato la mia proposta durante il nostro amplesso.
Le sue parole erano state:
“Sì Gonçalo sarò tua”, e vari ansimi.
Oramai non poteva più tirarsi indietro.
Il padre di Kay, ci venne incontro, salutò la figlia, prima di porgere la mano nella mia direzione.
«Gonçalo Llanos.» Ricambiai la sua stretta.
«Luke Reese.»
Sciolse le nostre mani, guardò la figlia.
«Sono felice che tu abbia portato un amico a cena.»
«Non sono un amico, Kay è la mia donna.»
Il volto del padre divenne di mille colori.
«Papà, posso spiegarti tutto.»
«Non ne dubito» replicò il padre.
Lo seguimmo dentro casa.
«Llanos, non ti uccido perché non voglio far morire mio padre questa sera.»
«Non mi piacciono i giri di parole.»
«Sì, ma dovevi far parlare me!»
Entrammo nel grande salone, sul divano sedute c’erano due donne, erano di schiena.
«Ivanna, abbiamo visite.»
Si girarono entrambe verso di noi.
Restai sorpreso quando vidi che una delle due era Veronika.
Devo ammettere che anche la sua espressione era da Oscar.
Si avvicinarono a noi.
«Ivanna ti presento Gonçalo il mio...» non sapeva come proseguire.
«Amore, sono il tuo uomo, è così semplice.»
Mi venne quasi da ridere, per le loro reazioni.
Ivanna si riprese dal suo stupore, e mi porse la mano, fu molto educata e gentile. Mi guardava con interesse e curiosità.
Ci tenne poi a presentarmi, quella che definì sua nipote.
Guardai Veronika.
«Conosco già tua nipote.»
«Davvero?»
Veronika forzò un sorriso ed annuì.
«Sì, abbiamo amici in comune. Sa sono il proprietario di un Hotel, conosco molta gente in Città.»
«Sono felice che mia nipote conosca brava gente.»
«Sì Veronika conosce tantissima brava gente.»
Guardai la mora era in difficoltà, aveva paura che svelassi la sua vera identità.
Kay mi scrutava, ma non disse nulla.
La cena prosegui senza particolari intoppi; a differenza di quella a casa di Ryan non arrivarono persone senza invito.
Uscii fuori a fumare una sigaretta, Kay doveva parlare con la sua famiglia.
Quando sentii la porta alle mie spalle aprirsi, sapevo bene chi fosse.
Veronika mi venne vicino.
«Gonçalo, cosa vuoi?»
«La domanda è un’altra Veronika. Tu vuoi qualcosa da me, tu vuoi il mio silenzio.»
«Non rovinarmi la vita.»
«Non ho nessuna intenzione di farlo, non mi interessi, Veronika.»
«Per quale motivo volevi vedermi ieri pomeriggio?»
«Perché so che sei in contatto ancora con Eleanor, la madre di Kay, devi farle avere un messaggio da parte mia.»
«Cosa vuoi che le dica?»
Stavo per risponderle, quando fummo interrotti dall’arrivo di Ivanna.
«Ragazzi, che fate qui fuori?»
«Stavo invitando Veronika e Ryan domenica a pranzo nel mio Hotel, potreste venire anche voi.»
«Con immenso piacere.»
Dovetti allontanarmi dalle due donne per rispondere alla chiamata di Kat.
Era nella mia suite, aveva bisogno di parlarmi.
Raggiunsi Kay al piano di sopra, era nella sua camera. Aveva appena finito di chiudere la decima valigia. Mi ripresi dallo stupore.
«Dobbiamo andare.»
«Problemi?»
«C’è Kat che ha bisogno di me.»
«Quindi Kat chiama e tu corri?»
«Kaylee, dobbiamo andare. Ora.»
Salutammo i suoi genitori ed andammo via.
Kay non mi rivolse più la parola.
Quando arrivammo nel corridoio che portava alla mia suite, restai sorpreso dalla scena che si stava svolgendo davanti i nostri occhi.
Jona era in ginocchio davanti a Kat.
Kay strinse la mia mano.
La guardai.
«Non fare cazzate.»
«Non lo uccido, promesso.»
Arrivammo davanti a loro, Kat guardò subito in direzione delle nostre mani unite. Non mi ero reso conto di aver camminato con le dita intrecciate a quelle di Kay.
Jona non appena mi vide, provò ad alzarsi, capii subito che l’alcool aveva preso il sopravvento su di lui.
«Stronzo, proprio te stavo cercando!»
«Mi hai trovato.»
Si avvicinò a me, eravamo faccia a faccia.
«Gonçalo.» Kat provò a tirarmi via.
«Kay, entrate nella stanza.»
«Non mi sembra il caso.»
«Ora!» urlai in direzione delle due donne, che saggiamente mi ascoltarono.
Jona tentò di spingermi.
«Potrei lasciarti morto a terra se solo lo volessi, ma sono abituato a confrontarmi con gli uomini! Adesso ti infilerai in un cazzo di taxi e sparirai dalla mia vista!»
Stavo cercando in tutti i modi di fare la persona matura.
«Non sei il proprietario del mondo! Non puoi avere sempre tutti a tua disposizione!» mi urlò di rimando.
Mi sferrò un pugno, mi colpii di striscio, la mira degli ubriachi non è mai il massimo.
Lo afferrai per le braccia, dovevo sbarazzarmi di lui prima che Kay e Kat si uccidessero.
Lo trascinai fino all’ascensore, scendemmo nel seminterrato. Non potevo passare nella hall con un ubriaco tra le braccia.
Stavo per aprire la porta di servizio, quando venne spalancata da fuori.
Entrò Arleen, indossava una giacca nera di pelle, per coprire la sua tenuta da mistress.
Jona resuscitò non appena la vide.
«Arleen.»
«Jona?» la rossa guardò nella mia direzione. «Che gli è successo?»
«Voleva picchiarmi.»
«Lo farò, Llanos!»
Lo appoggiai al muro.
«Puoi pensarci tu? Ti pagherò la serata come se avessi lavorato.»
«Certo.»
«Sì, Arleen, pensaci tu a me.»
Per completare il fantastico quadretto arrivò anche Matt.
Potevo capire Arleen, ma il barman da strapazzo cosa ci faceva lì?
Sorrisi ripensando allo scherzetto che gli aveva combinato Arleen, lasciarlo bendato col cazzo eretto in bella mostra dovevo ammettere che era stato un colpo da maestra.
Ci guardavamo tutte e quattro.
«Cosa ci fai tu qui?»
«Mi ha chiamato Kaylee, per Jona.»
«Puoi andare amico ci pensa la mia dominante a me.»
Matt si voltò verso Arleen. «Ma tu perché sei qui? E per giunta vestita ancora così?»
Vidi Arleen in difficoltà.
Era il momento di lasciarli ai loro problemi, per quella sera mi ero comportato fin troppo bene.
Avevo cose più urgenti da risolvere.
Tornai di corsa nella mia suite, aprii la porta.
Mi stupii di vederle entrambe ancora vive. Anche se erano leggermente arrabbiate.
«Gonçalo.» Kat mi corse incontro, mi abbracciò davanti a Kay.
«Cosa succede?» le chiesi.
«Te ne parlo mentre mi accompagni a casa, va bene?»
«Certo, andiamo.»
Prima di uscire mi avvicinai a Kay.
«Torno subito.»
«Fai con calma, tranquillo. Tanto io sono bloccata qui!»
Le sfiorai le labbra, non ricambiò il mio bacio.
«Mi farò perdonare appena torno.»
«Non esiste solo il sesso.»
«Non pensavo a quello, questa volta» le sorrisi prima di andare.
Adesso toccava a Kat spiegarmi cosa fosse successo.
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